Sentenze sul corpo delle donne
Dopo anni di lotte femministe (e non solo), finalmente nel 1996 viene approvata
la legge n.66.
Con questa legge finalmente la violenza sessuale viene riconosciuta come
reato contro la persona e non più contro la morale pubblica.
Ma in questi anni innumerevoli sono state le sentenze
controverse della Cassazione in materia di violenza sessuale.
E in questi giorni i giudici tornano in due casi a decidere sul corpo
delle donne. Nel primo caso
la Cassazione ha indirettamente stabilito che lo sviluppo e l'equilibrio
psicologico di una minore violentata dal convivente della madre non
sarebbero compromessi perché la vittima aveva già avuto rapporti
sessuali. Nel secondo
caso un militare stutunitense appena rientrato dall'Iraq, che ha violentato e brutalizzato una donna nigeriana, ha visto riconosciute a
proprio discarico delle attenuanti per via delle "tremende prove che è
stato costretto a subire" durante la missione.
Certo non è nuova l'abitudine a utilizzare negli scenari
bellici la violenza sessuale come vero e proprio atto di guerra:
dagli stupri
e le torture in Iraq e in Afghanistan, a quelli perpetrati contro le donne
somale dall'esercito italiano durante l'operazione "Restore Hope"
nel 1997.
Perfettamente in linea con questa tendenza e con l'atteggiamento di
molti giudici in materia anche l'archiviazione degli agenti di Bolzaneto
e la scelta deliberata di ignorare e passare sotto assoluto silenzio le
minacce a sfondo sessuale subite dalle donne nella caserma.
Ma del resto la legge in vigore non è certo una legge di liberazione
delle donne, e addirittura alcun* la definiscono "reazionaria" e
ben inserita nel sistema del Codice Rocco,
considerato che una violenza sessuale non risulta perseguibile a meno
che la vittima non sporga denuncia, cosa senz'altro difficile, quanto
meno dal punto di vista psicologico, tanto che solo il 35% delle
vittime di stupro denuncia di fatto il proprio aggressore.
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