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Si moltiplicano, negli ultimi giorni, atti repressivi
by da liberazioni (interessante) Friday, Oct. 10, 2003 at 11:31 AM mail:

Interessante articolo di Russo Spena


Si moltiplicano, negli ultimi giorni, atti repressivi e valutazioni governative che meritano attenzione e interpretazione non generiche e continuiste. Stanno arrivando al pettine, penso, i nodi dello «stato penale di guerra». Agamben parla di permanente «stato di eccezione». Si sgranano in poche ore, atti che si accavallano. Ricordo solo tre tipologie: le denunce e gli arresti domiciliari per il 3 e 4 ottobre; ma, ancor più, la repressione breve e violenta contro "Action" a Roma (si tratta dell'agenzia comunitaria dei diritti che organizza l'occupazione di immobili in cui vanno a vivere sfrattati, immigrati, ragazze madri, precari, disoccupati); penso anche ai procedimenti penali e agli arresti dei disoccupati organizzati a Napoli. Sembrano atti repressivi diversi, ma rispondono ad un unico disegno. Le parole del ministro Pisanu di due giorni fa si incaricano di fornire una trama di lettura: «Cresce il bisogno di moderazione, nutrimento indispensabile anche per consolidare lo stesso sistema bipolare». Questo significa che ogni criticità radicale, ogni percorso di alternativa è emarginato da una concezione della statualità che si alimenta della identità centrista dell'alternanza che segna, essa stessa, il confine tra la moderazione e l'estremismo, fra il legittimo e l'illegittimo. Ma, soprattutto, più avanti il ministro dice: «Per nessuna ragione possiamo sottovalutare i rischi gravi che derivano da una vera e propria illegalità politica diffusa». Qui è anche di noi che si parla se è vero che i pilastri su cui il movimento (di cui siamo parte) cresce sono non violenza, pluralismo, ma anche radicalità e disobbedienza.
E' evidente che le pratiche della disobbedienza parlano del rifiuto della legalità formale e della riscrittura dei codici di liceità. L'azione diretta (dall'occupazione di casa, alle autoriduzioni, alla lotta per il lavoro, ecc.) mette a nudo, nella narrazione dei grandi conflitti sociali, proprio la contraddizione tra equità sociale e legalità e allude alla costruzione di un nuovo diritto. A suo modo, il vecchio Marx parlava di «diritto diseguale». La mia preoccupazione cresce quando leggo le motivazioni delle azioni repressive contro le occupazioni di case a Roma: mentre le occupazioni ci parlano del tentativo di immaginare persino un'altra città, un'altra urbanistica, la motivazione repressiva scrive: «Action è una associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro il patrimonio immobiliare». Nei confronti dei disoccupati organizzati di Napoli lo schema è identico, anzi infamante: essi diventano un'associazione a delinquere di stampo camorristico. Cosa accomuna queste motivazioni? Il fatto che vengono identificate quali associazioni a delinquere quelle organizzazioni che praticano azione diretta per strappare, con il conflitto, risultati all'istituzione. L'organizzazione del conflitto che riesce a condizionare i processi decisionali delle istituzioni diventa "associazione a delinquere". E' un corto circuito: è la lotta di classe contemporanea nelle forme contemporanee di movimenti diffusi, ad essere rappresentata come atto delinquenziale. Non a caso, Vito Nocera, il segretario regionale campano di Rifondazione comunista, è sotto inchiesta per intercettazioni telefoniche di colloqui con dirigenti dei disoccupati organizzati che parlavano di obiettivi della lotta stessa. Siamo tutti "intercettati", tutti inquisiti. Il reato si chiama lotta di classe. Gli accenni di questo salto di qualità erano già nell'ordinanza di Cosenza che portò all'arresto dei no global meridionali. La realtà è che entrano in vigore gli armamentari emergenzialisti costruiti come apparati normativi soprattutto dopo l'11 settembre: «stati di eccezione» contro il terrorismo che diventano, come sempre elementi permanenti della governabilità della borghesia in crisi. Il centro sinistra, in verità, non solo non ha contrastato ma ha avallato. E le nuove normative europee fanno dell'Europa uno spazio giuridico emergenzialista in cui, per esempio, espressamente l'occupazione di case ed altre forme conflittuali sociali sono assimilate ad atti di terrorismo. Viviamo, credo, un nuovo laboratorio repressivo. Vale la pena di prestare un po' di attenzione in più.


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Russo Spena si è scordato qualche atto repressivo
by L'Avamposto degli Incompatibili Friday, Oct. 10, 2003 at 9:50 PM mail:

Finalmente ci si è accorti, che quando si usano le leggi emergenziali per qualcuno, spacciato per cattivo (violento), poi alla fine queste leggi valgono per tutti. Naturalmente Russo Spena ha poi cercato di sfruttare gli ultimi arresti di disobbedienti per tracciare il solito recinto del movimento, di cui dice di far parte: non violenza pluralismo radicalità diffusa e disobbedienza. Insomma il movimento non è più composito, diverso, con tante anime unite dalla voglia di superare questo stato di cose presenti, ma diventa una specie di partito, coi suoi paradigmi, le sue certezze, le sue discriminanti tattiche ecc.ecc.
Ottimo modo per perseguire il solito meccanismo della divisione fra buoni e cattivi, magari spostando poco più avanti lo steccato, che separa dai cattivi.
Per cui poi succede che se uno non fa l'atto di fede, o in casi limite l'abiura della violenza, non è degno di essere difeso, è un paria.
Insomma mentre si contestava a Fiordalisi il fatto che insieme al GIP pretendesse l'abiura, di fatto la stessa abiura qualcuno la chiede "de facto", mettendo quei famosi parametri.
Con questi metodi, mentre, a parole, si contesta l'applicazione dei codici emergenziali, di fatto li si avalla.
Allora uno deve avere il coraggio di fare delle scelte: o si lotta contro il codice Rocco e le leggi emergenziali e basta, o accettando gli steccati, di cui si diceva prima, in qualche modo si accetta il codice rocco e le leggi emergenziali.
A noi non interessa di fare atti di fede nella non-violenza, non li facciamo perchè non mitizziamo gli strumenti; come non mitizziamo la violenza, non mitizziamo la non-violenza. Noi lottiamo con tutte le forze contro questo stato, che mentre si garantisce tutti i diritti di sfruttamento e di repressione, toglie tutte le garanzie per i deboli e per chi lo contesta punto. Non decidiamo a tavolino, tanto meno a nome di altri quali sono gli strumenti di lotta.
Lo stato ci persegue per queste idee, alterando persino le leggi "democratiche", che gli imporrebbero di perseguirci solo quando può dimostrare il fatto che noi perseguiamo un reato, non quando gli diamo fastidio. Lottare contro le leggi emergenziali non vuol dire difendere quelli che professandosi disobbedienti, o affini, sono ascrivibili fra i buoni, significa lottare contro le aberrazioni giuridiche che cambiano, di nascosto, le carte in tavola, per cui non tocca più all'accusatore dimostrare la colpevolezza, ma a te dimostrare l'innocenza, o, peggio ancora, accodarti alle esigenze dell'accusa e abiurare le tue convinzioni. Come pure lottare contro le leggi emergenziali vuol dire lottare contro quegli articoli che aumentano le pene per alcuni reati, o che ti minacciano con l'articolo 1, per obbligarti a non fare più politica, come vuoi farla tu.
Se non si capisce questo, e non si capisce che bisogna eliminare gli steccati di fronte alla repressione, aiuteremo la politica del carciofo: oggi i "cattivi", domani tutti gli altri. E in tutti i casi diventeranno sempre di meno quelli disposti a reagire.
huambo e vittoria
indagati dal PM Fiordalisi del Tribunale di Cosenza
per cospirazione contro l'ordinamento economico dello stato (e altre appendici)
de L'Avamposto degli Incompatibili

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