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[bolivia] Bolivia vuole che se ne vada il gringo. Report da La Paz
by sebastian hacher (trad by blicero) Friday, Feb. 14, 2003 at 4:11 AM mail:

Ultimo report della giornata, per il momento.

A quest'ora si contano 21 morti negli ultimi due giorni e centinaia di
feriti e arrestati in tutto il paese. Durante tutto il giorno
lavoratori, contadini e giovani si sono mobilitati a La Paz, Cochabamba
e Santa Cruz. A Potosi', i lavoratori della miniera di proprieta' del
presidente bloccarono le strade, come hanno fatto anche i contadini del
Chapare, dove ci sono stati scontri che sono terminati con un morto e 3
feriti, secondo le ultime notizie.

Se ieri abbiamo osservato il punto di crisi dello stato, con scontri tra
polizia e esercito, oggi si e' espresso nelle strade uno spirito simile
a quello che termino' con la cacciata del governo De La Rua in
Argentina. Che se ne vada il gringo! (il presidente boliviano Sanchez de
Lozada e' famoso per parlare con un marcato accnto nordamericano) e' un
grido che puo' essere interpretato come il "que se vayan todos" dell' Argentina.

In tutta la citta', le mobilitazioni organizzate sono state pacifiche e
ordinate. In La Paz gli organizzatori hanno cercato solo una volta di
marciare verso Piaza Murillo, la stessa che ieri e' stata teatro dei
combattimenti sanguinari e che oggi e' stata sorvegliata da centinaia di
soldati e di carri armati.

Solo dopo che le mobilitazioni si sono concluse, sono cominciate le
scarramucce e i saccheggi di edifici e banche, con scontri e arresti di
manifestanti, che al momento sono circa alcune centinaia nella sola La
Paz. Situazioni simili si sono verificate anche in Cochabamba e Santa
Cruz, le tre citta' piu' importanti del paese.

Il sentimento ricorrente nelle strade era quello della rabbia. Sebbene
la campagna dei media, agitando i fantasmi del vandalismo, il giorno di
ferie decretato dal governo e il ritiro delle misure economiche decisa
dal governo che ordinandole aveva acceso la protesta abbiano limitato la
forza delle mobilitazioni, migliaia di persone si sono riversate nelle
strade. Le rivendicazioni non sono pero' parziali; che se ne vada il
governo, che chiudano il parlamento sono stati i due slogan piu'
ascoltati nel giorno di oggi.

Proiettili contro il popolo

Fino a che non sono cominciate le mobilitazioni era un mistero come avrebbe
agito il governo. Ieri aveva chiamato a mobilitarsi se si voleva, pero'
pacificamente e oggi la citta' era completamente militarizzata, come se
fosse il secondo episodio di una guerra che non finira' con il calare
del sole.

In EL Prado (la via principale della citta'), da dove piccoli gruppi
cercavano di avanzare, si sono viste scene di guerra urbana, con franchi
tiratori appostati sui tetti, facendo a gara per colpire una gamba o per
assassinare qualche manifestante. Come dimostrazione del punto a cui
erano disposti ad arrivare, un fotografo e' stato ferito da un
proiettile, oltre a due paramedici, una delle quali e' morta con un
proiettile di FAL nel petto mentre cercava di soccorrere un ferito.

L'altro elemento che ha generato incertezza e' stato quale attitudine
avrebbe avuto la polizia. Sebbene alle 5 della mattina la cupola della
polizia era giunta a un accordo con il governo, varie unita'
dell'interiore ancora non riconoscono l'accordo e rimangono ammutinate.

Una moltitudine ha circondato il gruppo della polizia urbana e ha
chiesto le loro armi indignata. La prima reazione della polizia non e'
stata ostile; qui solo alcuni completi imbecilli hanno protestato con i
manifestanti, pero' quando la moltitudine minaccio' di avanzare, alcuni
di essi posero mano alle armi.

Il problema delle armi pare essere centrale, di esso si e' parlato tanto
ieri come durante le mobilitazioni di oggi. I classici slogan fucili al
popolo, il popolo non tace, il popolo armato non verra' vinto, sono
stati ripetuti innumerevoli volte. Una signora spiegava che non possiamo
affrontare un esercito solo con le pietre. La dinamite, un classico
strumento usato nelle proteste dei minatori, si e' fatto sentire con
forza; ogni volta che si e' arrostito un angolo dove c'erano i militari o
che si e' fatta esplodere una strada, il festeggiamento e lo stordimento
sono stati generalizzati.

Dopo il mezzogiorno si e' aggiunto un altro elemento: la polizia e'
ritornata lentamente alla normalita e a La Paz si e' divisa alcuni
compiti con lo stesso esercito con cui si era scontrata ieri. I militari
hanno lasciato appostati i suoi franchi tiratori e per il resto si e'
concentrato a salvaguardare gli edifici pubblici e la Piazza Murillo,
mentre gruppi di ufficiali di polizia correvano nelle strade, reprimendo
saccheggi e arrestando giovani. Lo stesso e' successo in Santa Cruz,
dove gli attacchi alle sedi dei partiti ufficiali e a edifici pubblici e
i saccheggi sono stati la norma.

Uno dei bersagli preferiti dai manifestanti sono state le sedi i MNR e
MIR, partiti principali che formano la coalizione che governa il paese.

Nel frattempo i media alternano le immagini dei saccheggi con un
messaggio di Giovanni Paolo II appellandosi alla pace in Bolivia.

Inoltre si sono diffusi costantemente messaggi di preoccupazione per
l'appoggio del governo di Washington, per la presidenza del Mercosur,
tutte le chiese e le confindustrie. Il fantasma di una seconda
argentina e' circolata in tutti questi settori per tutto il giorno.

Bolivia e l'Argentinazo

Ieri, mentre vedevamo edifici che la furia popolare stava distruggendo e
bruciando, alcuni studendi scherzava dicendo che andavamo alla Plaza de
Mayo. In Santa Cruz, la mobilitazione di oggi e' stata chiamata
cacerolazo, e in tutti i media internazionali il ricordo dell' Argentina
in fiamme si ripete. Il confronto con l'Argentina, il presidente in
fuga e il paese in rivolta e' stato presente durante tutti gli ultimi
due giorni

Senza dubbio, mettere un segno di uguaglianza tra i due processi,
sarebbe semplificare al massimo quello che stiamo vivendo.

In primo luogo, il principale elemento di distinzione e' stato lo
scontro tra le forze di repressione, pilastri di questo e di qualsiasi
altro stato. La polizia in ammutinamento, la battaglia di Piazza
Murillo, i morti e i feriti da ambo i lati, sono la rappresentazione
della crisi non solo di un governo, ma di tutto lo stato. La polizia
senza saperlo e' stato l'ultimo catalizzatore della crisi, e ha permesso
che nelle strade si riversassero i settori piu' agguerriti della
societa'.

Forse piu' simile al argentinazo e' il sentimento popolare, simile a
quello del que se vayan todos, che si e' espresso spesso nei canti di
oggi e, meno massicciamente, nel pomeriggio di ieri.
Senza dubbio, la situazione e' differente; nelle mobilitazioni di oggi
hanno predominato i settori organizzati e i sindacati e per esempio, Evo
Morales, applaudito da tutt*

Sebbene alcuni parlamentari sono stati cacciati al grido che si chiuda il
parlamento, vari settori del pubblico devono capitalizzare il sentimento
popolare e, fino a un certo punto, mantengono ancora capaticita' di
controllare o dirigere le mobilitazioni

La dinamica della sitiuazione e i settori sociali che hanno partecipato
sono stati anch'essi diversi da quelli dell'argentinazo. Nel giorno di
ieri, nei dintorni di Piazza Murillo, si sono viste mescolarsi
lavoratori, gente da ufficio, giovani, mentre alla notte, la
generalizzazione dei saccheggi, la campagna ufficiale dei media, e la
grande quantita' di morti e feriti, hanno giocato un ruolo inverso di
quello che genero' in Argentina, dividendo classe media e settori di
lavoratori e lavoratrici.

Infine, in Argentina De la Rua scappo' appoggiato da nessuno se non la
sua famiglia. Nel giorno di oggi Sanchez de Lozada ha ricevuto a partire
dalla sua rinuncia, a un abbraccio degli Stati Uniti e dei vari
presidenti latinoamericani, che sanno che una uscita come le elezioni
anticipate potrebbero catapultare il MAS alla Presidenzia, e si aprirebbe
uno spazio piu' certo dei piani economici, che includono la
continuita' del saccheggio con i pensatori naturalisi del paese.

Bolivia, mia amata

Quello che viviamo in questi giorni in Bolivia sono fatti che
sicuramente occuperanno un luogo nell'intricato labirinto della storia.
Il sangue che segna le strade, le gole iinferocite e il tremito del
regime, sono immagini che rimarranno incise nei nosri occhi per sempre,
come un passo gigantesco nel compito monumentale dalla quale nessuno nel
nostro paese puo' sfuggire.

L'odore dei gas, le fiamme che consumano il vecchio prima che un nuovo
possa nascere, sono i primi passi di un popolo che ha deciso che nel
destino qualcosa si puo' cambiare.

La Bolivia e' un paese bello e pieno di vitalita'. Oggi quando abbiamo
visto marciare i minatori senza pensione, insieme a lavoratori, giovani
e studenti, tirando dinamite e cantando "que se vayan l'asesino!", noi non
possiamo smettere di emozionarci. Sono stati i forgiatori di una lotta
enorme, che ha le sue radici in mobilitazioni della COB negli anni
ottanta e i guerriglieri rivoluzionari nel 52, dei quali l'attuale
partito di governo e' erede e traditore e i protagonisti del futuro
camminando insieme, scrivendo un'altra volta la propria storia.

Una storia che si sta scrivendo con il sangue, come sempre i popoli
scrivono le proprie storie. Una storia che non siamo disposti a guardare
dalla comoda poltroncina di spettatori.

Sebastián Hacher
La Paz, 13 de Febrero del 2003

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