Lettera dal carcere di Parma di Pasquale De Feo

Cari amici,
mi chiamo De Feo Pasquale sono in carcere a Parma.
stò scontando l'ergastolo da tantissimi anni: sono entrato in carcere che ero
un ragazzo e ora viaggio verso i 50 anni.
Sono nato e cresciuto in provincia di Salerno. Ho girato molti carceri e da 15
anni giro nei vari gironi infernali degli speciali.
Attualmente sono da 4 mesi sottoposto al regime di tortura del 14 bis con la motivazione:
-ha turbato l'ordine costituito.
Solo per avere reclamato i miei diritti mi hanno punito sottoponendomi a questo
regime infame. Inizio a parlare dell'ergastolo perchè è la ferita che più
sanguina: l'ergastolo è una pena di morte diluita nel tempo.
Questo era molto chiaro ai compilatori del codice penale francese del 28
settembre del 1791 che pur prevedendo la pena di morte avevano abolito
l'ergastolo perchè ritenuto peggiore della pena capitale.
L'ergastolo è disumano, illeggittimo, inaccettabile.
E' solo legittimato in nome di una pretesa superiore ed inevitabile ragion di
Stato della nostra presunta "moderna democrazia".
Credo che già sapete che il 1° di dicembre tutti gli ergastolani protesteremo
con uno sciopero della fame per l'abolizione dell'ergastolo e contiamo che buona
parte della società esterna digiuna qualche giorno insieme a noi. (Si può
avere un ampia documentazione andando sul sito www.informacarcere.it nella
sezione "mai dire mai").
La nostra idea folle è che dietro questo progetto nasca un movimento di
centomila persone (ovviamente anche grazie ai nostri familiari) che appoggiano
un gruppo di ergastolani così che qualche partito capisca che con l'abolizione
dell'ergastolo i voti non li perde ma li guadagna. Dove vogliamo arrivare? Non
pretendiamo che facendo lo sciopero della fame aboliscano l'ergastolo ma
pretendiamo che siano rispettate le regole dello Stato di diritto e della
democrazia. Da un importante partito che sta sostenendo questo governo sono
stati presentati due disegni di legge, uno alla camera ed uno al senato, ebbene
vogliamo che siano discussi.
Non sono mai stato in regime di art.90, che fu abrogato nel 1986.
Nel 1992 mi fu applicato l'art. 41 bis e trasferito all'isola dell'Asinara.
Quelli furono tempi duri, un vero e proprio lager anche il cibo e l'acqua erano
insufficienti e con il caldo soffrivamo persino la sete.
Incredibilmente, dato che al peggio non c'era mai fine, ci consolavamo pensando
che nel carcere dell'isola della Pianosa i nostri compagni stavano peggio di noi
perchè prendevano botte tutti i giorni.
Infatti, nel 1998/99 la commissione per la prevenzione della tortura non
condannò l'Italia per un solo voto: Luigi Manconi, deputato di quella
legislatura e attuale sottosegretario alla Giustizia, dichiarò:
-Moralmente l'Italia è stata condannata. A Pianosa sono sicuramente successe
cose gravissime.
Non si sbagliava, c'era mio fratello e mi ha raccontato in che abisso di
barbarie vivevano. Il regime del 41 bis è un regime indegno di un paese civile,
una tortura "democratica", censurato anche dalla Commissione Europea dei diriti
dell'uomo.
Il regime del 41 bis è stato fatto diventare un totem, come se fosse la
soluzione a tutti i problemi d'Italia, ma lo Stato, con questa repressione
barbara, inumana e inaccettabile per la "patria del diritto", dovrebbe spiegare
cosa hanno risolto dal 1992 ad oggi?
Ormai è diventato anche un business, pertanto l'interesse sulla carne umana
non può essere toccato. Ma questo non è tutto, quando il tribunale di
sorveglianza o in rari casi il ministero della giustizia revoca il 41 bis, si
viene trasferiti nelle sezioni a regime e.i.v. (Elevato indice di vigilanza).
In questo modo si cade dalla padella alla brace, perchè il regime e.i.v. è
uguale al 41 bis, tranne per alcune cose come il colloquio senza vetro e il
numero di colloqui che da uno al mese passano a 4 mensili.
Riguardo alla vivibilità dipende dagli umori dei vari direttori di turno.
In certi carceri il regime e.i.v. è peggio del 41 bis.
In tutti e due i regimi l'accesso ai benefici è praticamente impossibile.
Mentre il regime del 41 bis ha tutela giurisdizionale, con l'e.i.v. non puoi
rivolgerti da nessuna parte perchè è un atto amministrativo penitenziario,
pertanto sogetto all'arbitrio dell'amministrazione penitenziaria, insomma: una
sorta di ergastolo in bianco.
Come recita la circolare DAP 9 luglio 1998 n. 3479/5929 il regime e.i.v. è una
continuazione storica dell'art. 90, ma nell'insieme tutto è lasciato alla
discrezionalità delle direzione e la vivibilità viene ristertta e limitata
secondo il loro arbitrio, con situazioni paradossali e di cecità che sfocia in
alcuni casi nella cattiveria gratuita.
Il ministero della giustizia conosce la situazione, ma non interviene, lo fa
solo in rari casi di proteste e scioperi collettivi.
Normalmente sfrutta questa situazione con il metodo del bastone e la carota: se
ti adatti, ti lasciano tranquillo, in caso contrario ti mandano in un carcere
che "interpreta" arbitrariamente i diritti dei detenuti.
Il governo dei carceri è come il doppio consolato dell'antica repubblica
romana: il direttore e il comandante della polizia penitenziaria comandano
insieme.
L'uno senza l'altro non possono prendere decisioni incisive e quindi sono
costretti a scendere a compromesso, ciò comporta la restrizione e la
limitazione nei confronti dei detenuti: i doveri ci sono tutti ma i diritti
diventano concessioni.
I detenuti nel constatare che i responsabili del governo dei carceri non
rispettano le loro regole e le infrangono senza remore, sicuri della loro
immunità, metabolizzano che il potere può tutto.
Questo comporta non un insegnamento delle regole ma una scuola criminale che
diventa odio e rabbia verso la Stato.
In questo modo, non si rende un buon servizio alla società, perchè un giorno
questi detenuti finiranno di scontare la pena e molti scaricheranno l'odio e la
rabbia, derivati dalle ingiustizie e dalle frustrazioni subite, sulla società.
L'articolo 41 bis mi fu revocato nel 1996 dal Tribunale di Sorveglianza di
Sassari, all'epoca si veniva allocati nel regime A.S., due anni dopo nel 1998 fu
emanata la circolare e.i.v..
L'A.S. (alta sorveglianza) è una sorta di scatola cinese perchè ogni carcere
decide come gli pare. Questo regime viene applicato in base ai reati dell'art. 4
bis.
Quando si finisce di scontare il reato ostativo dell'art 4 bis, ci sono carceri
che declassificano automaticamente, altri no.
Purtroppo c'è un'ottusa burocrazia dell'aministrazione penitenziaria che
dispoticamente impera.
In questi regimi non esiste nessuna forma di recupero, la riabilitazione
consiste ad adattarsi alle regole imposte, in caso contrario si è pericolosi
perchè si è destabilizzatori, sobillatori e facinorosi.
Chi non si adatta alle regole delle singole direzioni e chiede i propri diritti
per educare gli altri detenuti gli viene applicato il 14 bis.
La direzione propone e il ministero burocraticamente firma l'autorizzazione.
Il regime 14 bis restringe ancora di più la vivibilità: si viene esclusi da
qualsiasi attività in comune, tolgono lo specchio per farti sentire un ombra,
ti tolgono il fornello e la macchinetta del caffè, come se ti facessi un caffè
al giorno può essere pericoloso.
Ti censurano la posta per toglierti la solidarietà esterna e l'intimità dei
tuoi sentimenti.
Il regime 14 bis è un arma nelle mani del direttore per minacciarti e farti
diventare un suo schiavo per meglio governare il suo carcere.
La commissione dei diritti dell'uomo a gennaio 2006 ha emanato una sentenza che
condanna l'Italia per i regimi di e.i.v. e il regime 41 bis: è passato un anno
e mezzo e gli organi competenti non hanno fatto niente.
Alcuni mesi fa il senatore Fosco Giannini ha presentato un'interrogazione
parlamentare sul regime e.i.v. ma anche la parte buona della politica nulla può
contro l'illegalismo del sistema penitenziario.
Purtroppo non esiste nessuna forma di controllo e di intervento reale sul
sistema penitenziaro, governato da un potere apparato burocratico che agisce in
modo assolutamente dicrezionale e illegale (in violazione delle norme e delle
leggi) costituito dalla direzione del DAP e dalle singole direzioni
penitenziarie, nonchè dalla piramide di comando della polizia penitenziaria.
Mentre la politica non si interroga della condizione dei detenuti e delle
carceri, i detenuti che osano denunciare carenze, abusi e vessazioni subiscono
la dura vendetta delle direzioni e del DAP.
La pena secondo la cosstituzione non deve essere nè afflittiva nè vendicativa
invece continua a essere la vendetta dei forti.
Carcere di Parma.
Settembre 2007
Pasquale De Feo.

Cassa anarchica di solidarietà anticarceraria, via dei messapi 51
04100 Latina.

Mar, 23/10/2007 – 20:49
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