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L'ordine regna a Falluja: Napalm, bombardamenti casa per casa, gas
by zip Wednesday, Dec. 29, 2004 at 11:47 PM mail:

le stesse organizzazioni non governative operanti nella città hanno parlato, senza mezzi termini, di genocidio

L'ordine regna a Falluja
Napalm, bombardamenti casa per casa, gas



"In Iraq ci sono le scuole, c'è una vita regolare. Poi ci sono alcune cose che non funzionano. A esempio i semafori". (S. Berlusconi, 29.09.04)

Per quanti cercano di seguire l'andamento della situazione in Iraq, il trascorso mese di novembre ha evidenziato due coincidenze solo apparentemente contraddittorie: mai le notizie riguardanti le operazioni di guerra sono state così rarefatte e mai in precedenza, dall'inizio dell'occupazione, le truppe Usa hanno ammesso un numero così elevato di perdite in un solo mese (almeno137).

Ennesima dimostrazione che in Iraq si sta svolgendo un conflitto coperto dal segreto militare.

Difficile anche prevedere se quanto avvenuto a Falluja diverrà un giorno una verità storica, intanto nel presente si può soltanto intravedere e intuire la realtà di una strage che ci riporta alla mente altre analoghe stragi di un passato da cui non siamo mai usciti.

Quello che colpisce è l'identico metodo di definire indistintamente come "ribelli" o "terroristi" tutte le vittime dell'apparato militare Usa, tra le quali è ovvia supposizione ci saranno migliaia di civili che non sono riusciti ad abbandonare le loro abitazioni; le stesse organizzazioni non governative operanti nella città hanno parlato, senza mezzi termini, di genocidio.

L'uso massiccio di bombardamenti, anche con napalm, bombe a frammentazione e gas tossici (vere armi di distruzione di massa), oltre ai cannoneggiamenti e alla guerra casa per casa, non lasciano margini di dubbio in proposito.

Più fonti riferiscono di un numero imprecisato di persone assassinate nonostante sventolassero la bandiera bianca.

Eppure per i vertici militari e i media della disinformazione, in mesi di guerra, nella "roccaforte sunnita" sono rimasti uccisi soltanto insorti, cioè terroristi.

Una sicurezza che ci ricorda quella dei comandi italiani fascisti dopo i massacri contro la popolazione libica, o di quelli nazisti dopo le stragi a Varsavia o a Marzabotto, oppure dei generali Usa dopo gli stermini di interi villaggi in Vietnam.

Poco importano l'età, il sesso o le responsabilità individuali, gli eserciti dei "buoni" e dei "portatori di civiltà" uccidono solo "cattivi" e "incivili".

Non importa che un bambino di Falluja non fosse neppure nato l'11 settembre 2001, il terrore delle democrazie si autolegittima sulla base di un'ideologia che ripropone la superiorità morale dei forti sui deboli, ma anche del capitale sui miserabili.

In questo senso va, probabilmente, inquadrata la divulgazione del filmato reso pubblico dalla potente rete televisiva statunitense Nbc, in cui l'esecuzione a freddo di un iracheno ferito e disarmato rifugiatosi in una moschea semidistrutta di Falluja, da parte di un marine armato di mitragliatore, ha fatto il giro del mondo.

Autentico messaggio terroristico nei confronti dei resistenti e delle popolazioni, in cui si mostra in modo plateale che le truppe occupanti non fanno prigionieri, e allo stesso tempo, operazione di depistaggio per coprire gli orrori commessi su vasta scala durante l'occupazione della città: un "eccesso" compiuto da un singolo, subito reso noto e punito dalla "giustizia" militare, per nascondere le migliaia di civili uccisi, gli ospedali devastati e le sistematiche esecuzioni ordinate dai comandanti dell'operazione "Phantom Fury".

Non è infatti pensabile che immagini come quelle, così come avvenuto nel caso delle torture ad Abu Ghraib, possano casualmente sfuggire al controllo preventivo degli apparati statunitensi.

Tanto più che l'intera operazione sembra essere riuscita nell'intento di avvicinare le diverse componenti della guerriglia ai gruppi e ai metodi più estremi, inasprendo il clima di guerra civile. Per questo è necessario sospettare, nonostante le dichiarazioni di Bush, che settori politico-militari statunitensi stiano puntando in realtà ad un rinvio della scadenza elettorale di gennaio, alle quali risulterebbero prevedibilmente vincenti i partiti islamici e nazionalisti, e prolungare di conseguenza l'occupazione militare a tutela degli interessi economici legati al petrolio. Non è infatti un caso che, già in primavera, Donald Rumsfeld avesse già anticipato tale possibilità, sostenendo che "la violenza terroristica in Iraq sta a dimostrare che la via verso l'autogoverno è irta di ostacoli".

Poco importa se la guerra doveva esportare la democrazia, tanto è una merce senza data di scadenza.

Uncle Fester


Fonte:www.ecn.org

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