Stazioni e binari, i punti nevralgici per la metropoli.
Precari lottano per un reddito di esistenza perche' basta esistere per essere sfruttati, malpagati e frustrati. Cio' mette in discussione tutte le concertazioni e le deleghe a ministri del lavoro, padroni, sindacati. Chi vive nelle metropoli della sorveglianza sa per esperienza diretta che ci vogliono nervi per sopravvivere saltando da una liana all'altra tutto il giorno, tutti i giorni, tutta la vita. Sanno che non e' vita.
E lo dicono sui binari dei tram e davanti alle stazioni: laddove i precari entrano ed escono dalla giungla. Laddove comanda la polizia ferroviaria, quella che sorveglia i flussi. Laddove basta fermarsi un secondo, per rompere un meccanismo che funziona solo se nessuno lo vede. Dove Suburbia e il suo cemento occupato sembrano piu' belli della metropoli addobbata per un ennesimo Natale telecomandato.
I precari lo dicono, e qualcuno si ferma a parlare e a riconoscersi. Cio' non e' permesso: chi deve correre e produrre corra e produca, chi deve comprare e consumare compri e consumi, e gli altri facciano entrambe le cose se ne sono capaci. Altro non e' possibile. Ogni pausa e' un'interruzione di pubblico servizio privatizzato, e' un oltraggio a un pubblico ufficiale privatizzato.
Imporre la nostra imprevedibilita' alla loro intermittenza e' sciopero generale. Chi sfugge ai database (dei supermarket, degli ospedali, dei bancomat) vive da clandestino: e' ricercato, e' gia' latitante. Non per altro li hanno arrestati ieri, davanti alla Stazione Tiburtina. A presto.
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