da www.guerrasociale.org
DUE O TRE COSE CONTRO LA GUERRA
Questo numero di Adesso esce per cercare di rompere, sia pure con un sibilo senza eco, il silenzio assordante che sta accompagnando l'intervento dell'esercito italiano in Libano. Un silenzio semplicemente vergognoso, se pensiamo a quanti si dichiaravano, non più di tre anni fa, contro la guerra senza se e senza ma. Cambiano i colori del governo, e la guerra – in perfetto stile orwelliano – diventa pace. Cambiano i colori del governo, e la pretesa "discontinuità" con la politica estera di Berlusconi è presto detta: rifinanziamento della missione in Afghanistan, conferma della presenza in Iraq, invio dei soldati in Libano.
Non saremo di certo noi a sorprenderci. Sappiamo benissimo che la guerra è ormai al centro dei progetti statali e capitalisti; sappiamo benissimo che non si può essere contemporaneamente pacifisti e presidenti della Camera; sappiamo benissimo, infine, di quali abietti voltafaccia sia costellata la sinistra storia dei partiti. E i pifferai della "società civile" e della "democrazia partecipativa"? Anche qui, nessuna sorpresa. Abbiamo già visto in passato i contorsionismi del Manifesto ("con una stretta al cuore, ma diciamo sì alla missione Unifil"), il prezzo della collaborazione istituzionale ("io ti lascio il centro sociale, ma tu stai zitto sul Libano"), l'ipocrisia del pacifismo di sua Maestà ("Forza Onu" diceva l'immondo striscione di apertura della manifestazione Perugia-Assisi), l'anima politica dei sacerdoti della nonviolenza (i Zanotelli, sempre pronti a condannare la violenza dei manifestanti, d'un tratto invitano a riflettere sulla forza pacificatrice degli eserciti…).
Ma gli altri? Quelli sinceramente contrari alla guerra, quelli per cui nonviolenza non significa difesa del neocolonialismo, quelli che dichiarano di ispirarsi ai "princìpi" e non alle convenienze politiche, dove sono? Sarà il caso di riflettere su questa assenza.
Le cose da dire sono così tante, e lo spazio di questo foglio così striminzito, che ci limiteremo – chissà, forse in questo modo soltanto si può dire ormai l'orrore di un mondo sulla soglia dell'abisso – a qualche pensiero sparso.
In un presente costellato di funesti presagi di scontro nucleare, siamo andati a cercare alcuni spunti negli scritti di Günther Anders, uno dei pochi intellettuali del Novecento ad aver còlto il problema centrale della nostra epoca: lo scarto fra la nostra attività sociale e la nostra capacità di prevederne e comprenderne le conseguenze. Dall'orrore di Auschwitz a quello di Hiroshima, dalla distruzione della sensibilità ad opera dei mass media alla natura assassina della produzione industriale di massa, i suoi libri (L'uomo è antiquato, Essere o non essere, La coscienza al bando, Hiroshima è dappertutto, L'uomo senza mondo, eccetera) sono la testimonianza lucida e testarda di chi non vuole soccombere alla "pigrizia della catastrofe".
In qualche breve nota ai brani andersiani cercheremo di raccogliere quelle due o tre cose che vorremmo dire con urgenza ai nemici della guerra.
il resto del "foglio" è visibile all'indirizzo web: http://digilander.libero.it/guerrasociale.org/adesso_24.htm
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