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http://italy.indymedia.org/news/2003/01/153719.php Nascondi i commenti.

Via da Rafah
by stefano orlando Wednesday, Jan. 15, 2003 at 2:13 AM mail:

narrazioni dalla palestina


Sono partito a mezzogiorno da Rafah,lasciando il mio cuore nella tenda di
Brasil, dove ho trascorso le ultime nottate tra i soliti 'shooting' e le
luci di natale che Luvisa ha comprato 2 giorni fa per rendere piu' festosa
la nostra presenza(nonche' per renderci ancora piu' visibili ai tanks
israel. e agli occhi dei soliti militari egizani che dall'altra parte del
fottuto muro israeliano cantano le stesse cazzate ogni sera...).Mi mancano
gia' moltissimo le stellate e la compagnia di Jenny,la fulva ragazza
irlandese dal viso dolcissimo che ieri ha compiuto 28 anni e che rimarra' a
Rafah ben oltre la campagna di interposizione civile dell'I.S.M..

Rafah e la gente che vi ho incontrato:ricordo perfettamente lo sguardo di
tutti,compreso quello di Mansur mentre fuma cannoni con il sottofondo degli
apaches,o quello lucido di Foad mentr mi racconta come hanno ammazzato il
suo migliore amico(per strada mentre camminava); gli occhi vivaci di Jihan e
del-
le sue sorelle quando mi uccidevano quotidianamente con "Mustafa,ya
Mustafa,ana baibbuka ya Mustafa...",una canzone a cui tutti a Rafah hanno
dato un ritmo diverso(la prossima volta che ritorno in Palestina, alla
domanda "what's your name?"rispondero' con il mio vero nome...).
Ci sarebbe un lungo elenco di persone da citare,anche perche'molte storie ci
hanno coinvolti in queste due settimane trascorse nella striscia di Gaza.

Persino le ossessionanti domande dei bambini mi fanno sorridere(adesso).

Mi trovo nello sgabuzzino del Faysal(adibito ad Internet-Point),pieno di
sonno,humus e nostalgia.
Domani,martedi' 14 gennaio,restero' qui a Gerusalemme/Al-Quds per spedire le
ultime cose e per confermare il volo di ritorno per l'Italia.
Verso mezzogiorno vorrei partire per il campo rifugiati di
Deishah(Betlemme).In serata,se possibile,andro' a Balata a salutare
Linus,Foad,Seif,...e la famiglia di Nablus che, una lunga notte di qualche
sttimana fa, dovevo proteggere dalle incursioni israeliane.
Mercoledi' 15 restero' a Nablus per fare poi ritorno al Faysal in serata.
Giovedi' 16 e' il giorno che vorrei non arrivasse mai:h 05.35 ho il volo per
Milano e alle 11.00 saro' a Venezia.

Stasera, al King Palace Hotel,ho incontrato Elisabeth:mi ha parlato di
quanto sclerata sia la famiglia di Jihan dopo che le hanno ammazzato il
padre il giorno in cui si stava per sposare.I pezzi di carne che le sono
finiti in faccia mentre camminava al suo fianco sono stati un dettaglio che
mi ha spinto ad affrettare l'uscita dall'hotel:Rafah mi manca moltissimo,ma
le sofferenze dei suoi abitanti,il rumore dei tanks,i chek points e le case
demolite mi hanno colmato anche di tristezza e frustrazione.

Non riesco a infilarmi nel sacco-a-pelo e penso alle due "tende di pace" che
abbiamo installato a Brasil e Blok J con Nicola,Andrea,Luvisa e Jenny, a
quanto siano servite alle famiglie delle zone per poter ritornare a
chiacchierare intorno al fuoco all'aperto.Un piccolo evento che riempie di
gioia. E' un esempio soddisfacente dell'importanza che la presenza di
volontari internazionali ha nell'aiutare il popolo palestinese ad affrontare
la soffocante occupazione militare da parte di Israele,e a riappropiarsi
della propria vita,della propria terra.Ignorare la storia,quando la si
conosce,e' una vigliaccheria.
Non lasciamo soli i palestinesi!

stefano

P.S.:2 giorni fa,a casa di Jihan, ignoti ragazzini mi hanno rubato il
cellulare con le sim cards palestinese e italiana!"Insa' al-khauf":ce sta
l'e-mail...


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MAWASI-GAZA
by danila Wednesday, Jan. 15, 2003 at 11:04 AM mail:

Un saluto e grazie per le vostre corrispondenze.
Ne ho tradotta una di una compagna di Seattle che si trova su Rapprochment, per aggiungere un esperienza da Rafah

January 13, 2003
Author: Carla
Ciao a tutti
Mawasi è un villaggio sulla costa di Rafah (striscia di Gaza), circondato da colonie e controllato da un check point, da cui i palestinesi non possono passare da due anni a questa parte. Gli abitanti sopravvivono con quello che riescono a coltivare. Non possono passare né cibo ne’ medicine e la gente che e’ uscita dal villaggio non può rientrarvi.
L’azione che stiamo per fare domani è organizzata dai palestinesi che proveranno a rientrare nelle proprie case. Pensano che siano circa 300. Siamo 16 internazionali qui con l’ISM a cui è stato richiesto dai palestinesi di accompagnarli per passare il check point. Sono molto entusiasti.
Ieri un gruppo di noi e’ andato presso un tank per dirgli che ci avevano sparato nelle case e, mentendo, gli abbiamo detto che i nostri paesi si sarebbero lamentati di questo col governo israeliano. Ma noi abbiamo il privilegio di aver salva la vita, anche qui. Possiamo andare verso un tank sapendo che non ci sparerà immediatamente (ossia, ci sparano sopra la testa e sui piedi). Comunque, per i palestinesi e’ molto diverso.
I soldati sparano nelle case, nei vicoli e nelle strade, hanno coperto l’area con un tappeto di pallottole. Molti civili sono stati uccisi, i bambini nelle aule o che giocavano per strada, le donne mentre cucinavano…tutti disarmati, innocenti che non facevano nulla se non esistere. Come questo aiuti la sicurezza Israeliana e’ un mistero per me.
Molti palestinesi qui non hanno mai visto un soldato e tantomeno gli hanno mai parlato –Gaza è così diversa dalla West Bank dove i soldati e i civili palestinesi si trovano regolarmente faccia a faccia. Qui i soldati stanno sulle torrette, ai check point o dentro i tank, i blindati e i bulldozer. Sparano solo, non parlano, non si negozia. Ieri non era un’azione pianificata, siamo solo andati a vedere il muro che stanno costruendo per chiudere i palestinesi, quando dai tank hanno cominciato a sparare sopra le nostre teste. Poi abbiamo cominciato ad andare avanti per dire ai soldati che eravamo li’ per rimanere.
L’ISM non ha avuto una presenza qui a Gaza fino a quest’estate, al contrario della W.B dove l’ISM lavora da circa due anni e il gruppo di palestinesi con noi non aveva mai visto i soldati da così vicino e uno in particolare mi ha detto che non aveva mai visto la faccia di un israeliano prima di allora. Gaza è molto tradizionale, le donne si coprono e tutti ci muoviamo solo con l’accompagnamento dei palestinesi.
Ho chiamato i giornalisti a Gerusalemme per cercare di coprire la giornata di domani. Una cosa del genere non è mai stata fatta, cioè accompagnare le famiglie per cercare di passare un check point, gli sparano subito. La determinazione e la forza di questa gente è incredibile.
Nonostante tutto vanno avanti, con tutte le loro perdite, le loro risate, gli scherzi e l’amore per i bambini.
Il ragazzo che mi accompagnava a vedere la casa demolita di una famiglia, quando mi ha visto in lacrime mentre tornavamo, mi ha detto che quello e’ il motivo per cui ridono cosi’ tanto, una persona non puo’ contenere il suo dolore per sempre, non vedendo altro futuro se non quello che hanno visto finora. E vanno avanti, lasciandosi alle spalle l’ultima atrocita’. Gente simpatica, non si lamenta ma ha una determinazione che li porta ad una perseveranza quotidiana.
Carla
ISM volunteer – Seattle USA

IL GIORNO DOPO A MAWASI
Abbiamo accompagnato i palestinesi giu’ per la strada che porta a Mawasi che ora e’ bloccata da un check point che sorveglia la colonia, portando con noi materiale medico e farmaci. Almeno un centinaio di colpi di avvertimento hanno colpito il suolo intorno a noi e lentamente ci siamo fatti strada per andare avanti.
Un lungo percorso di appena un quarto di miglio. Un reporter palestinese e’ stato colpito alla testa (portato all’ospedale e’ sopravvissuto perche’ la ferita era superficiale), ma il gruppo ha deciso di proseguire. Il compito di noi internazionali era proteggere i palestinesi (il reporter era molto esposto, stava facendo foto).
Camminavamo davanti e di lato al gruppo, usando il privilegio del nostro status di internazionali (così speravamo) per fargli da scudo. Io camminavo dietro proprio dalla parte della torretta e non ho mai prestato così tanta attenzione a ogni singolo passo che facevo.
Sentivo il rumore delle pallottole sul terreno intorno a me che alzavano la terra e ogni passo era uno sforzo della volonta’. La donna palestinese vicino a me doveva vivere lo stesso stato d’animo ma era li’ per tornare a casa dopo due anni e io ero lì per accompagnarla, con la stessa volontà.
Portavamo una scatola di medicine, si potevano vedere attraverso la busta trasparente, magari potevano pensare che fossero bombe…Gliel’ho aperta per far vedere che non avevamo nulla da nascondere.
I palestinesi di Mawasi non percorrevano questa strada da due anni senza essere sotto il fuoco dei soldati. Ci siamo avvicinati tanto ai soldati da poter negoziare con loro, piu’ vicino di quanto nessuno avesse fatto finora. Incoraggiati da questo abbiamo fatto ancora qualche passo in avanti e questa volta ci hanno sparato con pallottole silenziate. Il solo segno del fuoco era la polvere che si alzava all’impatto delle pallottole sul terreno e questo silenzio era la cosa più terrificante, per fortuna non hanno sparato molti colpi e quelli con maggiore esperienza dei soldati a Gaza ci hanno detto che era giunto il momento di ritirarsi, dato che l’uso di pallottole silenziate ha un significato molto pesante.
Quel giorno non abbiamo passato il check point ma due giorni dopo un gruppo di palestinesi ed internazionali e’ riuscito a fare qualche passo in più e ha negoziato, riuscendo a far arrivare le medicine a Mawasi. Una piccola vittoria.
La cosa che mi ha stupito e’ stata la velocità con cui mi sono abituata agli spari.
Il primo giorno che ho passato a Rafah sono andata con Molly a trovare la famiglia presso cui stava. La loro casa era stata demolita quella mattina e stavano raccogliendo tutto quello che potevano salvare. Siamo dovute andare di corsa al coperto dato che un tank ha cominciato a sparare sulle macerie della casa.
Quando sono stata a Mawasi era gia’ una settimana che stavo a Gaza, nelle case dei palestinesi e ogni giorno e quasi ogni notte ho sperimentato gli spari dei tanks che avanzavano dal limitare della città fino ai quartieri in cui eravamo. Gli spari continui sono una realta’ quotidiana sul perimetro sud della citta’ al confine con l’Egitto.
Qui Israele ha un piano per un muro di “sicurezza” che ha lo scopo di impedire ai palestinesi di lasciare Gaza e cercano di far si che le famiglie se ne vadano dal perimetro della citta’ vicino al muro. I quartieri sono ripetutamente aggrediti dal fuoco dei tanks fino a che le famiglie non se ne vanno. A volte i tank prendono di mira una casa con mortai, come la casa, abitata, vicino a quella dove stava la mia amica Molly.
Vorrei che fosse chiaro che ci sono civili disarmati, famiglie, non combattenti.
Una volta che le case sono abbandonate i soldati israeliani ci mettono la dinamite poi passano con i bulldozer. Dopo passano alle case che ora risultano esposte, quelle che si trovavano dietro quelle appena demolite e piano piano si mangiano tutti i bordi di Rafah.
Questo è tutto per ora, devo solo aggiungere che la mia esperienza con i palestinesi e’ di un popolo per cui la famiglia e la terra sono tutto. Conservero’ nel mio cuore per sempre i sorrisi, gli occhi, lo spirito e la generosita’ di ogni persona che ha contribuito ai miei primi ricordi della Palestina.
In Solidarity, with Love~

Carla

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ma
by ma miccichè è un nome o una domanda? Wednesday, Jan. 15, 2003 at 11:25 AM mail:

da quando ha saputo che gaza è una striscia Miccichè non ha più pace.continua a chiedere che venga annessa all'Italia,così se la può tirare tutta.

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dghg
by Anto Thursday, Jan. 16, 2003 at 1:07 AM mail:

Ciao Stefo,bentornato in Italia, proprio il giorno del mio compleanno...23...miii che tristezza!!

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