Cerchiamo di ricapitolare un attimo nel merito di questa follia. Servirebbe un comico per fare chiarezza,…siamo in Italia, e chissà che arrivi. Ma noi, intanto, ci proviamo ugualmente.
Vediamo intanto gli indagati:
- Elio Veltri, direttore della testata Democrazia e Legalità – per i delitti di cui artt. 110, 117 e 326 C.P. con “altri”;
- Roberta Anguillesi, caporedattore della testata Democrazia e Legalità – indicata genericamente come “sig.ra” per i delitti di cui artt. 110, 117 e 326 C.P. con “altri”;
- Marco Ottonelli, redazione e webmaster della testata Democrazia e Legalità – indicato genericamente come “sig.” per i delitti di cui artt. 110, 117 e 326 C.P. con “altri”;
- Christian Abbondanza, presidente Casa della Legalità – Onlus – indicato come “responsabile sito…organo informativo dell’associazione culturale “Casa della Legalità e della Cultura”, per i delitti di cui artt. 110, 117 e 326 C.P. con “altri”;
- Vittorio Zucconi, direttore di Repubblica.it indicato come “direttore responsabile del sito http://www.repubblica.it”, per i delitti di cui artt. 110, 117 e 326 C.P.
Naturalmente tutti in concorso con la “talpa”, ovvero con “funzionari pubblici in corso di individuazione”, per la pubblicazione della Relazione sulla Asl di Locri redatta dalla Commissione d’Accesso del Ministero degli Interni.
Ora c’è un piccolo particolare, già qui, estremamente curioso. Se Veltri, Anguillesi, Ottonelli ed Abbondanza hanno compiuto i delitti con “altri”, Vittorio Zucconi, sempre secondo il pm Lombardo, lì ha commessi da solo. Ha ritirato copia del file direttamente dalla “talpa”, l’ha inserita nel server del portale di Repubblica on line, linkando la Relazione e pubblicizzandone l’accesso. Altro che il Betulla, lui è un vero 007, quello "dei due mondi".
Ma andiamo avanti.
Tutti noi, in concorso – e sempre con la talpa misteriosa -, si possa “agevolare la commissione di altri gravi reati visto che la libera conoscenza del contenuto della relazione riservata – caratterizzato da chiari riferimenti ed attività delittuose poste in essere in un contesto gravemente compromesso dalle ingerenze della criminalità organizzata di tipo mafioso - non solo espone a concreto pericolo di ritorsione i redattori della relazione riservata oltre ai soggetti il cui ruolo ed i cui comportamenti sono stati oggetto dell’attività ispettiva di cui sopra ma favorisce la consumazione di ulteriori azioni criminose dirette a compromettere gravemente le attività di verifica in corso”.
A punti, se no ci si perde.
a) Si afferma che noi avremmo messo in pericolo, con la pubblicazione, l’incolumità dei Redattori della Relazione. Allora: non è forse di data antecedente (e diffusione certamente maggiore) quella di molti quotidiani locali e nazionali, sui nominativi della Commissione? Casualmente, abbiamo trovato un articolo nella Rassegna Stampa della Camera dei Deputati, de Il Sole 24 Ore, datato 25 maggio 2006, dal titolo “La relazione della Commissione d’accesso del ministero degli Interni. Asl Locri, appalti in mano alle ‘ndrine”, in cui è scritto: “Un atto di accusa verso manager e dirigenti sanitari redatto dal prefetto Paola Basilone, dal generale della Guardia di Finanza Luciano Tripodero e da Michele Scognamiglio,…”. Non sapevamo di essere noi, con i nostri siti, l’organo di acquisizione delle informazioni da parte della Criminalità Organizzata. Se ciò è risultato dalle indagini, auspichiamo che gli indirizzi IP dei frequentatori siano stati trasmessi alla DDA di competenza, certamente raccolti ai fini dell’indagine dall’Ufficio del sostituto Lombardo, così da poter aiutare l’individuazione dei mafiosi del contesto indicato.
b) Onestamente, probabilmente per inidoneo senso di responsabilità, non avevamo pensato che gli “infiltrati” della ‘ndrangheta nella Asl di Locri, non fossero a conoscenza di essere noti agli Uffici. Pensavamo che i precedenti, le condanne, le segnalazioni, i fermi, gli arresti,…indicati a loro carico dalla Commissione, nella Relazione, fossero di loro conoscenza. Non, avevamo pensato, che, ad esempio, la dott.ssa Giuseppina Morabito fosse ignara di essere figlia di “u tiradrittu” e moglie del compagno di latitanza dello stesso, il Pansera. Come non potevamo immaginare che l’Arch. Galletta non sapesse che le ditte a cui affidava gli incarichi fossero infiltrare dalla ‘ndrangheta, pur se queste prive dei requisiti della normative antimafia (di lui le parentele non sono indicate) o che il Pio Center (Salus) fosse sotto sequestro. E così via per gli altri, compresi quelli che, a questo punto, inconsapevolmente erano detenuti e percepivano gli stipendi dalla Asl.
c) Eravamo, persino convinti – mio Dio, che devianza mentale – che la conoscenza di quelle persone e ditte utilizzate (o proprie, o condizionate) dalla ‘ndrangheta, così come indicate nella Relazione, potesse permettere ad altri Enti pubblici e/o privati di non assegnare loro appalti o incarichi. Così come si potrebbe pensare che se per caso ne avessero di altri, già in corso ora, nella Locride, come altrove in Calabria o nel resto d’Italia, questi potessero essere, sulla base delle disposizioni antimafia, recisi. Invece, scopriamo, che pensare e perseguire questi obiettivi, significa istigare alla commissione di nuovi reati. Se lo avessimo saputo, potevamo proporli per qualche lavoro anche ai nostri Comuni, così da far stare tutti tranquilli. (non che, ad esempio, a Genova ne abbiamo bisogno, avendo già il monopolio di appalti pubblici e non nei settori di bonifiche, risanamento e demolizioni, ma magari qualcosa di più, si può fare per la tranquillità di famiglia)
d) C’è un’ulteriore passaggio importante, forse sfuggito, la Dott.ssa Paola Basilone, che ha svolto, prima come Prefetto di Vibo Valentia e poi come Responsabile della Commissione d’Accesso, promuovendo una concreta e coraggiosa azione di legalità e contrasto alla mafia, dimostratisi incisiva, è stata dall’attuale Governo, “premiata”, con il trasferimento a Roma, come responsabile del Ufficio Centrale Interforze per la Sicurezza Personale (UCIS). Non vorremmo che qualcuno, forse la “talpa”, avesse spinto verso questa soluzione per interrompere l’azione positiva del Prefetto sul territorio calabrese.
e) Non sapevamo nemmeno che quanto contenuto in una Relazione amministrativa, relativa a noti pregiudicati e soggetti sotto stretta osservazione da parte dei reparti investigativi e/o inquirenti, a seguito della pubblicazione della Relazione amministrativa (di quasi un anno fa, che ha già fatto il giro d’Italia più di qualche volta, e che, certamente, i “citati” ben conoscevano - a nostra modesta presunzione -), potesse mettere in discussione le indagini. Ci sia consentita la domanda: ma se la DDA non ha secretato la Relazione, in quanto non l’ha coperta con il segreto istruttorio, quali altre indagini sui mafiosi – visto che si parla di questo - (e di chi) sono state messe in discussione? Anche perché delle inchieste di mafia non ha esclusiva competenza proprio la DDA? Il fatto che nella Procura di Reggio Calabria, non nuova a discussioni, vi siano altri magistrati, rispetto a quelli della DDA, che si occupino di mafia, forse chiarirebbe un’altra vicenda importante. Quella che si lega al fatto, passato quasi in sordina, che anche le “innumerevoli” denunzie che la vedova Fortugno ha dichiarato il marito avesse presentato in merito alle infiltrazioni della ‘ndrangheta, sono state dichiarate “mai pervenute” (pubblicamente) dai magistrati della DDA competente. Che le abbia lo stesso gruppo esterno alla DDA che si occuperebbe di reati di mafia nella stessa procura di Reggio Calabria, e che quindi si sarebbe visto ostacolato dalla pubblicazione della Relazione?
Detto questo, un ultimo passaggio.
La Relazione amministrativa, trasmessa alla DDA, come alla Corte dei Conti, già nella primavera scorsa (nonostante i ritardi dell’approvazione del Commissariamento da parte del precedente Governo, di almeno due mesi), non è stata secretata per ragioni istruttorie, a quanto risulta a tutt’oggi, come non è stata secretata dalla Commissione Antimafia del Parlamento. Un documento amministrativo è riservato durante il “procedimento”, giustamente. Al termine del procedimento una relazione amministrativa, diviene pubblica, anche per il principio di accesso agli atti, che garantisce la trasparenza amministrativa, per tutti i cittadini. Il procedimento per cui la Commissione d’Accesso è stata costituita si è concluso con l’approvazione del provvedimento di Commissariamento della Asl di Locri. Ciò, inoltre, in uno Stato di diritto, è anche principio fondamentale di garanzia, per eventuali citazioni improprie o inesattezze.
Naturalmente tutto ciò vale anche per le perquisizioni ed i sequestri di cui è stata oggetto Calabria Ora, che ha tentato di pubblicare detta Relazione e che vede indagato, il direttore Paride Leporace. E poi tutti quelli che ne hanno parlato e scritto ampiamente su quotidiani ed altro, devono per forza aver letto la Relazione, altrimenti sarebbero veggenti e maghi certificati, visto che le hanno azzeccate tutte. Ed allora da chi l’hanno avuta? Loro non devono essere indagati? Il Sole 24 Ore, di proprietà di Confindustria, che legge la Relazione ogni giorno su Radio 24 e sul sito internet? Ed ancora il portale di libero.it e gli altri siti dove la Relazione è ancora tranquillamente disponibile? E poi chi ancora? A quando l’incriminazione per istigazione al delitto per il Vice Ministro degli Interni, Marco Minniti, che ha invitato a leggere e studiare la Relazione in tutte le Scuole? Ed un provvedimento cautelare agli insegnanti che, rei già di educazione alla legalità nelle scuole, rappresentano concreta minaccia di accogliere ed attuare l’invito pubblico del Vice Ministro degli Interni?
Ecco, ora però, comprendiamo, perché la Sig.ra Maria Grazia Laganà, all’intervista di Lucia Annunziata, poco tempo dopo l’omicidio del congiunto, sulla Rai, ha negato con candida categoricità che la ‘ndrangheta avesse infiltrazioni nella ASL dove Lei era Vice-Direttore Sanitario, con la Responsabilità del Personale, classificando gli omicidi all’interno dell’A.S. (di pazienti, personale e medici) come “episodi sgradevoli…” (ma per capire è meglio rileggerla testuale, clicca qui).
Ecco, dunque: non bisogna parlarne! E se si è recidivi e se ne continua a parlare? Se si continua, ad esempio, a diffondere il dossier che abbiamo realizzato sulla Asl di Locri, che succederà ancora?
In una terra, “in un contesto gravemente compromesso dalle ingerenze della criminalità organizzata di tipo mafioso”, non bisogna parlare di mafia, documentandosi, e magari facendo sì che si scoprano gli intrecci delle ditte e dei soci che garantiscono la ramificazione degli intrecci tra mafia-politica-istituzioni-affari, invitando i cittadini a segnalare quanto (sapendo) possono rendere noto ai reparti investigativi ed alla magistratura. In questi contesti meglio, sempre, occuparsi di sequestri… di motorini, però, punto e basta. Solo così si evita che vengano commessi altri reati. Perché non l’avevano capito prima! Ahi me, ahi noi.
PS 1 Il sottoscritto si ritrova indagato in mezzo a quattro giornalisti, pur non essendolo. Ora forse, visto che sia Roberta che Marco, sono stati indicati nel provvedimento come, genericamente, “signori”, non vorremmo che ciò fosse stato di scrupolo, a non farmi sentire come un pesce fuor d’acqua, ma così facendo, per generosità, si è impedita la possibilità, a loro, d’appellarsi all’Albo dei Giornalisti.
PS 2 Quindi a proposito di libertà di stampa, di espressione e di libero pensiero, viene solo da aggiungere una riflessione. Che questo provvedimento non sia proprio figlio dell’Art. 21 della Costituzione? All’ultimo comma questo sancisce: “Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume…”. Ecco forse la risposta. Abbiamo oltraggiato la serenità della onorata società, facendo nomi e cognomi? O forse che sia perché quanto si evince leggendo la Relazione, ovvero quello che era la realtà della Asl di Locri, infiltrata sino al midollo dalla ‘ndrangheta, è un terrificante e inequivocabile oltraggio al buon costume? Chissà
PS 3 Ci dispiace davvero molto che l’informazione dei cittadini, ovvero ciò che nei diversi ambiti e per i diversi ruoli abbiamo – sempre in concorso, per carità – effettuato, procuri un esborso di risorse ingenti alle casse già martoriate della giustizia (sia delle Procure, sia dei reparti investigativi), oltre che rubare tanto tempo, e molti mezzi ai servizi investigativi ed agli uffici giudiziari. Sappiamo che vi sono, proprio nelle procure della Calabria, decine e decine di morti ammazzati, che attendono per anni verità e giustizia. Come Massimiliano Carbone, che alla soglia del secondo anniversario dalla scomparsa, e con una madre e famiglia tenace nel rivendicare il diritto-dovere di giustizia, ha visto muoversi “qualcosa”, con l’arrivo del certificato autoptico e l’esame della balistica. O come chi riceve, perché vittima di mafia, promesse di aiuti per se ed i propri figli, dallo Stato e poi riceve un fido a tasso agevolato (certo con la parola e la stretta di mano del ministro della Giustizia, che non è poco e aiuterà quei bimbi a crescere senza padre!). Ci dispiace di essere noi di peso, con i delitti che ci vengono imputati. Ci spiace pensare che avendo coinvolto – in concorso, pur non conoscendolo – anche Vittorio Zucconi che lavorando come corrispondente da Washington, rischia di costare anche una rogatoria internazionale. Un’ennesima domanda però ci ri-sorge spontanea: se la Relazione è del Ministero degli Interni, significa che la talpa (o le talpe), erano o sono al Ministero degli Interni e, si potrebbe ipotizzare per restringere il campo, che sia (siano) tra coloro che avevano accesso a quel documento; allora non è più semplice, meno costoso e certamente più certo, individuare la fonte, questa talpa? O dobbiamo credere che al Viminale tutti possano prendere quel che vogliono e divulgarlo? Se fosse così l’allarme lanciato con l’indagine a nostro carico, è un’allarme nazionale, ne va della sicurezza del Paese… il Viminale sembrerebbe un colabrodo!
uno degli indagati Christian Abbondanza
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