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«Tutti in piazza contro una legge integralista»
by da Il Manifesto Wednesday, Feb. 18, 2004 at 12:54 PM mail:

Sabato a Roma sfila l'antiproibizionismo. Una campagna per bloccare Fini

Presentata nella capitale la manifestazione contro il disegno di legge del centrodestra sulle droghe. Tra i promotori Cgil, partiti d'opposizione, associazioni, operatori e centri sociali. Un cartello folto a sostegno di una «battaglia di civiltà in difesa dei diritti di tutti»
TIZIANA BARRUCCI
ROMA
Sarà una manifestazione di popolo, di tutte le persone sensibili e contrarie alle ragioni dell'intolleranza quella che sabato sfilerà per le vie di Roma contro il disegno di legge Fini sulle droghe. A presentarla ieri a Montecitorio un folto cartello che riunisce tante anime differenti, associazioni, sindacati, amministrazioni locali, operatori, partiti, centri sociali e personaggi della musica e dello spettacolo, tutti d'accordo nel criticare un disegno di legge «demenziale, integralista e proibizionista». La proposta infatti, se tramutata in legge, sarebbe una vera e propria catastrofe perché ad esempio, dicono gli organizzatori della mobilitazione, «trasformerebbe in un solo colpo centinaia di migliaia di consumatori in spacciatori e renderebbe ingestibile la già molto critica situazione carceraria». Il ddl, che è già passato all'unanimità al consiglio dei ministri lo scorso ottobre, è oggi bloccato, anche perché, spiega Franco Corleone del Forum droghe, «è contro il federalismo. Dopo tanto martellare su questa questione - continua - si propone oggi una legge che di fatto sottrae competenze alle regioni, cosa che evidentemente stona un po'». Senza contare che «al di là della folle equiparazione tra droghe pesanti e leggere e al di là delle pesantissime pene previste anche per i semplici consumatori, la proposta ridisegna completamente il sistema degli interventi».

Se il concetto da cui prende forma il decreto Fini è infatti quello della criminalizzazione del consumatore e la messa in discussione delle sue libertà, la proposta svilisce pure il ruolo del servizio pubblico, scatenando una competitività sfrenata tra strutture pubbliche e private, umiliando e mortificando il lavoro e l'esperienza di chi - come gli operatori dei Sert e delle unità di strada - con la riduzione del danno limita gli effetti negativi dovuti al mercato nero e all'abuso di sostanze. E proprio su questi aspetti punta il dito Stefano Vecchio, psichiatra rappresentante Cgil e dirigente del Sert di Napoli che, a fronte dei tagli ai servizi e della riduzione dell'organico nei Sert, sottolinea la necessità di un «rilancio del sistema integrato dei servizi per le tossicodipendenze e di una piena depenalizzazione del consumo». In sostanza, se passasse la proposta tornerebbe lo stereotipo del tossico criminale che «come operatori e utenti abbiamo con molta fatica messo in discussione».

La proposta quindi, buttando in un unico calderone droghe pesanti e leggere e alimentando la propaganda terroristica contro i consumatori di marijuana, cancella con un colpo di spugna anni di ricerche e di sperimentazioni. A testimoniarlo anche Giuseppe Cucci, rappresentante del Pic (Pazienti impazienti cannabis), giovane malato di sclerosi multipla che si cura proprio con la cannabis. Grazie a questa, racconta Cucci, «sono riuscito a decontrarre due muscoli delle gambe che erano contratti da oltre un anno senza che i farmaci avessero potuto fare alcunché». Cucci non si sente affatto un «drogato»: «Lavoro in una società della new economy - dice - ho una moglie e una bambina. Secondo la legge Fini dovrei andare a "recuperarmi" e pentirmi in comunità per oltre due anni, senza nemmeno le visite della mia famiglia. Perché? Da che dovrei disintossicarmi, visto che ora sto meglio di prima?». E' Cucci a porre la questione, per la verità molto dibattuta, dello studio presentato dal ministero della Salute sulla cannabis: «Ne hanno dovuto creare uno nuovo nonostante ce ne fossero già centinaia. Solo così potevano dimostrare ciò che vogliono fare credere alle persone, una tesi del tutto falsa. Secondo il ministero la cannabis provocherebbe la schizofrenia perché su tot pazienti schizofrenici il numero di quelli che avevano fumato era in percentuale maggiore rispetto alla popolazione non schizofrenica. Ma è un assurdo, come dire che siccome tra i malati di sclerosi multipla ci sono molti fumatori, il fumo provoca la sclerosi».

Per tutti questi, quindi, c'è bisogno di «un'opposizione forte, trasversale, che vada oltre le forze attualmente in campo e che raduni quelle provenienti da tutte le parti sociali a favore di una battaglia di civiltà e difesa delle libertà».

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Droghe a sinistra
by Il Manifesto Wednesday, Feb. 18, 2004 at 12:55 PM mail:

Droghe a sinistra
VITTORIO AGNOLETTO
E'triste ammetterlo, ma è merito della proposta indecente avanzata da Fini se anche a sinistra è ripartito un dibattito sulle droghe. Sarebbe bene quindi che questo confronto non si limitasse semplicemente al rifiuto della legge. Provvedimento destinato probabilmente a rimanere per ora un manifesto ideologico finalizzato a rassicurare lo zoccolo duro, tradizionalista e oscurantista di An, mentre il leader, attraverso la proposta di legge sul voto agli immigrati, anch'essa destinata principalmente a rimanere poco più che un boatos, cerca di rafforzare la capacità d'attrazione del partito ex missino sull'elettorato centrista cattolico. Un dibattito invece necessario in tutta l'opposizione ove, tra inni nazionali e dispute sui simboli, ben pochi iscrivono nel proprio programma politico la centralità delle politiche sociali. Dimenticandosi, o peggio ancora fingendo di dimenticarsi, come proprio su questi temi si sia consumata, nel recente passato, una profonda lacerazione tra le politiche del centrosinistra e un'ampia fetta del suo stesso elettorato. Il dibattito sulle droghe rappresenta da sempre uno dei principali paradigmi attraverso i quali si definiscono i riferimenti culturali ai quali si riferisce un progetto politico. Pochi, ma irrinunciabili, sono i principi ai quali dovrebbe ispirarsi un intervento legislativo in questo campo: il rispetto della libertà individuale, con l'unico limite che questa non sia causa della limitazione della libertà altrui; la piena disponibilità della propria persona da parte di ciascuno; il dovere dello Stato di rendere disponibile tutti i possibili strumenti per guarire, curare o prendersi cura di ogni essere umano vivente sul proprio territorio, così come previsto dall'ancora valido giuramento d'Ippocrate; l'obbligo morale per il legislatore di conoscere e tenere in considerazione i risultati della ricerca scientifica. Ne consegue che le convinzioni ideologiche individuali o di gruppo dovrebbero restare totalmente estranee al dibattito legislativo. L'idea di punire i consumatori è in pieno conflitto con qualunque principio di autodeterminazione individuale; l'annunciata riduzione del personale dei Sert, la pretesa di limitare l'uso di un farmaco qual è il metadone, la proposta di delegare a istituzioni private la diagnosi e la scelta della cura alla quale sottoporre chi fa uso di sostanze sono tutti provvedimenti in contrasto con i doveri di una comunità statuale; l'idea di assimilare sostanze fra loro totalmente differenti come la cannabis e l'eroina evidenzia un'inaccettabile ignoranza di ogni evidenza scientifica.

Ma queste pur importanti considerazioni sono, da sole, insufficienti sia per costruire la manifestazione di sabato, sia per giustificare una mobilitazione capace di proseguire nei prossimi mesi. Dobbiamo avere la capacità di andare oltre la semplice opposizione alla proposta Fini ed è necessario rifiutare che l'intervento sulle tossicodipendenze diventi, come già accadde durante i governi dell'Ulivo, un terreno di mediazioni ideologiche segnato da un sostanziale immobilismo. Poche, ma sufficientemente precise, dovrebbero essere le proposte capaci di rendere evidente un approccio coerente con i principi prima ricordati: la legalizzazione delle droghe leggere così come previsto da iniziative di legge da tempo presentate in Parlamento; la somministrazione controllata di eroina a tossicodipendenti che già hanno sperimentato, senza successo, altri approcci terapeutici, così come realizzato con successo in Svizzera; il rafforzamento dei servizi pubblici; la libertà terapeutica, ove sia supportata da incontestabili evidenze scientifiche; il potenziamento delle politiche di riduzione del danno, anche ad esempio attraverso la possibilità di avviare in tempi reali, nelle discoteche piuttosto che nei rave, l'analisi delle sostanze. Ho l'impressione che questi saranno comunque i contenuti nel cuore e nella mente dei tanti giovani, e non solo, che riempiranno le strade di Roma; sarebbe bene che questi fossero anche i contenuti presenti nel programma e negli impegni comuni dell'opposizione che si candida a cacciare Berlusconi e ad assumersi eventuali responsabilità di governo.

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Apriamo i coffee shop
by Il amnifesto Wednesday, Feb. 18, 2004 at 12:56 PM mail:

Bologna come Amsterdam: «Apriamo i coffee shop»
La proposta di Verdi e antiproibizionisti: «I candidati a sindaco, Cofferati e Guazzaloca, ci rispondano»
Cannabis libera Il progetto prevede licenze comunali per l'apertura di negozi che vendono marijuana
ENRICO FLETZER
BOLOGNA
All'ombra delle Due Torri avanza l'idea di fare di Bologna una piccola Amsterdam. Da settimane è partita una raccolta di firme su un progetto portato avanti dai centri sociali ma anche da alcune forze politiche insieme a operatori italiani, svizzeri, francesi e tedeschi, ma anche semplici consumatori. L'esperimento, fondato sulle argomentazioni di esperti come Erik Fromberg, ex consulente del governo olandese, prevede l'apertura di negozi con regolare licenza comunale per la vendita di prodotti derivati dalla canapa. Fromberg è ormai di casa a Bologna dopo esser stato incaricato dal comune di Amsterdam della gestione nei lontani anni `70 del mitico Vondelpark. Ha una cattedra all'Accademia di polizia dei Paesi Bassi e negli anni `70 il suo partner statunitense si chiamava Paul Bremer. Proprio lui, l'attuale governatore dell'Iraq. A differenza di Bremer, che faceva fuggire tutti quando entrava nel parco con l'altoparlante per convincere i ragazzi americani a tornare in guerra, Fromberg preferiva favorire forme di self-empowerment, riconoscendo inizialmente nel fenomeno droga soprattutto una emergenza sanitaria legata alla clandestinità. La proposta di consentire la creazione di coffee shop a Bologna sarà rilanciata con forza durante l'annuale street parade di giugno, vero e proprio evento dell'anno antiproibizionista che l'anno scorso riuscì a portare in piazza in una 24 ore di rave cittadino ben 70 mila persone. Quest'anno, l'ottava edizione si celebrerà a distanza di poche ore dal ballottaggio Guazzaloca-Cofferati, al termine di una stagione in cui i militanti antiproibizionisti hanno ripetutamente richiesto una svolta nelle politiche sociali. Per questo Bologna come Amsterdam ma anche come Berlino o Berna diventerà una precisa richiesta del movimento antiproibizionista agli aspiranti sindaco, in particolare al centrosinistra e a Sergio Cofferati. Anche perché nei concerti e nelle manifestazioni di piazza contro i cpt la campagna di raccolta firme per l'apertura di rivendite di cannabis ha coinvolto settori importanti della popolazione non solamente giovanile. A dicembre, in pieno shopping natalizio, 5 mila persone avevano invaso il centro storico su proposta di Radio K centrale, Livello 57, disobbedienti e Link, marciando simbolicamente accanto all'ambasciata austriaca, sede degli uffici antidroga dell'Onu, e lungo il mitico affresco di via Indipendenza 1, dove «cannabis protectio», «panis vita» e «vinum laetitia» troneggiano con pari dignità nell'affresco portuario più interessante di Bologna, opera del pittore di fine 800 Stefano Sézanne. A distanza di pochi giorni, nella prestigiosa sala Farnese proprio a Palazzo D'Accursio, sede del municipio, il movimento ha organizzato un incontro con i Verdi di Berlino, che hanno presentato un'analoga proposta che è diventata una delle questioni più dibattute dal governo rosso-rosso di Berlino. Nella capitale tedesca la depenalizzazione del possesso è già prassi giudiziaria e l'apertura di punti di vendita sperimentali previsti dalla legge antidroga risparmierebbe in tal modo costi inutili e permetterebbe una maggiore liquidità a una amministrazione ormai esangue dal punto di vista finanziario. La proposta di Volker Ratzmann dei Verdi ha incontrato qualche perplessità nei socialdemocratici e le dichiarazioni favorevoli di Heidi Knake Werner, assessore alla sanità della Pds, mentre la stessa polizia chiede solo che, se attuati, i provvedimenti siano ben congegnati.

Da Berlino a Bologna, ripassando per Amsterdam, emerge la richiesta ai governi locali di farsi carico di un cambiamento di politiche. Nella proposta articolata a Bologna dall'avvocato Gastone Dall'Asén dei Verdi, l'ordinanza locale per l'apertura dei coffee shop rientra nelle competenze del primo cittadino in quanto massima autorità sanitaria locale. Al futuro sindaco, Cofferati o Guazzaloca, basterà una firma per un «provvedimento di necessità e urgenza», sottolinea Dall'Asén. Non sarebbe che l'inizio di una svolta antiproibizionista in un territorio storico per la canapa, in cui già la provincia guidata da Vittorio Prodi ha attivamente concorso, con il restauro di Villa Smeraldi e del più importante museo della Canapa presente sul territorio nazionale.


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no alla legge Fini sulla droga
by sole rosso Wednesday, Feb. 18, 2004 at 1:21 PM mail:


Approvato all'unanimita' dai ministri-gerarchi del governo Berlusconi per "mettere in riga" i giovani
Il Ddl Fini sulla droga all'insegna della repressione neofascista
Cancellata la differenza tra droghe leggere e pesanti, punito con il carcere l'uso, l'abuso e la tossicodipendenza, pesantissime sanzioni penali e amministrative per i consumatori, anche occasionali, di droghe; imposto il "trattamento sanitario obbligatorio" nelle "comunità" private parificate con i Sert pubblici, ristretto l'utilizzo terapeutico del metadone
Dopo la legge razzista, fascista, xenofoba e schiavista antimmigrati che porta il suo nome, il vicepremier Gianfranco Fini mette il suggello su di un altro disegno di legge (Ddl) da regime mussoliniano. La mannaia della repressione, sotto lo slogan della "tolleranza zero" si abbatte questa volta sui tanti giovani che fanno uso di "droghe leggere" e sui tossicodipendenti, entrambi considerati alla stregua di pericolosi criminali da rinchiudere. è quanto prevede il Ddl Fini, scritto in collaborazione con i ministri dell'Interno Giuseppe Pisanu e della "salute" Girolamo Sirchia, approvato all'unanimità dal Consiglio dei ministri della casa del fascio il 13 novembre e che dovrà passare ora all'esame del parlamento per una quasi certa approvazione da parte della maggioranza berlusconiana.
"Per questo governo le droghe sono tutte uguali, non c'è differenza tra quelle cosiddette leggere e pesanti, inoltre per le forze dell'ordine è praticamente impossibile distinguere il comportamento volto allo spaccio da quello cosiddetto dell'uso personale di droghe": con queste dichiarazioni, pronunciate il 24 settembre, il fascista Fini annunciava la imminente presentazione del suo nero e ultrareazionario disegno di legge che, stracciando tutta la letteratura scientifica internazionale e il risultato del referendum del 1993, abolisce ogni distinzione tra droghe leggere e pesanti nonché ogni distinzione tra uso occasionale, consumo, abuso, tossicodipendenza, spaccio, narcotraffico ed elenca una lista impressionante e generalizzata di misure repressive assolutamente identiche sia per l'uso che per lo spaccio di hashish, marijuana, Lsd, cocaina, eroina o ecstasy.

Inasprita e generalizzata la repressione
Il Ddl sancisce infatti che il possesso di una qualsiasi delle sostanze che rientrano nella nuova unica categoria di "droga" è sempre vietato e severamente punito. Per ogni sostanza oggetto del disegno di legge è stato indicato un limite "quantitativo massimo tollerabile", superato il quale scattano le sanzioni penali: da uno a sei anni di carcere per i casi meno gravi, fino a un massimo di venti anni di reclusione (!). La sanzione penale scatterà per chi verrà trovato in possesso di più di 150 milligrammi di hashish (0,15 grammi) o di marjiuana, con più di 500 milligrammi di cocaina (2 dosi), con oltre 300 milligrammi di Mdma (ecstasy e pasticche), se si superano i 50 milligrammi di amfetamina, e i 200 milligrammi di eroina. Sotto questa soglia scattano invece pesanti sanzioni amministrative: chi viene trovato in possesso di una quantità al di sotto di quella "tollerabile" può essere punito con la sospensione per un anno della patente e il ritiro del passaporto. Il prefetto, nel caso in cui "si possa ipotizzare un pericolo per la sicurezza pubblica" o "nei confronti di persone condannate, anche non in maniera definitiva, per reati contro il patrimonio o la persona o in violazione della legge sugli stupefacenti, o sulla circolazione stradale", può disporre alcune "misure di sicurezza" quali "l'obbligo di presentarsi almeno due volte la settimana al posto di polizia o ai carabinieri locali", "l'obbligo di rientrare nella propria abitazione entro una determinata ora e non uscirne prima di un'ora prefissata", "il divieto di frequentare determinati locali pubblici", "il divieto di allontanarsi dal comune di residenza", "il divieto di condurre qualsiasi veicolo a motore".
L'obbligo periodico di firma e il divieto di allontanarsi dal comune di residenza scatta anche in caso di "recidiva", cioè ad esempio se si viene fermati per la seconda volta a fumare uno spinello. E per chi non osserva anche solo una delle disposizioni, scatta l'arresto da 3 a 18 mesi. Tutto questo sotto "la dose massima tollerabile" mentre con una dose, ad esempio di due o tre spinelli (una quantità che supera il limite di 150 mg di cannabis previsto dal testo) si incappa automaticamente, come detto, nella sanzione penale, nel carcere. Solo nel caso in cui il soggetto risulti essersi sottoposto con esito positivo ad "un programma terapeutico in comunità" , il prefetto o il ministero della Giustizia può revocare l'applicazione dei provvedimenti presi, e ridurre la pena carceraria al massimo di sei anni. In alternativa al carcere o al ricovero in comunità, per chi commette "fatto di lieve entità" scatta l'obbligo di svolgere un "lavoro di pubblica utilità" per la durata della pena a cui è stato condannato.
Ma non è finita perché nel testo è esplicitamente incentivata la "delazione" nei confronti dei consumatori e dei tossicodipendenti, sono previsti infatti sconti "per chi pur acquistando droga, aiuti le indagini" per scovare altri tossicodipendenti: un "privilegio" non limitato alla polizia giudiziaria ma esteso ora anche ad "ausiliari e interposte persone". Misure insomma da regime di polizia tanto che il ministro Gasparri (AN) ha affermato che l'obiettivo è quello di "fare in modo che le forze dell'ordine possano agire seguendo parametri certi", ovviamente contro i giovani e non certo contro i mercanti di morte. Nessuna misura seria è infatti prevista per la lotta al narcotraffico e al riciclaggio del denaro sporco, nonché per snidare i "santi protettori" politici del mercato mafioso della droga che evidentemente, come testimoniano anche le scandalose vicende del cocainomane viceministro dell'economia Micciché e dell'inchiesta sul giro di stupefacenti nella "Roma bene" che ha coinvolto un altro sottosegretario e il senatore a vita Colombo, si annidano ai vertici del palazzo.

Spazio alle "comunità private", svilito il ruolo dei servizi pubblici (Sert)
Viene stabilita "la completa parificazione ai fini del recupero, delle comunità con i Sert", vale a dire che le cosiddette comunità terapeutiche, in prevalenza strutture private, for profit, no profit e di volontariato, vengono poste sullo stesso piano delle strutture pubbliche, potranno essere accreditate dalle Regioni e dal Ministero della Giustizia e ad esse potranno essere dirottati i finanziamenti pubblici. Le comunità non solo vedranno decuplicarsi i propri "clienti" grazie alla reintroduzione degli illegali "trattamenti sanitari obbligatori" (TSO) imposti dal prefetto a qualsiasi consumatore di droghe, ma potranno persino certificare autonomamente lo stato di tossicodipendenza e somministrare il metadone senza l'autorizzazione del "piano terapeutico" da parte delle strutture pubbliche come avveniva fino ad oggi. I Sert pubblici vengono invece esplicitamente attaccati come "strutture permissive" con l'obiettivo di prosciugarne i finanziamenti e in prospettiva di abolirli. Altro provvedimento illegale e incostituzionale è quello che vieta ai medici dei Sert la somministrazione di metadone in dosi che non siano "a scalare".
Anche su questo punto i gerarchi del neoduce Berlusconi, con in testa il barone Sirchia, si sono superati quanto a miopia ed ignoranza, negando di fatto ai tossicodipendenti il diritto alla cura, poiché è ben noto che in caso di tossicodipendenza da eroina la somministrazione di metadone va personalizzata, e all'inizio nella maggior parte dei casi questo farmaco sostitutivo deve essere preso in dosi anche crescenti fino a fare scomparire i sintomi della crisi di astinenza e successivamente è necessario un periodo più o meno lungo per stabilizzare la situazione, ridurre i danni da iniezione endovenosa di eroina e prevenire le ricadute. Ai medici, agli operatori dei Sert, alla comunità scientifica è ben noto infatti che proprio una somministrazione inefficace di metadone è la causa di molte ricadute e di un buon numero di morti per overdose.

Le reazioni
Le reazioni contrarie alla "svolta di 180 gradi" promossa da Fini sono state numerose: "Non si può dire che le droghe sono tutte uguali, non c'è nessun concetto scientifico che può sostenere una simile affermazione", commenta Guelfo Guelfi, medico psichiatra, presidente della Società italiana di tossicodipendenza: "Stiamo regredendo rispetto alla legislazione attuale, in modo purtroppo significativo e importante. Solo chi affronta il problema della droga in chiave repressiva può esserne soddisfatto. Non lo è di certo chi si occupa di tossicodipendenza in chiave pedagogica". Lucio Babbolin, presidente del Cnca (coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza) si chiede "Ma come si fa a equiparare le droghe leggere a quelle pesanti. La differenza c'è ed è enorme... il governo sostiene che dall'uso di hashish e marijuana si passa alla tossicodipendenza da eroina? l'esperienza ci insegna invece che questo passaggio è tutto da dimostrare. Uno studio dell'Osservatorio europeo sulle droghe e tossicodipendenze, relativo al 2003, dice che a fronte di una popolazione europea del 25-30 per cento che dichiara di aver fatto uso saltuario di cannabis, solo l'1% è passato all'uso costante". Leopoldo Grosso del gruppo Abele la definisce: "Una proposta inaudita. Vengono azzerati tutti gli strumenti terapeutici applicati e sperimentati in tutti questi anni che non necessariamente passano attraverso la comunità terapeutica della quale in realtà mi pare si faccia un uso assolutamente strumentale".
"Questa legge va rispedita al mittente" è il parere di Edo Polidori, responsabile del Sert di Faenza, "occorre essere repressivi contro il traffico internazionale non contro il singolo" ma "finché non ci si mette in testa che la tossicodipendenza da eroina è una malattia non si potrà mai affrontare il problema". "Gli spinelli il primo gradino verso la tossicodipendenza? Questa è una teoria vecchia, ma oggi è veramente molto difficile continuare a sostenerla", dice Alfio Lucchini, segretario della Federserd, la Federazione che raggruppa gli operatori dei Servizi pubblici di tossicodipendenza. E poi spiega: "Se fosse vera questa teoria avremmo milioni di persone in cura presso i Sert, visto che tanti sono i consumatori di cannabis. Ma fortunatamente non è così".
"Si confermano le peggiori aspettative", ha affermato il presidente del Forum Droghe, il Verde Franco Corleone. "Il programma terapeutico verrà ora previsto non solo nei Sert, ma anche nelle strutture private. Conseguenza di ciò, il fatto che anche per aver fumato uno spinello, ci si dovrà ricoverare in uno di questi istituti, anche privati. Si prevede poi la possibilità di imporre misure di sicurezza, come la firma negli uffici di polizia, o l'obbligo di rimanere nella propria abitazione entro una certa ora. Se c'è poi la violazione anche solo di una di queste prescrizioni, scatta subito l'arresto per un periodo che va da 3 a 18 mesi. Anche in questo caso si registra la moltiplicazione delle sanzioni e la triplicazione delle pene. è solo proibizionismo assurdo e dannoso".
Il movimento antiproibizionista sottolinea invece: "La `guerra alla droga' ha una base di riferimento ideologica costituita da un intreccio di oscurantismo e nuovi sistemi del controllo sociale... costituisce uno dei tanti strumenti con cui progressivamente, attaccando i diritti delle categorie sociali più deboli, si restringono i diritti di tutti" aggiunge.
"Un progetto terrificante" per Daniele Farina del movimento di massa antiproibizionista (Mdma) . "Perché fa a pezzi la sperimentazione che è stata fatta in tutta Europa negli ultimi anni". "Si fa un passo indietro di trent'anni almeno - spiega Toy Racchetti della Lila di Catania - Il referendum del '93 aveva segnato una direzione positiva da intraprendere. Aveva affrontato il problema attraverso un approccio multidisciplinare, l'unico da considerare quando si affronta il problema droghe. Contro la legge si sono schierati anche numerosi cantanti, prontamente bacchettati dal sottosegretario Mantovano, come Vasco Rossi che ha definito "fascista" la politica del governo. Nessuna defezione invece tra gli esponenti della casa del fascio che hanno appoggiato in pieno il pupillo di Almirante, che ha avuto il sostegno "di padre e cittadino" del presidente della Camera Casini e di quello del Senato Pera nonché di don Oreste Benzi, il prete-padrone di numerose comunità in Italia e all'estero che ha affermato "è veramente molto buona l'idea di abolire la distinzione tra le droghe leggere e le droghe pesanti. Ormai lo sappiamo, ed è provato, che il Thc (il principio attivo della cannabis) produce danni notevoli al cervello e all'organismo, danni che a volte possono essere superiori a quelli provocati dall'eroina o dalla cocaina" (sic!). Secondo don Benzi la marijuana e l'hashish rappresentano il primo passo per entrare in quel tunnel senza uscita che è la tossicodipendenza. Un'opinione più volte condivisa da Andrea Muccioli, padre padrone della comunità di San Patrignano, ma anche da don Pierino Gelmini, il fondatore della comunità Incontro di Amelia, una congrega oscurantista che Fini scelse per annunciare le sue misure neofasciste.

Devastanti conseguenze
Per noi marxisti-leninisti il Ddl Fini se dovesse essere approvato avrà conseguenze devastanti poiché:
1) Con la scusa della "guerra alla droga" affida ai prefetti, alle "forze dell'ordine", alla magistratura gli strumenti legislativi operativi per spiare, intimidire e soprattutto reprimere praticamente senza limiti le masse giovanili e studentesche (soprattutto quelle più combattive), aumentando l'asfissiante militarizzazione neofascista del territorio fin dentro le scuole e le case come è già avvenuto nel caso delle perquisizioni agli studenti del Virgilio di Roma. 2) Con vere e proprie retate apre le porte del carcere a milioni di giovani consumatori, anche occasionali, di droghe leggere, e di tossicodipendenti. 3) Sotto la minaccia del carcere, costringe una grande fetta di persone a trattamenti sanitari obbligatori in "comunità terapeutiche" stile S. Patrignano. 4) "Parifica" le comunità terapeutiche private gonfiandone i profitti tramite il finanziamento pubblico mentre i Sert pubblici verranno ulteriormemente depotenziati e a lungo andare cancellati. 5) Sottrae ai medici, agli operatori sanitari del servizio "pubblico", al SSN il compito e gli strumenti per la prevenzione, la diagnosi, la cura, la riabilitazione dei tossicodipendenti, scaricando questi ultimi nei gironi infernali delle Questure, del carcere, delle "comunità", dei "lavori forzati" oppure nell'emarginazione, nella clandestinità, nella ghettizzazione. 6) Di fatto mette sullo stesso piano i carnefici, ossia narcotrafficanti e grandi spacciatori di eroina e cocaina con le loro vittime, i tossicodipendenti, ingigantendo di conseguenza il monopolio della mafia, della camorra, della `ndrangheta sul commercio delle droghe. 7) Stravolge la giurisprudenza mettendo in pratica la teoria craxiana e mussoliniana secondo la quale "la norma penale è lo strumento principe di prevenzione" sociale.

Respingere la linea sulla droga del governo del neoduce Berlusconi
Si tratta quindi di un disegno di legge, largamente peggiorativo della già persecutoria legge Iervolino-Vassalli del '90 (istitutiva della "dose media giornaliera" o "modica quantità") estremamente pericoloso e reazionario, un'autentica mostruosità sul piano politico, culturale, scientifico, giuridico e sociale che deve essere assolutamente affossato. Siamo di fronte infatti ad una legge che sprizza fascismo da tutti i pori e si ispira ad una concezione quanto mai repressiva, antidemocratica e liberticida dello Stato borghese, che intenderebbe risolvere il problema della droga imprigionando i tossicodipendenti e i consumatori di droghe leggere, alla stregua di Mussolini che voleva "eliminare" la povertà cacciando i mendicanti dalle strade. è una legge da seconda repubblica, quel nuovo regime che surrettiziamente, gradualmente e senza che nessuno l'abbia denunciato, ha di fatto abbattuto da destra la Costituzione del 1948 e con essa la Prima Repubblica uscita dalla Resistenza. Del resto la criminalizzazione, persecuzione e punizione dei tossicodipendenti e dei consumatori di droghe leggere rientra in pieno nella linea invocata esplicitamente nel cosiddetto "schema R" di Gelli per la seconda repubblica presidenziale. Essa va quindi inquadrata nel tentativo, ormai completato dal neoduce Berlusconi, di rimettere la camicia nera all'Italia.
Un motivo in più per buttarlo giù quanto prima con la mobilitazione generale di massa e di piazza di tutte le forze antifasciste, democratiche e progressiste del paese. La lotta va comunque estesa al capitalismo che costituisce la causa principale dell'espansione del mercato della morte e dell'uso degli stupefacenti.


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Articolo de "Il Bolscevico" organo del Partito Marxista-Leninista Italiano

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