Il maestro in cella: "Miei cari Qui, Quo, Qua uccidere innocenti si puo"

fonte la stampa, o come dicono a Torino: la Busiarda

Un ideologo spagnolo dietro le bombe

MONICA PEROSINO, RAPHAEL ZANOTTI
TORINO
Esiste un sottile filo rosso che lega le bombe nei cassonetti dei viali della Crocetta e il carcere di Aachen, Germania. Un filo che conduce a un nome preciso: Gabriel Pombo Da Silva, 39 anni, anarchico spagnolo. Nel 2004 Da Silva è stato arrestato al confine tra Germania e Olanda dopo uno scontro a fuoco con la polizia. Da allora è detenuto. Eppure scrive, dialoga, teorizza. I gruppi della Fai, la Federazione anarchica informale che ha rivendicato l’attentato di lunedì, lo hanno eletto a loro riferimento ideologico: seguono le sue teorie, colpiscono in nome delle sue battaglie, gli inviano i verbali delle assemblee. Il 16 febbraio scorso, su un sito di controinformazione, viene pubblicata una lettera attribuita a Da Silva e destinata a varie realtà della Fai informale. La lettera inizia così: «Carissimi compagni di “Paperopoli” riuniti in casa di “Paperino”: mi sono arrivate le vostre lettere (l’assemblea registrata). Mi identifico sia nel progetto della Fai (ovviamente informale) che con tutte e ciascuna delle azioni che avete portato a termine...».

Letta così, il 16 febbraio, la lettera non ha colpito più di tanto. Lo fa oggi. Dopo le bombe. Dopo la rivendicazione che è in gran parte la stesura di una riunione avvenuta a Natale a casa di un membro della Fai. Il verbale, doverosamente epurato dei nomi dei partecipanti, vedeva come protagonisti Paperina, Qui, Quo, Qua, Nonna Papera e Archimede Pitagorico. La riunione si svolgeva proprio a casa di Paperino. Basta poco per scoprire che Da Silva, sebbene lo rinneghi, è un ideologo. Per 20 anni è stato in carcere in Spagna sotto il regime della Fies, detenuti ritenuti pericolosi spesso pestati dai secondini. Le prime azioni della Fai sono proprio contro la Fies. Da Silva, nel suo «Diario e ideario di un delinquente» tratteggia una teoria anarchica fortemente individualista. I ribelli sociali vivono con se stessi e di se stessi, ma si incontrano con altri anarchici per compiere azioni dimostrative. Esattamente il modulo operativo adottato dall’anarchismo informale della Fai.

Da Silva teorizza: l’anarchia non può essere una filosofia da salotto, va vissuta più che raccontata. Bisogna prendersi le proprie responsabilità (il carcere). Il dialogo a casa di Paperino parla anche di questo, responsabilità. E di armi. Da Silva commenta: «Sulla possibilità di “ferire” o “uccidere” delle “persone innocenti” penso sia più una questione sul metodo tecnico utilizzato (il pacco esplosivo) che di metodologia (l’attacco armato) di per sé...». La Fai ha iniziato contestando l’Europa e l’Ue. Nel suo primo comunicato, nel gennaio 2004, annunciava: «Le azioni oggi effettuate, come quelle che seguiranno, utilizzano tecniche, tempi e modalità volti a escludere la possibilità di danneggiare innocenti». In questi anni c’è stato il salto di qualità. Un «innocente» è stato colpito: la vigilessa di San Salvario rimasta ferita da un ordigno nel maggio 2005. Gli investigatori ritengono che dietro all’azione ci fossero esponenti della Fai legati al Centro di documentazione il Porfido. Già nel 2003 i carabinieri dei Ros avevano perquisito la casa di uno degli animatori del centro, sequestrato computer, corrispondenza e documenti. Ieri la sede del Porfido di via Tarino 12/c era aperta per la consultazione. Poca gente. Bocche cucite. «Coi giornalisti non ci parliamo, siete tutti uguali, ci fate schifo».

Altri anarchici, invece, parlano. A Radio Blackout sono convinti che l’azione sia stata ideata, pianificata ed eseguita da gruppi di fuori. Nessuno li conosce, nessuno li ha mai incrociati. Nel mondo dei centri sociali c’è chi è convinto che le bombe siano perfino opera delle forze dell’ordine o di qualche servizio segreto, un diversivo per alzare polvere e criminalizzare i soliti noti. Poi, si fa vivo un frequentatore di via Tarino: «Chiunque si prefigga di distruggere lo Stato e combatta il capitalismo è un compagno». Prenderli sarà impossibile, anche se fossero attivisti locali: «Si muovono in piccoli gruppi. A volte non si conoscono nemmeno e dopo un’azione non si rivedono più». Solo qualche lettera. Indirizzata ad Aachen.

Gio, 08/03/2007 – 14:21

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