Su SPRAR, Arci e Hardcore
Riceviamo e diffondiamo:
opponiti a chi, ti vuole comandare
strappandoti un voto per essere certo
che sarai, cio' che lui vuole
obbligandoti ad essere un loro prodotto, a fare il suo gioco
apri i tuoi occhi, la tua vita e' condizionata
tutto cio' che loro ti fanno credere
semplicemente registrandoti e insegnandoti le verita' che a loro sono piu' comode
combatti
non basta vandalizzare una strada da ubriachi
non basta avere una divisa di vestiti firmati
non basta girare i chili di droga per essere piu' vivi
non basta supportare una scena che e' fine a se stessa
vivere è avere una logica in tutti i tuoi atti
organizzati, per fottere metodi ed istituzioni
e non per essere fottuto
sei studiato, sei programmato
e quello che sei, l'hanno voluto”
Grandine - Opposizione
Il 29 Marzo 2016, a Massafra nel “misterioso” convento di S.Agostino, si è tenuto il concerto Hardcore punk con: Doom, Inganno, Entact e Cruentus, organizzato dagli Entact con l’arci LABinrinto. Superata la “misteriosità” dello spazio, siamo venuti a sapere la sua identità attraverso l’insegna posta all’entrata. L’ex monastero, nella quotidianità, ospita lo sprar Motvs Animi.
Gli sprar (sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) sono luoghi che si inseriscono nella macchina delle espulsioni. Il tentativo di controllo e speculazione sulle migrazioni è articolato da varie forme detentive, più o meno coercitive. Lo sprar è appunto considerato uno dei luoghi più “umani”. Privi di inferriate e aguzzini, vengono perlopiù visti come strutture di benevola accoglienza, dove all’immigrato viene offerto un letto e un pasto giornaliero.
Ma sopratutto, gli sprar, insieme a Hotspot, CARA e CIE, fungono da strutture dove “smistare” i migranti, in maniera del tutto arbitraria, sulla base della loro provenienza. Chi migra in Italia non è più un individuo, ma si trasforma in un numero per statistiche volte allo smistamento, appunto, di forza lavoro ricattabile per i paesi europei. L’attesa, nella speranza di ottenere un permesso di soggiorno condiziona notevolmente la vita degli “ospiti” di tali strutture.
All’interno di questi luoghi fra i vari progetti è comparso da qualche tempo quello dei lavori”volontari”. Ai migranti vengono assegnati lavori per rimborsi spese ridicoli. Con la scusa di riempire il tempo degli”ospiti” il comune ha forza lavoro sostanzialmente gratuita. Le persone sono costrette a restare nei centri per avere i documenti ma per questo non possono vivere autonomamente. Come contropartita alla loro accoglienza dovranno fornire lavori sociali agli stessi che controllano le loro esistenze. Oltre questo, molti di loro rappresentano un bacino di forza lavoro fruibile dalla logistica all’agricoltura, sostenendo di fatto l’economia dello sfruttamento.
Tra i vari gestori dei centri sprar spesso ritroviamo le candidature di arci.
Gli arci sono luoghi di aggregazione sulla base di contenuti ben definiti ed una linea politica al quanto discutibile. Da sempre abbiamo visto come la posizione degli arci sia lontana dallo spirito di autogestione che anima il punk hardcore.
Per quanto lo svuotamento dei contenuti della scena non ci giunga nuovo, coscienti che questo sia responsabilità di tutti e tutte noi, siamo forse al punto limite. Fino a ritrovarsi ad avere da ridire su tutto questo in pochissime persone e non trovare sponde neanche nei gruppi che suonano o in chi ti sente affrontare la questione. O a sentirsi rispondere dagli organizzatori che capiscono le tue perplessità ma le necessità pratiche di una piccola realtà di provincia giustificano questo genere di scelte. Arrivando per sfinimento a tirar fuori quello che di fatto pensano:
che le persone ricevano vitto e alloggio e non pagano nulla; che il concerto sia un modo per permettere agli ospiti di incontrare persone; che nell’arci si offra aiuto nell’integrarsi attraverso le iniziative.
Giustificazioni che si rifanno da una parte a una visione pietista della categoria del migrante, e dall’altra a un idea mediatizzata e razzista che vede chi migra come detentore di maggiori diritti e servizi rispetto agli italiani.
Crediamo che sia necessario avere una visione maggiormente critica dei luoghi e delle situazioni in cui ci ritroviamo o dove ancor peggio ci organizziamo, che scendere a compromessi per necessità pratiche o altro non possa essere parte di quelle logiche, quali l’autogestione, la lotta contro ogni forma di autorità e il rifiuto di qualsiasi mediazione con essa.
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