Precisi come un orologio e anche tempestivi. Appena Prodi ha fatto sapere che erano indebitati fino al collo per la sanità, e dunque bisognava provvedere a un ritocchino di Irpef e Irap, gli abruzzesi hanno risposto da par loro: con un ritocchino all'insù per assistenti e portaborse.
Erano mesi che i consiglieri regionali dell'Abruzzo ci giravano intorno: volevano adeguare i loro stipendi, ma anche rendere agevoli le loro giornate, produrre efficienza nei loro uffici, chiamare qualche giovane disoccupato alla scrivania e lenìre la piaga sociale dei senza lavoro. Così è stato. Tre consiglieri (un diessino, un socialista e un amico della Margherita) una sera di tre settimane fa si sono ritrovati e hanno stilato un bel piano di lavoro diviso in otto punti. Il primo dei quali era: uffici aggiuntivi ma "composti" per i gruppi, cioè un portaborse in più per ogni consigliere. Hanno pensato: e se il consigliere è troppo svogliato e nemmeno attiva l'ufficietto? In quel caso, e solo per non produrre altro spreco, i soldi andranno al gruppo. L'hanno chiamato "contributo sostitutivo".
L'idea dell'ufficio composto è venuta loro quando hanno capito che il presidente Ottaviano Del Turco aveva in animo, per gli affari della sua segreteria, di irrobustire il personale. Aveva certo tutto ciò che gli bisognava per rappresentare egregiamente la Regione. Ma gli serviva qualcos'altro, una mente e un ufficio ancora più efficiente, che in sigla ha chiamato, udite udite, U.D.C., Ufficio di Diretta Collaborazione del Presidente, una Presidenza Ombra da affiancare a quella vera. La terza gamba del tavolo: c'è già il "Gabinetto alla Presidenza" e resta; c'è anche la "segreteria di Presidenza" che resta. L'U.D.C "concorre", cioè completa e rende conclusa la pratica di supporto. Essendo mansione delicata chi lo dirige non potrà mai avere un euro di più "del più alto dei trattamenti economici previsti per i direttori della Giunta regionale". Cinque, semila euro al massimo al mese. Di più no.
Ai tre consiglieri regionali, identificati in un primo momento nel diessino Donato Di Matteo (capogruppo, chiamato dai compagni "il cinghialone"), nel socialista Camillo Cesarone e nel margheritino Antonio Boschetti non è stato semplice valutare che una elementare ragione di equità avrebbe dovuto suggerire di agevolare il lavoro dei consiglieri regionali semplici con un altro piccolo supporto.
E infatti hanno scritto, comma 7 dell'emendamento numero 67: "Al fine di rendere possibile l'esercizio del mandato, a Ciascun Consigliere viene corrisposta, a titolo di rimborso spese e rappresentanza, una somma mensile equivalente al trattamento economico lordo di un dipendente regionale di categoria D". 1500 euro al mese in più per ciascuno.
I tre hanno sottoposto il piano a Forza Italia, che ha dato un'occhiatina e un assenso turbato, e poi hanno infilato il piano nella legge di variazione al bilancio che è stata approvata in via definitiva qualche giorno fa.
E qui la sciagura. Avevano già messo il timbro, e già erano in procinto di passare alla cassa, che il governo Prodi ha iscritto l'Abruzzo nelle regioni della spesa facile, tra le più indebitate d'Italia, mettendo in atto la ritorsione economica prevista da Berlusconi: non tieni i conti della Sanità sotto controllo? E allora pagale tu le spese maggiori con l'aumento delle tasse.
A Pescara, a Chieti, a L'Aquila si è scatenato l'inferno. L'opposizione anzitutto. An prima degli altri: "Vergogna, siamo coperti di debiti, ai cittadini chiediamo più tasse e a noi politici più soldi in busta paga".
I tre consiglieri regionali, ma anche il presidente Del Turco e tutto il resto del centrosinistra hanno trascorso momenti davvero angoscianti. Poi si sono riuniti e hanno affrontato il toro per le corna: rinunciamo a tutto. E così il presidente del Consiglio regionale Roselli ha annunciato ai giornalisti: "Nuove indennità, la legge va rivista. L'emendamento va revocato perché inopportuno nei modi e nei tempi". Curiosità: ma l'emendamento chi l'ha davvero proposto? I tre accusati hanno ritirato la mano. Il primo, il diessino Di Matteo, ha dichiarato, poi giurato e spergiurato, di non aver non firmato e nemmeno mai pensato di redigere un emendamento sciupasoldi. "Io non c'entro", ha detto ai compagni di partito.
Anche gli altri due si son detti certi di non aver messo la loro stilografica in calce a nessun atto iniquo oltre che inopportuno. Il presidente del Consiglio regionale comunque ricorda che qualcuno gli ha passato il foglietto per poi metterlo in votazione. Ma qualcuno chi? Boh! Giallo. L'emendamento, divenuto res nullius, è stato trascritto involontariamente e incorporato inconsapevolmente nella legge. Che poi è stata sì approvata ma del tutto distrattamente.
Il premier Prodi e il ministro Padoa-Schioppa non sanno però che gli abruzzesi sono furbissimi e intelligentissimi. Appena si son resi conto che con tutti quei debiti sarebbe stato arduo elargire il monte premi del supercash, i consiglieri regionali hanno preso il toro ma per una soltanto delle corna e non per le due promesse.
Hanno rinunciato alla spesetta per cene e alberghi ma hanno trattenuto - a mo' di ristoro equitativo - il contributo che servirà all'ingaggio di nuovi portaborse (un minimo di tre a un massimo di nove per ciascun gruppo politico) e concesso al presidente Del Turco il grande ufficio U.D.C.
I cittadini sono comunque rimasti colpiti dalla risolutezza con la quale i governanti locali hanno rinunciato ai privilegi, Prodi è sempre più persuaso che con il popolo della Marsica basta un solo cenno per ritrovarlo al fianco, Del Turco è rasserenato e la pace è finalmente tornata. In fondo, come s'è visto, basta poco.
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