Argentina: la sommossa per chiedere migliori condizioni di vita
Saliti sul tetto i detenuti sono armati con mitragliatrici
Rivolta nel carcere di Cordoba
Otto morti e trenta ostaggi
I detenuti sono saliti sul tetto della prigione
BUENOS AIRES - Una rivolta è scoppiata ieri sera nel carcere del quartiere San Martin di Cordoba, nell'Argentina centrale. La cruenta sommossa di 1.700 reclusi è presto sfociata nel sangue. Secondo l'emittente locale Cronica Tv i morti sarebbero otto mentre l'agenzia di stampa spagnola EFE sostiene che le vittime sarebbero quattro, tra cui tre detenuti che cercavano di evadere a bordo di un camion.
I rivoltosi terrebbero in ostaggio una trentina di persone tra cui il direttore del penitenziario, Emilio Corso.
Accorsi sul posto, i familiari dei detenuti hanno cercato di impedire l'intervento delle forze dell'ordine nell'edificio con il lancio di pietre e bastoni. La tensione attorno alla prigione è altissima, e le autorità hanno ordinato la sospensione dell'erogazione dell'energia elettrica, mentre tre magistrati, stanno cercando di intavolare una trattativa sulla base di promesse di revisioni di processi.
La maggior parte dei detenuti, che sono riusciti ad entrare nell'officina dove si riparano le armi del personale, si sono concentrati sul tetto dell'edificio, da dove minacciano di gettare nel vuoto gli ostaggi. All'interno, altri reclusi in rivolta scambiano colpi d'arma da fuoco con le forze dell'ordine, mentre in un'ala dell'edificio i reclusi hanno dato fuoco ai mobili e ai materassi dell'istituto di pena.
Un tentativo di un gruppo di teste di cuoio di riprendere il controllo della situazione è fallito, anche perchè i reclusi, per lo più condannati all'ergastolo, sono pesantemente armati, e dispongono perfino di mitragliatrici.
Il presidente della Repubblica segue da Buenos Aires gli sviluppi della rivolta, mentre il ministro dell'interno Anibal Fernandez ha disposto l'invio a Cordoba di 200 agenti speciali.
La protesta è cominciata per reclamare migliori condizioni di vita. Stando ai famigliari dei detenuti, la polizia carceraria tratta i reclusi "come animali". (11 febbraio 2005)
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