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[Parigi-ESF] punto di vista di lidia cirillo da Il paese delle donne
by da il paese delle donne Thursday, Nov. 20, 2003 at 1:58 PM mail:

1) IMPRESSIONI, SPERANZE E PERPLESSITA' DA PARIGI

Preferisco non dare ad alcune impressioni personali la pretesa e il tono di un vero e proprio bilancio. E metto in guardia dal rischio di fare bilanci sulla base di impressioni e sensazioni, umori e malumori o magari anche osservazioni attente, ma da angoli di visuale necessariamente parziali.
Il FSE di Parigi mi è apparso la conferma di un fenomeno nuovo e straordinariamente positivo, malgrado le contraddizioni interne, i limiti, le scomode eredità del passato e le ambiguità congenite. Il numero grandissimo di giovani che ha partecipato alla manifestazione di sabato 15 novembre, la giornata delle donne, la forza del rifiuto della guerra e la volontà sincera di dialogo tra aree politiche assai lontane vanno inscritte nel registro delle speranze.
L' ipoteca moderata (che ha impedito di inserire nel documento finale il rifiuto dell'esercito europeo), la blindatura degli accordi e delle mediazioni tra aree organizzate, la disseminazione delle conferenze e dei seminari in periferie lontane tra loro della città rappresentano i costi, le ombre, il rovescio della medaglia. La mia impressione è che tra una cosa e le altre (ipoteca moderata, blindatura, disseminazione) vi sia un nesso ma potrei anche sbagliarmi.
Sono invece più certa del bilancio sulla giornata del 12. Tremila donne, in larga maggioranza giovanissime, che gridano per lo sdegno alla parola patriarcato e per l'entusiasmo alla parola femminismo sono già il segno di qualcosa che troppe qui in Italia sottovalutano, sono cioè il segno del crollo del muro tra femminismo e donne, che il patriarcato costruisce e che alcuni femminismi idealizzano e rafforzano.
Esiste soprattutto al di qua delle Alpi una sorta di separatismo, che in nome del valore del femminile si separa dalle donne in carne e ossa; non vede, non capisce che molte tra le centinaia di migliaia delle giovani donne del movimento europeo sono perfettamente in grado di comprendere, se qualcuna si prende la briga di rispondere alle domande della loro generazione e non a quelle che quaranta anni fa o poco meno si pose la nostra.
Il crollo del muro non è l'unico elemento da inscrivere nella parte positiva di un bilancio: c'è stata rispetto a Firenze anche una crescita dal punto di vista dei contenuti. Prima di tutto è cresciuta l'attenzione al tema della guerra globale permanente e nel documento finale sono state inserite tutte o quasi le osservazioni della delegazione italiana.
Sul tema della riproduzione sociale (o del lavoro di cura) sono comparse le migranti, grandi assenti a Firenze nella relazione di Christine Delphy che sarebbe stata una trentina di anni fa assai bella e forte, ma che nel 2002 faceva pensare al film di Woody Allen sul ritorno alla vita di un ibernato. Con tutto il rispetto per Christine, di cui tutte da decenni rimastichiamo le acute analisi, senza la capacità di attribuire loro un nome e un cognome di donna.
Anche il tema della precarietà fa il suo ingresso tra i temi del femminismo europeo con un taglio ancora tutto sindacale, ma con gli spazi per accogliere anche altro.
Infine la giornata delle donne è stata la meno blindata di tutte. La suddivisione in ateliers e la possibilità di intervenire poi nella seconda parte dell'assemblea, hanno consentito l'espressione di dissensi e diversità, sia pure con i limiti e le inadeguatezze delle cose di questo mondo. La giornata delle donne è stata un'efficace risposta a quante hanno arricciato il naso di fronte alla Marcia mondiale delle donne, la prima e la più importante rete internazionale che ha proposto un soggetto nell'interezza dei suoi bisogni, delle sue preoccupazioni, delle sue espressioni politiche e delle stratificazioni dei suoi livelli di coscienza.
L'idea che la Marcia o reti dello stesso tipo siano una specie di femminismo di serie B - che mi sono sentita ripetere a Firenze proprio alla viglia del FSE- è profondamente non politica, per non usare altri termini che potrebbero risultare offensivi. Ci vuole una grande misconoscenza delle dinamiche della storia per non sapere che l'immaturità è una delle caratteristiche dei fenomeni nuovi.
Naturalmente sulle sorti del movimento e della corrente femminista che si sviluppa al suo interno è difficile fare previsioni. Dipenderà da molte cose. Alcune, le più importanti, da eventi e da logiche su cui non abbiamo alcuna possibilità di incidere. Altre, che in determinate circostanze potrebbero diventare decisive, dalla nostra capacità di intelligere con quella forma di intelligenza specifica e non intercambiabile che è l'intelligenza politica.
E in politica comprendere significa anche prevedere, pensare in movimento, essere capaci di andare oltre sé e di non scambiare il proprio ombelico per il centro del mondo.

2) PARIGI - DIVERSE LUCI E OMBRE

Nell'unica breve riunione che siamo riuscite a fare nel sottosuolo dell'Hotel Victoria della Cité Bergère, Giovanna Capelli ha sintetizzato efficacemente un bilancio possibile di Parigi-Diverse con la storia del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Il guaio è che la distribuzione dei vuoti e dei pieni non è mai equa e necessariamente i vuoti irritano di più coloro a cui sono toccati.
Se non fosse un ossimoro, direi che i vuoti hanno pesato sul mio umore parigino forse assai più di quello di altre , perché più di altre ho speso energie e argomenti per andare oltre la Marcia, almeno fino a Parigi.

LE VIE VECCHIE E LE NUOVE.

Qualcuna della Marcia potrebbe oggi recitarmi il vecchio adagio "Chi lascia la via vecchia per la nuova...." con quel che segue.
Al FSE di Firenze, dove eravamo come Marcia tutto era filato liscio. Eravamo arrivate prima di tutto con contenuti più elaborati. Sul tema dei diritti sessuali e della procreazione assistita avevamo avuto lunghe discussioni, potevamo contare sui materiali prodotti dai Quaderni Viola (che per primi si erano occupati delle TRA nell'ormai lontano 1994/95), sulla partecipazione di alcune al lavoro meritorio del Tavolo di bioetica, su un seminario milanese in cui Maria Grazia Campari aveva efficacemente illustrati gli aspetti giuridici della questione.
Sulla democrazia di genere era stato prodotto il testo introduttivo a una discussione mai fatta, perché la preparazione della guerra prima e i bombardamenti poi hanno spostato per mesi la nostra attenzione altrove. Come Marcia avevamo collaborato al lavoro di Punto di Partenza, imparando prima di tutto, ma consentendoci anche il lusso di dare qualche piccolo contributo.
La relazione di Cristina Gramolini dell'Arcilesbica, associazione che ha aderito fin dall'inizio alla Marcia, era stato considerato da tutte un contributo di valore. Erano stati sereni i rapporti tra noi, anche se la Marcia continuava a essere luogo di convergenza tra gruppi, associazioni e reti numerose e diverse.
A Parigi siamo arrivati con contenuti comuni meno elaborati, con luoghi di decisione più incerti e di conseguenza con rapporti più tesi. Devo annunciare tuttavia che persevererò, prima di tutto perché credo che comunque Parigi_Diverse sia stato un passo in avanti; in secondo luogo perché in questa fase della storia il vecchio adagio conservatore vale ancora meno del solito. Dobbiamo continuare ad abbandonare le vie vecchie, anzi il vero problema è che non le abbiamo abbandonate abbastanza. La prima via da abbandonare è quella di concepire i luoghi di donne come ambiti di relazioni amicali, in cui i conflitti si risolvono con la fuga o con le separazioni consensuali. Bisognerebbe un giorno anche discutere delle mitiche differenze tra donne. Queste differenze naturalmente esistono e sono differenze di classe, di cultura, di riferimenti politici ecc. Tuttavia non sono queste o soprattutto queste a determinare la frammentazione del femminismo, che ha ragioni spiegabili allo stesso tempo con la psicoanalisi e con la sociologia. A parte le ragioni, di cui un giorno varrebbe la pena di parlare, per il femminismo, cioè per l'insieme dei femminismi, imparare a convivere è oggi una questione di vita o di morte.
Nessuna vuole ricostruire l'UDI o comitati centrali o associazioni strutturate. Si desidera solo costruire occasioni di confronto, di decodificazione di linguaggi diversi, di contaminazione, di reciproco annusamento. E non per un'astratta esigenza unitaria o per il piacere di essere più numerose, ma per l'esigenza di opporre alla guerra permanente globale, al neoliberismo e all'ascesa degfli integralismi soggetti con lo spessore minimo necessario all'agire politico autentico. E non si pretende nemmeno che alla fine la risultante sia davvero la convivenza di tutte. Si chiede solo che, una volta delineata la discriminante dell'opposizione al liberismo, alla guerra e al patriarcato di destra e di sinistra, siano poi scelte politiche fatte in itinere a ridisegnare la topografia politica del femminismo italiano.

QUEL CHE DESIDERAVAMO E CHE CI ERAVAMO PROPOSTE.

L'esperienza di Parigi_Diverse è cominciata con un appello di Nadia De Mond del coordinamento europeo della Marcia mondiale delle donne e con una riunione romana il giorno successivo la grande manifestazione contro la guerra del 15 febbraio.
Seconda tappa è stata l'assemblea di Ponte a Greve (maggio 2003), a cui hanno aderito 66 gruppi, reti e associazioni di donne. A Firenze sono state prese una serie di decisioni che sarà forse meglio ricordare.
Prima di tutto si è data vita a una rete con l'obiettivo di arrivare a Parigi insieme e con decisioni e contenuti il più possibile comuni; in secondo luogo è stato espresso il desiderio di continuare in qualche modo dopo Parigi.
Ci si è poi divise in gruppi di lavoro a cui è stato affidato il compito di elaborare contenuti, decidere eventuali seminari e workshop, prendere contatti con realtà di donne europee interessate agli stessi temi, confezionare, mettere in lista e-o stampare materiali, tradurre e comunicare, proporre i nomi delle relatrici.. Proprio per evitare decisionismi e sospetti di decisionismi, tutte le scelte sono state decentrate e ogni gruppo è stato considerato responsabile di sé e per sé.
Sia a Roma, sia a Ponte a Greve si è parlato anche della presenza nelle conferenze miste. Gli impegni sono stati prima di tutto a sostenere la posizione di principio che le donne avrebbero dovuto rappresentare la metà delle relazioni e degli interventi; in secondo luogo a insistere perché fosse presente il maggior numero di femministe possibile.
Naturalmente le logiche di partecipazione al FSE vero e proprio (quello dei giorni 13, 14, 15 novembre) e quelle della partecipazione alla giornata delle donne non potevano che essere profondamente diverse.
Se ha infatti avuto un senso progettare di arrivare alla giornata delle donne con contenuti condivisi, non ha senso invece (almeno allo stato attuale della discussione) avere la stessa pretesa per gli interventi nelle conferenze miste. I contenuti condivisi comportano mediazioni che ne abbassano il livello e rendono necessariamente incompiuti e problematici i discorsi.
La contropartita del sacrificio letterario è l'agire comune, la possibilità su temi e obiettivi parziali di essere tante e non poche, in breve di accedere ai territori propri della politica.
Nelle conferenze miste, dove l'obiettivo è didattico e non immediatamente operativo, le mediazioni sarebbero gratuite e quindi fuori luogo.
Ma anche per un'altra ragione la logica non poteva essere la stessa. Il potere contrattuale di Parigi_Diverse era adeguato nei confronti della conferenza delle donne del 12 novembre; inesistente o quasi nei confronto di un FSE che mette insieme organizzazioni anche di centinaia di migliaia di persone e che per giunta ha il suo epicentro a Parigi.

FUNZIONAMENTO E DISFUNZIONI DEI GRUPPI DI LAVORO.

Un bilancio serio di Parigi_Diverse richiede in primo luogo un minimo di conoscenza di ciò che è davvero avvenuto nei gruppi, a cui tante responsabilità erano state affidate a Ponte a Greve.
Proverò a narrare quel che mi risulta.
Gruppo Donne, pace e guerra. Dopo Ponte a Greve il gruppo si è incontrato di nuovo alla metà di settembre a Firenze. Il testo elaborato non è stato condiviso e nessun nome è stato fatto per la relazione italiana nell'atelier. In compenso, grazie soprattutto agli interventi di Lidia Menapace, la presenza italiana si è vista e sentita e gran parte delle nostre osservazioni sono state integrate. Il bilancio è positivo o negativo ? Il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto?
A ciascuna l'ardua sentenza.
Gruppo su lavoro di cura, welfare e migrazioni femminili. Dopo Ponte a Greve il gruppo si è rivisto il 28 settembre, ha prodotto un primo testo breve perché c'era l'urgenza di far pervenire qualcosa all'organizzazione parigina della giornata del 12, poi un secondo testo più lungo e(a mio avviso) pregevole. Non essendovi un atelier sull'argomento, è stato programmato e realizzato un seminario e nella riunione del 28 Giovanna Capelli è stata indicata come relatrice. Il seminario parigino è stato affollato e gli interventi delle italiane significativi e nel complesso convergenti. Le compagne del gruppo sono poi intervenute nell'atelier sulle migrazioni, a quel che mi risulta in maniera efficace.
Il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto ? Diciamo mezzo pieno, senza timore di peccare di ottimismo eccessivo. Gruppo donne, ambiente e città. Non c'era il 12 un atelier sui temi dell'ambiente. Il gruppo aveva quindi progettato un workshop, a cui poi ha rinunciato. Tuttavia le compagne hanno continuato a lavorare e si sono viste ai primi di novembre a Catania. Hanno prodotto un testo, diffuso in diverse lingue e in migliaia di copie a Parigi. E' stato anche preparata un'autoinchiesta, come seconda tappa (dopo il testo) di un percorso comune tra donne geograficamente assai distanti, ma che sono comunque riuscite a collaborare. A me pare che il bicchiere sia mezzo pieno. O no?
Gruppo omofobia, lesbofobia e razzismi. Il gruppo si è disfatto subito dopo Ponte a Greve, non per beghe, dimenticanze o inadempienze ma per ragioni politiche serie. E' stato infatti contestato dalle migranti l'accostamento ed è quindi venuta meno una delle due parti del dialogo. Lesbiche e migranti hanno quindi agito come gruppi separati. Francesca Polo è stata indicata per l'intervento sui diritti sessuali; Mercedes Frias per l'atelier sulle migrazioni.
Nè l'una, nè l'altra per ragioni personali hanno potuto poi venire a Parigi. Francesca è stata sostituita da Monia Dragone, a cui però è stato negato l'intervento nell'atelier.
Monia racconterà la sua vicenda in un articolo sul Paese delle Donne. Mi sembra comunque evidente che in questo caso il bicchiere è mezzo vuoto, ma per ragioni indipendenti dalla rete e dalle sue relazioni interne.
Gruppo precarietà. E' stata la pietra dello scandalo e il gruppo su cui si sono addensati malumori e sospetti. A Ponte a Greve era stato uno dei gruppi più vivaci, partecipati e promettenti soprattutto per la presenza delle reti giovanili, a cui si era deciso di dare la priorità come relatrici negli ateliers e nei seminari.
Nella riunione del 28 settembre si è deciso che relatrici sarebbero state una delle ragazze nell'atelier e Silvia Baratella nel seminario, che nel frattempo era diventato misto. A Silvia è stato inoltre affidata la redazione del testo breve. Sono state poi contestate sia le decisioni prese il 28, quando ormai molte erano andate via, sia il testo perché considerato infedele al dibattito, non sufficientemente rispettoso delle diverse posizioni. Questa opinione tuttavia non è stata trasmessa con la sufficiente chiarezza alla compagna, che ha tradotto e inviato a Parigi il testo e credo sia ancora oggi ignara delle polemiche intorno alla sua persona.
Nell'atelier poi nulla è andato come avrebbe dovuto: le ragazze dello Sconvegno erano presenti ma non sono intervenute, credo perché a disagio per il taglio tutto sindacale della discussione; le Mele sono arrivate tardi per incidenti alla frontiera. E' diventata relatrice non prevista Giovanna Camertoni dell'Arcilesbica, che avrebbe dovuto invece fare un intervento dal pubblico.Il testo contestato non è stato letto, come annunciato dal programma.
Vorrei risparmiarmi di raccontare il vespaio e le accuse surreali che si sono sviluppate intorno ai limiti di comunicazione, al disordine e agli incidenti non previsti di questo gruppo.
Bicchiere mezzo vuoto, quindi. O forse tutto pieno delle cose peggiori della "differenza politica" Bisogna tuttavia aggiungere, per fare onore alla verità, che nei due seminari misti gli interventi delle donne di Parigi-Diverse hanno suscitato interesse e consensi notevoli.
Gruppo comunicazione. Ha funzionato bene la parte affidata alla gestione del Paese delle Donne, cioè lista e sito, malgrado qualche problema di rapporto tra server. Qui il bicchiere è mezzo pieno e mezzo vuoto e del vuoto ignoro le ragioni.
Gruppo sul corpo. Dopo una seducente relazione a Ponte a Greve, non ne abbiamo avuto più notizia e gli appelli lanciati sulla lista sono rimasti senza risposta. Credo che alcune abbiano poi preferito lavorare per la rete glbt ed è quindi diffcile dire se il bicchiere sia stato mezzo pieno o mezzo vuoto.
PRESENZA NEL FORUM. Le femministe presenti nel gruppo di continuità (quindi non solo Nadia De Mond) hanno sostenuto Lidia Menapace, Antonella Picchio, Maria Grazia Campari, Mercedes Frias, Liana Borghi e Lidia Cirillo. Maria Grazia Campari e Liana Borghi non sono passate e ad entrambe tuttavia sono state offerte altre possibilità di far sentire la loro voce o in uno degli atelier o in scadenze di preparazione del FSE, che hanno declinato. Liana Borghi ha ringraziato per la battaglia politica fatta a suo sostegno. Anche le esclusioni hanno suscitato polemiche un po' indecenti di cui preferisco fare grazia a chi legge. Esprimo però un proposito per il prossimo futuro. Non parteciperò più a reti in cui non vigano regole precise di convivenza, non siano ben definiti gli ambiti di decisione, i tempi entro cui ha senso decidere, gli eventuali meccanismi di sostituzione se qualcuno di questi ambiti si rivela inefficace...
La questione è che non si può nello stesso tempo rifiutare le regole perché burocratiche e maschili e poi coltivare la diffidenza metodica. Delle regole c'è bisogno perché in questo mondo fidarsi è bene.. con quel che segue; tra persone che reciprocamente e totalmente si fidano le regole non sarebbero necessarie. La politica delle donne è caratterizzata dal sospetto permanente e dalla difficoltà a superare l'alternativa tra gruppi amicali e conflitto ininterrotto. Tutta colpa della ferita narcisistica della castrazione ma , contrariamente all'opinione di herr Sigmund, la biologia non è il destino. Proprio per la difficoltà con cui inevitabilmente si comincia a convivere, regole elementari di funzionamento sono necessarie, anzi sono la condicio sine qua non della convivenza stessa.

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