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GAZA Resistenza a Qararah
by Alex - Operazione Colomba Saturday, Jan. 04, 2003 at 1:54 PM mail: colomba@eudoramail.com

GAZA-Op Colomba:Resistenza a Qararah

GAZA Resistenza a Qa...
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Qui a Qararah c'è una sottile linea di confine che nessuno può vedere chiaramente. è il confine tra l'assurdo e il reale, e la vita dall'alba al tramonto corre sul suo filo. Qararah è il villaggio stretto tra il chek point di Abu Holi e l'insediamento di Gush Katif. è il villaggio in cui la notte ci si addormenta cullati dal rumore dell'aereo spia dell'esercito israeliano, un luogo che ha le case martoriate dai proiettili sparati dalle torrette militari, il villaggio delle spianate fatte dai bulldozer chiamate fasce di sicurezza e delle case abbattute per crearle. E nonostante tutto a Qararah la gente si ostina a vivere. Nonostante gli spari, nonostante i tank nonostante i bulldozer. Nonostante la paura onnipresente. Una testimonianza della volontà a non voler soccombere che dimostra come al di la della lotta armata ci siano forme di resistenza civile meno facili da estirpare perché facente parti della profonda quanto inconscia volontà dell'uomo di continuare ad esistere. Le forme di resistenza più degne di ammirazione e amplificazione.
L'esercito d'Israele spara, uccide, demolisce le case, impone i coprifuoco, umilia con i check point perché vuole cacciare la gente. Ammazzarne uno per spaventarne dieci. Demolire una casa per impaurirne cento. Ma questa logica non funziona sempre linearmente. C'è chi vedendosi abbattere la casa, decide di rimanere aggrappato alla propria terra. Come ha fatto la mamma di F. piantando una tenda poco lontano dalle macerie della sua abitazione. Come ha fatto la mamma di F. ripiantando quella tenda abbattuta dai soldati.
L'esercito d'Israele è spiazzato quando vede che la gente continua a costruire lentamente le proprie case rivendicando il diritto a non soccombere alla logica del grande stato sionista che vorrebbero gli ebrei ortodossi incarnata nella politica del governo Sharon e dei coloni. Il tentativo di creare terrore alimenta resistenza. E la resistenza non è quella dalla follia dei kamikaze ma quella di chi tutti i giorni patisce le angherie quotidiane senza cedere alla facilità di compiere gesti che assumono presto i contorni del pretesto e che sono quindi infine sconvenienti.
A Nord del villaggio c'è la Kussufin road, la strada dei coloni. Lungo tutto il suo percorso che va dall'insediamento di Gush Katif, il più grande della Striscia di Gaza, al confine con Israele, è presidiata da torrette militari e telecamere di controllo che assicurano la sicurezza di chi va e viene da Gush Katif. Poco distante dal check point di Abu Holi, spostandosi verso l'entroterra lungo la direzione della strada dei coloni si arriva all'ultima trovata dell'esercito di difesa d'Israele. Ieri, proprio nel cuore della notte, i soldati hanno evacuato una famiglia che vive a pochi metri dal filo spinato che delimita la bypass road, per ricoprire tutte le finestre del piano superiore con delle lastre d'acciaio fissate a delle intelaiature di legno. Dopo un paio d'ore i soldati se ne sono andati minacciando di ritornare ad abbattere la casa qualora le lastre fossero state rimosse. La spiegazione ufficiale dell'operazione è ancora una volta la stessa: “motivi di sicurezza”. E la famiglia che ci vive abbassa la testa. Obbedisce apparentemente in silenzio di fronte all'arroganza dei soldati che ignorano quanto il grido che richiede giustizia arrivi molto lontano se si hanno orecchie per ascoltarlo. Sono le urla di chi non cede alla provocazione, quelle che a poco a poco frantumeranno questo vile tentativo di far prevalere la forza militare alla ragione della vita. Dopo averci mostrato il lavoro meticoloso dei soldati il padre di famiglia ci invita a prendere un the. Come spesso accade quando ci sono stranieri, arrivano i bimbi che si siedono nel mezzo del cerchio come gli adulti per ascoltare i discorsi dei grandi, per ascoltare le storie di vita quotidiana raccontate a questa strana gente che non parla l'arabo e ha la pelle un po' più chiara. Ci dicono che sono molti i collaborazionisti palestinesi dell'esercito israeliano e qui la gente vive con la costante paura che qualcuno venga assoldato per sparare contro la strada dei coloni, o contro l'insediamento così da fornire all'IDF un pretesto per radere al suolo le loro case. Si finisce quasi sempre per parlare dei massimi sistemi, di meccanismi politici che ci passano sempre sopra la testa. Si parla di Bush, di Sharon, di Berluscuni, della guerra in Iraq. Si parla di chi sta in alto e muove le marionette permettendo con decisioni e omissioni il perpetuo protrarsi di ingiustizie quotidiane come queste.

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