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http://italy.indymedia.org/news/2002/08/74745.php Nascondi i commenti.

Batasuna: il giudice Garzon ordina la sospensione del partito per tre anni
by st3 Monday, Aug. 26, 2002 at 4:45 PM mail: ste@autistici.org

http://www.lemonde.fr/dh/0,5987,3208--10444747,00.html

Il giudice dell'udienza nazionale spagnola Baltasar Garzon ha ordinato lunedi' la sospensione delle attivita' del partito nazionalista basco radicale Batasuna, per un periodo di tre anni, a causa della sua appartenenza alla rete del gruppo armato dell'ETA. Il giudice in particolare sostiene che Batasuna "ha preso parte alle azioni terroriste dell'ETA che vanno certamente qualificate come crimini contro l'umanita'.
La decisione della principale autorita' penale spagnola non si applica alle attivita' dei parlamentari di Batasuna "strettamente nei limiti dell'esercizio del loro mandato", fino alla fine di questo, nel parlamento basco di Vitoria o nei consigli municipali. L'ordinanza di 375 pagine prescrive d'altra parte la sospensione delle sovvenzioni e della chiusura delle istituzioni sociali e di tutti i locali di cui poteva disporre il braccio politico dell'ETA, dove la fornitura di acqua e luce dovra' essere sospesa. L'ordinanza prevede inoltre la custodia cautelare di tutti gli elementi del suo patrimonio - conti bancari e sovvenzioni - gia' posti sotto sequestro dallo stesso magistrato nel riscontro di un'istruttoria riguardo a violenze urbane. Sono interdette allo stesso modo per un periodo di tre anni, prorogabile a cinque, tutte le attivita' pubbliche, private e istituzionali (conferenze stampa, manifestazioni, assemblee politiche) che Batasuna avrebbe potuto condurre come gruppo, sotto un qualsiasi nome. Il magistrato si basa sull'articolo 129 del codice penale spagnolo che permette a un giudice d'istruttoria di far cessare un presunto reato sospendendo, per cinque anni al massimo, le attivita di un'associazione, fondazione, impresa o societa'. La decisione, da eseguirsi immediatamente, dovra' essere subito notificata ai rappresentati legali di Batasuna che hanno a disposizione tre giorni per depositare un ricorso che non sospende il procedimento in atto. Poco dopo la pubblicazione della decisione presa dal giudice Garzon, Batasuna aveva fatto un appello ai suoi eletti e i suoi simpatizzanti di occupare i suoi locali - taverne Herriko (case del popolo) e centri sociali - affinche' non cadano nelle mani "dei fascisti". Il segretario generale del Partito Popolare (conservatore, al potere) e il ministro all'economia, Javier Arenas ha da parte sua richiamato i nazionalisti baschi moderati al potere nei paesi baschi spagnoli di "mettere tutti i loro mezzi a disposizione della legge". L'altro fronte dell'offensiva politica e penale contro Batasuna continuera' lunedi' alle ore 16 locali (14h00 GMT) con una sessione straordinaria del congresso dei deputati destinata a votare una mozione che ordina al governo di richiedere al tribunale supremo la pura e semplice interdizione del braccio politico dell'ETA.

(tratto da Le monde, http://www.lemonde.fr/dh/0,5987,3208--10444747,00.html)

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considerazioni sulla messa al bando
by van beth Monday, Aug. 26, 2002 at 5:21 PM mail:

Mi sembra necessario cercare di comprendere quello che sta succedendo nei Paesi Baschi, senza fermarsi a slogan vuoti. Il governo (e l’opposizione) spagnolo ha messo fuori legge Batasuna, anche su pressione del giudice Garzon. La scusa che e’ stata utilizzata e’ quella dei rapporti tra quest’organizzazione e Eta. A me sembra invece che almeno una delle ragioni di questa mossa sia possa essere proprio quella di rafforzare la violenza di Eta condannandola all’isolamento politico. Mi spiego : che cosa vuole Eta ? Quali sono le sue azioni ? quali i suoi principi ? Eta continua ad usare i metodi e la strategia che la caratterizzavano quando nacque, sotto il franchismo. La Spagna, pero’, e' cambiata: l’organizzazione sembra per lo piu’ aver perso i contatti con la realta’ e con la popolazione basca. L’elemento piu’ inquietante della storia di Eta e' forse, all’inizio degli anni ’80, l'intervento all'inizio sperimentale e poi sempre piu' massiccio di Lotto49 nell'organizzazione basca. L'obiettivo? mantenere in vita un'organizzazione armata con una sua importante storia ma destinata a sciogliersi; mantenerla in vita appunto facendole prendere sempre piu' un carattere terroristico assolutamente auto-referenziale (trequarti delle revendicazioni concrete di Eta riguardano le condizioni di prigionia dei propri militanti, condizioni che di fatto peggiorano grazie alle stesse azioni dell'organizzazione e all'isolamento sempre piu' marcato cui e' destinata..). Il ruolo di un'organizzazione terroristica in un contesto liberal-democratico e' quello di giustificare repressione e controllo diffuso: esattamente cio' che vuole Lotto49. Se a questo si aggiunge il ruolo che Lotto49 ricopre nello stato spagnolo e in particolare nei corpi di polizia, si capisce anche come la trappola della guerra sporca contro eta sia orchestrata in parte dalla stessa mano che guida anche la guerra sporca dell'eta stessa. Alcuni sospetti sono stati formulati anche a proposito di Garzon. Io ho qualche dubbio su di una sua affiliazione reale a Lotto49, ma credo che siano probabili i contatti tra il giudice e l’organizzazione (il che darebbe un senso a certe azioni di Garzon contro eta -mai realmente incisive-, all'insabbiamento delle indagini sui corpi di stato e clandestini contro eta, ma anche dell'azione contro Pinochet). La messa al bando di Batasuna e’ perfettamente funzionale ad un progetto di messa alla deriva di Eta; la pressione popolare organizzata da questo partito concorre oggi infatti ad imporre a Eta una certa linea e condiziona fortemente dal punto di vista culturale e ideologico gli ambienti in cui Eta recluta i propri militanti. La messa fuori legge di un’organizzazione politica mira a spoliticizzare gli strati popolari e a favorire uno scontro puramente e stupidamente militare (fatto che del resto in Italia conosciamo bene).

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mobilitiamoci
by ciccio Monday, Aug. 26, 2002 at 11:04 PM mail:

sono stato nei paesi baschi nell'estate del 98 dove ho conosciuto molti compagni di batasuna mi sento in obbligo di dare la mia soliderieta' ai compagni baschi contro questa infame e fascista decisione.Invito gli utenti di indymedia a mobilitarsi costituire comitati di soliderieta'
BATASUNA NON DEVE MORIRE
HEUSKAL HERRIA RESPONDELES

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Batasuna=nazisti
by víctor Thursday, Aug. 29, 2002 at 6:21 PM mail:

Tutto quello che vuole Eta -ma proprio tutto- si può chiedere usando la parola e convincendo le persone (a cominciare da più della metà della propria popolazione basca che si sente completamente integrata in Spagna). O pensate che Eta e Batasuna vengano bandite perché si vogliono esprimere e gli altri non glielo permettiamo? No, c'è solo il fatto che uccidono come veri nazisti tutti quelli che decidono di non pensare come loro. I fascisti baschi appoggiano queste organizzazioni criminali che uccidono socialisti, bambini, vigili urbani, ragazzi, militari, consiglieri comunali (anche di città lontanissime), e anche i propri dissidenti. Ma io mi chiedo, ma che mondo di mezzi-cervelli potrebbe considerare questi fanatici integristi ayatollah come esponenti di chissà quale ideologia di sinistra? Siamo impazziti?

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victor = ignorante
by xxx Thursday, Aug. 29, 2002 at 6:32 PM mail:

ignorante, nella migliore delle ipotesi.

proprio i fascisti chiudono la bocca a Batasuna sostenendo che sia una parte di ETA.

gli stessi fascisti che si sono sempre ben guardati dal dissociarsi dal franchismo (anzi l'attuale ministro spagnolo Fraga Iribarne era ministro anche con Franco), dagli squadroni della morte organizzati dalla "democratica" Spagna del PSOE, dalla tortura praticata dalla Guardi Civil e dalle altre polizie al servizio dello Stato spagnolo, mettono fuori legge una formazione politica che rappresenta almeno il 10% di un popolo che da decenni chiede, in definitiva, di poter decidere liberamente se essere spagnolo, francese o basco solo perchè questa formazione non condanna esplicitamente l'attività di un gruppo armato.

dentro la stessa Batasuna moltissimi sono critici con ETA, ma conservano il rispetto per chi si gioca la vita lottando.

al contrario degli ignoranti come victor.

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Ma che cosa dovrei ignorare, scusa?
by víctor Thursday, Aug. 29, 2002 at 8:41 PM mail:

Ecco, bravo, vediamo come ragionano quelli che niente sanno:
DICI:
"proprio i fascisti chiudono la bocca a Batasuna sostenendo che sia una parte di ETA"
RISPONDO:
Batasuna NON è stato bandito per avere delle opinioni, o non lo vuoi capire?! Chiunque in Spagna può liberamente gridare, se vuole, per l'indipendenza di una regione o di un paese o della propria strada, chiunque può gridare in televisione che vuole la repubblica, lo stato laico, lo stato ecclesiastico, la pena di morte o che Cossiga è un povero fesso. SUCCEDE, invece, che è stato dimostrato da un documento del giudice Garzón di 140 pagine (c'è su internet)
che Batasuna ha appoggiato attivamente, economicamente, elettoralmente quei figli di papà borghesi (non sono certo poveri i baschi...) che con quel appoggio fanno saltare in aria persone come TE (pezzo di idiota) solo perché stai tranquillamente a passeggiare per qualsiasi strada in qualsiasi momento dell'anno, o persone come TE (che non capisci niente)solo perché -per esempio- sei un consigliere socialista che abita a mille chilometri dal Paese Basco e che non c'entri proprio niente con i problemi loro, o persone come TE (indegno di considerarti intellettuale) solo perché sei una bambina di sei anni che hai un papà carabiniere. E dopo queste morte, quelli di Batasuna che cosa fanno? niente, solo dicono che se la bambina è morta la colpa non è di ETA (e non è questo puro sarcasmo fascista?)È solo -e questo non lo dite mai- che la principale difficoltà per l'indipendenza totale del Paese Basco (che è già indipendente al 60/70%...)sono gli stessi abitanti baschi che votano solo 7% Batasuna. E che almeno la metà della popolazione si sente spagnola.

DICI
"gli stessi fascisti che si sono sempre ben guardati dal dissociarsi dal franchismo (anzi l'attuale ministro spagnolo Fraga Iribarne era ministro anche con Franco), dagli squadroni della morte organizzati dalla "democratica" Spagna del PSOE, dalla tortura praticata dalla Guardi Civil e dalle altre polizie al servizio dello Stato spagnolo"

RISPONDO
vedi che non sei informato: Fraga Iribarne non è MAI stato ministro della democrazia spagnola.
È vero che ci sono stati degli squadroni della morte negli anni ottanta (organizzati dai socialisti...) ma i principali responsabili sono ANCORA in prigione, da molti anni. E gli spagnoli siamo orgogliosi che la Giustizia non chiuda gli occhi neanche in quei casi.
Sulla famosa tortura praticata dalla Guardia Civil non ne ho idea. Immagino che tu ne sarai molto meglio informato. A meno che non sia informazione dell'Eta, che ordina (documentato) ai detenuti del'Eta di dire sempre che sono stati torturati.

DICI:
"mettono fuori legge una formazione politica che rappresenta almeno il 10% di un popolo"

RISPONDO:
tu non metteresti, se potessi, fuori legge la pena di morte negli Stati Uniti? o l'uso del burkha in Afganistan? O l'ablazione del clitoride in certi villaggi africani? Forse no, perché sei troppo fissato con l'idea che il 10% dei votanti non si possono mai sbagliare... E se il 10% dei votanti di un certo posto appoggiasse l'uccisione degli extracomunitari, tu lo accetteresti?

DICI:
"che da decenni chiede, in definitiva, di poter decidere liberamente se essere spagnolo, francese o basco"

RISPONDO:
Ma pezzo di ignorante!!! Quante elezioni LIBERE pensi che ci siano state nei Paesi Baschi fin dal 1977??? Almeno una quindicina!! (generali, autonomiche, comunali)Ti sembrano poche?? O l'opinione della maggioranza per te non conta mai??!! Naturalmente che in Spagna si può decidere di dove sei, e i baschi -che si sappia- hanno liberamente partecipato dentro il sistema democratico spagnolo. E ogni volta che hanno votato con il voto hanno aderito a un'ideologia (e Batasuna l'ultima volta ha preso il 7% dei voti. Penso che siano pochi per poter considerare che per bocca di Batasuna parla il popolo basco..., o no?).

DICI:
"solo perchè questa formazione non condanna esplicitamente l'attività di un gruppo armato"

RISPONDO:
E ti sembra una ragione piccola? Ma a che cazzo stiamo giocando? La democrazia funziona così: ognuno cerca di convincere gli altri e poi ottiene rappresentazione a partire dai voti ottenuti. E non funziona così: visto che mi mancano i voti uccido quelli che non la pensano come me.

DICI:
"dentro la stessa Batasuna moltissimi sono critici con ETA, ma conservano il rispetto per chi si gioca la vita lottando"

RISPONDO:
Amico mio (è ironico...) chiaramente non hai la pur minima idea di CHI SI GIOCA LA VITA ogni giorno in quell'angolo dell'Europa. Te lo dico io: tutti quelli che non votano i nazisti e sterminatori di Batasuna (consiglieri, vigili urbani, poliziotti nazionali, poliziotti del governo basco, imprenditori che non pagano -anche qualcuno nazionalista basco-, bambini che giocano per la strada, socialisti, liberali, operai all'uscita della fabbrica, gente comunissima che fa la spesa in un grande magazzino ecc.. ecc..) Loro, come vigliacchi mettono la bomba e la fanno scoppiare quando passa la preda. Se accompagnato da moglie, figli, scorta, passanti ecc non conta (mai visto come agisce la mafia in Italia?)

Spero solo che camminando un giorno per i Paesi Baschi non capiti proprio a te di diventare una vittima di quelli che rinunciano alla parola e vogliono solo lo sterminio degli avversari indifesi e disarmati.
E adesso dimmi se non sei un vero fascista...


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victor = ignorante al quadrato
by xxx Thursday, Aug. 29, 2002 at 10:36 PM mail:

1. col cavolo che nello Stato spagnolo si può dire quel che si vuole: informati sui mezzi di comunicazione che il tuo eroe Garzon ha chiuso manu militari, sul direttore di un programma della tv pubblica (scusa, ma non ricordo in questo momento di quale canale e quale testata)cacciato per aver fatto un'intervista ad un dirigente basco, sui ragazzi fermati per strada solo per la maglietta che indossano, sul reato di "esaltazione o giustificazione del terrorismo" o su quello di "minaccia terrorista" allegramente applicato dai giudici spagnoli, sulla persecuzione a cui è stato sottoposto il giornalista Pepe Rei eccetera eccetera.

Garzon non ha dimostrato un fico secco, tant'è che finora i suoi tentativi di accusare i dirigenti della Sinistra indipendentista basca si sono risolti in clamorosi flop (ricordi l'arresto in massa della Mesa Nacional di Herri Batasuna? mesi e mesi di galera per poi essere rimessi in libertà senza accuse!!! Anche in questo caso non è stato in grado di accusare nessuno di alcun reato ed il suo documento è solo un'accozzaglia di supposizioni non dimostrate e di teoremi fantasiosi. Infatti hanno dovuto inventarsi una legge apposita, fatta su misura per Batasuna per metterla fuori legge. Alla faccia della separatezza dei poteri dello Stato.
Ho già tentato di farti capire (ma non puoi o non vuoi) che il punto è proprio che Batasuna NON è ETA e che se accusi di "appoggiare" devi argomentare, altrimenti sei come Garzon & c.
Posso anche dirti che, personalmente, non condivido l'utilizzo delle auto bomba, proprio perchè il rischio di coinvolgere innocenti è troppo elevato, tanto più che i tuoi amici sbirri spagnoli qualche volta fanno finta di non credere agli avvertimenti e succedono tragedie come quella di Hypercor, a Barcellona (ricordi?).
I consiglieri socialisti o popolari c'entrano eccome, visto che sono i loro partiti a guidare la repressione, a permettere (quando non incoraggiare) la tortura e tutte le altre porcherie commesse ai danni dei militanti baschi; questo non vuol dire che sia giusto accopparli.
Io non ho mai pensato di essere un'intellettuale, non so come ti salti in mente.
Batasuna ha pubblicamente espresso dolore per la morte della bambina; a me viene da pensare che se fossi un militante di ETA non terrei una figlia di 6 anni nel mio rifugio e se fossi un Guardia Civil non terrei mia figlia di 6 anni in caserma; la stessa associazione di categoria dei Guardia Civil chiede da tempo (invano) che i militari e le loro famiglie non siano più costretti a vivere nelle caserme, sapendo che queste sono obiettivo di ETA, ma forse i loro capi ritengono che gli scudi umani siano una buona difesa.
Visto che il problema principale per l'indipendenza del Paese Basco è che gli stessi Baschi non la vogliono, perchè ci si ostina a negare la possibilità di esprimersi in proposito con un referendum, possibilmente non truccato?

2. mi scuso per l'imprecisione: è vero che il camerata Fraga Iribarne non è ministro, è solo presidente della Galizia e militante del PP di Aznar ed eccoti in omaggio una sua dichiarazione, per la quale non risulta si sia mai scusato nè, tantomeno, che abbia cambiato idea: " Es evidente que el glorioso alzamiento popular del 18 de julio de 1936 fue uno de los más simpáticos movimientos político-sociales de que el mundo tiene memoria. Los observadores imparciales y el historiador objetivo han de reconocer que la mayor y la mejor parte del país fue la que se alzó, el 18 de julio, contra un Gobierno ilegal y corrompido, que preparaba la más siniestra de las revoluciones rojas desde el poder "
Pare che neppure gli altri amici suoi (e tuoi?) del PP abbiano mai avuto nulla da ridire in proposito, nè, tantomeno, si sono dissociati. E i fascisti sarebbero quelli di Batasuna?
Per quanto riguarda la tortura ti allego un paio di foto di ragazzia passati per le mani delle eroiche forze di sicurezza spagnole nei mesi scorsi, così, almeno un'idea, te la fai anche tu, povero innocentino. Bravo, hai imparato anche la lezione sui cattivoni che accusano ingiustamente i poveri poliziotti: hai lavorato a anche Bolzaneto o solo alla Diaz?

3. mettere fuori legge una legge (la pena di morte è una pena, mica un partito o un'organizzazione)? cosa stai farneticando? cosa c'entra il burkha o l'ablazione della clitoride? sono usanze, secondo me barbare ma non mi sembrano paragoni calzanti. Se proprio vuoi polemizzare almeno fallo seriamente. Secondo te l'uccisione degli extracomunitari è paragonabile al diritto all'autodeterminazione? Su, da bravo, puoi scrivere cose meno cretine, se ti impegni.

4. e anche su questo punto la tua ignoranza emerge bella come il sole: MAI i Baschi hanno accettato la Costituzione dello Stato spagnolo: è evidente che se conteggi i voti dell'intero Stato la minoranza basca risulterà sempre perdente, ma questo è il modo di intendere la democrazia per i furbacchioni come te, vero? Come far sedere un astemio ad un tavolo con dieci alcolisti e far votare su cosa si beve: la maggioranza vince. Ma va a cagare, va!

5. grazie per la lezione di democrazia, quella spagnola a me pare funsioni così: ognuno cerca di convincere gli altri e qualcuno, se non ci riesce, li mette fuori legge.

6. ribadisco: se parliamo di ETA è un conto, se parliamo di Batasuna è un'altra faccenda. Batasuna non mette bombe.

Spero che camminando un giorno per i Paesi Baschi o per qualsiasi altro Paese non mi capiti di incontrarti, e faresti bene a sperarlo anche tu, perchè non mi lascerei dare del fascista da un mentecatto par tuo.

Chiudo qui la polemica; non intendo risponderti ulteriormente, perchè ritengo che tu non abbia intenzione di discutere, ma solo di offendere: nazisti Batasuna, fascista il sottoscritto, sei nel giusto solo tu e quelli che la pensano come te. Proprio come i democratici alla Fraga Iribarne.

LE IMMAGINI SEGUONO CON UN PROSSIMO COMMENTO.

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tortura su militante basco
by xxx Thursday, Aug. 29, 2002 at 10:40 PM mail:

Traduzione dal quotidiano della Sinistra indipendentista GARA del 16.03.2002


TORTURA NELLO STATO SPAGNOLO: TESTIMONIANZA
Unai Romano si presenta con le prove delle torture subite sei mesi fa

Il Comitato Contro la Tortura del Paese Basco ha ieri reso pubbliche alcune fotografie scattate ad Unai Romano il secondo giorno dopo il suo arresto, prova inequivocabile delle torture subite mentre era nelle mani della Guardia Civil fra i giorni 6 e 7 settembre dello scorso anno. Alla conferenza stampa era presente lo stesso Romano, comparso in pubblico per la prima volta dopo essere stato rimesso in libertà, lo scorso 28 febbraio; impossibile riconoscerlo nell’immagine diffusa. Il giovane di Gasteiz ha raccontato l’esperienza subita e ha descritto i postumi delle sevizie, alcuni dei quali ancora visibili.
Mikel JAUREGI – DONOSTIA

Sei mesi dopo essere stato arrestato e «selvaggiamente torturato», come affermato dall’avvocato del Torturaren Aurkako Taldea (Comitato Contro la Tortura, n.d.t.) (TAT) Iñigo Elkoro, Unai Romano, residente a Gasteiz, si è presentato ieri davanti ai mezzi di comunicazione per raccontare quanto ha subito dalla Guardia Civil.

I giornalisti che hanno assistito alla conferenza stampa a Donostia hanno potuto osservare un’immagine insolita: una grande fotografia riportava un volto irriconoscibile, gonfio e pieno di lividi; accanto ad essa c’era Unai Romano: era difficile credere che si trattasse della stessa persona, se non fosse stato per il neo che spicca sul suo mento.

Benché, a prima vista, Romano abbia in gran parte recuperato la sua fisionomia, gli resta un evidente postumo: nella parte posteriore della testa, in alto, presenta un’erosione ossea che tarderà a guarire; ciò che da lontano sembra una calvizie, in realtà è l’evoluzione della ferita provocata dai colpi ricevuti «con bastoni foderati di gommapiuma o nastro isolante», che hanno provocato il vasto ematoma che gli ha coperto la testa, come egli stesso ha raccontato in una testimonianza raccolta nel rapporto del 2001 del TAT e riportato quasi integralmente da GARA nella sua edizione del 18 febbraio scorso.

La fotografia mostrata ieri dal TAT gli venne scattata al secondo giorno di detenzione, quando Romano venne inviato al carcere di Soto del Real, in stato di isolamento assoluto, per ordine del giudice della Audiencia Nacional (Tribunale speciale, n.d.t.) spagnola Guillermo Ruiz Polanco. «Questo è Unai, ma anche questo è Unai», ha detto Iñigo Elkoro, indicando prima lo stesso Unai e, poi, la fotografia; «Se qualcuno avesse dei dubbi, questa immagine li dissipa tutti».

Botte, scariche elettrice e «il sacchetto»

Romano, che si trova in libertà condizionale dallo scorso 27 febbraio, è tornato a raccontare ciò che ha vissuto dalle 10,30 del 6 settembre, ora nella quale, dopo averlo arrestato, la Guardia Civil lo portò via da casa per condurlo a Madrid, è le 10,00 del giorno 7, momento in cui il medico legale giunse in caserma per esaminarlo ed immediatamente pretese il suo trasferimento in un centro ospedaliero.

L’irruzione nella residenza di famiglia è avvenuta verso le 04,00 e, dopo una perquisizione durata più di sei ore, lo hanno condotto in locali della Polizia a Madrid. Come dichiarato nella testimonianza raccolta dal TAT, , dal primo momento gli agenti che hanno partecipato agli interrogatori gli chiedevano di collaborare «mentre mi colpivano sulla testa. Chiedevano se conosco tizio, se conosco Caio, se avessi piazzato delle auto – bomba, se avessi sparato a qualcuno… Io nego assolutamente, appena nego, mi colpiscono tre o quattro volte con bastoni i foderati, poi ripetono le domande».

Sottolinea che questa pratica è stata una costante per ore: «Quando sono “fuso”, si fermano e mi fanno domande sugli amici, la famiglia, il lavoro, la politica… Quando mi tranquillizzo un po’ e dopo avermi dato dell’acqua, che mi fa riprendere bene, non so se fosse drogata o qualcosa del genere, cominciano di nuovo con gli interrogatori». Tutto ciò indossando una maschera che nascondeva i loro occhi oppure un passamontagna. «Gli interrogatori sono sempre più duri e arrivano a mettermi persino tre passamontagna; credo fosse per ammortizzare i colpi».

Nel testo diffuso da TAT il giovane ricorda anche di essere stato sottoposto alla pratica del “sacchetto” (si infila un sacchetto sul capo del detenuto, fino a raggiungere il limite l’asfissia, n.d.t.), di essere stato costretto ad eseguire continuamente flessioni e che gli sono stati applicati elettrodi ai genitali ed alle orecchie.

«Quando il medico legale mi ha visto per la prima volta, le ho raccontato delle botte; mi ha risposto che non avevo segni evidenti. Poi, sono proseguiti gli interrogatori», ha detto ieri, dopo di che ha spiegato che le botte, dopo quella visita, «sono stati sempre più forti e selvagge». La testimonianza precisa che «Mi arrivano colpi da ogni parte, inframezzati alle domande; sono sempre più aggressivi e le legnate sono da campionato; non so neppure che ora sia…».

«Mi dicono che sono l’unico “figlio di puttana” che non ha parlato e che se non gli dico nulla finisco come quel tal Lasa (militante basco torturato e fatto sparire, n.d.t.). Uno di loro mi dice di dire qualsiasi cosa, di inventarmela; gli dico che non ho fatto nulle, diventa isterico e mi dice che a partire da quel momento lo pregherò di ammazzarmi. Mi colpiscono ancora più forte». È allora che, secondo il racconto, iniziano a minacciarlo di arrestare i suoi cari, fino a dirgli che sua madre è morta «mentre le facevano “l’ascensore” (si cala il prigioniero ripetutamente in acqua fino al limite dell’annegamento, n.d.t.) nella diga di Vitoria. Mi portano in cella e mi lasciano lì un’ora; la mia situazione è brutale, mi si gonfia la testa e non ci vedo più, la testa mi brucia, mi sembra che stia per scoppiare, la storia di mia madre mi rende isterico. Decido di autolesionarmi mordendomi i polsi»

Quando si accorgono delle ferite ai polsi, i Guardias Civiles lo riportano dal medico legale; «Spaventata, mi chiede cosa mi hanno fatto; sono le 10,00 del 7 settembre; chiede con urgenza una macchina e andiamo all’ospedale».

All’Ospedale Universitario San Carlos di Madrid è stato sottoposto a numerosi esami, soprattutto per controllare se avesse fratture craniche; «Mi dissero che avevo un edema ed una contrattura muscolare al collo; mi misero un collare», precisa nel racconto.

Dall’ospedale fu condotto in locali della Polizia, dove rimase accompagnato dal medico legale. «A un certo punto, mi lascia solo per due ore; durante questo tempo ho due Guardias Civiles fuori dalla stanza, che mi guardano e ridono continuamente dell’aspetto del mio viso, mentre mi dicono che sono un porco, un mostro e altre cretinate del genere», racconta.

Da lì, fu portato alla prigione di Soto del Real, dove entra in stato di isolamento assoluto nel reparto infermeria.

È il giorno 9, quando inizia a vedere qualcosa. Alle domande dei giornalisti, Romano afferma che «non posso spiegare ciò che ho provato» iniziando a recuperare la vista e vedendo il suo volto. «Mi è sembrata una bestialità». La descrive nella sua testimonianza: «Ho il contorno degli occhi annerito, gli occhi sono insanguinati, la faccia è gonfia e scura, il collo e le spalle sono neri fino al petto per i lividi ». I sanitari hanno dovuto somministrargli forti calmanti per sopportare il dolore.

Dopo essere stato visitato, il giorno 10, da un medico legale che ha preso nota del suo stato, hanno permesso che si presentasse davanti al giudice Ruiz Polanco il giorno seguente. Ieri ha raccontato ciò che è avvenuto all’Audiencia Nacional: «Quando mi hanno portato davanti al giudice, mi hanno coperto la testa con un golf, affinché nessuno potesse vedermi; hanno sgomberato l’intero piano. Gli ho detto delle torture, ma poco dopo mi ha interrotto dicendomi che da molti hanni lavora con la Guardia Civil, che in molti dicono di subire torture e che non mi credeva. Inoltre, mi disse che quello non era il luogo per presentare una denuncia e di rivolgermi ad un altro tribunale. Mi riportarono nelle celle, senza darmi la possibilità di vedere un avvocato o i miei famigliari; mi rimisero il golf perché nessuno mi vedesse e mi portarono in prigione».

Quel giorno, Romano si presentò con il viso gonfio, gli occhi neri e il collare; «L’avvocatessa d’ufficio non smetteva di guardarmi; non le hanno dato nessuna importanza», ha affermato.




































Il Guardia Civil che ha controllato l’arresto non ha riconosciuto Romano nella fotografia

* Due agenti dell’istituto armato hanno testimoniato in qualità di imputati presso il tribunale di Madrid

I due Guardias Civiles incaricati di controllare l’arresto di Unai Romano hanno testimoniato in qualità di imputati per le denunce di torture ad Unai Romano sporte presso il tribunale di Madrid. Quando il magistrato ha mostrato ad uno di loro l’immagine diffusa dallo stesso Romano, l’imputato ha affermato di non riconoscere il giovane che aveva arrestato nel capoluogo di Araba il 6 settembre. Anche due detenuti del carcere di Soto del Real hanno testimoniato.
F. FERNANDEZ – DONOSTIA

Il Tribunale di Istruzione n. 25 di Madrid è incaricato di istruire il procedimento abbreviato nel quale si indaga sul trattamento ricevuto da Unai Romano durante il periodo nel quale è rimasto in stato di isolamento assoluto nelle mani della Guardia Civil.

Lo scorso 21 gennaio, il giudice Valentín Sanz Altozano ha ascoltato, in qualità di imputati, due Guardias Civiles: quelli che hanno svolto i ruoli di istruttore e segretario durante l’arresto di Romano.

Teoricamente, l’istruttore della Guardia Civil è colui che deve salvaguardare i diritti del detenuto fino a quando non venga posto a disposizione del tribunale. Dopo essere stato interrogato, questi ha detto al giudice che i cittadini baschi arrestati per «terrorismo» sono soliti denunciare torture «per screditare le Forze di Sicurezza», secondo quanto ha potuto sapere GARA.

A fronte di questa affermazione, il giudice ha mostrato al Guardia Civil la fotografia scattata a Romano il 7 settembre e gli ha chiesto se sapesse chi è quella persona e se credesse che si trattasse di autolesionismo. L’agente, che ha dichiarato di aver visto il giovane durante i primi momenti della detenzione, a Gasteiz, non ha riconosciuto Romano nell’immagine.

Negli stessi termini si è espresso l’altro Guardia Civil, pertanto il giudice ha deciso di chiedere alla Direzione Generale della Guardia Civil di identificare i responsabili di turno alle celle della casema di Madrid, nella quale Romano è rimasto fra il 6 ed il 7 settembre.

Questo è il «primo grosso ostacolo» che, secondo gli avvocati, affronta l’accusa per definire le imputazioni.

Quelle di cui sopra non sono state le uniche testimonianze raccolte dal titolare del tribunale ordinario di Madrid; il 29 gennaio si sono presentati, come testimoni, i due detenuti colombiani che si trovavano, in qualità di assistenti, nell’infermeria della prigione di Soto del Real.

Lo stesso giorno ha testimoniato il medico legale dell’Audiencia Nacional Leonor Ladrón de Guevara, la volontaria che si è accorta della gravità dello stato in cui versava Romano quando lo visitò per la seconda volta.

Tre denunce per un caso

La prima denuncia per torture è stata presentata presso un tribunale di istruzione di Gasteiz da Iker Urbina, l’avvocato designato dalla famiglia Romano – Igartua, che ha deciso di prendere questa iniziativa appena preso atto dello stato nel quale si trovava il giovane quando ha potuto incontrarlo, l’11 settembre, cinque giorni dopo che era stato arrestato nel suo domicilio del capoluogo di Araba.

Un giorno dopo, lo stesso passo è stato compiuto, presso il Tribunale di Donostia, da Iñigo Elkoro e Juan Carlos Ioldi, avvocati del Comitato Contro la Tortura, dopo aver visto l’«aspetto penoso» di Romano, secondo quanto ricordano.

Aqueste indagini, che sono passate al Tribunale di Istruzione n. 25 di Madrid, si somma la conferma della stessa vittima, che ha confermato il racconto che non ha potuto fare davanti a Guillermo Ruiz Polanco, titolare del Tribunale Centrale di Istruzione n. 1 dell’Audiencia Nacional.

D’altra parte, durante la conferenza stampa rilasciata ieri, a Donostia, da Unai Romano, il TAT ha ricordato che queste immagini hanno lo stesso valore di quelle presentate da questo collettivo nell’ottobre 2001, con i segni degli elettrodi sul corpo della giovane di Irun Iratxe Sorzabal. Anche quelle immagini furono ottenute da un medico legale.

In questo contesto, Iñigo Elkoro, ha affermato che «a parte alcuni mezzi di informazione, a mala pena si è avuta notizia di queste prove; peggio, sono state occultate». Per questo, ha espresso la sua speranza che questa volta non si ripeta la stessa situazione. L’avvocato, ha sottolineato l’importanza del fatto che «la società basca sappia cosa accade quando un cittadino è arrestato e torturato».































Ruiz Polanco conosceva i rapporti medici
F. F. – DONOSTIA

Il giudice Guillermo Ruiz Polanco vide Unai Romano l’11 settembre, in uno stato ancora molto simile a quello mostrato dalle fotografie realizzate dal medico legale, ma non ha voluto tenere conto della denuncia di torture. Il titolare del Tribunale di Istruzione n. 1 aveva in precedenza ricevuto diversi rapporti medici, secondo quanto risulta dalle stesse pratiche giunte al suo ufficio.

Con data 7 settembre sono arrivati due rapporti del medico legale Leonor Ladrón de Guevara; nel primo, la dottoressa segnala che, quando visita Romano alle 18,45 del giorno 6, nei locali della Direzione Generale della Guardia Civil, il giovane «afferma che “mi hanno dato botte in testa e questa si è come gonfiata», anche se indica che «si lascia visitare e non si ravvisano segni di violenza recenti». Nel secondo, dopo averlo visitato alle 9,45 del giorno 7, la dottoressa informa che Romano presenta «ematoma agli occhi, di colore nerastro con esteso edema alle palpebre; edema ed infiammazione a livello frontale, degli zigomi e al naso; ecchimosi retroarticolare bilaterale di colorazione scura molto lieve; ferita lacerocontusa ad entrambi i polsi, con impronte di denti ». come conclusione, afferma che queste lesioni «sono tutte recenti, risalendo a circa 4 – 8 ore prima», specificando che lo stesso detenuto le ha detto di essersi autolesionato i polsi e che il resto delle lesioni «sono dovute alle botte ricevute la notte precedente». Inoltre, il giudice ha ricevuto quattro rapporti dall’infermeria di Soto nei giorni 8, 9 e 10, ed un ulteriore rapporto del medico legale il giorno 10.






























TAT: «Perché le denunce non hanno seguito?»

F. F. – DONOSTIA

Durante lo scorso anno quasi cento cittadini baschi hanno fatto sapere di essere stati torturati dalle Forze e Corpi di Sicurezza dello Stato, come riportato nel rapporto recentemente presentato dal Comitato Contro la Tortura (TAT).

Nella conferenza stampa di ieri, ad Iñigo Elkoro è stato chiesto dai giornalisti della situazione giudiziaria di questi casi; come ha spiegato l’avvocato, le denunce presentate ai tribunali dello Stato spagnolo sono state cinquanta e, di queste, una ventina sono già state provvisoriamente archiviate. Le rimanenti si trovano a diversi stadi del procedimento di istruzione che potrà concludersi «nel giro di cinque, otto o venti anni». Ha, comunque, sottolineato che, nel caso di Unai Romano, si sta procedendo in modo eccezionalmente rapido.

Eccezionale, come ha ricordato Elkoro, è anche che in questa occasione, come avvenne per Iratxe Sorzabal, esista del materiale fotografico che può essere presentato dall’accusa come prova, sempre che la denuncia proceda e si arrivi ad identificare gli agenti responsabili delle torture. «Nella maggior parte dei casi, si scontrano solo la testimonianza del detenuto con quella dei poliziotti, ed il giudice istruttore ritiene sempre di non avere motivi per dubitare della versione della polizia», si è lamentato l’avvocato.

«I segno spariscono»

gli avvocati che patrocinano le persone che hanno denunciato torture, sanno anche che le difficoltà per ottenere che i casi arrivino in giudizio si accumulano; «Perché le denunce non hanno seguito?» si è chiesto Iñigo Elkoro, affermando che i giudici si attengono alla «mancanza di prove».

Per rispondere più esplicitamente a questa domanda, ha sottolineato che «i segni spariscono durante il periodo di isolamento assoluto», che i medici legali dell’Audiencia Nacional non rispettano i protocolli internazionali per la prevenzione della tortura e che, fondamentalmente, «ci sono giudici che non indagano sulle denunce».

In questo contesto, Elkoro ha fatto riferimento al dibattito che, in quegli stessi momenti, si svolgeva nel Parlamento di Gasteiz, dove Eusko Alkartasuna (partito nazionalista moderato, n.d.t.) aveva presentato una mozione nella quale propone gli stessi punti che il TAT considera necessari per sradicare il fenomeno della tortura, fra i quali l’abolizione della «legge antiterrorista» e la chiusura dell’Audiencia Nacional. «Vedremo cosa succede», ha detto, con un certo scetticismo.













Una foto che ritrae lo Stato spagnolo

Mentre nel Parlamento di Gasteiz il portavoce del Partito Socialista, Javier Rojo e quello del Partido Popular, Antonio Salazar, negavano la pratica della tortura ed affermavano che sostenere il contrario vuol dire, fra l’altro, dare per assodato che i giudici delinquono perché vedono i segni dei maltrattamenti e non agiscono di conseguenza, che anche i medici legali sono complici e che gli avvocati d’ufficio non compiono il loro dovere, a Donostia, Unai Romano dava conto delle sofferenze subite durante la sua detenzione, di come il giudice non gli abbia creduto, lo abbiano rinchiuso in isolamento assoluto e del fatto che il medico legale lo abbia aiutato. Si potrebbe credere ai portavoce di PSE e PP o al detenuto. Potrebbe essere uno di quei casi nei quali la parola degli uni è contraria a quella dell’altro e si potrebbe sempre sostenere che, come ancora una volta abbiamo sentito in Parlamento, che «i terroristi hanno l’ordine di denunciare torture per screditare la Polizia». Ma questa volta c’è una fotografia. Una fotografia che mostra lo stato di Unai Romano nei giorni in cui è entrato in prigione. Una fotografia raccapricciante. Una fotografia che ritrae gli agenti che torturano, i giudici che guardano dall’altra parte, i politici che chiudono gli occhi ed i mezzi di comunicazione che tacciono le denunce. Una fotografia che ritrae uno Stato che non è che consenta la tortura, ma che fa di essa una delle sue armi nella lotta contro l’indipendentismo basco.

Si potrà sostenere che i casi di Iratxe Sorzabal e Unai Romano sono eccezionali. Ed è vero. Perché è eccezionale disporre di prove del trattamento che molti detenuti subiscono durante il periodo di isolamento assoluto. Si potrà anche dire che l’apertura di indagini giudiziarie in questo caso dimostra che lo Stato di Diritto funziona. Non è vero. Ciò che lo Stato fa è agire in quei casi non ha altra possibilità perché è stato scoperto. E poi, se al termine di un lungo processo, nel quale i responsabili della Polizia, lungi dal collaborare, porranno tutti gli ostacoli possibili, si finisce per ottenere qualche condanna, il Consiglio dei Ministri si incaricherà degli indulti, come è già accaduto in passato.

La fotografia di Unai Romao e la sua testimonianza costituiscono la prova a carico di coloro che fanno della tortura uno strumento politico ed una frustata alla coscienza di coloro che sono incapaci di appoggiare provvedimenti concreti per rendere difficile la pratica della tortura.

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FOTO 1
by xxx Thursday, Aug. 29, 2002 at 10:42 PM mail:

FOTO 1...
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Unai Romano

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FOTO 2
by xxx Thursday, Aug. 29, 2002 at 10:43 PM mail:

FOTO 2...
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Unai Romano 2

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FOTO 3
by xxx Thursday, Aug. 29, 2002 at 10:44 PM mail:

FOTO 3...
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Unai Romano 3

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Iratxe Sorzabal
by xxx Thursday, Aug. 29, 2002 at 10:48 PM mail:

Iratxe Sorzabal...
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Torturata con la corrente elettrica

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La verità
by victor Friday, Aug. 30, 2002 at 11:57 AM mail:

Ecco, bravo, xxx.
Io sono un cittadino basco, nato in Euskalherria, con otto cognomi baschi, ed abitante di un paesino che ha visto MORIRE AMMAZZATO ben due consiglieri comunali. Perché sono morti? Erano lavoratori normalissimi ed avevano un ideologia politica normalissima in Europa e nel mondo. I tuoi amici di batasuna, consiglieri e compagni loro di lavoro, non hanno voluto aprire bocca per solo dire "vogliamo l'indipendenza ma capiamo che non la vogliamo ammazzando la gente ma convincendo con la parola i nostri concittadini". Era facile, no? E invece sono stati zitti come vigliacchi, come sostenitori magari degli squadroni baschi della morte?
XXX, ti prego, rispondimi a questo: se ETA, invece di ammazzare gente violentasse bambine di dodici anni, per te sarebbero più cattivi, meno cattivi o altrettanto cattivi?
Per me sarebbero altrettanto cattivi (logico, no?)
E se un giorno violentassero la figlia di un consigliere comunale e i rappresentanti di un partito chiamato Batasuna non condannasse i fatti? E se tra i consiglieri ci fossero ex-violentatori? E se si scoprisse ogni giorno (ma tu non leggi i giornali...) che tanti consiglieri di Batasuna sono violentatori in attivo, o che appoggiano economicamente il gruppo organizzato di violentatori? Tu, di che altro avresti bisogno per proporre la proibizione di appartenere a un partito chiamato Batasuna?
Senti (e te lo dico molto sul serio), io, e molti come me, nel mio paese non possiamo parlare a voce alta nei bar, loro invece certo che possono, i fascisti di batasuna, e non cambia niente che uno abbia scontato alcuni anni di prigione negli anni sessanta per essermi opposto a Franco, a loro (e li conosco bene e la maggior parte sono figli di papá vestiti apposta male)non gliene frega niente l'ideologia politica della gente perché sono NAZIONALISTI. Lo sai che cos'è il nazionalismo? Significa che preferisci stare perfino con gli idioti che ti circondano invece di stare con gli operai che vivono cento chilometri più in là.
Senti XXX, forse tu non lo sai -non so quanti anni tu abbia- ma non c'è niente di più lontano dal internazionalismo di sinistra del nazionalismo. Un nazionalista di sinistra è l'assurdo più assurdo, perché quelli di Batasuna rinunciano alla lotta operaia dei poveri lavoratori che abitano fuori da un certo limite geografico, e invece si appoggiano (lo sai, no?) al partito della destra basca (PNV).
Io sono basco-basco e mi sento spagnolo-spagnolo. Perché mangio le stesse cose di uno di Málaga, parlo la stessa lingua (anche la basca, si capisce), ascolto le stesse canzoni, ho studiato a scuola le stesse cose, discutiamo degli stessi problemi sociali, giochiamo lo stesso calcio, vediamo la stessa televisione. Detto questo, con che diritto dovrei dire che sono diverso da uno che abita cento kilometri a sud? Invece, cento kilometri a nord, in Francia, cambia tutto. È evidente, no?
Ma ditemi un po', voi che siete di partiti contro l'imperialismo, come vedete che io non possa gridare nel mio paese qual'è la mia ideologia politica (molto di sinistra e internazionalista nel senso "un mondo senza frontiere", si capisce)? No, XXX, perché quelli di Batasuna sono RAZZISTI, e non gliene fregano niente le idee dentro il cervello. Vogliono il sangue basco e basta.
E io sono basco e questo atteggiamento di RAZZA mi fa schifo. Un po' mi darai la ragione, no?
E non ti dimenticare chi sono gli oppressi e gli oppressori in Euskalherria.
Viva un mondo senza frontiere (anche mentali)

(perché quelli di batasuna si lamentano dei 500 carcerati lontani dalle famiglie, e non dice niente sugli 870 MORTI (contro una ventina di loro in trenta anni)che le famiglie non possono più visitare?)
Mi fanno pena.

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batasuna violentatori!?!
by xxx Friday, Aug. 30, 2002 at 4:39 PM mail:

I consiglieri di Batasuna sono dei violentatori, i comunisti mangiano i bambini e nelle fogne di New York ci sono i coccodrilli bianchi. Ma fammi il piacere...

Povero ciccino, non puoi parlare ad alta voce nei bar di Euskal Herria? Certo che se vai a provocare nel posto sbagliato ti becchi il fatto tuo, come succederebbe a qualsiasi fascista nel bar di un centro sociale (è solo un esempio). Prova un po' (solo per scherzo, eh?) a parlare ad alta voce in un bar di Madrid, e a farlo in euskera: indipendentemente da quello che dici, vedrai come ti diverti.

Per valutare l'internazionalismo dei compagni di Batasuna basterebbe informarsi presso i movimenti dell'America Latina, in Palestina, Kurdistan, o presso i movimenti di liberazione nazionale d'Europa e del mondo intero: ovunque ci sia una lotta in corso, prima o poi qualche batasuno lo trovi. Di sicuro non ne trovi ai raduni leghisti o dei nazionalisti fascisti.

Quella di razzismo, poi, è un'accusa veramente incredibile: vatti a vedere in qualsiasi istituzione di Euskal Herria chi difende gli immigrati o i Gitani (per non parlare dei municipi dove Batasuna governa) e poi prova ancora a parlare di razzismo o di stronzate di sangue. Hai un'idea di quanti immigrati dal resto dello Stato spagnolo, o loro figli, fanno parte del MLNV?

Non sono d'accordo, ma rispetto chi argomenta seriamente contro la Sinistra indipendentista, contro l'indipendenza di Euskal Herria; disprezzo profondamente, invece, chi lancia accuse infondate ed infami e chi nega il diritto all'autodeterminazione, alla libera decisione di un popolo.

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non ho parole
by lallo Friday, Aug. 30, 2002 at 5:16 PM mail:

combattete contro tutti i governi fascisti ,che siano italiano,spagnolo,ecc... anche a costo di quello che abbbiamo visto in queste foto.viva il pueblo basco

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sardinia euskadi
by orri Friday, Aug. 30, 2002 at 5:26 PM mail:

http://web.tiscali.it/sardignanatzione/index.htm

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ancora
by victor Friday, Aug. 30, 2002 at 6:14 PM mail:

DICI DA VERO NAZI-FASCISTA:
"Certo che se vai a provocare nel posto sbagliato ti becchi il fatto tuo"

Definizione di Democrazia di XXX: se sei nato in quel posto chiamato Hispania dagli antichi Romani non si può dire ad alta voce che sei spagnolo perché quello è PROVOCARE!!!! Ma che sei leghista, XXX, che non sono italiani ma padani???
Senti, idiota (come vedi ti insulto, ma non ti uccido come sostengono i tuoi amici, è una gran bella differenza, no?) io pensavo che questo fosse un forum dove venissero rispettate certe regole ideologiche minime, per esempio: NON NEGARE I FATTI ASSOLUTAMENTE ACCERTATI. Sappi che da noi è saputo e risaputo che non c'è gente più schiettamente RAZZISTA dei nazionalisti radicali baschi dal cervello medioevale. Sono loro (e molto spesso) a parlare e scrivere sempre di razze, e delle misure del cranio, e di RH del sangue e di QUELLE SCHIFEZZE NAZISTE. O perché pensi che noi qui li chiamiamo razzisti. Non per semplice insulto, ma perché è vero. Immagino che queste cose non te le hanno spiegate quando sei venuto da noi. Oh, se mi trovi un solo documento del mondo socialista, comunista, anarchista in cui si parli dell'importanza della razza per organizzare una società allora sto zitto...
O anche tu sei un figlio di papà? Lo dico perché qui, in Euskalherria, gli operai votano in massa ALTRI partiti diversi da Batasuna. E i dirigenti di questo fatto se ne fregano. O credi che si occupino di faccende sindacali serie. Almeno non di quelle che succedono oltre quel fiume, oltre quella montagna, oltre quel mare. Perché loro si interessano solo al fatto del sangue basco. Ecco: sono razzisti. E se continuerai a giustificare le loro idiozie razziste anche tu un giorno lo sarai.
(e quello che dici della solidarietà batasuna con i gitani ecc... non sai quanto mi possa far ridere...che poco fa hanno proposto (giuro) un censimento nei Paesi Baschi per separare i baschi-baschi (ci sarei pure io, guarda un po'...) da tutti gli altri (ci saresti pure te, guarda un po'...) per avere in futuro MENO DIRITTI CIVILI!!!!
Se credi che sto esagerando o mentendo, devi solo informarti un po'.
Vedi, il mondo del nazionalismo tipo razzista è un mondo pieno di miti. Può darsi che tu abbia avuto a che fare con dei ragazzi che si illudono che sono di sinistra, ma col cazzo che lo sono se se ne fregano del mondo del lavoro e dei problemi sociali al di fuori del proprio micromondo.
Ora qualche domanda costruttiva.
Noi baschi siamo piuttosto ricchi, abbiamo un governo e un parlamento con un'autonomia superiore ad ogni autonomia conosciuta al mondo, e ne siamo fieri. Qui si può parlare euskara quando e dove si vuole (io l'ho parlato a Madrid liberamente, o che pensi, che a Madrid non sanno che LA METÀ della popolazione basca NON vota nazionalista??), e allora? tu mi sai dire CHE CAZZO vuole Batasuna? Vuole sottoporci tutti ad un lavaggio del cervello? E se noi siamo felici facendo parte dello stato spagnolo, che cosa dovremmo fare secondo te? E poi, io ho imparato da piccolo due lingue, Franco da fascista non ci faceva parlare l'euskara e i Batasuni da fascisti vorrebbero non farmi parlare castigliano. Non lo vedi? Fascisti tutti.
Per la prossima xxx (cerchiamo di essere costruttivi) ti proporrei che mi facessi qualche riflessione sulla possibilità di essere nazionalista e di sinistra allo stesso tempo (e ti ricordo che nazionalista è uguale a costruire muri )

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questa è la mia ultima risposta a victor
by xxx Friday, Aug. 30, 2002 at 9:36 PM mail:

Innanzitutto, mi scuso con tutti i compagni per lo spazio utilizzato in questa polemica, ma spero che per qualcuno possa essere interessante.


Avevo già detto che non avrei più risposto, ma è difficile tacere di fronte alle provocazioni ed alle falsità.

Bello mio, finchè insulti (nascosto dall'anonimato di una tastiera) me non ci sono problemi; di persona potrebbe andarti meno bene.

Mi permetto, provocatoriamente, di complimentarmi per il tuo italiano, veramente ottimo per un Basco; chissà se il tuo euskera è altrettanto buono... Mi piacerebbe farti un esamino o avere la prova che sei di quello che dici di essere.

Parli di FATTI ASSOLUTAMENTE ACCERTATI e subito dopo passi al "saputo e risaputo": mah? a me pare che ci sia una bella differenza fra "assolutamente accertato" e "saputo e risaputo".

Ti dispiacerebbe citare un documento, un testo, un link nel quale si trovi qualcosa di quello che dici? Per esempio qualche documento di Batasuna che possa essere tacciato di razzismo.

I lavoratori di Euskal Herria, a quel che risulta, sono in grande maggioranza iscritti a sindacati baschi (LAB ed ELA, principalmente, poi ci sono un sacco di altre sigle di categoria), ma forse sono tutti "figli di papà", nazisti, idioti, come dici tu.

Insisti con la cretinata del sangue basco: è strano che un Basco (come tu sostieni essere) non sappia nemmeno che la parola "Basco" in euskera nemmeno esiste, ma che i Baschi non si definiscono tali nè per sangue, nè per suolo, ma solo in funzione della loro lingua; infatti la definizione di Basco si traduce con "euskaldun" ("che parla la lingua basca"), in alternativa ad "erdaldun" ("che parla un'altra lingua"); è dunque sufficiente imparare l'euskera per essere considerato basco a tutti gli effetti. Mica male per dei truci razzisti eh? Alla faccia del razzismo!!!

Cosa ci sia da ridere rispetto alla politica sociale delle amministrazioni di Batasuna rispetto all'integrazione di migranti e minoranze culturali (per es. i gitani) non l'hai spiegato. Forse perchè non ne sai nulla.

Censimento? Non ne ho sentito parlare, ma può essere che mi sia sfuggito: potresti essere un po' più preciso? Chi, quando e dove ha proposto questo censimento per discriminare i non baschi? Mi viene il sospetto che tu stia strumentalizzando qualcosa; potrebbe essere che, ragionando su un (mooooolto) ipotetico referendum di autodeterminazione, qualcuno abbia previsto una furbata degli spagnolisti tipo quelle che, parzialmente, vengono già messe in pratica ad ogni tornata elettorale. E' un simpatico trucchetto che consiste nell'assegnare la residenza in una località di Euskal Herria ad un certo numero di funzionari statali di provata fede, poliziotti, Guardia Civil, militari e simili poco prima delle votazioni (ma in tempo utile per rispettare la legge) in modo che i risultati siano quelli più utili alla Espana Una, Grande, Libre. Un po' come ha fatto il Marocco con la cosiddetta "Marcia Verde" nel territorio Saharawi. Noooo, poverino, questa non te l'aveveno mai spiegata? Chi l'avrebbe mai detto eh? Ma forse sono solo calunnie di quei birbanti della Sinistra indipendentista.

Si può parlare euskera quando e dove si vuole? Prova un po' a farlo quando ti rivolgi ad un poliziotto, ad un Guardia Civil, ad un militare, ad un medico non basco, alla grandissima maggioranza di impiegati o funzionari dello Stato spagnolo ai quali la burocrazia e le esigenze della vita quotidiana obbligano a rivolgersi, addirittura ad un Ertzaina in parecchi casi.

Se siete felici (siete chi?) di fare parte dello Stato spagnolo, dimostratelo, semplicemente, con un referendum non truccato (vedi sopra), o avete la coda di paglia?

Ecco di seguito qualche riflessione sulla possibilità di essere nazionalisti e di sinistra: è un po' lungo, ma non è un tema semplice.

AI FREQUENTATORI DI INDY: MI SCUSO ANCHE PER NON TRADURRE, SPERO CHE SIA ABBASTANZA COMPRENSIBILE.

Borrador del proyecto de construcción nacional y transformación social: Política social y económica

Indice

1.- Consecuencias de la política neoliberal y de la globalización - Realidad actual.

1.1.- Homogeneización/debilitamiento de la identidad y autonomía de los pueblos (realidades nacionales).

1.2.- Dualización social: influencia del sexo, edad e inmigración en la fractura social.Presupuestos progresistas como una vía de superación.

1.3.- Efectos sobre Euskal Herria.


2.- Un nuevo modelo de desarrollo. Desarrollo socialista, identitario e igualitario.

Principios básicos:

- Euskal Herria dueña de su destino.

- Alternativa integral.

- Un modelo de desarrollo socialista e identitario.

- Democracia participativa.

- Una organización institucional comprometida.

- Papel de los ayuntamientos y entes locales.


3.- Marco soberano y estrategias para el desarrollo en Euskal Herria.

- Espacio Socio-Economico Vasco.

- Marco Vasco de Relaciones Laborales.

- El reparto de la riqueza y del trabajo.

- Politicas de igualdad de oportunidades.

- Sector público fuerte, eficaz, honrado y transparente.

- Creación de organismos económicos y sociales nacionales.

- Control efectivo de los sectores básicos.

- Fomento de la economia social.

- Anticipación a los cambios.

- Sí a la Europa de los Pueblos.

- Equidad a nivel internacional.

- Viabilidad económica de la alternativa propuesta.


4.- Objetivos que debemos establecer en cada campo de actuación estratégica:

- Política social y laboral:

- Empleo: derecho al trabajo.

- Salud laboral.

- Protección social: el derecho a una vida digna.

- La responsabilización de las responsabilidades domésticas.

- El acceso al uso de una vivienda.

- Política presupuestaria: el ingreso y gasto público.

- Política financiera:

- Sistema financiero vasco.

- Cajas de Ahorro y Cooperativas de Crédito.

- Política del sector primario*.

- Política Industrial (I+D y formación).

- Política del sector servicios.

- Política comercial interior y exterior.

- Política de telecomunicaciones.


5.- Definición de la estrategia para conseguir los objetivos.

1.- Consecuencias de la política neoliberal y de la globalización- Realidad actual


La doctrina neoliberal pone especial énfasis en dos aspectos: 1) La libre competencia, la llamada desregulación de la economía; 2) el impulso de la iniciativa privada. Esto quiere decir que la economía debe regirse casi exclusivamente por las leyes del mercado, libre juego de la demanda y de la oferta, y que la Administración ha de intervenir lo menos posible en la regulación de la actividad económica. En la práctica esto es falso, ya que la intervención del estado neoliberal en los asuntos económicos, de una forma más o menos solapada, es muy intensa y la oferta actúa bajo el oligopolio de las multinacionales, con la consiguiente manipulación de los precios en un contexto en el que la demanda de productos básicos y vivienda es casi rígida.


La intervención del Estado tiene lugar, no sólo de forma directa (gasto público que oscila en los países industrializados en torno al 40-50% del producto interior bruto, infraestructuras, empresas públicas), sino también de forma indirecta mediante los poderosos instrumentos de la política económica, las subvenciones, las medidas de fomento a la exportación, la intervención en sectores horizontales (I+D, formación...) y la legislación laboral (desregulación y precarización del mercado de trabajo) entre otros.


Hoy se puede afirmar que la necesidad de la intervención estatal en una economía tan compleja como la actual, es transideológica, que no depende de las ideologías. El auténtico debate a nivel ideológico no es pues intervención sí- intervención no, sino a favor de quien se realiza esta intervención: a favor de las clases adineradas o de las clases populares. Esa es la verdadera cuestión. Lo demás son sólo fuegos de artificio en los que la cúpula del capitalismo protagoniza el papel, con gran regocijo por su parte, de defensor del mercado libre, cuando nada hay más lejos de la realidad.


Por otra parte, conviene no satanizar el mercado en el proceso económico. Habría que distinguir entre un mercado que en determinados niveles puede ser bueno para los intereses de las clases populares (¿a quién se le ocurriría, por ejemplo, en Euskal Herria nacionalizar los restaurantes con menús populares, las pequeñas y medianas empresas...?) y entre un mercado imperfecto (monopolios y oligopolios), donde en numerosas ocasiones es aconsejable la intervención estatal. El socialismo remozado debe asumir y utilizar cuando sea preciso términos como mercado, competencia, productividad,... dotándoles de un profundo sentido social, ya que no son patrimonio exclusivo de nadie.


Las consecuencias sociales de la política económica neoliberal son nefastas. Los vicios del capitalismo se manifiestan con toda su crudeza. Este demuestra una gran capacidad para fabricar bienes y servicios, para impulsar el comercio internacional y los movimientos de capital, pero la más absoluta falta de sensibilidad respecto al reparto de la renta y de la riqueza. La dictadura de los mercados imperfectos, controlados por unas pocas empresas muy poderosas, y en el límite por una sola que monopoliza el mercado, se impone y sus fallos son evidentes en los aspectos relativos a la ética y a la justicia.


En un mundo de librecambio, los países del Tercer Mundo tienen las de perder. Las diferencias tecnológicas, de productividad, dominios de mercado, favorecen claramente a los países del Norte frente a los países del Sur, lo que se traduce, en muchos casos en un déficit exterior permanente. Para facilitar la financiación del déficit hay que mantener altos tipos de interés, lo que frena el crecimiento económico, incrementa el endeudamiento y empeora la Relación Real de Intercambio.


Así pues, el libre comercio internacional y la estrategia económica neoliberal generan mayores desigualdades sociales. Si las diferencias de ingresos entre el 20% más rico y el 20% más pobre de la población mundial en 1960 era 30 veces superior, en la década de los 90, las diferencias de ingresos se han agrandado, poseyendo el 20% más rico 61 veces más riqueza que el 20% más pobre. De 6.000 millones de personas en el mundo, casi la mitad (2.800 millones) vive con menos de dos dólares al día.


A lo largo de la década de los 80 y de los 90, la precariedad, el paro (con especial repercusión en la juventud y las mujeres), la pérdida de participación de los salarios en la renta, la exclusión social, la degradación medio-ambiental, y en suma el deterioro progresivo del bienestar social de una amplia capa de la población, son el denominador común en las economías desarrolladas, en las cuales la desigualdad también es notable. Concretamente, el 1% de los habitantes de Estados Unidos acapara el 33% de la riqueza del país (país a su vez esquilmador y acumulador de la riqueza del planeta a través de sus multinacionales y el control militar).


El sector público ha colaborado en esa redistribución regresiva, haciendo menos equitativos los sistemas fiscales, recortando prestaciones y servicios sociales, degradando los servicios públicos, y disminuyendo el poder adquisitivo de las pensiones. Por otra parte, el alto coste para acceder a la vivienda ha fomentado el trasvase de rentas desde las economías domésticas hacia las instituciones financieras y hacia los poseedores del suelo.


El derroche de los recursos no renovables, la extracción abusiva de los reproducibles, los procesos productivos que hacen caso omiso de los residuos y de las emisiones nocivas, los patrones de consumo individualista y abusivo, son rasgos consustanciales a la dinámica capitalista. El neoliberalismo ha acentuado su carácter depredador y atentatorio contra el equilibrio ecológico.




1.1.- Homogeneización/debilitamiento de la identidad y autonomía de los pueblos (realidades nacionales)


Asistimos a la imposición planetaria de la economía capitalista de mercado dirigida por la batuta de los EEUU, las multinacionales y los gobiernos de las economías occidentales más poderosas. Tras el derrumbe del bloque de los países del Este y el fin de la bipolaridad, la globalización neoliberal, la mundialización de la economía ha impuesto un nuevo orden económico mundial por la fuerza de las armas (guerras del Golfo, 1991, 1998; Kosovo, etc..), por la fuerza teórica del modelo liberal y con la ayuda inestimable de los organismos internacionales (FMI, BM, OMC, OCDE, G-7...).


El proceso de homogeneización derivado del proceso de internacionalización citado, genera una dinámica que destruye la cultura e identidad de los pueblos de la Tierra. Se calcula que en la década de los 90 ha desaparecido una lengua por semana.


Los acuerdos de la Organización Mundual de Comercio (OMC) mercantilizando la cultura reflejan la expresión político-cultural de la reproducción ampliada del capital, que trata de eliminar toda identidad colectiva nacional o popular. En este sentido, la OMC, en la que se incluye el Acuerdo General sobre Aranceles y Comercio (GATT), representa la agudización del proceso de internacionalización que aboca a la aculturización y a la desnacionalización de la gran mayoría de los pueblos. La industria audiovisual norteamericana arrasa Europa que, tímidamente, se defiende alegando la excepción cultural e imponiendo cuotas a la importación.




1.2.- Dualización social: influencia del sexo, edad, e inmigración en la fractura social. Presupuestos progresistas como una vía de superación


Para un análisis de la evolución de las desigualdades sociales, de la exclusión social y del empobrecimiento, conviene hacer hincapié en la dualización social, provocada fundamentalmente por la concentración de la riqueza, la opresión de sexo-género, y la discriminación por la edad y por el origen étnico. Todo ello provoca una fractura social que implica que una parte importante de la población se sitúe por debajo del umbral de la pobreza, excluidos del mercado y con un acceso muy difícil a bienes tan necesarios como la vivienda.


En toda sociedad existe un trabajo necesario para su propia supervivencia, es el "producto socialmente necesario" cuya mayor parte lo forma el trabajo doméstico con sus extensiones. Este producto socialmente necesario, y sin valor económico en el mercado, debe de ser "obligatoriamente" realizado. En nuestra sociedad, estructurada en base a la división sexual del trabajo con predominio económico de un sexo sobre otro, se ha asignado a las mujeres esta función, de la que la gran mayoría no puede sustraerse (sólo una élite de mujeres se sustrae, trasladando las funciones a otras mujeres). Así la mujer es "obligada", aunque la obligación se revista de doctrina religiosa, histórica, cultural, etc. a realizar un trabajo necesario, sin valor ni derechos económicos ni protección social: el trabajo doméstico, y todas sus extensiones (asistencia a la infancia, a ancianos,....).


La principal característica del modo de producción capitalista es la producción generalizada de mercancías y servicios (sean más o menos útiles, "valor de uso") con el objetivo de ser vendidas en el mercado ("valor de cambio") y obtener con ello un beneficio, beneficio que es el motor del capitalismo.


Pero el trabajo dedicado a la producción de bienes y servicios es sólo una parte, y no la mayor, del total del trabajo imprescindible para la sociedad. Así todo el trabajo social que no tiene asignado valor de cambio, no se le considera con valor económico, aunque tenga un valor de uso elevado y no pueda prescindirse de él. Entender este concepto nos lleva a entender el porqué de la división del trabajo entre sexos, el porqué del potencial que para la liberación de la mujer encierra el hecho de trasladar a lo público, a través de una red de servicios sociales de nuevo diseño, lo que hasta ahora se condena a la esfera de lo privado. Además de estar relacionado con la contabilización del valor económico de este trabajo social, su importancia radica en la creación de nuevos empleos remunerados y en el diseño del reparto de todo el trabajo, el de mercado y el socialmente necesario.


El modelo económico genera una riqueza (Renta Nacional) que en su origen se polariza, concentrándose la mayor parte en manos de un pequeño grupo y en el otro extremo, la parte más pequeña se dispersa entre un gran número de personas (distribución primaria de la renta). Ante esto, toda intervención pública solo sería legítima mientras tuviese como objetivo la transferencia del poder adquisitivo de la minoría a la mayoría (distribución secundaria de la renta).


Por lo que se refiere a la inmigración, ésta es un botón de muestra de la violencia del sistema económico actual, siendo, en su mayor parte, consecuencia del expolio al que han sometido interesadamente los Estados del Norte a los del Sur. Estas personas a pesar de colaborar en la generación de la riqueza de los países desarrollados, son explotadas laboralmente, con condiciones laborales muy precarias, recibiendo salarios no regulados y de miseria, viviendo de forma hacinada, y sufriendo necesidades básicas en sanidad y educación. Debemos de asumir la responsabilidad, desde las instituciones públicas, y hacer frente a esta injusta situación reconociendo los mismos derechos a estos inmigrantes respecto al resto de la ciudadanía.


Los Presupuestos Públicos (P.P) son el documento que sintetiza la planificación pública, en materia de redistribución de la riqueza. El problema en los presupuestos actuales es el saber si realmente a través de ellos se corrige la inequidad de la distribución originaria de la renta, o si por el contrario tras la intervención pública existe una concentración mayor.


Para realizar la redistribución los P.P. recaudan fondos de la economía, vía impuestos y tasas (Ingresos presupuestarios) y transfieren rentas a través de pagos directos (prestaciones económicas) o creación de servicios públicos (educación, sanidad, infraestructuras, ect). Por tanto unos presupuestos progresistas y redistribuidores serían aquellos que a través de los ingresos recaudaran impuestos especialmente del sector minoritario, que concentra más de la mitad de la riqueza; y que orientará sus gastos a cubrir las necesidades de las personas con menos poder adquisitivo. En definitiva, se debe plantear la política social (articulada a través del Presupuesto) con consistencia propia, no como subsidiaria ni de la economía ni de la política, sujeta a sus ciclos y a sus valoraciones economicistas, o a los vaivenes políticos.




1.3.- Efectos sobre Euskal Herria


Las tendencias detectadas en el panorama mundial, tienen su reflejo también en la situación de Euskal Herria, con el agravante, en nuestro caso, de encontrarnos con un país dividido y sin instrumentos para hacer valer nuestras decisiones.


Los resultados de la positiva coyuntura económica de estos últimos años, han sido acaparados por las clases pudientes de la sociedad, que han aumentado su participación en el reparto de la riqueza a costa de la clase trabajadora, cuya participación en la renta nacional apenas llega al 50%.


Las relaciones laborales han sufrido estos últimos años un deterioro importante. El desempleo, que ha descendido, se situa todavía lejos de las tasas de desempleo de la UE y con una estructura que no ha variado: la tasa de desempleo femenino es el doble de la masculina.


Por otro lado, en los nuevos empleos se han notado especialmente los efectos de las reformas laborales inspiradas en presupuestos neoliberales. El empleo creado ha sido precario, la mayor parte de la contratación es temporal, el trabajo a tiempo parcial aumenta, las ETTs gestionan ya alrededor del 20% de los contratos, de los cuales el 62% no dura más de diez días. La consecuencia de todo ello es un aumento de la siniestralidad laboral mucho mayor que el aumento del número de personas empleadas.


La situación en el mercado laboral ha provocado un aumento de las situaciones de pobreza que afectan también a colectivos con trabajo, aunque los mayores aumentos se hayan producido en los sectores sociales más desprotegidos como consecuencia de los recortes en las prestaciones sociales. Así, las mujeres mayores de 65 años, las no activas, las que se encuentran en paro y la juventud son los colectivos con mayor riesgo de encontrarse en situaciones de pobreza, con lo que esta tiene un perfil netamente femenino.


En el contexto de un mercado laboral precarizado, (elevada temporalidad y rotación laboral, ETTs y agencias interim, subcontratación, contratos basura, ..) se alza un mercado de la vivienda excluyente: concretamente en Euskal Herria 9 de cada 10 personas que necesitan vivienda no pueden satisfacer su necesidad. Las rentas bajas, entre las que se encuentran la juventud y la mayoría de las mujeres, están ya excluidos del mercado y las rentas medias acceden a ella con tal sacrificio inversor, que el optar por una vivienda les restringe totalmente su nivel de consumo en el resto de bienes. Las rentas se trasvasan desde los salarios medios-bajos hacia los poseedores del suelo, hacia quienes especulan y hacia las entidades financieras, lo que está determinando en Euskal Herria la mayor concentración de renta y patrimonio de los últimos 20 años a través de explotar la necesidad más básica que es el poseer un lugar donde residir.


En cuanto al sector público, su influencia se va reduciendo paulatinamente. El peso del sector público disminuye en relación a la riqueza generada, lo que significa una menor capacidad para redistribuir la riqueza y para hacer frente a las necesidades sociales, quedando patente en la reducción de los gastos sociales, principalmente en prestaciones sociales, sanidad y educación.


La fiscalidad apunta un modelo cada vez más regresivo que pivota sobre los impuestos indirectos. Se ha abierto el camino para que las rentas empresariales y de capital paguen cada vez menos impuestos, lo que unido a la desidia de las administraciones ante el fraude fiscal, dibujan un panorama en el que el sistema fiscal, además de no cumplir con su función redistributiva, supone cada vez más una carga para las rentas del trabajo.


En este contexto no es extraño que la clase adinerada se encuentre a gusto con el actual estado de las cosas: una política neoliberal en el campo laboral, social y fiscal, diseñada por la Unión Europea y los gobiernos español y francés y aplicada con encomiable entusiasmo por las diferentes administraciones de Euskal Herria forman el entramado ideal para continuar expoliando a nuestro pueblo.


A esta actitud de la clase dominante hay que añadir la ofensiva de los estados francés y español contra cualquier intento de aplicar decisiones propias en Euskal Herria: aumento de la dependencia económica de Lapurdi, Zuberoa y Behe-Nafarroa de los centros de decisión del Estado francés, ataque contra Hobetuz en Araba, Bizkaia y Gipuzkoa, presentación de recursos fiscales por parte del Estado español contra el Convenio y el Concierto Económico, etc. Ante esta ofensiva, la diferentes administraciones de Euskal Herria no han sido capaces, o no se ha atrevido a articular una respuesta política coherente. El resultado de todo ello es el mantenimiento de la división territorial y la falta de soberanía económica para que Euskal Herria pueda organizar un sistema económico más adecuado a las necesidades de la mayoría de la ciudadanía vasca.


El sindicalismo de obediencia estatal francesa y española está desempeñando un papel demencial dando cobertura a esta ofensiva y sembrando la división entre la clase obrera, actuando en función de la posición de las fuerzas sindicales en cada marco.


Por otra parte, el sindicalismo nacional vasco ha dado importantes pasos en la lucha por la mejora de las condiciones de vida de la clase trabajadora. Se empieza a considerar a Euskal Herria como un todo. La lucha por el reparto del trabajo y de la riqueza han sido los grandes ejes de actuación de estos últimos años. De todas formas, es necesario un mayor esfuerzo para unir la práctica diaria con el discurso teórico.


Además, las dinámicas de AC (Agir contre le Chômage) en Ipar Euskal Herria y de las dos Iniciativas Legislativas Populares de Hego Euskal Herria a favor de una Carta de Derechos Sociales han supuesto un importante revulsivo social para impulsar las luchas por los derechos sociales y económicos que asisten a toda la ciudadanía de Euskal Herria, intentando articular una alianza de las organizaciones sociales, con las personas excluidas y el movimiento obrero. A pesar de su potencialidad, los frutos todavía han sido escasos.




Por último, el movimiento juvenil en su lucha por mejorar las condiciones de vida de la juventud ha dado un importante paso en el trabajo de formación y concienciación. La movilización y la lucha le ha permitido alcanzar victorias parciales, pero muy importantes, ya que muestran el camino a seguir para hacer valer nuestros derechos económicos y sociales. La lucha por el cierre de ETT-s, contra la precariedad, contra las viviendas vacias, etc., son muestras de la vitalidad de las luchas económicas y sociales entre la juventud vasca.


En este panorama en el que se entremezclan elementos negativos con otros más esperanzadores, la unidad popular ha de convertire en el referente de todas las luchas por una sociedad justa y dueña de su destino. A lo largo de los últimos años se ha hecho un esfuerzo importante para potenciar el campo de la socioecónomía, impulsando el trabajo por el reparto del trabajo y de la riqueza, equilibrando el trabajo local con el nacional y pasando de la teoría a la práctica. Sin embargo, todavía no hemos sido capaces de conseguir un tono adecuado. Por eso, impulsar adecuadamente el campo de la transformación social deberá de ser uno de los objetivos más importantes de la unidad popular para los próximos años.


Las estrategias de desarrollo y las diversas políticas de actuación propuestas (puntos 3, 4 y 5) serán los instrumentos para lograr darle la vuelta a la preocupante situación socioeconómica de Euskal Herria.




2.- Un nuevo modelo de desarrollo. Desarrollo socialista, identitario e igualitario.

Principios básicos.


El modelo económico que se propone trata de superar la actual situación de dualización e injusticia generada por el sistema económico imperante. Frente al nefasto intervencionismo neoliberal propugnamos un modelo propio, adaptado a nuestra idiosincrasia, a nuestras peculiaridades, abarcando la liberación nacional, social y de género. Socialismo basado en la participación colectiva de la sociedad y en una fuerte intervención pública, de forma que los intereses individuales y colectivos de la sociedad vasca sean los que definan el marco de funcionamiento de nuestra economía. Así, el mercado deja muchas cosas fuera que también forman parte de nuestra economía (trabajo doméstico, etc.).


Esto es, en suma, lo que entendemos por socialismo identitario vasco, por una vía vasca autóctona.


Los principios básicos en los que basamos nuestro modelos son los siguientes:


EUSKAL HERRIA DUEÑA DE SU DESTINO. La sociedad vasca mediante el ejercicio del derecho de autodeterminación ha de configurar un poder político soberano, en todo el territorio nacional, vertebrando el país desde la base. Lo que significa que apoyándonos en el principio de subsidiariedad, debemos buscar la máxima descentralización administrativa posible, dotando a los ayuntamientos y a los entes locales de competencias, así como de los recursos necesarios.


ALTERNATIVA INTEGRAL. Esta propuesta va más allá de la satisfacción de las necesidades materiales, contemplando a la persona como protagonista en la construcción de una nueva Euskal Herria, justa y progresista.


UN MODELO DE DESARROLLO SOCIALISTA E IDENTITARIO. La política económica en sus diversas vertientes (monetaria, fiscal, presupuestaria, laboral, sectorial...) ha de plantear sus objetivos en función de las necesidades individuales y colectivas de la sociedad vasca, situando la economía al servicio de la persona y de la colectividad y no a la inversa, sin descuidar por ello, los diferentes equilibrios macros y micro económicos. De la misma forma, han de respetarse los equilibrios naturales, superando la concepción de la naturaleza como soporte de cualquier tipo de actividad o infraestructura.


LA DEMOCRACIA PARTICIPATIVA es el soporte de nuestra alternativa y la mejor garantía de control de que ésta no se va a convertir en mera retórica. La participaciòn de la sociedad, de los movimientos populares y de las personas en general, en la toma de decisiones sobre la orientación de la política económica es fundamental. Ello exige poner a disposición de la sociedad canales que le permitan el acceso a la información, marcos para la toma de decisiones, así como instrumentos para ejercer labores de seguimiento y control.


UNA ORGANIZACION INSTITUCIONAL COMPROMETIDA. Asumiendo la provisión de servicios sociales y de seguridad económica para el conjunto de la ciudadanía, Euskal Herria ha de contar con una organización institucional comprometida con el pleno empleo, dotada de una serie de sistemas sociales destinados a la provisión de bienes y servicios suficientes en un marco de políticas redistributivas, cuyo objeto sea la eliminación de la desigualdad social, de género y económica.




PAPEL DE LOS AYUNTAMIENTOS Y ENTES LOCALES. Estos han de desempeñar un papel clave en la articulación de este nuevo sector público, abriendo cauces a la participación de la población, definiendo las prioridades en el ámbito local, planificando la utilización de los recursos propios y estableciendo objetivos en coordinación con instancias superiores.


3.- Marco soberano y estrategias para el desarrollo en Euskal Herria


ESPACIO SOCIO-ECONOMICO VASCO.

Euskal Herria se extiende a lo largo de un territorio de 20.657 km2 con una población cercana a 3 millones de personas, configurando una Comunidad Política natural (dispersa actualmente entre los Estados español y francés), que reivindica la creación de un Estado vasco independiente dotado de poder político soberano, y consecuentemente el pleno desarrollo de un espacio socio-económico vasco (ESEV), ámbito de aplicación de nuestro modelo socio-económico.


La construcción de este espacio socio-económico vasco exige soberanía, es decir, la puesta en práctica de las decisiones que vayamos tomando la población vasca en orden a planificar la utilización de nuestros recursos y ordenar la actividad económica. En este sentido, las decisiones de la comunidad deberán hacer valer su peso en temas como la ordenación del territorio, las infraestructuras, el gasto público, la política económica, las relaciones laborales, la mejora en la calidad de vida y en la labor compensatoria de las desigualdades sociales y de género, con el objeto de crear una economía al servicio de la comunidad vasca.


Otra meta será reducir los desequilibrios regionales del ESEV, impulsando de forma ordenada las inversiones correspondientes, la convergencia real y la equiparación en la calidad de vida que ello implica.


A nivel externo contemplamos el ESEV como un proyecto abierto con los intercambios comerciales correspondientes (basados en una Relación Real de Intercambio de precio justo con los países del Sur), con las inversiones externas más adecuadas para nuestra economía, e integrado en aquellas áreas económicas que mejor respondan a los intereses estratégicos de Euskal Herria.


La viabilidad socio-económica de nuestro proyecto viene determinada por la dimensión reducida de Euskal Herria, su buena situación geográfica, y la suficiencia de recursos humanos, económicos y financieros.


MARCO VASCO DE RELACIONES LABORALES.

El actual marco jurídico-político de dependencia con los Estados español y francés contribuye a que la situación descrita se perpetúe. Se requiere un Marco Vasco de Relaciones Laborales (MVRL) directamente conectado con las necesidades, preocupaciones y objetivos de la clase trabajadora y fundamentalmente, de los segmentos oprimidos (mujeres y juventud). Por otro lado, no es concebible un proceso de construcción nacional sin incorporar al mismo la dimensión económica y socio-laboral.


En este sentido, la exigencia de un MVRL es consecuencia de nuestro compromiso con la construcción nacional y está integrado en nuestro proyecto público de liberación nacional y transformación social basado en la justicia social.


Ante la imposición por parte del Estado español y francés de medidas estructurales de política laboral con un claro contenido regresivo y antisocial (impulso de la contratación temporal y a tiempo parcial, descausalización y abaratamiento del despido, contratos basura, legalización de las ETTs, etc.) las diferentes instituciones en las que se encuentra dividido nuestro territorio no disponen de instrumentos que posibiliten su neutralización. A su vez, se priva al sindicalismo vasco de bases de intervención que garanticen una estrategia propia en la defensa de los intereses de la clase trabajadora vasca.


Ante la necesidad de hacer frente a estas medidas regresivas laborales, se requiere plena capacidad legislativa en materia laboral, y los instrumentos políticos y administrativos necesarios para desarrollar estas medidas, que se concretan en:

-Política de empleo y protección social acorde con las necesidades de las trabajadoras y trabajadores vascos, así como de las capas de la población más desfavorecidas de nuestra sociedad, que incluya:

.Las transferencias íntegras del Instituto Nacional de Empleo (INEM) del Estado español y de la Agencia Nacional por el Empleo (ANPE) y de (ASSEDIC) del Estado francés a las instituciones de Euskal Herria con todas las funciones que dichos organismos estatales tienen atribuidas para hacer frente al desempleo. Es necesaria la creación del Instituto Vasco de Empleo y Formación para tratar todos los temas referidos al empleo desde una política propia con una perspectiva global, integral y de género, y que incluya tanto la planificación, promoción y gestión del empleo, como la formación profesional ocupacional. Asimismo, resulta imprescindible superar los marcos particionistas y competenciales actuales y asumir competencias exclusivas a la hora de establecer los requisitos para el reconocimiento del derecho a las prestaciones por desempleo, así como su gestión económica.

.Formación continua. El organismo que se ocupe de la enseñanza continua que proponemos, prestará especial atención a las pequeñas y medianas empresas, utilizando las infraestructuras de los centros de enseñanza profesional reglada. Las ayudas y subvenciones otorgadas deberán ser percibidas directamente por sus destinatarios.

.Seguridad Social. Teniendo en cuenta que el sistema de protección social público es un elemento básico para desarrollar una política de redistribución de las rentas y para la reducción de las desigualdades sociales, reclamamos todas las competencias legislativas, incluidas la legislación básica y la disposición de normas que estructuren el régimen económico de la Seguridad Social que impulsará un modelo que garantice el derecho equitativo, propio e individual a la protección de toda la ciudadanía (mujeres y hombres). Al mismo tiempo, propugnamos la creación del Instituto Vasco de Seguridad Social con capacidad para recaudar, gestionar y administrar los recursos financieros de forma que se pueda desarrollar un Sistema Público Vasco de Pensiones que garantice unas prestaciones universales, dignas y suficientes.


También queremos hacer hincapié en el hecho de que el requisito básico del MVRL, está relacionado con el modelo de relaciones laborales que impulsamos para el proceso de construcción nacional de Euskal Herria, que implica una intervención de los poderes públicos en dichas relaciones, orientada a acotar el poder del capital para crear un contexto en el que la correlación de fuerzas sea más equilibrada y sustancialmente más favorable para la clase trabajadora.


Pero de forma paralela y sin esperar a que cambie el marco jurídico político, es imprescindible iniciar dinámicas de ruptura con la dependencia actual respecto a los estados francés y español, haciendo ver a la clase trabajadora, que las demandas de capacidad normativa que realizamos son favorables para la mejora de sus condiciones de vida y trabajo.


Orientados hacia este nuevo marco soberano descrito, se implantarán las estrategias de desarrollo siguientes:


EL REPARTO DE LA RIQUEZA y DEL TRABAJO, utilizando como instrumentos operativos horquillas salariales de máximos y mínimos, un sistema fiscal progresivo y un gasto presupuestario mayor en política social de rentas directas (desempleo, pensiones, etc.) e indirectas (acceso a la vivienda, a la educación, a la sanidad, a la lengua y la cultura). La apuesta por el reparto de trabajo es parte de este objetivo, de forma que la eliminación de las horas extras y el pluriempleo, el adelanto de la jubilación, la reducción de la jornada y el reparto y socialización del trabajo doméstico son ejes de actuación básicos para avanzar en el reparto de la riqueza.


POLITICAS DE IGUALDAD DE OPORTUNIDADES, entendidas como actuaciones que posibiliten la superación de la discriminación de las mujeres en todos los ámbitos sociales. Estas políticas han de tener un carácter integral, han de partir de un análisis- diagnóstico que, recogiendo la realidad de los diferentes colectivos de mujeres, plantee una estrategia global. Estrategia que se concretará en medidas compensatorias eficaces - de acción positiva- a desarrollar en los distintos ámbitos, para avanzar en la mejora de las condiciones de vida de los colectivos de mujeres.


SECTOR PÚBLICO FUERTE, EFICAZ, HONRADO Y TRANSPARENTE, cuyo objetivo primordial será liderar el proceso de regeneración y modernización de la economía vasca, incluyendo un proceso de transición adecuado, instrumentalizado mediante la planificación estratégica, vinculante para el Sector Público y orientativa para el sector cooperativista y para el sector privado. Sector público que dinamizará y coordinará el nuevo orden económico y la estrategia general de desarrollo en el contexto internacional, diseñando un plan para la recuperación y potenciación ordenada de los sectores clásicos (agricultura, ganadería, silvicultura, pesca, artesanía, siderurgia, naval, aceros especiales, industria del papel, maquina- herramienta, industria auxiliar del automóvil, agroindustria, gastronomía, deporte...) y para la diversificación de nuestra industria en sectores nuevos y modernos. Todo ello en el horizonte de una nueva era, contemplando los profundos cambios que se avecinan en el sector terciario y en el sector del ocio.


LA CREACION DE ORGANISMOS ECONOMICOS Y SOCIALES NACIONALES Y EL IMPULSO DE DINAMICAS SOCIOECONOMICAS NACIONALES. Esta estrategia responde a la necesidad de recoger información, realizar análisis, establecer debates y poner en marcha actuaciones que contemplen al conjunto de Euskal Herria, posibilidad que nos es negada por el actual marco de partición. Asimismo, los pasos dados en esta dirección permitirán ir creando la imagen práctica y reflejando la potencialidad de nuestro modelo de desarrollo socioeconómico para resolver los problemas a los que se enfrenta la ciudadanía vasca.


CONTROL EFECTIVO DE LOS SECTORES BASICOS. Para poder llevar a cabo su misión el sector público ejercerá un control efectivo sobre los sectores básicos de la economía, apoyándose para realizar su política en las empresas públicas vascas, y en una estrategia a largo plazo sobre dos pilares que marcarán nuestro destino económico: formación e Investigación y Desarrollo (I+D). Se establecerán los mecanismos adecuados para evitar los errores históricos en los que ha incurrido el sector público mal gestionado, impulsando como una regla de oro la gestión eficaz y transparente de los recursos.


FOMENTO DE LA ECONOMIA SOCIAL, por considerar que el espíritu del cooperativismo debe impulsar la democracia económica, la cogestión, la coparticipación, y la articulación ideológica, política e incluso orgánica con el resto del movimiento obrero vasco. La economía social debe mostrar su capacidad de superar el sistema capitalista y de integrarse en el proyecto socio-político del movimiento popular vasco.


ANTICIPARSE a los profundos cambios que se avecinan, como consecuencia de las modificaciones en la pirámide de población y de la introducción de nuevas tecnologías, de la reducción de las horas de trabajo, de la socialización del trabajo doméstico, de la edad de jubilación,... El enfoque económico del cambio deberá ser "total", es decir, contemplando la interdependencia entre las diversas capas de población y las enormes posibilidades de una oferta de bienes inmateriales propios, como nuestra cultura, para satisfacer una demanda de ocio creciente.


SI A LA EUROPA DE LOS PUEBLOS, por lo tanto, no a la Unión Europea actual diseñada en Maastricht, por la cobertura que da a la Europa de los Estados, por respaldar los principios neoliberales y por su carácter anti-social. Sí, en cambio, a la integración económica en aquellos espacios regionales, inter-regionales y multilaterales que defiendan con una visión progresista las relaciones entre los pueblos.


EQUIDAD A NIVEL INTERNACIONAL, lo que supone nuestro compromiso de denunciar en los organismos internacionales pertinentes la actual articulación de la Relación Real de Intercambio tan desfavorable para la mayoría de los países de Asia, Africa y América Central y del Sur, propugnando unas relaciones comerciales internacionales basadas en el justo precio y no en los precios impuestos por el abuso de poder de las multinacionales.


VIABILIDAD ECONÓMICA DE LA ALTERNATIVA PROPUESTA, como se demuestra mediante el análisis de las cifras económicas, siempre que Euskal Herria disponga de la plena y racional utilización de sus recursos humanos, naturales, fiscales y financieros.


4.- Objetivos que debemos establecer en cada campo de actuación estratégico:


- POLITICA SOCIAL Y LABORAL:


EMPLEO: DERECHO AL TRABAJO REMUNERADO

Si algo caracteriza económicamente a nuestra sociedad, es que la gran mayoría de la población sólo cuenta para poder vivir con un recurso: SU TRABAJO. Ahora bien este trabajo debe de ser "comprado" por los que ofrecen empleo, de otra manera la capacidad para trabajar y producir riqueza por sí misma no tiene valor monetario.


El reparto de las actividades desarrolladas, o reparto del trabajo, debe de ser un eje fundamental para enfrentarse al actual desempleo, a la precariedad y a la exclusión social. Históricamente la reducción del tiempo de trabajo se ha planteado sobre todo como una aspiración dirigida a mejorar las condiciones de vida y de trabajo de las personas. Ahora, esta reducción se considera un camino para repartir el empleo, para reducir el paro y repartir la riqueza.


Existen diferentes medidas a poner en práctica desde hoy, para repartir el tiempo de trabajo. Como instrumentos básicos consideramos:


- La desaparición de las horas extraordinarias.

- Anticipar las jubilaciones.

- Reducir la jornada laboral por ley en función de la consideración del trabajo total desarrollado en la economía (remunerado y no remunerado), y de las personas dispuestas a participar en el proceso económico.

- La valoración e inclusión del trabajo doméstico y social en la Contabilidad Nacional como un componente más del PIB.


También debemos de generar nuevos empleos para cubrir infinidad de necesidades sociales hoy deficitarias en el campo de la salud, medio ambiente, lengua, cultura y ocio, o realizadas fundamentalmente por la mujer dentro del llamado trabajo "doméstico".


La redistribución del tiempo de trabajo socialmente necesario (incluido el trabajo doméstico) liberará importantes energías para la participación en diferentes actividades sociales y comunitarias impulsando la democracia directa y la autogestión, es decir, poniendo las bases materiales para la construcción nacional y social de Euskal Herria.


Pero sin duda la solución en el mercado de trabajo es parcial. Y por eso son imprescindibles otros tipos de medidas que garanticen los recursos económicos suficientes para que todas las personas puedan tener una vida digna. Porque apostamos por el derecho al empleo para todas las personas, planteamos la Renta Básica como un complemento a las políticas activas de empleo y al reparto del trabajo.


SALUD LABORAL

Frente a las lesiones y enfermedades de origen laboral es preciso poder imponer desde la Administración a la parte empresarial la mejora de las condiciones de empleo y trabajo. El Sistema Sanitario Público debe atender íntegramente la salud laboral desde la prevención hasta la reintegración laboral de accidentados y enfermos incluyendo la asistencia sanitaria. Para ello los actuales recursos de las mutuas deberán ser integrados en la futura Seguridad Social Vasca y sus recursos materiales y humanos en el Servicio Vasco de Salud.


PROTECCIÓN SOCIAL: EL DERECHO A UNA VIDA DIGNA.

En Euskal Herria y en la lógica del sistema de libre mercado, las bolsas de personas desempleadas y marginadas aumentan. La igualdad que queremos propiciar a través de los mecanismos de reparto del trabajo y de las rentas, debe ser real. Mientras tanto, esta igualdad no tiene porqué provenir de la uniformación en el trabajo sino de la igualdad efectiva en el ejercicio de los derechos y en la solidaridad. Para ello un instrumento de primera magnitud es el derecho a unos ingresos mínimos que aseguren dicha igualdad efectiva y el reparto de trabajo, ambas aspiraciones recogidas en las diferentes dinámicas sociales, políticas y sindicales que se llevan a cabo a diferentes niveles a lo largo y ancho de Euskal Herria.



La Renta Básica plantea por encima de otro tipo de consideraciones económicas, la necesidad de unos ingresos mínimos para todos los miembros de la sociedad y la reorganización del tiempo de trabajo con el objeto de crear empleo y abrir cauces a la participación de la ciudadanía en la autogestión de nuestro propio futuro.


Asimismo, no nos podemos limitar a demandar un nivel de vida digno sólo para las personas incluidas en el mercado laboral. El derecho debe de ser ampliado a aquellas que queden excluidas de dicho mercado laboral bien por edad, por minusvalías, discriminaciones derivadas del modelo social sexista o cualquier otro elemento excluyente.


Por tanto, paralelamente al reparto del trabajo, tienen que ponerse en marcha instrumentos de redistribución de la riqueza. Ambos ejes son complementarios y se refuerzan entre sí. La redistribución de la riqueza debe de realizarse en varios niveles:


El reparto entre quienes perciben un salario, considerándose el establecimiento de límites salariales de máximos y mínimos.


El reparto entre la población que percibe un salario y la actualmente calificada como "población pasiva e inactiva". Un instrumento eficaz sería la determinación de un baremo de rentas mínimas necesarias en función del número de personas que componen las unidades de convivencia; de forma que se garantizase a todas las unidades de convivencia ese nivel de renta mínimo así como el reparto solidario de los ingresos entre sus miembros, complementando las rentas que recibiesen dichas unidades por otras fuentes como trabajo, pensiones, prestaciones de desempleo, y que no llegasen a ese mínimo determinado.


Un reparto entre todas las fuentes y quienes perciben la renta. Este reparto debe realizarse a través de una reordenación del sistema fiscal gravando hechos económicos como la transacción de capitales, la utilización del medio ambiente en el sistema productivo, la no implementación de medidas de acción positiva ante la discriminación de género y cualquier otro caso (juventud, minusvalías, inmigrantes,..), así como, reformando los impuestos actuales, de forma que desaparezca el fraude de ley, y donde todas las personas paguen según su nivel de renta independientemente de su naturaleza.


LA SOCIALIZACION DE LAS RESPONSABILIDADES DOMESTICAS: UN NUEVO CONCEPTO DE LOS SERVICIOS SOCIALES.

El tema de los servicios sociales es clave en una propuesta socializadora. Por una parte porque significan una renta en especie, o no monetaria, que aumenta la calidad de vida de toda la población; y por otra parte porque nos hallamos frente al sector que más riqueza colectiva genera, aunque se niegue su contabilidad.


Una parte importante del esfuerzo productivo de la humanidad no está explicado, se mueve fuera de los circuitos de mercado, no se rige por la ley del valor y se resiste a cualquier tratamiento "científico".


Hay que sacar del ámbito privado todo el trabajo socialmente necesario, contabilizarlo en el PIB, y remunerarlo. Esto se hará en el marco de los Servicios Sociales, rediseñados con ese objetivo, y entre los que cabe incluir:


- Comedores públicos cogestionados socialmente, tanto para escolares, como para juventud, tercera edad, o personas que opten por este servicio.


- Centros de día para diferentes grupos de edad, que sirvan de lugar de integración generacional y ocio, a la vez que permita desarrollar y compartir distintas habilidades formativas, sociales etc, en el desarrollo de la Participación Social Activa.


- Guarderías públicas infantiles con horarios abiertos y flexibles, que cubran realmente las necesidades de horario laboral de las madres y padres.


- Hoteles-Residencias para tercera edad, y personas que lo necesiten (personas con minusvalías físicas o psíquicas), donde esté garantizado el derecho a su uso por los periodos requeridos. Flexibles en cuanto a la estancia, adaptándose a las necesidades propias de los demandantes (periodos vacacionales de familiares, periodos laborales especiales, etc.).




EL ACCESO AL USO DE UNA VIVIENDA.

En los últimos años hemos asistido a un crecimiento del precio de las viviendas totalmente desconexionado de la evolución general de la economía, y que ha hecho que el acceso al uso de una vivienda se haya convertido en el primer factor de concentración de la riqueza. Las rentas están trasvasándose en masa desde los que necesitan una vivienda, hacia los promotores-propietario-especuladores y entidades financieras.


Los recursos públicos no deben de ir a potenciar la propiedad de unas pocos, sino a garantizar el acceso para todos al uso y disfrute de una vivienda.


Para ello es necesario intervenir sobre el parque de viviendas vacias y tomar medidas contra la especulación de forma que estas viviendas salgan al mercado y se evite este despilfarro de recursos.


Urge también la rehabilitación o la construción en caso necesario de viviendas que permaneciendo en propiedad pública sean ofertadas en "alquiler social" a las personas perceptoras de rentas bajas.


El precio de este "alquiler social" vendría baremado por el nivel de renta de cada persona, que pueden partir desde CERO pesetas, hasta el 10% del total de sus rentas, siendo de "renta cero" para los perceptores de rentas inferiores al Salario Mínimo Interprofesional.


Para desarrollar socialmente una política de creación de este parque de viviendas de alquiler social, es imprescindible la implicación de las instituciones y de las entidades financieras.


Debe dotarse a todos los municipios de la disponibilidad del suelo público necesario (cuando no quepa la rehabilitación o reconversión de zonas degradadas). La Administración General de Euskal Herria, contará con un servicio público de promoción, proyectos y seguimiento de obras y las Cajas de Ahorro deberán de hacer dotaciones de al menos un 50% de sus beneficios a la Obra Benéfico Social, que servirá para financiar estas viviendas.


La importancia de la Renta Básica, del reparto del trabajo de mercado y el socialmente productivo y del derecho a una vivienda digna, está precisamente en el hecho de que permite realizar una alianza entre las personas trabajadoras y desempleadas en una dinámica de construcción de una sociedad vasca en la que se primen los aspectos sociales y políticos sobre los económicos, quedando estos subordinados a las necesidades sociales.


POLITICA PRESUPUESTARIA: EL INGRESO Y GASTO PUBLICO.

Los gastos del nuevo sector público vasco deberían de planificarse en función del nuevo modelo perfilado en puntos anteriores, y que esté al servicio de amplias capas populares y no, como ahora, al servicio de una minoría. Serán los documentos que integren de forma coordinada a todo el sector público. A través de la concertación social, se elaborarán áreas especiales de intervención prioritando los objetivos estratégicos que en ellas se plasmen, con un control social directo. A la vez que se abran mecanismos de descentralización e intervención social en la ejecución directa (autogestión) de las áreas que lo posibiliten.


Analizados los principales desequilibrios actuales, los presupuestos deben establecer en primer lugar los recursos necesarios para:

- La creación de empleo externalizando el trabajo "socialmente necesario", y la disminución de la jornada laboral.

- La instauración de la Renta Básica que garantice a toda la ciudadanía los recursos mínimos necesarios para llevar una vida digna.

- La creación y mantenimiento de un parque de viviendas de alquiler que responda a las necesidades reales.


Los ingresos presupuestarios deberán de ajustarse a su función "redistribuidora" equilibrando la desigualdad inicial de rentas, a través de una fiscalidad solidaria, donde prime la justicia social, sustentada en dos pilares básicos progresividad impositiva real y lucha efectiva contra el fraude fiscal.




Para redistribuir el esfuerzo fiscal, se necesita una profunda revisión del sistema impositivo en su conjunto, sin olvidar al resto de figuras impositivas podemos resaltar:


Como gran eje, hay que dar mayor peso a la recaudación de impuestos directos frente a los indirectos ya que estos últimos no introducen elementos de progresividad, y por tanto suponen un mayor esfuerzo fiscal para las rentas más bajas. Además, hay que conseguir que sean redistributivos y solidarios.


Ipar Euskal Herria está dentro del sistema fiscal francés y lógicamente no tiene ni la más mínima capacidad para dcfinir sus impuestos.. De todas formas, dentro de los impuestos directos, el impuesto sobre el Patrimonio tiene una especial importancia, compensando el menor peso económico que tiene el Impuesto sobre la Renta. Además, destacan por su peso el Impuesto de sociedades y el Impuesto sobre el Valor Añadido. Es tarea prioritaria definir la línea de trabajo para que la fiscalidad de Ipar y de Hego Euskal Herria convergan en un sistema fiscal propio, redistributivo y solidario.


Por otra parte, la presión fiscal en Hego Euskal Herria no es excesiva, está casi 10 puntos por debajo de los Estados más desarrollados de la UE, y sobre 7 puntos por debajo de la media de la UE. Esto nos da suficiente margen para poder seguir conservando "la competitividad" exterior, manteniendo la presencia de lo público e incluso aumentarla en las áreas estratégicas:


En el Impuesto sobre la Renta de las Personas Físicas (IRPF) se hace necesaria una revisión para hacerlo más redistributivo y solidario, en la línea de lo recogido en "El libro rojo del IRPF":

- Eliminar las actuales vías de fraude legal para dar un tratamiento más adecuado a las actividades empresariales, profesionales y a los beneficios de las sociedades instrumentales, así como evitar la compensación de bases imponibles de signo contrario que provengan de distintas fuentes de renta.

- Dar el mismo tratamiento a todas las rentas y anular el trato de favor que reciben las rentas de capital y los incrementos de patrimonio.

- Aumentar la progresividad del impuesto para que paguen más los que más tienen.


El Impuesto sobre Sociedades debería de marcar un tipo efectivo de gravamen mínimo, ya que el tipo actual del 32,5% se queda en un tipo efectivo muy inferior a la mitad al jugar con beneficios, bonificaciones fiscales, y el entramado de ingeniería fiscal y fraude de ley que le rodea.


El Impuesto s/ el Patrimonio, es solo testimonial ya que sólo recauda el 1% del total de tributos concertados. Se hace urgente una revisión profunda de este impuesto a través del cual contribuyan los grandes patrimonios y las concentraciones crecientes de riqueza. En el Estado francés, por ejemplo, supone una de las figuras tributarias más importantes.


El Impuesto sobre el Valor Añadido debe reorganizar los bienes a los que grava y sus tipos impositivos, marcándose un tipo cero para bienes de primera necesidad entre los que podrían incluirse los libros de texto obligatorios, la sanidad, la producción cultural en euskara, o la adquisición de primera vivienda siempre y cuando cumpla unos determinados requisitos. Al mismo tiempo habría que estipular un tipo superior al 16% para bienes considerados de consumo de lujo o suntuario, o de consumo nocivo que aumente el coste sanitario.


Los impuestos especiales, provienen de los antiguos monopolios fiscales, y sobre todo el de hidrocarburos, no tienen razón de ser en la economía actual. Habría que eliminarlos y pasar a tributar solamente en el IVA, con tipos especiales para alcoholes o tabacos para compensar el mayor coste que soporta la sanidad publica directamente derivado del consumo abusivo de estos productos.


Pero las decisiones anteriores en materia de ingresos y gastos presupuestarios no pueden desarrollarse dentro del actual sistema de Concierto Económico en Araba, Bizkaia y Gipuzkoa y Convenio en Nafarroa.


Por un lado delimitan el modelo tributario, que debe de ajustarse a la normativa marco estatal en IRPF e I s/Sociedades, sin poder alterar la presión fiscal global, y asumiendo los hechos imponibles determinados por el Estado. Mientras que en IVA, e Impuestos Especiales, la única potestad que tenemos es la de recaudación.

Por otro lado, estos documentos dejan claro que solo existe una "cesión de tributos", a cambio de la cual hay que ingresar en las arcas españolas lo que así determine Madrid, en concepto de "Cupo".


El CUPO bruto es el importe que cada año se paga a Madrid por las competencias que mantiene en potestad exclusiva el Estado, y por aquellas que aún cuando el Estatuto de Autonomía y el Amejoramiento las incluyera como transferibles no se han transferido. Su calculo es simple. De los presupuestos generales del Estado se determina el importe que corresponde a todas estas partidas y se aplica el 6,24% a Araba, Bizkaia y Gipuzkoa, en su conjunto, y el 1,6% a Nafarroa. El importe resultante es de obligado pago, al margen de las propias disponibilidades económicas de las haciendas vascas. Además es el Estado el que tiene la potestad para decidir cuanto se gasta en Defensa, Interior, Casa Real, etc. y Hego Euskal Herria debe de pagar, aunque sus opciones de gasto no coincidan.


Los porcentajes del 6,24% y el 1,6%, se calcularon en base al peso relativo de la economía vasca en el contexto estatal. En un momento histórico que Bizkaia y Gipuzkoa, ocupaban el 1º y 2º lugar en el ranking provincial estatal, se tenían tasas de paro inferiores al 3% y saldos migratorios positivos. A pesar del deterioro sin paliativo de estos datos, que tras una reconversión y desmantelamiento industrial centrado en HEH hicieron descender en posiciones a Bizkaia y Gipuzkoa casi hasta el lugar 30º, del citado ranking, los índices se han mantenido invariables. Por otra parte, la inversión pública estatal, ha ido castigando a HEH y ha ido disminuyendo paulatinamente, lo que los flujos económicos con Madrid (el dinero que sale vía Cupo, cotizaciones sociales, juego..., menos el que entra vía inversiones estatales, prestaciones públicas, premios de juego, flujo deficitario con la Unión Europea, etc.) son claramente negativos para HEH, cifrándose en más de 600.000 millones anuales los recursos financieros netos que salen de HEH hacia Madrid, sin ningún tipo de compensación. Este dato representa el desfavorable marco de relaciones financieras impuesto por el Gobierno español, además de una perdida de recursos que por si mismos podrían hacer frente al pago de la renta básica y de la política de empleo y vivienda propuestas.


En la propuesta de construcción nacional, deben de variar las competencias propias de HEH, reflejadas en un nuevo marco de ingresos y gastos, que no es ajeno al Concierto Económico y al Convenio. Deben de romperse los encorsetamientos impuestos, y negociar en un plano de igualdad.


La sociedad vasca ha de decidir, en función de sus criterios de construcción nacional, el tipo de sistema tributario a desarrollar, y el nivel de sus acuerdos financieros con otras realidades territoriales. Así este sistema variará en función de los acuerdos que la sociedad vasca tome en orden a integrarse en unidades supranacionales, o como resultado de acuerdos bilaterales con otros países, sin más obligaciones que las que surjan de la ratificación de dichos acuerdos. De la misma forma, los flujos financieros con el exterior estarán en función de los compromisos que adquieran las instituciones vascas con otros países del entorno, como el Estado español, francés o la Unión Europea, y con el resto de las organizaciones Internacionales, pero en ningún caso serán fruto de imposiciones como las surgidas como resultado del Concierto y del Convenio, que además de recortar nuestra soberanía, resultan perjudiciales para un desarrollo autónomo de Euskal Herria.


- POLÍTICA FINANCIERA:

El sistema financiero está integrado fundamentalmente por el Banco Central, las Entidades Oficiales de Crédito, la Banca Comercial, y las Cajas de Ahorro. Son instituciones a través de las cuales se crea el dinero, se determina la política monetaria y se financia el sistema económico, canalizando fondos desde el ahorro hacia el crédito y la inversión.


Es evidente la gran importancia que tienen las Cajas, cuya naturaleza, al menos en su origen, determina su carácter social. Sus grandes recursos canalizados adecuadamente hacia sectores productivos y no especulativos, pueden ser grandes generadores de riqueza y ayuda al desarrollo de Euskal Herria.


Se debe prestar especial atención a los aspectos siguientes:


- Creación de un Banco Público Vasco, para llevar a cabo las directrices y objetivos de la política económica emanadas del Gobierno de Euskal Herria.


- Creación de una Institucion Financiera Vasca, lo más global posible, para establecer unas directrices sobre la forma de invertir más adecuada para nuestras Cajas de Ahorro, Bancos y Compañías de Seguros. Concretamente, las Cajas de Ahorro han de estar coordinadas, y para ello contamos actualmente con un único instrumento, la Federación Vasco-Navarra de Cajas, que deberíamos impulsar más y extenderlo a toda Euskal Herria. Por otra parte, en la medida que vayamos concretando la estructura política de Euskal Herria tendremos que adecuar a esa estructura el modelo de Caja que propugnamos. Es decir, cabe la fusión o que las instituciones de cada herrialde guarden su propia autonomía.


- Objetivos de la Cajas de Ahorro:

- Los sectores prioritarios para canalizar las inversiones de las Cajas de Ahorro son: energía, telecomunicaciones y medioambiente, inversión en infraestructuras, construcción, I+D, economía social, apoyo a las PYMEs, coparticipación en política de vivienda, etc.

- Democratizar los Consejos de las Cajas y hacerlos realmente participativos.

- Coordinación de las Cajas de Ahorro, impulsando la Federación de Cajas de Euskal Herria.


- Generar un ahorro popular, canalizado hacia inversiones no especulativas.




- POLÍTICA DEL SECTOR PRIMARIO.

*Se desarrollará en un documento aparte para su tratamiento específico.

- POLITICA INDUSTRIAL Y DE FORMACION:

La política industrial debe ser el instrumento básico de un gobierno para dar coherencia y fortalecer la estructura productiva del país. Esta debe ser entendida como una política globalizadora en la que se integrarían aspectos relacionados no sólo con la industria en sentido estricto, sino también con la innovación, tecnología, formación, empleo, medio ambiente, infraestructuras, ordenación del territorio y, con la estructura productiva en general (sector primario y terciario incluidos).


Sin embargo, la política industrial aplicada en Euskal Herria ha sido de corte liberal y no ha facilitado la necesaria modernización y diversificación productiva, a pesar de los caudales públicos invertidos en los diversos planes.


El quehacer de la política industrial en los próximos años deberá hacer frente a los siguientes retos:

- Impulso y modernización de los sectores tradicionales, mediante:

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manca una parte
by vrem Saturday, Aug. 31, 2002 at 3:24 AM mail:

e le bombette dell'eta sotto a che capitolo vanno?

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Batasuna
by xxx Saturday, Aug. 31, 2002 at 7:54 AM mail:

Questo, è uno stralcio da un documento di Batasuna, non di ETA, pertanto le bombette non c'entrano.

E' stata chiesta "qualche riflessione sulla possibilità di essere nazionalista e di sinistra allo stesso tempo", mi pare che qualche spunto ci sia.

Ma la garzonite è contagiosa?

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per completezza
by xxx Saturday, Aug. 31, 2002 at 8:59 AM mail:

mi sono accorto che manca una parte del documento di Batasuna: eccola.


- Impulso y modernización de los sectores tradicionales, mediante: a) la configuración de bloques productivos estrechamente interrelacionados (por ejemplo, bloques siderúrgicos-productos metálicos,..), b) ajuste del grado de apertura actual de la economía vasca (peso de las exportaciones e importaciones respecto al PIB) con una política adecuada de sustitución de importaciones, sacando el máximo provecho a la capacidad de arrastre.

- Diversificación e impulso de las actividades productivas nuevas y de mayor valor añadido (informática, robótica, telemática, biotecnología, recuperación medioambiental, ingeniería urbana,..) con una planificación cuidadosa.

- Industrias propias de servicios estrechamente ligadas a la producción. Las industrias de telecomunicaciones, programas informáticos, consultorías especializadas en gestión..., son piezas imprescindibles en un desarrollo endógeno y equilibrado.

- Papel del Sector Público. Adquiere una triple vertiente: a)de tipo macroeconómico. Abarcaría los aspectos financieros, medidas fiscales, política laboral, infraestructuras, formación, Investigación y Desarrollo y Política medioambiental. b) Empresa pública. Consideramos que es un instrumento básico para llevar a cabo la política industrial descrita. Merecen destacar: 1.- su ámbito de actuación. Abarcaría tanto las empresas actuales de titularidad estatal francesa y española como las vascas, así como los sectores emergentes de alto contenido tecnológico y demanda creciente. 2.- grado de participación, mediante el que se asegure el control estratégico de las empresas. 3.- Agencia de Desarrollo Industrial. Intervención pública a través de actuaciones articuladas alrededor de un ente institucional (Agencia de Desarrollo Industrial) para todo Euskal Herria, abarcando actuaciones en el área de promoción industrial, infraestructuras empresariales, promoción tecnológica, área de internacionalización, área financiera y área de gestión empresarial (calidad total,..). Dichas actuaciones han de contar con dotaciones presupuestarias suficientes.

- Pequeñas y Medianas empresas. Especial atención merecen las PYMEs vascas. Más del 80% tienen menos de 20 personas empleadas y, quitando contadas excepciones, adolecen de problemas en el área de gestión, formación continua, financiación, comercialización, I+D. En suma, carecen de un enfoque estratégico en sus actuaciones. La intervención pública para el diseño estratégico de las PYMEs vascas es fundamental.

- Inversión endógena. Se deberá primar la inversión endógena frente al capital exterior, ya que éste último no permite automáticamente, la regeneración de nuestra economía, con el agravante de que sus movimientos no pueden ser mínimamente controlados ni por parte de la población trabajadora, ni de las instituciones públicas ni de la sociedad en general.

- Investigación y Desarrollo. La política tecnológica es un factor central en el desarrollo del tejido productivo vasco. Se debe elevar el gasto de I+D a porcentajes similares a la media de la Unión Europea (1,8% del PIB).


Por lo que se refiere a la formación, conviene realizar las consideraciones siguientes:

- Formación continua. Muy importante para acompasar las cualificaciones de los colectivos laborales a los cambios tecnológicos, económicos y organizativos de las empresas y actividades productivas. A pesar de las importantes cantidades asignadas para la formación continua, su eficacia ha sido muy reducida al no aplicar una formación de carácter estratégico. Los objetivos específicos deberán ser: a) Alcanzar el nivel 3 (profesional superior) de cualificación en determinados contingentes laborales con un bajo nivel de estudios. b) Mejorar el grado de cualificaciones laborales y profesionales tanto a nivel 3, como a nivel 4 (enseñanzas medias y universitarias de la industria vasca). c) Para los adultos con bajo nivel de formación conviene diseñar un bachillerato específico e impulsar la cualificación de las trabajadoras para puestos y categorías en las que están subrepresentadas.

- Formación profesional (FP). Hay que potenciar para el conjunto de Euskal Herria una Agencia para el desarrollo de cualificaciones (tal como plantea el Plan de Formación Profesional para Araba, Bizkaia y Gipuzkoa), que defina la estructura de las cualificaciones profesionales y su evolución, tanto para la FP reglada, como para la FP continua y ocupacional, dotándola de recursos, personal y medios adecuados a los retos existentes, entre los que resaltamos la necesidad de hacer frente a la desigual participación de las mujeres y hombres en el mercado laboral.

- Enseñanzas universitarias. Conviene distinguir la problemática de Hego Euskal Herria con la de Ipar Euskal Herria. En Hegoalde, sin olvidarse del carácter especulativo y humanístico de la Universidad, conviene: a) La adaptación a la dinámica del sistema productivo y del desarrollo social (nuevas necesidades sociales, sanidad alternativa, dietética,...). b) Lo anterior conlleva la necesidad de elaborar un mapa de titulaciones universitarias acorde con la dinámica y estructura del tejido productivo. c) Implantación de una institución específica (concretamente la Agencia de Cualificación Profesionales y Universitarias), dotada de recursos personales y medios adecuados. Por lo que se refiere a Iparralde, la actual estructura de la Universidad en Baiona, subordinada a la Universidad de Pau, tiene una serie de carencias entre las que se pueden destacar: a) un abanico de Diplomas reducido, como consecuencia de una oferta de formación limitada, b) concentración de 4/5 partes del alumnado en materia de ciencias sociales (fundamentalmente área jurídica, economía y gestión), con la consecuente falta de adaptación a las necesidades del mercado laboral, c) expatriación a Francia del alumnado vasco al no contar con las especialidades requeridas, d) número de estudiantes reducido que no permite alcanzar una masa crítica suficiente, e) profesorado cualificado insuficiente, f) investigación excesivamente centrada en el campo jurídico-económico (concretamente el Centro de Documentación y de Investigación Europea gozan de reconocido prestigio), con graves lagunas en el plano científico y técnico.

- La enseñanza del euskara y en euskara a lo largo de los diversos tramos formativos. En el conjunto de Euskal Herria hay que acentuar la necesidad de la enseñanza en euskara y del euskara, especialmente en las zonas donde nuestra lengua no está reconocida, y haciendo especial hincapié en la Formación Profesional (dada la casi inexistencia de enseñanzas en euskara en este nivel formativo), y en la Universidad en sus diversos centros, tanto públicos como privados, potenciando los demas niveles educativos.




- POLITICA DEL SECTOR SERVICIOS.

El sector servicios, en continuo crecimiento, representaba a mediados de la década de los 90 en Euskal Herria el 58,8% del PIB. La oferta de servicios en torno a la agricultura, industria y personas (sanidad, educación, cultura, turismo, etc) debe de adaptarse a los profundos cambios que se están produciendo en la sociedad. Especial atención debe prestarse en los próximos años a los campos de actuación que se especifican a continuación:


- Servicios conexos a la industria. Rompiendo la tendencia actual (expansión atípica de servicios desligada de la reindustrialización), la terciarización de la economía vasca debe estar ligada a un soporte industrial sólido. Por ello deben existir empresas de servicios con la dimensión adecuada, única forma de competir en el nuevo entorno europeo e internacional, de consulting y de marketing (planes estratégicos, marketing directo, publicidad, promoción, estudios de mercado).


- Distribución. Impulsar y proteger el pequeño comercio, cuando ello no esté reñido con la modernidad y con la eficacia, debe ser un objetivo del sector público. Este deberá apoyar decididamente aquellas acciones emprendidas por los pequeños comerciantes (publicidad, promoción, imagen, ventas directas, técnicas modernas de gestión,..) en aquellos sectores y segmentos de mercado considerados oportunos.


- Transporte. Las organizaciones representativas del sector transporte deben participar en el diseño, ejecución y control de los planes de futuro para el mismo, en el reparto y control de las ayudas otorgadas por las distintas administraciones, y en la elaboración y seguimiento de un plan que recoja las enfermedades profesionales del sector para que se homologuen con el resto de enfermedades profesionales ya reconocidas.


- Turismo. Para calibrar todas las posibilidades del turismo vasco hay que llevar a cabo un análisis exhaustivo que muestre nuestras debilidades y fortalezas respecto al turismo de países terceros, el tipo de turismo más adecuado (interno, externo, agroturismo, estacional, permanente, cultural, etc...) y en última instancia la adecuación de la demanda a la oferta para evitar inversiones estratégicas faraónicas de grave impacto socio-ecológico, cuya rentabilidad socio-económica es muy dudosa. Merece especial atención el impulso del turismo interno, creando circuitos a nivel de Euskal Herria con el objeto de aumentar la comunicación y el conocimiento mutuo entre los diferentes herrialdes de nuestro territorio.


- Servicios Públicos. Los principales retos son:

- Caracter universal de los servicios públicos (sanidad, educación,..) y ampliación de los mismos a las necesidades que se cubren en el ámbito doméstico.

- En el área de la sanidad, la inclusión en los servicios públicos de servicios básicos hoy en manos de grupos de presión (odontología, medicinas alternativas contrastadas como la naturopatia,..).

- Mayor calidad en la prestación.


- Interacción sector terciario-ocio (PSA). La interacción entre el sector terciario y el ocio será grande generando una nueva demanda de servicios culturales, atención a la infancia, tercera edad, medio ambiente, área internacional, ... y una oferta muy intensiva en mano de obra, con una escasa utilización de recursos naturales. La Participación Social Activa (PSA) supondría la incorporación de la juventud en paro a las labores sociales citadas anteriormente recibiendo como contrapartida un salario social digno. El objetivo consistirá en la ordenación de la PSA, estableciendo en los próximos años municipios pilotos para llevar a cabo esta acción.


- POLITICA COMERCIAL INTERIOR.

El comercio interior desempeña un importante papel en el desarrollo del tejido productivo, ya que por medio del mismo se establecen los canales para la distribución de la producción, haciendo llegar ésta hasta los consumidores finales. Nuestra estructura comercial ha de estar configurada por formas comerciales situadas en el interior de nuestros pueblos y ciudades, que posibiliten la generación de empleo y riqueza a nivel local, retengan el excedente producido, potencien el tejido económico local, tanto el productivo como los servicios, conformen un espacio de relaciones sociales y comunicación, y generen un importante ahorro de costes sociales y medioambientales producidos fundamentalmente por la utilización excesiva del automóvil.


- Comercio integrado en nuestros pueblos y ciudades, que permita el desarrollo de diferentes servicios a su alrededor, proporcionando vida social a nuestras calles, haciendo de las mismas centros de encuentro y de relación. Establecimiento de medidas jurídicas que limiten eficazmente la apertura de Grandes Superficies.


- Fomentar los mercados municipales, los mercadillos, así como ferias, en los que se comercializan productos de la tierra, manteniendo la tradición de consumir productos frescos y cercanos.


- Impulso a una política comercial participativa, que ha de ser diseñada por las instituciones en sus diferentes niveles con la intervención activa de los agentes sociales implicados y, especialmente, con la participación de las personas productoras, de las comerciantes y de las asociaciones de consumidores y consumidoras.


- Creación de un servicio de asesoramiento a nivel municipal dirigido a aquellas personas que pretendan abrir nuevos comercios, orientándolas sobre la viabilidad de los proyectos, su oportunidad e idoneidad en función del entorno local, de la dotación de equipamientos comerciales y de la planificación realizada.


- Impulso al asociacionismo entre los comerciantes, por las positivas repercusiones que tiene para el desarrollo de la actividad comercial.


- Estímulo para la compra de productos vascos, que fomente el desarrollo del tejido productivo propio, para el mantenimiento y la creación de empleo. Creación de la etiqueta "Euskal Herrian egina".


- Regular el embalaje y etiquetaje de los productos, para dar una información veraz y concreta sobre sus características.


- Mantenimiento, ampliación y restructuración de Lábeles de Calidad o Denominaciones de Origen, que se diferenciarán por zonas de producción.


- POLITICA DE COMERCO EXTERIOR.

Una política acertada en este ámbito es importante si se tiene en cuenta el caracter muy abierto de nuestra economía, lo que corresponde a la pequeña dimensión de nuestro país.


Se debe prestar especial atención en los próximos años a:


- Elaboración de un Plan estratégico global por parte de la Administración donde se establezca el grado de integración regional adecuado de la actividad económica y la apertura exterior idónea a nivel sectorial, tanto a nivel cuantitativo, como a nivel de distribución geográfica, abarcando la importación y exportación de mercancias y las inversiones directas en el exterior, cruciales en un mundo tan globalizado como el actual.


- Identificación de las empresas cuya estrategia más adecuada es la local y la mixta (local e internacional).


- Asistencia pública y selectiva a las PYMEs, tanto en las medidas clásicas de fomento a la exportación (financieras, arancelarias, de promoción,...), como en la información de los mercados. Este tipo de ayudas debe ser lo más "a la carta" posible, y condicionado a la elaboración en las empresas de un Plan Estrategíco de Marketing Internacional.


- Creación de un Instituto Vasco de Comercio Exterior, coordinado con las Cámaras de Comercio de los seis territorios.


- Ventanilla única de información operativa instalada en las Cámaras de Comercio.


- Consolidación de los canales de distribución propios de las empresas en el exterior, intensificando la creación de consorcios (agrupación de empresas).


- Oficinas comerciales vascas propias en lugares estratégicos, y acuerdos de cooperación con otros Estados en lugares no estratégicos.


- POLÍTICA DE TELECOMUNICACIONES.

La revolución electrónica ha impulsado un profundo cambio en el mundo de las telecomunicaciones. La telemática (conjunción del teléfono y el ordenador), la telefonía móvil, los satelites espaciales, Internet, las nuevas autopistas de la información, (red por cable óptico, por el espacio,..), configuran un nuevo horizonte tecnológico cuyas repercusiones son múltiples.


Todo ello ha abonado el terreno para el desarrollo e instalación de empresas especializadas en nuevas tecnologías, especialmente en tecnologías de la información, configurando lo que se ha dado en llamar la Sociedad de la Información o de la Comunicación. Quizá el emblema de esta sociedad sea Internet, que a través de conexión de ordenadores abre una nueva era llena de interrogantes en el mundo de la información, que afecta a la industria, a profesionales y a personas individuales. y de cuyos beneficios nos estamos aprovechando ya, pero al mismo tiempo, también estamos padeciendo los perjuicios de una introducción impuesta: nuevas formas de explotación unidas al teletrabajo, control social,...


El problema de integrar las nuevas tecnologías en la sociedad no es simplemente una cuestión de hacer que las instituciones sociales siguan al paso de estas nuevas tecnologías; es también un problema de modificación de la naturaleza y el ritmo de estas nuevas tecnologías para adaptarlas a las necesidades reales de la sociedad. En este sentido, el Sector Público Vasco debe tutelar con su intervención el desarrollo de un sector de la importancia y complejidad de las telecomunicaciones, mediante las siguientes actuaciones:


- Plan de Desarrollo Industrial, adaptado a las posibilidades de I+D de Euskal Herria.


- Ayuda a los municipios para estimular la construcción de redes locales y redes de acceso, incluso en las zonas menos pobladas del País.


- Previsión de usuarios de Internet en los próximos años, (empresas, colegios, edificios públicos, hogares,...) con las ayudas y orientaciones pertinentes.


- Opción por la forma de comunicación más adecuada: cable o satélite.


- Impulsar la tarifa plana de Internet.


- Diversificar los medios de telecomunicaciones.


- Neutralizar el riesgo del control de la ciudadanía, mediante libre acceso a los bancos públicos de datos para eliminar la información considerada no pertinente.


5.- Definición de la estrategia para conseguir los objetivos


La nueva Unidad Popular tiene que darle un verdadero protagonismo a la transformación social en el trabajo político y en la práctica diaria. En este sentido su objetivo fundamental es crear un modelo económico y social alternativo, basado en la solidaridad y en la calidad de vida de toda la ciudadanía. No solo en la teoría sino en la práctica, haciendo propuestas concretas partiendo de la realidad actual.


Uno de los ejes fundamentales de nuestra alternativa debe de ser la creación del Espacio Socioeconómico Vasco y el Marco Vasco de Relaciones Laborales. Y dentro de este objetivo debemos dar prioridad a la estructuración de los sectores estratégicos de nuestra economía como son la agricultura, la pesca y la industria. Sin olvidar tampoco el Sistema Financiero, los servicios y las infraestructuras.


Resumiendo, el norte que tiene que marcar nuestra estrategia política es "soberanía económica para crear una sociedad socialista".


Esta estrategia política exige que los temas socio-económicos formen una línea de trabajo prioritaria, dando respuesta a los problemas que tiene esta sociedad. Esto es, tenemos que lograr introducir los temas socio-económicos en la dinámica diaría, al mismo nivel que el resto de apuestas que constituyen nuestro ideario político. No podemos esperar hasta la independencia para estructurar nuestra economía y trabajar por un modelo de desarrollo alternativo.


Para ello tenemos que poner los mecanismos necesarios para demostrar que frente al ataque del neoliberalismo es posible y además necesario e imprescindible empezar a organizar un nuevo modelo basado en valores de solidaridad y reparto de la riqueza, empezando por Euskal Herria y colaborando con todos aquellos movimientos sociales y organizaciones políticas nacionales e internacionales que están dispuestas a trabajar en la misma dirección.


Además, tenemos que quitar el miedo de nuestra militancia a trabajar los temas económicos y sociales. Trabajar los temas económicos y sociales es resolver los problemas que tienen nuestro pueblos y barrios. Para ello, además de fortalecer nuestra trabajo nacional y de herrialde, tenemos que organizarnos y trabajar a nivel local creando dinámicas que vayan dirigidas a solucionar las carencias fundamentales. Siempre teniendo en cuenta que partimos de una realidad concreta y que los avances se verán poco a poco.


Desde el punto de vista ideológico, tenemos que preparar a nuestra militancia local, de herrialde y nacionales para desarrollar los temas socioeconómicos y hacer frente a los ataques provenientes del sistema imperante. Para ello, tenemos que darle a la formación ideológica la importancia que merece.


También es necesario que toda la estructura de la nueva Unidad Popular, empezando desde la Ejecutiva Nacional hasta la última estructura local asuman la función de dinamización de los temas económicos, sin dejarlos solo en manos del área socioecónómica.


No podemos olvidar tampoco la importancia que tiene el campo comunicativo. Por eso, tenemos que poner los medios necesarios para que la sociedad vasca y nuestra militancia conozca las propuestas y las valoraciones que hacemos sobre las cuestiones sociales y económicas. Teniendo en cuenta, sobre todo, las dificultades que vamos a tener por parte de la mayoría de los medios de comunicación actuales para propagar nuestros mensajes.


Nuestro trabajo deberá de ir enfocado a combinar la presentación de alternativas concretas, con la organización de una estructura adecuada, la movilización y lucha institucional, equilibrando todas estas actuaciones en aras a obtener el máximo rendimiento social y político.


Para terminar, el ámbito de las alianzas lo tenemos que situar en una dirección muy concreta, es decir, trabajando codo con codo, con todas aquellas organizaciones sociales, sindicales y políticas que apuesten por la transformación social de Euskal Herria y del planeta en el que vivimos. Tanto en nuestros pueblos y barrios para hacer frente a problemas locales, como a nivel de herrialde, nacional e internacional. Conviene recalcar la interlocución, el contraste de propuestas y el trabajo que debemos de hacer con la mayoría social y sindical de nuestro pais para afrontar retos tan importantes como son la creación del Espacio Socioeconómico Vasco, el reparto del trabajo y de la riqueza y de todas aquellas líneas de trabajo socio-económicas donde tengamos los mismos puntos de vista.


Euskal Herria, 2001-03-05

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in poche parole
by víctor Saturday, Aug. 31, 2002 at 10:55 AM mail:

In poche parole, XXX, perché è sabato e sto andando al mare (sono al sud della penisola iberica)...
Secondo me il 99% per cento di quel programma (eccetto cosette come EUSKAL HERRIA DUEÑA DE SU DESTINO che sembrerebbe un'espressione copiata dal motto con cui Franco ci ha martoriato per quarant'anni cambiando Euskal Herria per España) potrebbe essere firmato da un sacco di organizzazioni politiche di sinistra, no global, alternativi ecc... ecc.... della città dove passo le vacanze. O di tante altre città sparse per il mondo.
Ma se qui, in questo momento, parliamo di Batasuna non è per la sua ideologia di sinistra (identica a quella di tanti altri gruppi) ma per il suo atteggiamento di complicità, appoggio, interscambi di persone, e simpatie per un gruppo che UCCIDE quelli che non sono del loro parere.
PER CUI TUTTA QUELLA SANTA E LEGITTIMA E NIENTE MALE IDEOLOGIA DIVENTA UNA IDEOLOGIA DEL CAZZO PERCHÉ COMPLETAMENTE ANNULLATA DAL LORO MODO DI AGIRE.
Tu, XXX, ripeti spesso che Batasuna non c'entra niente con Eta (anche quando come uno che ha intervenuto ha chiesto logicamente dove sono le bombette?), ma qui, e mi dispiace, ti sbagli. Vedi, quando io dico Batasuna non intendo dire tutti i membri o tutti quelli che simpatizzano per quel partito. Intendo dire i dirigenti, gli organizzatori, i capi. E le prove (madonna! più di mille prove ha appena apportato il governo spagnolo oggi di connivenza di Batasuna con Eta solo negli ultimi mesi. Con filmati, documenti batasuni falsi, inequivoche istruzioni interne, soldi negli stessi conti correnti, decine di batasuni che poi appartenevano a Eta e viceversa.
Nessuno può continuare a pensare che batasuna è solo ideologia (legittima) e che Eta è assassinio e massacro.
Gli uni si appoggiano agli altri.
Io ti proporrei di liberarti di quella coscenza che magari ti tormenta dentro e gridare "Sì, voglio l'indipendenza di Euskalherria anche se dobbiamo ancora ammazzare altra gente", e via. Da quel momento sei già un vero batasuno.

(Che però, quante imprecissioni nel documento-programma: propone che con la soberania si potrebbero fare tante cose ma si dimenticano che il governo basco ha già da anni e anni il potere di fare moltissime di quelle cose... ah, dimenticavo, che il governo basco è di destra... ah, dimenticavo, che la metà dei baschi vogliamo ancora appartenere allo stato spagnolo, ah, dimenticavo, che hanno solo il sette per cento dei voti... ah, dimenticavo, che a San Sebastian, la zona più batasunera il partito più votato è quello di Aznar... troppe difficoltà, è logico che si vogliano imporre con le pistole)


laster arte, xxx

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Ebbravo Victor
by xxx Saturday, Aug. 31, 2002 at 1:33 PM mail:

Sono tre giorni che dai del fascista e, quando leggi un documento di Batasuna, ti accorgi che propone idee chiaramente di sinistra, addirittura perfettamente compatibili con parte del Movimento, persino valide per altre parti del mondo; insomma non è certo il Vangelo, ma è proprio dura accostarle al nazifascismo e demoliscono le argomentazioni di tutti quelli che, a sproposito ed in malafede, insistono nell'accusare Batasuna di fascismo sostanziale.

Ti ricordo, brevemente, che se stiamo parlando di Batasuna in questo momento non è nè per la sua ideologia, nè per il suo atteggiamento rispetto la lotta armata, ma perchè è stata messa fuori legge.

Caduto, dunque, l'argomento "fascisti", passi a sostenere che qualsiasi cosa dica Batasuna, viene inficiata da "complicità", "appoggio", "interscambi di persone" e "simpatie" con un gruppo che uccide quelli che non sono del suo parere.
Andiamo con ordine: la complicità e gli appoggi sono tutti da dimostrare, visto che nessuna persona, per ora, è stata accusata di fatti concreti e quando, in passato, Garzon o altri ci hanno provato hanno sempre dovuto rimangiarsi tutto (ricordi l'arresto della Mesa Nacional di Herri Batasuna?). E' un principio giuridico elementare quello per il quale se vi sono dei reati, questi vanno addebitati a delle persone fisiche e non si può condannare un'intera struttura (partito, associazione ecc.); diversamente, converrai che (è solo un esempio) visto che alcuni membri della Guardia Civil o della Polizia sono stati riconosciuti colpevoli di torture o di altri reati, l'intero corpo andrebbe sciolto; oppure, visto che alcuni membri del PSOE sono stati riconosciuti colpevoli di ruberie ed altre illegalità, il PSOE andrebbe messo fuori legge.
Oltretutto, i provvedimenti imposti a Batasuna sono effettivi ancora prima che si svolga un processo in tribunale e questo vuol dire applicare una pena prima che vi sia un verdetto di colpevolezza: mica male per una sedicente democrazia...
Gli interscambi di persona: se stiamo parlando di ex militanti di ETA che, dopo aver scontato anni di galera per la loro militanza entrano in Batasuna e, magari sono eletti a qualche carica istituzionale, mi pare che tutto sia legale, altrimenti non potrebbero neppure candidarsi: si può legittimamente non essere d'accordo sulla scelta di candidarli e di votarli, ma questo non toglie che se la cosa è legale, non può essere motivo di messa al bando di una coalizione elettorale.
Quanto alle simpatie, se permetti, ciascuno trova simpatico chi vuole e questo può essere considerato un delitto solo da dei fascisti; mi pare che nello Stato spagnolo siano in parecchi a trovare simpatici Franco ed il suo regime: tutti in galera? tutti fuori legge?
Insomma, mi pare che in questo caso la legge non sia uguale per tutti, ma sia studiata ed applicata come fa comodo.

Un inciso (che potrebbe costarmi la galera): ETA non uccide quelli "che non sono del suo parere", ma colpisce persone che, a suo giudizio, (NON STO DICENDO A MIO GIUDIZIO, NE' DICO CHE FA BENE) sono responsabili dell'oppressione imposta al Paese Basco; a volte ci vanno di mezzo anche degli innocenti e, a questo proposito, va ricordato che, spesso, la responsabilità non è stata attribuibile solo a ETA.
Chiarisco che, personalmente, non condivido l'utilizzo degli esplosivi, proprio per l'elevatissimo rischio che questo comporta; ritengo, inoltre, che usare le armi sia sempre una decisione estremamente dolorosa, ma trovo assolutamente ipocrita chi si straccia le vesti perchè qualcuno ritiene di risolvere dei problemi impugnando le armi e poi non esita a partecipare a guerre ed utilizza la violenza per "contenere" le questioni sociali.
Ricordiamoci che l'integrità dello Stato spagnolo è, secondo la sua Costituzione, garantita dall'esercito, dunque una forza armata è pronta ad intervenire in qualsiasi sistuazione, anche la più democratica, che veda minacciato il dominio spagnolo sul Paese Basco.

Dici che mi sbaglio quando sostengo che Batasuna non è ETA: se tu avessi una sola piccola prova valida di ciò che dici, credo che lo Stato spagnolo ti ricompenserebbe profumatamente per questo.
Hai troppa fretta: Garzon, per ora, non ha presentato nemmeno una delle mille prove di cui tu parli e, a quanto anticipa la stampa spagnola, si taratterebbe solo delle sue ormai vecchie farneticazioni: supposizioni, teoremi, nulla di concreto nè di accettabile in qualsiasi Stato che pretenda di chiamarsi "di diritto".

Ti assicuro che non ho bisogno di essere "un vero batasuno" per stare dalla parte di chi si batte per un diritto elementare come quello di poter decidere cosa vuole essere.

Non dimenticare che non è certo Batasuna ad aver chiuso la via al dialogo ed alla possibilità di risolvere il conflitto. Se stiamo ai fatti è lo Stato spagnolo a fregarsene di quanti morti e quanto dolore costerà ancora questo problema: Batasuna ha avanzato una proposta di risoluzione assolutamente ragionevole, la risposta è stata la sua messa fuori legge.
Allo stesso modo ETA ha rispettato 14 mesi di tregua unilaterale: la risposta dello Stato spagnolo è stata l'arresto dei suoi negoziatori, l'assassinio mascherato da suicidio del suo militante Joselu Geresta e l'inasprimento della repressione.
La società basca ha saputo costruire quello che è noto come "Accordo di Lizarra", un accordo aperto a utti coloro che avessero voluto risolvere le cose in maniera dignitosa e demopcratica: gli spagnolisti ci hanno sputato sopra, hanno fatto tutto quello che potevano per farlo fallire, il risultato è stato la ripresa della guerra.

E i batasuni sarebbero quelli da condannare?

Invece di continuare a delirare prova a dire come, secondo te, si può uscire da questa situazione: se la tua risposta sarà uguale a quella di Aznar, pazienza, vorrà dire che parlare con te non serve a nulla. Se, invece, hai qualche proposta (magari migliore di quelle avanzate dai batasuni) se ne può parlare.

Adesso goditi la spiaggia e non pensare a quei "figli di papà" che stanno difendendo la loro dignità (e anche la tua, se è vero che sei basco) dalla violenza della sbirraglia al servizio di Madrid.

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Chiarimenti
by victor (quello vero) Sunday, Sep. 01, 2002 at 9:49 AM mail:

Un chiarimento tecnico che spero non ti dispiacerà: Aitor è già partito di ritorno a casa sua in Euskadi (31 agosto). Io sono Víctor, quello che ha tradotto le sue parole (ma sono spagnolo lo stesso). Siamo arrivati per caso in questo vostro sito web e ci è sembrato interessante stare continuare questo dibattito. Ma lui di internet non ne sa niente -è vecchiotto- per cui non penso che vi risentirete.
Sappi che Aitor (61 anni-comunista-reppublicano) è stato molto perseguito ai tempi di Franco dai fascisti (prigione qualche anno) ma che è stato solo nei tempi moderni quando certi elementi della sua città -e come li chiamiamo allora?- hanno incendiato ben due volte la sua libreria (1983, 1997)e minacciato con bigliettini la sua famiglia (e per Aitor -e lo diceva sempre- questo è stato molto, ma molto peggio-). XXX, hai studiato la storia? Anche quella italiana? E allora saprai qual'è stata l'ideologia di partenza di un tale Benito Mussolini (la sinistra del partito di sinistra).
Io, diversamente da Aitor, sono più freddo nell'analisi (lui, è logico, si scalda subito...) e non mi è mai piaciuto DISCUTERE SUI DATI, perché sui dati non si discute, i dati si verificano o non si verificano, e basta.

E allora io ti chiederei:

hai letto il documento del governo (consegnato ieri al Tribunal Supremo)in cui si allegano quasi 1000 prove di accusa che dimostrano che Batasuna ed ETA fanno parte di uno stesso movimento organizzativo? Cioè, non parliamo di simpatie o di complicità (e non parliamo neanche delle iniziative parallele di Garzón), ma di documenti scritti e firmati da membri di Eta e Batasuna, filmati di azioni in comune, conti correnti e evidenti movimenti bancari, dichiarazioni pubbliche (addirittura) di membri di batasuna (l'ultima di un dirigente: "noi non pretendiamo che Eta lasci le armi"), ecc...ecc...ecc... Pensa: più di mille.
Ora, XXX, io con te posso discutere del perché sí o perché no del nazionalismo basco, della logica o la ragione o il torto di quelli che chiedono l'indipendenza totale (perché un'autonomia del settanta per cento sembra che non valga... economia, polizia, sanità, educazione, turismo, agricoltura, ecc... ec... come pure altre regioni in Spagna che è , di gran lunga, lo stato più decentralizzato d'Europa), ma, scusa, e si vede che non vivi in Spagna e senti ogni giorno i telegiornali e senti le dichiarazioni dei batasuni e vedi le immagini, perché penso che se tu dicessi in un ambiente batasuno ad alta voce che batasuna non c'entra niente con eta tu diventeresti sospetto di qualcosa di strano o ti accuserebbero di fare la spia o chisacché. Ovviamente non tutti i batasuni appoggiano attivamente le azioni dell'eta, ma più in alto sei nell'organizzazione più contatti stretti avrai con i pistoleros. E l'illegalizazzione riguarda la struttura del partito, che non ha saputo rinunciare ad appoggiarsi a eta per avere più voti o per avere che gli altri partiti non ne abbiano. Tu non sai in quanti paesi non c'è uno solo che si vuole candidare per fare il sindaco di certi partiti per paura di MORIRE ammazzati e invece quando ci sono le elezioni generali votano a questi partiti il 10-20 % del paese... sono questi gli oppressi di oggi in Euskadi, sono questi gli eroi... e tu da sociologo, me lo sapresti spiegare?)

Bene, non mi va più di parlare di queste cose perché mi sono un po' schifato di dover pensare alle facce dei batasuni (tante volte) quando hanno ammazzato un consigliere socialista di un paesino (che secondo te sarebbe colpevole di oppressione al Paese basco), o uno degli ex ministro socialista catalano (che addirittura aveva denunciato a suo tempo il GAL, ma che era uno dei pochi che non portava la scorta...) che ci lavoravano insieme ogni giorno, e che non hanno il coraggio nemmeno di dire NON È GIUSTO, LO CONDANNIAMO, o quando hanno ucciso un Ertzaina, o quando hanno ucciso un giornalista di sinistra davanti all'edicola dove si comprava la domenica mezza dozzina di giornali (solo perché aveva chiamato assassini gli assassini...)o quando hanno ucciso un consigliere (e sua moglie) del PP a Siviglia, e un altro a Málaga e un socialista col figlio in macchina... Ma tu, XXX, dimmi, perché un consigliere socialista di una cittá del sud della Spagna sarebbe più responsabile di un consigliere socialista di Bologna, o di Pekino, o di Venere?

Quando vuoi ti offro, con Aitor che sicuro che accetta, una passeggiata LIBERA dentro Euskadi ognuno a gridare con un altoparlante in piazza le proprie idee o sentimenti nazionali e vediamo chi sono GLI OPPRESSI e GLI EROI in Euzkadi e chi sono I FASCISTI.
Accetti? Ogni pietra, o minaccia, o vetro rotto in macchina, per aver espresso un parere, dovrebbe solo provenire da un fascista, no?
E facciamo i conti.
E sarebbero dati, no?



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mille prove
by victor Sunday, Sep. 01, 2002 at 11:00 AM mail:

So che capisci o parli bene lo spagnolo.
Leggi tutto e dimmi se la domanda "Batasuna è eta?" non ti sta ancora chiara...


MADRID.- La demanda de ilegalización de Batasuna que presentará el martes el Gobierno en el Tribunal Supremo prueba el uso de instituciones y dinero público en apoyo del terrorismo.



Por ejemplo, en el balcón del ayuntamiento de Anzuola (Guipúzcoa), gobernado por Batasuna, cuelga una foto de José Luis Erostegi Bidaguren, condenado a 177 años de cárcel, por terrorismo como miembro del comando Goiherri. El homenajeado es uno de los etarras que mantuvieron secuestrado a José Antonio Ortega Lara durante 532 días en circunstancias penosas.

A su lado, en el balcón del ayuntamiento, a modo de homenaje, estaba también la fotografía de Carmen Irizar Aranguren, colaboradora del comando Araba.

Estos son sólo dos ejemplos de los muchos que se contienen en la demanda, ilustrados con fotografías tomadas durante este verano y autentificados con actas notariales.

La demanda se ultima durante el fin de semana en el Ministerio de Justicia, bajo la supervisión de José Michavila, y recoge abundante material recopilado durante las últimas semanas por las Fuerzas de Seguridad del Estado y el Centro Nacional de Inteligencia (CNI).

Todo el material se refiere a actuaciones o sucesos que se han producido tras la entrada en vigor de la Ley de Partidos el pasado 29 de junio. Se acompaña también de abundante documentación sobre la trayectoria histórica de Batasuna, Herri Batasuna y Euskal Herritarrok.

Una parte de la documentación, a la que ha tenido acceso EL MUNDO, se refiere a fotografías y actas notariales que prueban cómo Batasuna utiliza su condición de partido político, con representación en instituciones democráticas, para alentar, exaltar o apoyar al terrorismo. Algunas de esas fotografías se reproducen en esta página.

La mayor parte de esas pruebas se refieren a ayuntamientos gobernados por Batasuna en los que se exhiben símbolos, pancartas y fotografías en favor de ETA o que convierten a presos condenados por terrorismo en héroes populares.

Es el caso, por ejemplo, de una fotografía tomada en Hernani (Guipúzcoa) el pasado 12 de agosto, acompañada de un acta notarial que autentifica la imagen y la fecha en que fue realizada.

En las fotografías se ve un gran cartel con las siglas de ETA y el anagrama del hacha y la serpiente, símbolo de la organización terrorista, junto al Ayuntamiento. La demanda asegura que «la autoridad municipal no ha hecho nada por retirarla».

En el propio balcón del ayuntamiento, gobernado por la formación abertzale, «se exhiben oficialmente hasta un total de 14 fotografías correspondientes a condenados o detenidos por crímenes de terrorismo y a los que el ayuntamiento les da el tratamiento de presos vascos».

Las fotos corresponden a los etarras Andoni Murga Zenarruzabeitia, Fernando Alonso Abad, Pedro Aira Alonso, José Javier Zabaleta Elosegi, Juan María Olano, Inmaculada Noble Goikoetxea, José Antonio Pagola Cortajarena, Francisco Lujanbio Galdeano y Javier Arnaiz Etxevarría. Todos ellos están condenados.

Otro caso ilustrado con una fotografía es el de la localidad de Astigarraga donde existe un monumento de homenaje a ETA. La demanda asegura que «según todas las evidencias el monumento fue construido por las autoridades municipales, es mantenido por las mismas y, en todo caso, no han dado orden ninguna para que se proceda a su retirada».

Según la descripción que se hace, el monumento consiste en «una placa de bronce de considerables dimensiones con el hacha y la serpiente de la banda terrorista ETA».

De esa misma localidad, gobernada por Batasuna, es una placa que da nombre oficial a una calle, con los nombres de dos condenados por terrorismo y dos anagramas de ETA.

La placa, según la demanda, también ha sido colocada y sufragada con fondos públicos del ayuntamiento que gobierna Batasuna.

Además, se señala que en las páginas webs de ayuntamientos como los de Astigarraga y Hernani se homenajea a los terroristas con consideración de presos políticos. Estas páginas webs llevan el escudo del ayuntamiento y parecen financiadas con dinero público que administra Batasuna.

La demanda cita, entre otros ayuntamientos, los de Astigarraga, Oiartzun, Zizurkil, Hernani, Anzuola y Villabona.

Estos hechos, entre otros, suponen según el Gobierno conductas especificadas claramente en el artículo 9.3 de la Ley de Partidos Políticos como causas de ilegalización.

La demanda incluye referencias a los silencios de Batasuna ante los atentados, es decir, las negativas a condenar actos terroristas.Pero explica, no obstante, que por sí solo no suponen causas de ilegalización si no fuera porque van acompañados de actos de exaltación y homenaje a quienes los cometen.

Así, otra de las mil pruebas, es la referida a la página web de Euskal Herritarrok. Esta prueba consta de un vídeo acompañado de acta notarial para autentificarla como tal.

«La web de EH (euskal-herritarrok.org) contiene información sobre sus actividades de cara a difundirlas a través de internet al mundo entero. La propia página oficial declara expresamente que su actividad consiste en organizar actos para apoyar a los terroristas, considerando a los terroristas parte integrante de la propia organización y participantes activos de los actos organizados por ellos», asegura la demanda.

Detalla un vídeo que se exhibe en esa página con imágenes de una manifestación de apoyo «a presos políticos, a asesinos convictos y condenados por la Justicia en aplicación del Estado de Derecho, confundiendo así crimen y política».

En esas imágenes «se profieren gritos de aliento al asesinato; vivas a la banda terrorista ETA ( '¡Gora ETA militarra!') y se reitera nítidamente que hay que matar al presidente del Gobierno democrático de España: '¡Aznar, pim, pam, pum!')».

En el vídeo, que según ha podido comprobar EL MUNDO, se mantenía ayer en la página de EH, aparecen encapuchados que, simbolizando a miembros de ETA, reparten octavillas en favor de la organización terrorista entre los asistentes, mientras estos vitorean a la banda.

Otro apartado de la demanda es el listado de unos 140 condenados por terrorismo que ocupan cargos orgánicos o institucionales en Batasuna, en contra de la Ley de Partidos.

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...
by xxx Sunday, Sep. 01, 2002 at 12:29 PM mail:

Proprio come dici tu, anche a partire da un'ideologia di sinistra si può arrivare a comportamenti che di sinistra hanno ben poco; chissà se questo è successo anche al compagno Aitor? Di sicuro è successo a buona parte della Sinistra istituzionale spagnola (I.U.), che di fronte ad una legge fascista ed alla sua applicazione con metodi altrettanto fascisti, ha saputo solo balbettare qualche parola sulla "inopportunità" di questa legge e, al momento del voto, non è stata nemmeno capace di salvarsi la faccia votando contro, ma si è astenuta.

Purtroppo non ho ancora trovato l'intero documento del Governo nel quale si troverebbero nientemeno che mille prove del fatto che Batasuna ed ETA sono la stessa cosa; per quel che ho potuto vedere dalle anticipazioni, si tratta di cose come il fatto che in alcuni comuni governati da Batasuna si trovano lapidi o targhe che ricordano militanti di ETA caduti oppure che in alcuni edifici siano esposte le fotografie di prigionieri di ETA o del fatto che (orrendo crimine!!!) i prigionieri di ETA vengono definiti prigionieri politici o che nel sito internet di Euskal Herritarrok sia visibile un video di una manifestazione durante la quale si lanciano slogan in favore di ETA.

A me, se le famose mille prove sono tutte di questo genere, pare davvero un po' poco per dimostrare che ETA e Batasuna sono la stessa cosa e, tantomeno, mi sembrano motivi validi per mettere fuori legge decine di migliaia di persone.

Eh già, perchè piaccia o no se in molte località si trovano segni dell'appoggio di cui gode ETA forse qualche ragione ci sarà; certo, i "democratici da sempre" sarebbero più felici se potessero far sparire tutto, ridurre al silenzio tutti coloro che non la pensano come loro, ma questo sarebbe facile se, come sostengono gli spagnolisti, ETA fosse solo una banda di pochi pazzi assassini. Visto che le cose non stanno così, è un po' più difficile nascondere la realtà.

Scrivi, molto scandalizzato, che un dirigente di Batasuna avrebbe detto "noi non pretendiamo che ETA lasci le armi": ma credi che se avesse tolto quel "non" dal discorso il problema sarebbe stato risolto? Credi davvero che basterebbe che Batasuna dicesse ad ETA di sparire, questo accadrebbe? Oltretutto, è probabile che la frase che citi faccia parte di un discorso ben più ampio, e posso anche immaginare che si riferisse ad una non pretesa dell'abbandono delle armi da parte di ETA come condizione per l'avvio di un processo di pace.

Come al solito, ecco anche nei tuoi discorsi saltare fuori la faccenda dell'ampia autonomia di cui godono i Baschi: immagino che tu sappia che a 25 anni dallo Statuto, le competenze che esso prevede per i Governi autonomi non sono ancora state tutte trasferite; immagino tu sia al corrente dei continui ricatti di Madrid rispetto all'autonomia decisionale dei Governi locali; immagino tu sappia delle interferenze nel campo dell'educazione, per esempio (ricordi lo scandaloso documento dell'Accademia di Madrid sui libri di testo usati in Euskal Herria, o le cretinate facilmente smentite sulla bassa preparazione degli studenti che scelgono il modello di insegnamento prevalentemente in lingua basca?); si potrebbero scrivere libri di esempi che dimostrano come la sempre sbandierata autonomia sia, in realtà, molto ma molto meno reale di quel che si vuol far credere.

Hai ragione, non vivo in Spagna e nemmeno in Euskal Herria, ma ti assicuro che è rarissimo vedere in televisione un batasuno e ancora meno probabile poter sentire cosa dice. Mi pare che lo stesso accada nello Stato spagnolo, dove un direttore di un programma televisivo è stato cacciato dal suo posto di lavoro per aver trasmesso un'intervista ad un batasuno.

Dici che più alto sei nell'organizzazione, più contatti hai con i pistoleros: ma ti rendi conto? Anche un bambino sa che i dirigenti di Batasuna sono certamente spiati, seguiti, ascoltati 24 ore su 24, che nessun loro movimento sfugge ai servizi di sicurezza spagnoli (che si sono fatti beccare più di una volta con le mani nel sacco mentre agivano fuori da qualsiasi legge contro la Sinistra indipendentista) e, nonostante ciò, ci si immagina chissà quali contatti con i clandestini. Credi che se fosse così, in trent'anni i poliziotti non avrebbero scattato uno straccio di fotografia, non sarebbero riusciti ad arrestare nessuno?

Dici che Batasuna si appoggia ad ETA per guadagnare voti, ma basta guardare ai risultati elettorali per vedere che meno ETA agisce, più Batasuna prende voti (e viceversa, ovviamente), quindi nemmeno questo argomento è valido.

Lo credo bene che in certi paesi nessuno voglia fare il candidato per i fascisti o per i torturatori; quando chi abita in questi paesi ha a che fare ogni giorno con la Guardia Civil,quando i giovani finiscono in galera per una scritta su un muro, quando vengono torturati, quando i parenti dei prigionieri subiscono umiliazioni continue, quando la presenza dello Stato spagnolo è solo imposizione e negazione, non occorre essere sociologi per capire che è difficile per certi partiti essere "popolari" (nel senso buono del termine).

Ancora, l'argomento della mancata condanna delle azioni di ETA da parte di Batasuna: a me pare molto più utile proporre soluzioni praticabili, che possano mettere fine a questa tragedia (come fa Batasuna), invece che condannare, condannare e condannare per poi lasciare inalterate tutte le condizioni che hanno portato a questo punto, anzi esasperandole sempre di più. Fino a quando non ci sarà la volontà vera di risolvere la questione, si continuerà a combattere i sintomi della malattia, forse illudendosi che questa sparisca da sola, forse perchè, in realtà, questa malattia permette allo Stato spagnolo di non affrontare le sue altre contraddizioni, ma se non si rimuoveranno le cause, la malattia continuerà a divorare tutti, Spagnoli e Baschi.

Vedi, non mi piace prendere pietrate ed insulti, quindi non accetto la tua proposta. Te ne faccio un'altra: fatti una passeggiata per Madrid o per qualsiasi altra città spagnola, portati una bella ikurrina e comincia a gridare LIBERTA' PER IL PAESE BASCO, INDIPENDENZA, BASTA CON LA TORTURA; anche lì, pietre, minacce, vetri rotti, dovrebbero venire solo da dei fascisti.
Ma lì, forse, prima ancora che i fascisti, interverrebbero le democratiche forze dell'ordine a regolare i conti.
Sarebbe un dato,no?

Credo che potremmo passare anni a recriminare, ciascuno dalle sue posizioni e secondo i suoi sentimenti, ma ribadisco che se davvero si vuole essere utili bisogna avanzare proposte serie e democratiche, che certamente non possono passare attraverso la messa fuori legge di decine di migliaia di persone.

Proprio ieri parlavo con un amico basco, al quale chiedevo se fosse preoccupato, mi ha risposto: "abbiamo aspettato quattrocento anni, durante i quali abbiamo avuto a che fare con l'inquisizione, con i re, con la Rivoluzione francese, con le guerre, con i capitalisti, con la dittatura, con il BVE, con i GAL, con l'eroina: eppure siamo ancora qui, in piedi, e non sarà certo un giudice a spaventarci.


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ALcune considerazioni
by Pandinox Saturday, Sep. 07, 2002 at 7:14 PM mail:

Cerchiamo di fare un pò i politici per una volta: Eta, aldilà che si sia d'accordo con i suoi comportamenti o meno, esiste ed è un problema. Esiste anche il nazionalismo basco (non necessariamente di destra). Un politico di professione dovrebbe saper sviluppare questi dati di fatto in proposta politica per una risoluzione del conflitto. IN irlanda, nonostante tutti i problemi che ci sono ancora, il governo inglese riconosce il Sinn Fein come interlocutore nel processo di pace, nonostante che tutti, ma proprio tutti sappiano che è il braccio politico dela nazionalismo iralndese, il cui braccio armato è l'IRA.
Ora cerchiamo di capire: perchè questi due pesi e due misure? Perchè in Spagna si risponde con la criminalizzazione e in Irlanda invece il governo discute con il SF nonostante tutti sappaino che è mooooolto legato all'IRA? (Ad esempio io ho acquistato legalmente in un gadget shop del SF di dublino una spilletta dell'IRA...)
Cosa vuole loSTato Spagnolo di così diverso da quello Britannico? Io una risposta potrei anche tentarla, ma vorrei prima che il dibattito si spostasse dalle cazzate che dice Victor, dobbiamo andare avanti per tanto a dire che Batasuna è fascista, eccetera eccetera...?
Che senso ha Victor dire che hanno fatto bene a mettere al bando Batasuna perchè non ha condannato l'Eta? Anch'io non ho condananto pubblicamente le Brigate Rosse....questo secondo te significa che sono un Brigatista? Che cazzo di ragionamenti che fai,,,il sole ANdaluso ti rompe la testolina o questa stessa testa ti serve solo pèer tenere separate le orecchie?...dai non offenderti...ti voglio bene lo stesso, ma ragioniamo su cose più concrete...

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