C' entra c'entra e soprattutto con "legittima difesa". Non sara' certo colpa mia se "legittima difesa" ha fatto proprie le "illustri analisi" di A.De Benoist e in una botta di volontarismo politico vuole tornare alla rivoluzione francese per esorcizzare il neopulismo imperante.Ho solo messo in piazza una piccola parte del retroterra teorico(sempre tenuto nascosto)che anima "legittima difesa". http://www.giovanetalpa.org/30%20gennaio_30%20gennaio.pdf
Non dimentichiamo neanche il contributo teorico del nuovo lenin di casa nostra che nel suo "politicamente scorretto" traccia l' orizzonte finalmente scoperto della strategia rivoluzionaria del terzo millennio...
A cominciare da questa perla retrospettiva ma molto significativa sul futuro:
"Noi allora facevamo spallucce davanti alla “politica dei “sacrifici” proposta da Berlinguer, mentre dopo lo “shock petrolifero” il PCI seppe entrare in sintonia con i sentimenti e le idee profonde di ampi strati della società italiana.. I rivoluzionari si ubriacano spesso delle loro stesse parole, disprezzano il senso comune, e così perdono l’indispensabile rapporto con le masse." dopo la rivalutazione della politica dei sacrifici e della sua capacita' di essere in sintonia con i "sentimenti e le idee profonde delle masse", per non dire del "senso comune" il resto viene da se' mi sembra conseguente.
Si vede subito dopo che non solo il partito americanista e' "trasversale" , ma bonta di Pasquinelli, anche le inquietudini della crisi ecc "Aumentano i cittadini di ogni ceto che si chiedono: come salviamo il paese? Come assicuriamo un futuro dignitoso ai nostri figli? Sono uomini e donne coscienti di far parte di una comunità, nazionale e internazionale, consapevoli che non ci si può salvare individualmente e che la “globalizzazione” porta l’umanità sull’orlo del caos e dell’abisso."
Ora assodato che facciamo parte di una "comunita' nazionale" socialmente trasversale in quanto a inquietudini ecco che spunta fuori il rivoluzionario iperleninista che deve lavorare per intercettare questo "flusso di inquietudine"; e perche' mai? perche se no lo fa qualcun'altro, perche' le possibilita in estrema, ma molto estrema sintesi sono due:
"O facciamo i bordighisti, aspettiamo il “1975”[1], attendiamo fatalisticamente amo che la storia ci consegni le masse su un piatto d’argento oppure, se pensiamo che questa faccenda del “1975” è una grande scemenza, dobbiamo costruire organizzazione per dare rappresentanza politica a quella multiforme area sociale che si va scollando dal blocco dominante, senza chiedere a nessuno il pedigrée, liberandoci dai vecchi schemi operaisti. È oggi che gettiamo le premesse del consenso di massa di domani."
Quindi dicevamo tocca,lo dice il teorico della rivoluzione di inizio millennio, bisogna candidarsi alla rappresentanza del malcontento sociale liberandoci dai vecchi schemi operaisti. Chissa quali schemi poi...i suoi di prima probabilmente.
Ma le analisi del nostro lenin sono troppo profonde per arrestarsi alla sola constatazione dello scontento delle masse, dello scollamento di setori sociali dalla classe dominante (sic!) no! lui fa' pure il verso alla Negri e uala' ecco lo "spaesamento" diventa "la crisi". Tutto questo per giungere alla conclusione che in tempi di incertezze e crisi la gente anela a "punti fermi" e udite udite non solo diritti sociali ecc macche', ma "confuso bisogno di Stato, overo che l' economia sia subordinata alla politica". Qui il volontarismo o la mlafede politica superano qualsiasi decenza. "Finita l’euforia del mercato che può tutto si affaccia nel popolo lavoratore un generale e confuso bisogno di Stato, ovvero che l’economia sia subordinata alla politica. Il futuro appartiene a chi darà risposte adeguate a queste reali domande che, lungi dall’essere reazionarie, in potenza, contengono una critica radicale al capitalismo realmente esistente."
A chi appartiene il futuro? a chi da' risposte adeguate al "bisogno di Stato" SIC!SIC soprattutto da quando il "bisogno di Stato" in potenza, cioe' nel cielo delle idee, contiene una radicale critica al "capitalismo realmente esistente". Il capitalismo realmente esistente che ridicolaggine! e non era piu' onesto citare Lenin? il concetto di "formazione economico politica" ?
Ma il meglio deve venire. E infatti arriva subito dopo queste illuminanti note sul "capitalismo realmente esistente"...sono da un lato di Berlingueriana memoria"i sacrifici per il bene comune" e dall' altra sulla falsa riga di Giosue' che oscuro il sole con una mano.
"Si apre uno spazio politico ad una forza che indichi la necessità di nazionalizzare le imprese, di fermare la deindustrializzazione, la delocalizzazione e la fuga dei capitali. Che affermi che se vanno fatti dei sacrifici vanno fatti per il ben comune non per la Parmalat, la Cirio o la FIAT e uno Stato parassita che li protegge. Una forza che dica chiaro che occorre uscire da Maastricht e dalla NATO. Una forza che dica apertamente che occorre spezzare il regime bipolare per un governo popolare forte che difenda gli interessi della maggioranza e non più dei borseggiatori capitalisti, stranieri e italiani. Un governo che ponga la giustizia sociale al centro della sua attenzione."
Bene dopo tanto sudore teorico e spremute di meningi siam giunti alla richiesta di un "governo popolare forte". Del resto dopo la "comunita' nazionale", i "sacrifici" non ci si poteva aspettare altro...Viva Peron viva il giustizialismo viva il populismo!!
Adeso caro il "senza base " se hai ancora pazienza ti spiego, ma c'e ne ancora bisogno?, che c' entra De Benoist e legittima difesa e i suoi battesimanti:
"Se vogliamo far scendere dal cielo sulla terra la parola socialismo è da questo concreto bisogno di giustizia che occorre partire. Dobbiamo coniugare queste esigenze di governo “popolare forte” con l’idea della partecipazione democratica dal basso, con lo spirito di libertà, con la solidarietà verso i popoli in lotta del Terzo Mondo.
E pensa tu' con ben piu' spessore politico la stessa cosa la dice proprio De Benoist quando afferma:
"Ricollocato nella giusta prospettiva, il populismo ha un futuro sempre più ampio mentre la politica istituzionale ne ha sempre di meno. Già ora, è il solo a poter sintetizzare l’asse giustizia sociale-sicurezza che tende a sostituire l’asse sinistra-destra o i conflitti sociali di tipo più classico. È proprio questa l’alternativa che offre il populismo paragonato all’egemonia neoliberale, fondata sulla sola politica rappresentativa."
Segue un passo illuminante per nn dire luminescente del Pasquilenin: "D: Voi avete iniziato ad abbozzare ultimamente questo progetto, denominandolo “Movimento Popolare di Liberazione”. Si dovrebbe trattare di un progetto politico di medio periodo, transitorio, che mantenga però sullo sfondo la prospettiva comunista. Ma non rischia d’ essere molto simile alle proposte della “destra radicale” che dichiarandosi anticapitalista si batte per un polo imperialista europea, ha una visione gerarchica e razzista della società?
R: Si, stiamo da diversi anni lavorando alla fondazione di un Movimento Popolare di Liberazione. Di che tipo? Per popolarizzare abbiamo detto che ci basiamo su tre principi inderogabili: Uguaglianza, Fratellanza e Libertà, ovvero i capisaldi della Rivoluzione Francese. Ogni persona sana di mente capisce la distanza siderale dal fascismo, dato che per i fascisti la Rivoluzione Francese è un tabù, la negazione simbolica dei loro principi ideologici.
Perché diciamo di ripartire dalla Rivoluzione Francese e non da quella russa? Perché la stessa Rivoluzione Russa è partita da quella francese. Come abbiamo visto la rivoluzione è sempre popolare, afferra più classi, riceve mille rivoli. La rivoluzione puramente proletaria è un mito, non esiste. Il carattere proletario di una rivoluzione è determinato anzitutto dalla sua direzione politica, non dalla sociologia."
Ora io proprio non voglio chiosare ma secondo dov'e la distanza siderale tra i principi illuministici e il fascismo, il nazismo? Vabbe' se uno si ferma a prima della critica dei diritti dell'uomo puo' anche credere che sia un dato acquisito questa "distanza siderale". E lasciamo perdere tutta la critica del secolo novecento all'illuminismo e bada che non stiamo pensando agli integralisti cattolici...o ai Tradizionalisti con la T maiuscola... Ma che cacchio vuol dire la "rivoluzione proletaria pura"? Secondo il nuovo lenin noi dovremmo essere stati, maiestatis nel nostro piccolo, cosi' deficienti da aver confuso l' idea di guida della rivoluzione da parte del proletariato con la composizione sociale dei rivoltosi. da ridere...
"Il problema dell’oggi è come attrezzarsi per essere alla testa del tumultuoso risveglio popolare che ci sarà domani. Se non la guideranno i rivoluzionari lo faranno altri, coloro che vogliono un’Europa forte sì ma imperialista, che useranno l’antiamericanismo che serpeggia tra le masse in senso reazionario e razzista. Lo farà una nuova destra radicale e populista."
E qui pasquolenin un po' s'e tradito con "l' europa forte si ma..": evidentemente pensa che ci potra' essere un "europa forte" , ma non imperialista. Una volta si chiamava contraddizione in termini.
Sic sic sic Insomma che dire? e questo leninista da operetta mentre viene criticato per aver sposato una linea strategica di destra con le sue logiche conseguenze si lamenta che viene criticato perche' lui/loro vogliono parlare al popolo, parlare a tutto campo...
Di cose demenziali e stiamo parlando in termini di logica scolastica in questa altissima opera rivoluzionaria c'e ne sono a iosa:
"Noi pensiamo che un anticapitalismo dell’oggi o è antiamericanista o non è nulla, poiché il capitalismo reale è strutturato attorno al perno nordamericano, e chiunque voglia cambiare il mondo prima di tutto deve scardinare questo perno.
Noi pensiamo che un anticapitalismo dell’oggi o è antiamericanista o non è nulla, poiché il capitalismo reale è strutturato attorno al perno nordamericano, e chiunque voglia cambiare il mondo prima di tutto deve scardinare questo perno.
Che la resistenza all’americanizzazione dell’Europa venga anche da ristretti ambienti della destra radicale lo sappiamo, e a maggior ragione non possiamo fare spallucce, regalare ad essi questa bandiera. Chi può escludere che domani o dopodomani, in Italia e in Europa, ci sia un sommovimento popolare antiamericano, una rivolta contro la politica imperiale, una richiesta di piena sovranità?"
Seguono altre perle di teoria rivoluzionaria
"D. In questo tuo ragionamento si percepisce un approccio che abbiamo già visto nell’intervista quando hai parlato della tattica dei comunisti in Germania dopogli accordi pace di Versailles e la Russia post-sovietica. In sostanza tu affermi: i comunisti devono essere i campioni della “questione nazionale” devono essere “i migliori patrioti” visto che la borghesia si dimostra incapace di salvare la nazione, lo porta alla catastrofe. Quindi tu sostieni, se capisco bene, che in questo quadro i comunisti devono avere una proposta politica di “fase” che non è immediatamente sic et simpliciter il comunismo, ma è una che si rivolge non solo al proletariato ma a più ampi settori della popolazione. Ho compreso bene?
R: Mi pare di sì. E qui giungiamo ad una differenza davvero importante tra noi e quasi tutta la cosiddetta sinistra rivoluzionaria, una differenza che attiene all’analisi di fase e dunque agli orizzonti dell’antagonismo sociale.
Non ci sfugge che l’Italia, strictu sensu, è un paese imperialista, e che dunque la questione nazionale non è della stessa qualità di quella palestinese o basca. Ma una questione nazionale esiste. L’Italia è un paese imperialista, è vero, ma è anche un paese che è uscito sconfitto dalla guerra, la cui sovranità è limitatissima, deve rispettare i dettami della geopolitica della Casa Bianca. Potremmo dire che l’Italia è un paese sub-imperialista in profonda crisi dentro la tendenza al declino complessivo dell’Europa. È in questa cornice che le questioni nazionali europee, restate in sordina nell’epoca della Guerra Fredda, riemergono come fattori storici.
L’accelerazione del processo unionista in Europa sarebbe altrimenti incomprensibile. I più leggono questa accelerazione, tra cui la cosiddetta Costituzione Europea, come risultato della pulsione antiamericana delle borghesie e delle élite europee. Che abbaglio! La fretta è invece determinata dalla paura di queste borghesie che la globalizzazione e la crisi europea portino allo sfaldamento degli equilibri europei ed atlantici e alla rinascita delle questioni nazionali. Le borghesie temono la crescita di movimenti popolari che metteranno in discussione sia l’atlantismo che l’europeismo. Ecco perché liberali e socialisti, popolari e post-comunisti, accelerano i lavori di consolidamento della baracca di Maastricht, per paura che crolli su se stessa sotto la pressioni dei popoli.
È con questa consapevolezza che si deve recepire la questione nazionale senza mai separarla dall’anticapitalismo e dall’antiamericanismo; che si deve picchiare duro contro Maastricht (ovvero l’Europa delle oligarchie e delle multinazionali, un impero sine imperio); accogliere il principio dell’unità federativa europea, ma declinandolo socialisticamente poiché solo il socialismo può salvare la civiltà europea dal tramonto in cui l’imperialismo e il capitalismo la stanno conducendo. Fantasticherie?
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