No ai brevetti software!
La proposta di Direttiva europea che rischiava di introdurre la brevettabilità dei software è stata respinta a grande maggioranza e almeno per ora accantonata. Anche l'India aveva respinto un paio di mesi fa una normativa analoga, e si delinea così un quadro inedito, in cui almeno sul fronte dei brevetti informatici gli USA -o per meglio dire, le grandi corporation del software proprietario con base negli USA- non stanno riuscendo a imporre il loro modello su scala mondiale. E così deve essere, dato che la possibilità di brevettare le idee che stanno alla base del software, oltre ad essere antirazionale, può impedire di fatto a numerosissimi programmatori di scrivere il loro codice in libertà – obbligando singoli, imprese e aziende a pagare l'utilizzo di qualsiasi procedura informatica o l'elaborazione di nuove idee.
A tentare -in maniera pesante e pressante- di far approvare la Direttiva erano state appunto le multinazionali dell'information technology, in primis quelle che detengono numerosissimi brevetti, che sbandierano come giustificazione il rilancio della competitività e della ricerca nel mondo imprenditoriale europeo. Peccato che la stragrande maggioranza dei brevetti di questo tipo sia registrata negli Stati Uniti… che vantaggio ne avrebbe avuto, allora, l'Unione Europea? Dove proposte come quella respinta dal Parlamento Europeo diventano legge, ad arricchirsi sono le grandi multinazionali dell'informatica, che da anni praticano un tacito scambio di brevetti – ovvero quello che noi tutti facciamo e chiediamo di poter fare. Liberamente, alla luce del sole – e senza brevetti.
Cosa succederebbe se, domani, brevettassero i tortellini?
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