Green Hill - Cosa sta succedendo?

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Green Hill: cosa sta succedendo?
Nel firmamento della vivisezione sta per spegnersi una stella?


Il 19 ottobre 2011 il Ministro del Turismo, l'On. Michela Vittoria Brambilla, altresì presidente del comitato ministeriale per la creazione di un 'Italia Animal Friendly", ha proposto ed ottenuto l'approvazione in commissione Affari Sociali del Parlamento di alcune misure che, se approvate, cambieranno lo scenario della sperimentazione animale nel nostro paese. Abbiamo assistito sui media ad immagini che ritraevano la Ministra intenta a rassicurare del buon esito di un lavoro svolto in seguito ad un preciso impegno  preso con "tanti cittadini, associazioni animaliste e comitati spontanei che si sono mobilitati contro lo stabilimento Green Hill di Montichiari, dove sono allevati cani di razza beagle destinati ai laboratori". Pochi giorni fa aveva espresso un messaggio di solidarieta' a cinque attivisti della campagna animalista “Fermare Green Hill”. Ora esibisce con orgoglio un nuovo testo di legge che vieterebbe su tutto il territorio nazionale l'allevamento di primati, cani e gatti, destinati alla sperimentazione, non esimendosi dal dichiarare l'imminente chiusura del lager in questione. Come (sedicente) militante animalista di lunga data, ringraziati i colleghi deputati di partito (PdL) e  senza precisare le associazioni animaliste ed altri enti con cui avrebbe collaborato, l'ex coordinatore dei Circoli della Libertà dipinge uno scenario che, se vero, preparerebbe la strada allo sviluppo di metodi alternativi, cioè di quei metodi di ricerca utili al superamento dell'uso di animali nei test scientifici. Già da subito impedirebbe ai vivisettori l’utilizzo di cani, gatti e primati quando non in possesso di una specifica autorizzazione del Ministero della Salute e del Consiglio Superiore di Sanità. Questo provvedimento legislativo imporrebbe anestesia o analgesia qualora l'esperimento comportasse dolore. Garantirebbe inoltre un sistema ispettivo a salvaguardia del benessere degli animali nei laboratori. Bloccherebbe infine l'utilizzo di ogni specie animale nelle esercitazioni didattiche (eccetto l'alta formazione di medici e veterinari).

Tutto bene, si è portati a pensare. Ma se sperare è lecito, in questo caso dubitare è un dovere per chi desidera qualcosa di più che l'ennesima promessa istituzionale senza futuro. Infatti, considerato con attenzione l'emendamento correttivo della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 settembre 2010 sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici (http://www.geapress.org/wp-content/uploads/EMENDAMENTO1.pdf), è facile constatare che si tratta di un elenco di punti appena abbozzati e dal carattere tra loro contradditorio, quando non  ribadisce, spacciandoli per novità, contenuti già presenti nell'attuale normativa. Il tutto gravato dall'inesistenza di un'impronta abolizionista e dal fatto che tali punti non sono riconducibili ad alcun percorso di progressiva conquista verso il traguardo antivivisezionista e non sono avvalorati da alcuna valutazione politica che tenga conto della parte offesa - gli animali -, in modo coerente con il riconoscimento della loro considerazione morale.


Indagare la direttiva comunitaria e le sue modifiche è certo di grande interesse e necessità per chi  si adopera nella lotta allo sfruttamento animale; tuttavia vorremmo soffermarci su alcune  questioni inerenti questo teatrino politico-mediatico, al fine di far riflettere il movimento animalista abolizionista e liberazionista sul fatto che la consapevolezza sorge solo dal confronto interno e dallo scontro con le istituzioni speciste.

 
Innanzitutto, provoca enorme sospetto che la semplice approvazione di un emendamento venga  associata alla promessa che Green Hill presto verrà chiuso. Tale incauto ottimismo suggerisce  una volontà di propaganda da parte di chi, come la Brambilla, non si fa scrupoli ad usare a proprio vantaggio la campagna “FermareGreenHill”, la quale aveva più volte sollecitato gli organi preposti (nazionali, regionali e comunali) ad agire contro l'allevamento in questione. E con l'aspettativa che questo davvero potesse avvenire (lamentando la non applicazione della legge 281 per canili e allevamenti, laddove, invece, già si gode di autorizzazioni facenti capo alla legge 116 per gli stabulari).

E’ apprezzabile che una lotta indirizzata ad un singolo obiettivo abbia saputo estendere lo sguardo al sistema politico-legislativo che legittima, organizza, regolamenta ed autorizza il potente sistema della vivisezione. Ma sarebbe un paradosso che alla fine di questa lotta pro/contro vivisezione le aspettative di cambiamento risultassero trasferite dal livello della 'piazza' al livello istituzionale, dato che proprio a questo livello risiede la maggiore responsabilità dello sfruttamento degli animali. E’ proprio lì che è di casa l'interesse a mantenere le condizioni di vessazione sistemica cui sono soggette le categorie 'sub-umane' nei vari campi che le vedono sfruttate e uccise. Una cosa sarebbe infatti spingere le istituzioni a proteggersi per convenienza dai propri dissidenti, “concedendo” di conseguenza dei miglioramenti effettivi; altro sarebbe veder sgonfiarsi un moto di protesta in qualche articolo di legge dalle prospettive controverse e potenzialmente controproducenti.

 
Per giunta, non possiamo fare a meno di rilevare che tale infausto spostamento  sta avvenendo nella direzione nazional-populista della destra, nel perfetto stile delle sue metodologie. Temiamo dunque che le tendenze di un movimento animalista generalmente qualunquista seguiranno la stessa deriva.

Occorrerebbe impostare la propria attività individuando, in maniera corretta e approfondita, i principali responsabili della nostra cultura specista e del sistema di sfruttamento. Concentrare ogni sforzo per fermare singole sperimentazioni o luoghi di tortura, rimanendo sprovvisti di un progetto d'intervento a lungo termine, più contestualizzato, ci farebbe correre rischi enormi. Si potrebbe obiettare che la sinistra non si distingue per propensione antispecista. Non c’è dubbio. La questione animale, come altre tematiche di grande rilevanza etica - nella latitanza di un dibattito collettivo mai nato -, viene ignorata. I due schieramenti politici dominanti, in falsa contrapposizione tra loro, sono distanti anni luce dal preoccuparsi dei deboli di ogni tipo, così come dei “senza carta d'identità” e, peggio ancora, dei “senza identità”.

 
Convogliare, come sta facendo l’On. Brambilla, gli sforzi comunicativi di una campagna di attivismo non formalmente organizzato in un'operazione di raccolta di consensi pre-elettorali, significa che il Governo si appropria dell'impegno e della partecipazione individuale di migliaia di persone che si sono mobilitate (dal corteo di Roma in poi) contro le leggi comunitarie (e non a favore di esse!). Offrire la chiusura di Green Hill come merce di scambio agli animalisti antagonisti affamati di risultati, per ottenere il loro entusiastico -strumentalizzato - appoggio, è un escamotage ingannevole teso a calmare animi ribelli e senza che questo comporti nemmeno la modifica di una virgola dell’attuale paradigma vivisettorio.

 
Non è lecito, in fondo, accentuare la critica alla campagna più seguita di recente in ambito animalista, una campagna che ha dimostrato di essere in grado di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica intorno ai nemici degli animali, smascherando le astuzie del sistema; soprattutto fintantoché il movimento non avrà saputo progettare e valutare collegialmente quali dinamiche possano generare i singoli gruppi che si agitano al suo interno.

La mancanza di una strategia generale, dibattuta e/o condivisa, provoca una ancor più grave mancanza di dialogo allargato. Spesso siamo troppo occupati a seguire logiche emergenziali  e a protestare contro le aziende più sporche di sangue.


Sta di fatto che una rappresentante della destra governativa ha dichiarato la volontà politica che tanti hanno invocato. Ora, di questa volontà politica, ci chiediamo cosa farcene, dato che è assurdo pensare che singoli (e ambigui) esponenti politici possano essere una garanzia per una seria battaglia antivivisezionista.

Se potesse bastare una qualche azione di disturbo per fermare le multinazionali del farmaco e le ambizioni della ricerca antropocentrica, saremmo certo ad un passo dalla vittoria.

Ma una volta di più oggi, inequivocabilmente, abbiamo capito che confidare nelle iniziative dei governanti non può che illuderci di compiere un passo avanti, per poi, disillusi, paralizzarci e riportarci velocemente indietro. (Che cosa promise Blair agli antivivisezionsiti ingles; e che cosa lamentò Barry Horne con lo sciopero della fame che lo condusse alla morte? Qualcosa di molto simile alle parole dell’On. Brambilla).

 
A parziale conclusione, questo comunicato (che non vuole fare classifiche di merito o demerito, bensì sollecitare un confronto politico in seno all'animalismo radicale liberazionista ed abolizionista, in direzione opposta a certa goliardia tipica di forum e facebook), esprime un rammarico per una lotta che i politici hanno trasformato in una partita (suicida) fra beagles contro topi, maiali, mucche e conigli (mai menzionati e quindi mai risparmiati dalle torture). La partita, se mai si concluderà, finirà duemila a zero per la nazionale azzurra dei beagles, forzatamente (e astutamente) schierati contro i beagles, i topi, i maiali, i conigli e le mucche extra-comunitari. Perchè è lì, oltre i confini della civile Italia ed Europa, che porta una chiusura di Green Hill ottenuta per mezzo di una 'legge comunitaria'. Altro che il professato graduale raggiungimento dell'antispecismo: ci troviamo di fronte ad un sistema specista che si fa pure - e non tanto a sorpresa - razzista. L'esternalizzazione dello sfruttamento animale non è una vittoria della lotta di liberazione animale, così come si sa che la globalizzazione dei mercati non coincide con la globalizzazione dei diritti. Casomai il contrario.
 

Per quanto oggi non esistano organizzazioni o gruppi realmente capaci di delineare un serrato e ben definito ambito di lotta, cominciare con l'operare in direzione di una comprensione più ampia del proprio ruolo rispetto alla complessità del contesto socio-politico attuale, può realizzarne la premessa. Il non riuscire collettivamente ad uscire dall’ambito di una riduttiva comunicazione / sensibilizzazione e relativa manifestazione generica di dissenso, per spostarsi su un piano d'interazione politica con l'esistente, impedisce l’individuazione dei nodi del sistema, l'azionamento delle leve utili a contrastarlo, il dispiegamento delle proprie forze, la definizione degli obiettivi da porre a nostro fondamento. Anteporre, come sta avvenendo, lo sfogo di energia rispetto all'azione politica per affermare le proprie istanze, non può che lasciarci in balia dei politicanti di turno. Ad esempio, non comprendiamo appieno l'adeguamento ai nuovi trend internazionali che anche i vivisettori nostrani stanno portando avanti seguendo uno schema prestabilito ("accostamento fittizio ai voleri della massa pseudo-animalista; decentralizzazione, ove possibile, della produzione di corpi animali con conseguente dispersione delle proteste; rilancio della visione antropocentrica dominante e contemporaneamente della sperimentazione animale attraverso iniziative di rassicurazione popolare, improntate sulla divulgazione delle 'buone' intenzioni e dei 'buoni' metodi"); ed in questo modo rafforziamo l’impressione che mentre il mondo cambia, anche sulla spinta di istanze animaliste più o meno protezioniste, il movimento rimane invece immobile. Continuando a non esistere, se non nella forma di sprazzi di “e-motività” soggettiva, finiremo per esaurirci del tutto.


Inoltre, oltre a chiederci assai preoccupati cosa potremo responsabilmente fare per le migliaia di beagles che diverrebbero spazzatura per una Green Hill eventualmente chiusa, dovremmo chiederci che destino attende i beagles nascituri (e futuri altri animali) ad esempio cinesi o russi, e che agibilità d'opposizione i politici del prossimo luogo, amici dei nostri politici, riserveranno alle popolazioni di quei territori. Laddove il costo del lavoro è minore, anche il cosiddetto 'benessere' umano, oltre che animale, è nettamente inferiore. Ed è lì che si vanno a sedere, comode, le superpotenze economiche che producono morte e sofferenza in questo mondo complesso, prevaricatore, IPOCRITA.

 
La domanda con cui lasciarsi nella riflessione è se siamo certi che la chiusura di Green Hill (se avverrà – cosa di cui non siamo per nulla convinti), possa essere considerata una reale vittoria per il movimento. Non corrisponderebbe forse a salvare quei 2.617 cani lì detenuti, per poi  vederli sostituiti, da parte di una ricerca scientifica non intaccata nelle sue direzioni antropocentriche, con altrettanti individui?


Senza dubbio, dal punto di vista simbolico, la chiusura di Green Hill dimostrerebbe che il movimento animalista può raggiungere alcuni degli iniziali obiettivi che si pone; ma d’altra parte sarebbe importante saper utilizzare questa eventuale “vittoria” per chiederci come e dove vogliamo andare.

               
Individualità antispeciste non trasversali    

Mer, 26/10/2011 – 14:12
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