Damasco, giugno - Esponenti politici e rappresentanti dei media, specialmente oggi che i confini tra le due categorie sono quasi del tutto scomparsi, si scambiano opinioni su quanto è successo e ciò che sta avvenendo in Iraq, e se era evitabile un conflitto che si sta rivelando un disastro. Forse la più importante testimonianza al riguardo ci proviene dalle dichiarazioni del Segretario di Stato americano Colin Powell, il quale aveva denunciato l’esistenza di armi di distruzione di massa e di laboratori chimici mobili, testimonianza che aveva reso al Consiglio di Sicurezza dell’Onu all’inizio del 2003: "Quelle informazioni non solo non erano corrette, ma talvolta erano deliberatamente fuorvianti …. Per questo provo rammarico e dispiacere”. Il Segretario di Stato ha ammesso che prima della guerra contro l’Iraq, l’Agenzia centrale d’informazioni, la CIA, assieme ad altri istituti governativi, aveva deliberatamente sviato il governo e l’opinione pubblica circa le presunte armi di distruzione di massa in mano agli iracheni. Ma in un caso come questo, la questione importante sulla quale occorre puntare i riflettori è chi sono queste persone che deliberatamente hanno diffuso informazioni false e quali fossero i loro obiettivi ? Bisogna anche chiedersi se non esista il rischio che costoro possano continuare a diffondere informazioni fuorvianti su altri temi, prendendo di mira altri Paesi e trascinando gli Usa in nuove avventure disastrose ?
Quando informazioni fuorvianti, diffuse deliberatamente o meno, vengono fatte pervenire a coloro che prendono le decisioni per conto della massima potenza militare ed economica del pianeta, per poi diventare politica del governo stesso di quella superpotenza, in base al quale si lanciano guerre, si occupano Paesi, si commettono crimini di guerra, si violano i diritti delle popolazioni, si calpesta la sovranità dei Paesi, ci si svincola dalla legalità internazionale, non si tratta di fatti trascurabili, sui quali si possa sorvolare facilmente. Questo fenomeno deve essere preso molto sul serio, deve essere indagato a fondo, altrimenti rischiamo che il mondo sprofondi nel caos. Un articolo che prende di petto le affermazioni di Colin Powell e le sue implicazioni, è stato l'editoriale del New York Times del 26 maggio scorso, pubblicato sotto il titolo “Time and Iraq”.
Nell’articolo, i responsabili del NYT ammettono che molte delle informazioni da loro pubblicate alla vigilia della guerra erano filtrate da apparati segreti che, a loro volta, si sono basati su fonti inesatte. L’articolo citato conferma che i responsabili del New York Times “facevano affidamento su delle informazioni ricevute da agenti e alcuni membri del governo americano erano pronti a confermare queste informazioni per produrre la giustificazione” desiderata da parte dei Neo-conservatori per l’invasione dell’Iraq. Per costruire queste giustificazioni, affermano i responsabili del New York Times, “informazioni non affidabili sono finite per essere pubblicate in prima pagina, mentre altre informazioni, che smentivano le precedenti, o non vennero mai pubblicate o vennero rivelate con ritardo e relegate in spazi da non catturare l’attenzione dei lettori, mentre avrebbero dovuto essere riportate in prima pagina”. Non vi è alcun dubbio che quanto detto dal Segretario di Stato americano, alla luce di quanto da lui affermato in precedenza per spianare la strada all’invasione dell’Iraq, rende palese il fatto che vi fu un piano prestabilito dai Neo-conservatori per muovere guerra agli arabi, le cui vittime, in ultima analisi, sarebbero stati l’Iraq e la Palestina.
E’ stata messa in atto un’intensa attività di disinformazione per produrre la giustificazione per la guerra in barba agli esperti e ai meglio informati che insistettero nel dire che quanto veniva diffuso dai media era falso o privo di fondamento. La cosa più sconcertante è che si sta ripetendo, davanti ai nostri occhi, lo stesso copione, che si parli delle torture inflitte ai prigionieri iracheni ad Abu Ghraib e in altri centri di detenzione, o dell’uccisione di civili innocenti per mano di mercenari stranieri a Falluja, Al-Kufa, Karbala, o per quanto riguarda il bombardamento di una festa di matrimonio in un villaggio iracheno nel deserto. Assistiamo agli stupri di prigioniere irachene davanti ai loro mariti e fratelli, alle torture inflitte a scienziati iracheni sino alla loro morte, alla distruzione di migliaia di case irachene, all’uccisione di centinaia di donne e bambini innocenti, all’assassinio di civili, all’espulsione di famiglie e all’imposizione di una tragedia a una nazione intera. Stiamo vivendo una tragedia che evoca i tempi precedenti la sconfitta del nazismo durante la seconda guerra mondiale.
Chi osserva con attenzione ciò che sta succedendo in Palestina e in Iraq, può constatare che il nodo non è la disinformazione, perché i servizi d’intelligence americani e il governo degli Stati Uniti non sono tanto ingenui da esserne contagiati. E non si tratta nemmeno di mancanza di coraggio da parte dei mezzi di informazione, perché gli apparati mediatici in America non sono così arrendevoli. Il problema è più profondo e ben più pericoloso. Ci troviamo di fronte a un fenomeno di trasformazione guidata dell’antisemitismo occidentale, dalla sua forma consueta e convenzionale verso una forma inedita nella quale, nel ventunesimo secolo, il ruolo della vittima prestabilita è stata assegnata agli arabi. Si prende di mira un Paese dopo l’altro, un popolo dopo l’altro, trasformando gli arabi in obiettivi dell'odio, di uccisioni, di pulizie etniche, di torture, di massacri, usando una varietà di pretesti e giustificazioni, non ultimo quello del terrorismo.
Questi pretesti non sono molto differenti da quelli adottati in passato, sicché al ricercatore attento non può sfuggire il fatto che questi comportamenti, nella loro essenza, non sono che espressioni variabili dell’anti-arabismo e dell’ostilità verso la cultura e l’esistenza degli arabi. Abu Ghraib è un caso emblematico, ma lo sono anche il massacro compiuto alla festa di nozze in Iraq, come l'orribile carneficina commessa contro la popolazione di Rafah. Sono pochi esempi che mettono in evidenza come i Neo-con degli Stati Uniti hanno trasformato l’antisemitismo dei loro nonni in una sistematica campagna di odio nei confronti degli arabi. L’evidenza ci rivela che torture fisiche e psicologiche, alle quali i prigionieri di Abu Ghraib sono stati esposti, non erano finalizzate all’estrazione di informazioni. Fotografie, filmati e testimonianze raccolte rendono evidente che i responsabili si facevano fare foto ricordo dopo aver torturato o ucciso le vittime. Oggi, è un fatto comprovato che l’esercizio della tortura nelle carceri non è riferibile a un caso singolo, isolato, e che i responsabili non sono un manipolo di gente, ma si tratta piuttosto di una politica nella quale tutti furono coinvolti ed alla quale tutti hanno collaborato, nascondendo poi gli aspetti relativi alla sorte toccata a migliaia di prigionieri i cui nomi non sono mai stati registrati e i cui corpi sono stati seppelliti in tombe segrete.
Questa politica si alimenta di razzismo verso gli arabi, non considera gli iracheni essere umani con sentimenti e sensibilità paragonibili a quelli degli occidentali. Non vi è dubbio che coloro che hanno preparato il proprio popolo a scendere in guerra contro l’Iraq nutrono sentimenti impregnati di razzismo nei confronti degli arabi, stanno conducendo una guerra di sterminio contro i palestinesi e controllano i metodi di persecuzione architettati dal Neo-antisemitismo nella sua campagna contro gli arabi. Se questo non fosse vero, come sarebbe potuto accadere che aerei militari americani bombardassero una pacifica festa di matrimonio, uccidendo quaranta bambini, uomini e donne, per poi rifiutarsi, dopo aver preso atto delle testimonianze dei sopravvissuti pubblicate dal quotidiano britannico The Guardian, di porgere le scuse per l’assassinio deliberato di bambini innocenti ? L’amministrazione Bush potrebbe comportarsi così nei confronti di una qualsiasi altra nazione nel mondo ? I media americani rispetterebbero il silenzio su un fatto di tale gravità se le vittime non fossero degli arabi ? I redattori del New York Times, che stanno chiedendo scusa per gli errori commessi alla vigilia della guerra, continuano a ignorare l’agonia degli arabi e i massacri commessi contro di loro in Palestina e in Iraq.
Questo avviene perché la vita di un arabo non viene considerata dello stesso valore di quella di un occidentale. Ma non è forse questa l’essenza dell’antisemitismo che perseguita, espelle, uccide i popoli semiti per il solo fatto di essere semiti ? Che uccide i loro figli e le loro donne, sequestra e viola le loro proprietà, i loro Paesi, per il solo motivo che si tratta di arabi ? Non è coincidenza che l’immagine dell’anziana donna palestinese che fruga tra le macerie della sua casa alla ricerca delle sue medicine abbia rammentato a Yossi Lapid, Ministro israeliano della giustizia, l’immagine della propria nonna, un’anziana donna indifesa, nei giorni della persecuzione nazista degli ebrei. Questa immagine non si riferisce soltanto alla nonna del Ministro, ma alla realtà di migliaia di famiglie in Palestina e in Iraq, una realtà segnata da tragedie, dalla pulizia etnica e dalla discriminazione razziale, comportamenti che nulla hanno a che fare con la guerra contro il terrorismo o con la sicurezza.
Rientrano in questa campagna di odio le considerazioni espresse da Benjamin Elon, Ministro israeliano del turismo, quando il 26 marzo scorso ha detto al Herald Tribune che “non vi è alcuna terra per i palestinesi, qui: fateli partire per la Giordania”. Un altro esempio è costituito dall’appello di Douglas Feith, a capo dell’Ufficio per la programmazione politica al Pentagono, che ha invitato il governo di Israele a ignorare gli accordi di Oslo e a sequestrare i Territori Occupati. Sulla stessa lunghezza d’onda sono coloro che negano che sarebbero stati commessi crimini di guerra in Iraq, come le continue giustificazioni dei crimini commessi da Israele contro i bambini palestinesi e l'abituale giustificazione che la distruzione delle case palestinesi è un atto di “auto-difesa”. Espressioni, dichiarazioni, azioni che mirano a sostenere una politica Neo-antisemita con l'obiettivo di colpire gli arabi. Si tratta di una politica che promuove una guerra di sterminio, fatta di massacri, torture, stupri e sistematiche punizioni in Palestina e in Iraq, in sintonia con la nuova campagna di odio. Jan Luc Jodar si era detto sorpreso che nessun israeliano abbia mai individuato delle somiglianze tra l'antisemitismo convenzionale praticato dai nazisti e l'espulsione dei palestinesi dalle loro case che egli stesso aveva ricostruito nel suo film “Our Movie”. Io mi meraviglio ancor di più che nessun arabo abbia finora rilevato questa somiglianza. http://www.arabmonitor.info/dossier/dettaglio.php?idnews=5927&lang=it
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