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Europa, quale costituzione?
by nuovi mondi media Wednesday, Sep. 17, 2003 at 5:31 PM mail:

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Europa, quale costituzione?
Mercoledì, 17 Settembre 2003 - 13:03
note di Salvatore Cannavò e Franco Russo

Come contributo all'analisi del Trattato costituzionale europeo che comincerà a essere discusso il 4 ottobre dalla Conferenza intergovernativa dell'Ue, pubblichiamo in anteprima dal numero di settembre di Guerre e Pace le note che il gruppo di continuità del Forum Sociale Europeo ha fatto redigere e ha deciso di far circolare, pur senza averle ancora discusse al proprio interno.
Il Consiglio europeo, riunitosi a Laeken il 14 e i1 15 dicembre 2001 (link europa), in una Dichiarazione sul futuro dell’Ue prendeva atto che l’Europa dei 15, destinata entro breve tempo ad allargarsi a nuovi 10 paesi, si trovava di fronte a "un crocevia, in un momento cruciale della sua esistenza". Si sta chiudendo, diceva la Dichiarazione, "uno dei capitoli più foschi della storia europea: la seconda guerra mondiale e la successiva spartizione artificiosa dell’Europa. L’Europa è in procinto di diventare, senza spargimento di sangue, una grande famiglia; si tratta di un vero cambiamento che chiaramente richiede un approccio diverso da quello di cinquant’anni fa, quando sei paesi avviarono il processo".

Per questo veniva istituita una Convenzione, presieduta da Giscard d’Estaing, per aprire "una via verso una costituzione per i cittadini europei"; a essa si poneva una domanda chiave: la semplificazione e il riordino dei Trattati devono condurre a un testo costituzionale? Quali gli elementi di base di tale legge costituzionale?


IL "DEFICIT DEMOCRATICO" DELL'UE

Il nome stesso di Convenzione, fortemente evocativo di un processo costituente, avrebbe dovuto spingere verso la definizione di una Costituzione, ma già la nomina dell’organismo, decisa dai governi riuniti nella forma del Consiglio europeo, e soprattutto il compito, importante epperò meramente istruttorio, ne minavano qualsiasi intenzione costituente, dato che le decisioni finali sarebbero state assunte dalla Conferenza intergovernativa, convocata a partire dal prossimo 4 ottobre a Roma.

A Laeken si era preso atto che il metodo intergovernativo, che aveva dominato il processo di costruzione europea, mostrava tutti i suoi limiti sintetizzabili nel cosiddetto deficit democratico. La Ceca e l’Euratom, poi la Comunità europea e successivamente l’Ue sono stati creati tramite il metodo funzionalista, cioè tramite l’integrazione guidata dall’istituzione del mercato comune, e in virtù, e in vista, di questo obiettivo sono stati via via integrati i vari campi del vivere associato: in nome del mercato, assunto a parametro e valore fondante e discriminante, si è proceduto all’integrazione economica fino alla moneta unica (che riguarda però solo 12 paesi). Ciò ha comportato dapprima l’estensione dei diritti civili - la libera circolazione dei beni, dei capitali e delle persone (in un primo tempo specificamente dei lavoratori) - e quindi di quelli sociali e infine, nel campo politico, la costruzione del secondo e terzo pilastro (la politica di difesa ed estera, e quello dello spazio giuridico europeo), che hanno imposto delle vere e proprie cessioni di quote di sovranità da parte degli Stati.

Perché una Conferenza intergovernativa ha competenza a redigere una Costituzione, quando questa è sempre stata redatta da Convenzioni o Assemblee costituenti elette dal popolo? Il fatto è che l’Unione è per un verso un’associazione di Stati, per altro una struttura sovranazionale le cui competenze però sono definite sempre da Trattati o da emendamenti ai Trattati decisi dagli Stati.


I LIMITI DELLA CONVENZIONE EUROPEA

Ciò è stabilito dall’art. 48 del Trattato sull’Ue del 1992, detto di Maastricht (link europa) che, nell’ultimo comma, afferma: "Gli emendamenti entreranno in vigore dopo essere stati ratificati da tutti gli Stati membri conformemente alle loro rispettive norme costituzionali".

Questo articolo è la chiave del potere degli Stati, infatti anche nel nuovo testo proposto, all’articolo IV-6 (link convention), la procedura di revisione del "trattato che istituisce la Costituzione" prevede che sia sempre una Conferenza intergovernativa, previa eventuale convocazione di una Convenzione con poteri istruttori, a sancire la modifica costituzionale. Nell’ultima versione del testo il Parlamento europeo ha poteri di iniziativa nella procedura di revisione del trattato costituzionale. Ciò è un dato positivo, purtroppo limitato dato che il Parlamento europeo, mentre prende parte al processo legislativo ordinario solo come "codecisore" senza potere di iniziativa, nel processo di revisione ha questo potere, ma non partecipa al processo decisionale. Insomma gli Stati non vogliono decadere dallo loro posizione di veri e propri "signori dei trattati". Questo ruolo primario è confermato dall’articolo I-59 (link convention), dove si prevede addirittura il "ritiro volontario dall’Unione"; dunque non siamo di fronte alla costituzione di una ‘società politica’, ma all’incontro di volontà sovrane, tanto sovrane che ogni Stato rimane in possesso della facoltà di recedere dal Trattato: vera e propria prerogativa sovrana. Infatti come al tempo dello Stato-persona, nell’Ottocento liberale, esso non si dà obblighi che lo "leghino", procedendo solo a forme di autolimitazione. Così anche il nuovo Trattato non istituisce una Federazione europea di Stati, bensì un’associazione.


LA PACE NON È IL PARAMETRO GUIDA

L’articolo I-2 (link convention) elenca i valori fondanti dell’Unione, dove vi è compreso - aggiunto solo nelle ultime versioni - anche quello dell’uguaglianza, oltre a quelli della dignità umana, della libertà, della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti umani. Balza agli occhi l’assenza del valore della pace, del ripudio della guerra nella risoluzione delle controversie internazionali, della giustizia e dell’equità tra i popoli.

La pace è assunta solo come obiettivo dell’Unione (art.I-3,1, link convention). Un obiettivo è tale nella misura in cui i "decisori politici" lo immettono nella propria strategia, legandolo alle contingenze e convenienze del momento: può essere la pace un obiettivo subordinato alla volontà politica momentanea? Una Costituzione normativamente caratterizzata, e non solo dunque sistema organizzato di poteri, prescrive i fini e i limiti al decisore politico e legislativo: qui la pace non è un valore fondamentale, non è il parametro guida delle azioni statali.

L’Europa può essere fattore di pace, soggetto attivo per il disarmo generalizzato, per nuove relazioni tra Nord e Sud del mondo, ma questa prospettiva, affermata dal movimento pacifista mondiale, non viene fatta propria dalla Convenzione europea. Nel campo della politica estera istituisce, sì, il ministro degli Esteri ma delegando al Consiglio europeo, cioè all’organo dei governi, la sua nomina (art. I,27, link convention) così come l’identificazione degli interessi strategici dell’Unione (art.I-39,2, link convention).


L'EUROPA COME "POTENZA"

Sulla scena internazionale l’Unione vuole essere potenza, e agire secondo i propri interessi strategici ed economici: in questo campo torniamo alla pura ragion di Stato, non a caso il Parlamento europeo è soltanto informato, consultato senza alcun potere, neppure co-decisionale.

Il Titolo V della parte III del Trattato va letto con molta attenzione perché delinea un’Europa come potenza geopolitica. L’art.III-188,2 (link convention) dà le direttive di fondo stabilendo che l’Europa ha il compito di salvaguardare i valori, gli interessi, la sicurezza, l’indipendenza e l’integrità dell’Unione, di inserire l’intero pianeta nel processo di globalizzazione, di preservare la pace, prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale. È il Consiglio europeo a decidere obiettivi e strategie (art. III-189, link convention) e delibera all’unanimità: gli Stati decidono la politica estera saltando il parlamento europeo che viene solo consultato. Gli Stati riacquistano per intero il controllo della politica estera che a livello nazionale prevede le deliberazioni parlamentari.

Il Capo II è dedicato alla politica estera e di sicurezza e conviene anche questo leggerlo direttamente e attentamente, perché stabilisce le missioni militari con meccanismi di voto all’unanimità e a maggioranza qualificata (art. III-196, link convention). L’art. III-205 (link convention) elenca il tipo di missioni militari dell’Unione. E in questo campo, dove siamo di fronte alla questione esistenziale della vita e della morte, sono gli Stati chiamati a decidere senza essere vincolati al valore della pace, senza essere subordinati a una norma di rango superiore che li obbliga a ottemperare al dovere della pace. Qui, invece, gli Stati devono osservare le decisioni del Consiglio europeo, che può deliberare missioni umanitarie e di soccorso, di consulenza e assistenza militare, di prevenzione dei conflitti e di mantenimento della pace, di gestione delle crisi comprese le missioni tese al ristabilimento della pace, tutto ciò sull’intera scena mondiale (art.III-205,1, link convention).


CITTADINANZA E MIGRANTI

Prendiamo un’altra questione su cui si va da anni sviluppando un poderoso movimento, quello della cittadinanza universale (e dunque della libertà e dell’uguaglianza), che riguarda nativi e migranti. L’articolo I-8 (link convention) dice: "È cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell’Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce". Sostanzialmente si ripetono le disposizioni del Trattato della Comunità europea art. 17 (link europa), senza fare nessun passo avanti.

Non avremo una cittadinanza europea perché non si vuole avere una "società europea", e al tempo stesso questa Unione, che si configura come un mercato aperto alla circolazione delle merci e delle persone, dei capitali e dei servizi, si chiude verso l’esterno, blinda le sue frontiere: si preoccupa di reprimere le discriminazioni tra cittadini degli Stati membri, ma conserva quelle verso gli Stati extracomunitari e a quelli che entrano non attribuisce il diritto alla cittadinanza. Si prenda il capo IV, III parte (link convention) - quello che istituisce lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia: vi si troverà il disciplinamento delle politiche d’immigrazione, guidate da principi "sicuritari". L’armamentario del controllo dei flussi delle persone extracomunitarie è tutto presente: visti, controlli della circolazione (art. II-161); la politica complessiva dell’immigrazione declina sempre i temi della sicurezza - clandestini, ingressi e soggiorno, diritti (limitati) dei cittadini di paesi terzi (art. III-163).


QUALE SPAZIO PER I DIRITTI?

Se il valore della pace manca del tutto, gli altri valori elencati che validità hanno, qual è il loro status? Che essi si trovino all’art. 2 (link convention) della prima parte non è un caso, perché l’art. 1, quello che istituisce l’Unione, dà la chiave di volta dell’intero assetto cosiddetto costituzionale. Questo dice: "questa Costituzione stabilisce l’Unione europea, a cui gli Stati membri conferiscono competenze per raggiungere gli obiettivi che essi hanno in comune". Oltre a essere sparito qualsiasi riferimento al federalismo, quest’articolo ribadisce il carattere e il metodo "funzionalistici" di costruzione dell’Unione. È in funzione di determinati obiettivi che gli Stati si associano per meglio realizzarli. Dunque i valori devono piegarsi al raggiungimento di questi obiettivi, e per questo gli Stati istituiscono competenze comuni dettagliatamente definite, che non possono essere ampliate se non tramite nuovi accordi interstatali.

Con ciò veniamo alla questione del rango dei valori e dei diritti fondamentali nel Trattato costituzionale. È stata inserita, come sua seconda parte, la Carta di Nizza, che già all’art. 51 affermava che le istituzioni dell’Unione "rispettano i diritti, osservano i principi e ne promuovono l’applicazione secondo le rispettive competenze e nel rispetto delle competenze quali sono conferite all’Unione". E in nuovi paragrafi aggiunti ora all’art. 52 della Carta si fa una distinzione tra norme e principi: insomma i diritti, soprattutto quelli sociali, ma non solo quelli, sono subordinati alle competenze dell’Unione e in più si introduce una gerarchia tra diritti (vincolanti) e principi (programmatici): dove vanno a finire l’universalità e la cogenza dei diritti fondamentali?

Gli Stati conferiscono delle competenze, stabiliscono degli obiettivi comuni, proclamano dei valori, ma sono essi a stabilire se e in che misura tutto ciò può essere realizzato. Non ci troviamo di fronte a norme di rango superiore e disciplinatrici delle decisioni politiche e legislative, ma abbiano il rovescio: sono le decisioni politiche degli Stati a stabilire quali diritti si possono fruire e in che misura.


IL PRIMATO DEL MERCATO SUL LAVORO

La parte terza del Trattato, oltre ai richiami già fatti (politica estera, di difesa, immigrazione), costituzionalizza le leggi del mercato che hanno fatto da guida all’integrazione europea; è una parte ricognitiva, nel senso tecnico del termine, cioè riproduce il diritto già esistente dandogli dignità costituzionale. L’art. II-15 della Carta di Nizza - ora integrata come parte seconda del Trattato - faceva del diritto del lavoro una libertà negativa, vale a dire a nessuno è impedito di scegliersi di lavorare ma senza garantire la libertà positiva di lavorare, e poi gli artt. II-16 e 17 garantivano la libertà d’impresa - si badi non dell’attività economica, bensì dell’attività specificamente imprenditoriale - e il diritto di proprietà, compreso quello dell’eredità, che i liberisti alla Bush e alla Berlusconi hanno esentato anche dalle tasse.

Ora, oltre a ciò, nella terza parte del Trattato tutto l’armamentario del liberismo viene riprodotto, infatti chi legge troverà che a fianco del numero dell’articolo viene riportato quello del vecchio Trattato Ce (link europa). Qui non si è innovato niente se non il rango costituzionale attribuito a norme che per la prima volta nella storia del costituzionalismo trovano posto in una Costituzione.


LIBERISMO CONTRO STATO SOCIALE

Il nuovo art. III-0 ribadisce che l’Unione agisce nei limiti delle competenze e degli obiettivi del Trattato, dunque si esclude la competenza generale, richiesta per es. ai fini dell’implementazione dei diritti sociali, positivi, che richiedono competenze pubbliche per poter essere fruiti. Si ribadisce che l’Unione mira alla parità di trattamento tra donne e uomini, ma non si fa cenno minimo alla politica di genere (art. III-1); si ripetono le vecchie formule per quanto riguarda l’ambiente (art. III-2); si afferma che occorre combattere le discriminazioni ma solo in relazione alle nazionalità europee ma non tra cittadini comunitari ed extracomunitari (art. III-4), mentre una legge europea "può" stabilire provvedimenti opportuni per lottare contro le discriminazioni fondate sul sesso, la religione, la razza (art.III-5).

Al mercato interno, alla libera circolazione dei lavoratori, alla libertà di stabilimento sono dedicati gli articoli dal III-11 al III-32: queste libertà si accompagnano alla libera circolazione delle merci, disciplinata dagli articoli dal III-33 al III-41. Le regole della concorrenza sono stabilite agli artt. III-47-52 (per i riferimenti a tutti questi articoli v. link convention).

Per i servizi pubblici - smantellati nel corso di questi anni dalle direttive dell’Unione, si pensi all’elettricità e ai trasporti, all’acqua e alla sanità - si ripete la dizione dell’art. 16 del trattato Ce (introdotto con il Trattato di Amsterdam). Tutti i servizi, tranne per le fasce dei veri indigenti, devono essere immessi sul mercato ed essere acquistati: siamo allo Stato minimo. I servizi pubblici invece di essere garantiti a tutti/e in maniera egualitaria tramite la fiscalità progressiva e generale, devono essere comprati sul mercato. Come dice il liberista ultrà, Fabio Merusi, la cittadinanza politica deve fondersi con quella economica, con il risultato che solo i ricchi possono essere veri cittadini (v. F. Merusi, Le leggi del mercato, il Mulino, 2002, pp.59-87).

Il Patto di stabilità, che fa parte di un protocollo aggiuntivo (n.20) deciso a Maastricht (1992, link europa) viene assunto con le formulazioni degli articoli III-66 - stabilità dei prezzi - e III-67 - economia di mercato e in libera concorrenza. Il disciplinamento degli Stati per gli obblighi di bilancio e di lotta all’inflazione è contenuto negli artt. III-68 e III-73. L’art. III-74 è tutto dedicato alla stabilità dei prezzi: il ruolo anticiclico dello Stato è cancellato (link convention).


OCCUPAZIONE E POLITICHE SOCIALI

Per quanto riguarda la politica dell’occupazione conviene far rilevare intanto una contraddizione nel testo: all’art.I-3,3 si parla di "piena occupazione", all’art. III-94 si parla invece di "elevato livello di occupazione". Si sa che "elevato" sta sempre a significare che un obiettivo quantitativo così aggettivato è variabile dipendente delle esigenze dell’impresa e del mercato, infatti l’art. III-92 dice che "la forza lavoro" deve essere "competente, qualificata, adattabile" e i mercati del lavoro devono essere "in grado di rispondere ai mutamenti economici" (link convention).

La politica sociale è disciplinata dalla sezione 2, art.III-98 – III-107. Ci si richiama alle Carte del 1961 e del 1989, in cui vengono assunti impegni per la protezione sociale, per lo sviluppo delle risorse umane, il dialogo sociale e si ribadisce l’obiettivo dell’elevata occupazione (non della piena e tanto meno della buona occupazione).

Sapendo tutti e tutte quali sono le politiche sociali in quest’ultimo decennio - deregolamentazione del mercato del lavoro, abbattimento della previdenza pubblica, abbassamento della sicurezza sociale, abbattimento dei livelli delle prestazioni sanitarie, attacco alla scuola pubblica - si possono ben comprendere i connotati generici di questa sezione. Inoltre si prevede, art. III-99, 2, che l’Unione prescriva norme "minime applicabili progressivamente" e che per taluni rilevanti settori - sicurezza e protezione sociale di lavoratori, risoluzione del contratto di lavoro, rappresentanza e difesa collettiva dei lavoratori (sempre rigorosamente al maschile…) e dei datori di lavoro, impiego dei cittadini dei paesi terzi (cioè immigrati/e) - il Consiglio dei ministri deve procedere all’unanimità: insomma si tratterebbe di convincere Blair che il work-fare è sbagliato, ma quando mai accadrà che Aznar, Berlusconi o Raffarin acconsentiranno a sostenere lo Stato sociale? Basterà uno di loro per bloccare qualsiasi decisione vagamente sociale.


LE ALTRE POLITICHE DELL'UNIONE

L’agricoltura non esce dal quadro mercantilistico in cui è stata gettata dalla politica comunitaria, che preserva con gli aiuti solo il consenso degli agricoltori e colpisce il Sud del mondo con il protezionismo: artt. III-116-123 (link convention).

L’ambiente riceve il trattamento degli altri settori: si ribadiscono le vecchie politiche di stampo "utilitaristico", infatti si parla di uso "razionale" delle risorse, cioè si ricorre alla classica connotazione propria del mercato: "è il mercato l’allocatore razionale delle risorse" (art. III-124-126, link convention).

Merita un richiamo la politica dei trasporti, III-128-138, perché il Piano Tremonti-Van Miert rilancia la politica dei grandi corridoi, cioè delle opere in cemento "megagalattiche" che devasteranno ulteriormente la geografia fisica del continente: strada e gomma vengono ancora una volta incentivate.

La cooperazione di polizia e giudiziaria viene assunta in Costituzione, superando lo status di terzo pilastro.


A DECIDERE RESTANO GLI STATI

Si segnalano l’art. I-46 perché prevede l’iniziativa dal basso di un milione di cittadine/i per chiedere alla Commissione di presentare una proposta appropriata in materie ritenute necessarie, e l’art.III-229 che prevede per il Parlamento la possibilità di chiedere sempre alla Commissione di presentare proposte su materie ritenute necessarie per attuare la Costituzione (link convention). Con ciò si evince ancora di più che è solo la Commissione a detenere il potere di iniziativa, escludendo il Parlamento - che non ha poteri neppure di indirizzo politico.

Il Consiglio dei ministri, nella sua formazione legislativa, è il vero organo deliberante. Finora il varo dei regolamenti e delle direttive, che ora assumono più correttamente le dizioni di "legge europea" e "legge quadro", erano varati dal Consiglio dei ministri: con una vera e propria commistione di potere esecutivo e potere legislativo. Questa commistione di poteri, che non sarebbe mai tollerata a livello di Stato nazionale, viene mantenuta. Tanto, però, ne viene avvertita la gravità che il Consiglio dei ministri, quando agisce nella sua funzione di legislatore, lo fa nella "formazione" di "Consiglio legislativo". Tuttavia in questo Consiglio "la rappresentanza di ciascun Stato membro … è assicurata da un rappresentante ministeriale e da uno o due rappresentanti al medesimo livello…" (art. I-23, link convention). I rappresentanti dei governi - ma non come seconda Camera accanto a un Parlamento dotato dei poteri legislativi - continuano a detenere il monopolio della legislazione, disciplinato dalle procedure della codecisione. Non siamo di fronte a una proposta di un organismo federale, l’Unione federale europea, né di fronte a una proposta evolutiva della democrazia in chiave parlamentare: il Consiglio, organo politico e legislativo, e, solo limitatamente, la Commissione non sono responsabili di fronte al Parlamento che non gode del monopolio della legislazione, ma vi partecipa con le diverse procedure di codecisione; gli Stati, anche nel campo legislativo, sono i detentori di ultima istanza della sovranità.

Si segnala anche l’art. III-298 dove viene disciplinato il complesso iter della codecisione, che è la procedura per il varo degli atti legislativi. Infine si ribadisce che lo stesso potere di revisione costituzionale rimane nelle mani dei governi, che si sono arrogati il potere costituente e continuano a essere gli esclusivi detentori anche di quello della revisione (art. IV-6, link convention).

Fonte: Guerre & Pace, settembre 2003
http://www.mercatiesplosivi.com/guerrepace/gepart260.htm

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5.38 vaffanculo
by 5.38 vaffanculo Wednesday, Sep. 17, 2003 at 5:40 PM mail:

tu bianco non sei...tu sei bruno comm'a merda.

tirati da solo la catena visto che gli admin dormono.

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Non e' la kostituzione....
by efraim Wednesday, Sep. 17, 2003 at 9:14 PM mail:

Non e' la kostituzione europea da buttare, e' proprio l'idea
stessa di EUROPA....!!!

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La tana del Russo
by Intracce. Monday, Oct. 06, 2003 at 3:22 PM mail:

Per chi crede che il mondo sarà conforme al testo della Costituzione europea, e che cambiando una parola si avrà il miglior mondo, buoni Russo e Cannavò.

Per chi si spigne a chiedersi perché Franco Russo studia la Costituzione europea, la risposta è semplice: Russo si è infrattato a studiare la Costituzione Europea quando alle manifestazioni dove c'era lui a guidare il Social Forum e chi ci voleva stare, il "popolo" non ci voleva più andare. Ripescatevi le foto di tanti palchi: Russo abita gli sfondi dei palchi. Politico consumato, i nomignoli che ha a Roma vengono dal suo fare ispettorio nel corso delle manifestazione e dal suo emergere quando c'è del torbido.

Belle le costituzioni europee. Forza CEPU.

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