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Milano - L´occupazione coinvolge anche i licei
by da repubblica Saturday, Nov. 05, 2005 at 11:56 AM mail:

Momenti di tensione con la polizia durante la manifestazione di ieri in via Larga. Ancora divisi gli universitari. Alla Statale si cerca un accordo tra gli studenti e il rettore.

Milano - L´occupazio...
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E' andata avanti fino a notte fonda l´assemblea con cui i ragazzi della Statale dovevano decidere se accettare il compromesso proposto dal rettore Decleva per mettere fine all´occupazione dell´università: un´aula a disposizione degli studenti per assemblee e dibattiti e una disponibilità a considerare l´ipotesi di una riunione plenaria e di consigli di facoltà aperti a tutti per discutere la riforma Moratti. La giornata era iniziata con l´occupazione degli uffici dell´Anagrafe di via Larga (momenti di tensione con la polizia) e l´ingresso senza biglietto a una mostra. e ora scendono in campo di nuovo anche gli studenti liceali: da ieri è occupato lo scientifico Vittorio Veneto.



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Statale, si cerca un accordo. Gli studenti al rettore: le nostre condizioni per andarcene: "Consigli di facoltà aperti e assemblee plenarie sulla riforma Moratti".


Si capirà solo stamattina se l´occupazione della Statale può dirsi avviata a finire: è andata avanti fino a notte inoltrata l´assemblea degli studenti che doveva decidere se approvare o respingere il compromesso trovato dai quattro portavoce degli universitari e dal rettore Enrico Decleva. Sulla base di questo accordo, la protesta finirebbe - o meglio, «continuerebbe sotto altre forme», per usare il linguaggio dei ragazzi - in cambio della concessione, ogni volta che venisse chiesta, di un´aula di medie dimensioni per dibattiti e discussioni. Gli studenti hanno posto altre tre condizioni: una dichiarazione di Decleva contro la riforma universitaria (che il rettore peraltro ha sempre criticato), un´assemblea plenaria dell´intera Statale per discutere della legge Moratti e consigli di facoltà aperti agli studenti. Ma l´accordo sarebbe di riparlare di questi tre punti a occupazione finita, e dopo un parere del Senato accademico. Anche se è un accordo più che a rischio: una buona fetta del movimento è per la linea dura, per andare avanti a oltranza, e i primi interventi all´assemblea serale erano tutti negativi.
È stata una giornata convulsa, in via Festa del Perdono e dintorni. Dintorni, perché la mattina si era aperta con un´altra occupazione, quella degli uffici comunali dell´anagrafe in via Larga, a 100 metri dalla Statale (dove hanno dato manforte anche alcuni studenti dei licei: il 10 riprenderanno le occupazioni anche alle superiori, anzi, allo Scientifico Vittorio Veneto sono riprese già ieri). Di seguito, una cinquantina di precari universitari era entrata senza biglietto alla mostra di techno art dello spazio Oberdan.
Il momento chiave è stato però nel primo pomeriggio nell´aula 102, nella facoltà di Filosofia e Lettere, il fulcro della protesta in Statale: una lunga assemblea per decidere come proseguire la protesta. Dopo oltre una settimana di occupazione, con tanto di notti passate a dormire malaccio sul linoleum, molti ragazzi sono fisicamente stanchi, altri perplessi sui risultati («Volevo creare una scintilla, il fuoco mi ha scaldato e ora si sta spegnendo», dice uno), anche se tutti sono orgogliosi dei risultati («Ora siamo qualcuno, abbiamo creato un soggetto politico», riassume una ragazza nel suo intervento). E la decisione viene presa riconvocando in fretta e furia l´assemblea, che in un primo momento si era chiusa senza votare: una delegazione di quattro persone («Però portavoce, non rappresentanti: la decisione finale è nostra») viene inviata dal rettore con i punti di un possibile accordo.
E nella notte, la nuova assemblea per decidere se approvare la controproposta di Decleva. Con un sì, l´occupazione della Statale terminerà già oggi e domani alle 15 ci sarà un incontro con i milanesi davanti all´università, mentre lunedì ci sarà un volantinaggio più che massiccio («Stampiamone 40mila») per spiegare e fare conoscere protesta e controproposte alla riforma Moratti. Con un no, si andrà avanti a oltranza. Anche se l´impressione, annusando l´aria in via Festa del Perdono, è che la spinta propulsiva dell´occupazione si stia in buona parte esaurendo. Come riconoscono alcuni dei protagonisti: «Diciamocelo francamente, siamo sempre meno a partecipare ai momenti di incontro», dice una ragazza nell´assemblea del pomeriggio. «E forse - aggiunge un altro - è il caso di continuare la protesta sotto altre forme, meno mediatiche».


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I ragazzi senza padroni della generazione Cif
by da repubblica Saturday, Nov. 05, 2005 at 12:37 PM mail:

Generazione clic, li hanno chiamati a Roma, quando, era la fine di ottobre, hanno occupato l´università de La Sapienza. Questi, allora, asserragliati alla Statale da una settimana, chiamiamoli generazione Cif. «Dicono che abbiamo fatto casino? Ma come, se abbiamo anche pulito tutto». Alla mattina, dopo la notte passata in sacco a pelo sdraiati per terra nell´atrio al primo piano, sveglia alle sette per le pulizie. Nei gabinetti, per prima cosa, hanno appeso un cartello: «Danneggiare i bagni, danneggia voi», e giù con le spugnette gialle e verdi, a grattare i sanitari.



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Nelle aule 104 e 109 si discute sul futuro e si puliscono bagni e pavimenti. Latino, politica e pastasciutta. Ecco la generazione del Cif. Alessandro fuma davanti alla finestra aperta. Paolo va a casa a farsi la doccia. Davide: fino a ieri non ci considerava nessuno. Laura, matricola: guardiamoci in faccia, siamo stanchissimi, pochissimi. Andrea: in questi giorni ci siamo conosciuti davvero.


Daniele, dolcevita blu, lo rivendica forte in assemblea: «Noi, qui, abbiamo applicato il miglior metodo democratico e abbiamo anche scopato tutto». Risate. Certo che si rende conto che l´espressione può sembrare ambigua, e allora corregge: «No, scopato abbiamo scopato poco». E, per smentire quelli che da fuori pensano che nell´università occupata si faccia solo un gran casino, il cronista ha contato le bottiglie vuote: due di birra, tre di acqua minerale. Se ce n´erano molte altre, si vede che il gruppo pulizia ha fatto bene il suo lavoro. Quella per l´ordine sembra un´ossessione: per non sporcare i muri e però lasciare libertà di espressione, hanno incollato cartelli bianchi che come trasgressione massima registrano «Ciellini burattini» accanto a un ancor più ragionevole «Se perdi la testa sei fottuto». All´una e mezza, quando dal pentolone di alluminio che bolle nell´angolo a sinistra viene scolata la pasta, una voce grida che è pronto, come fosse la mamma che chiama tutti a tavola (piatto di spaghetti pomodoro e olive, due euro).
L´altra ossessione è per i confronti. Questa, del resto, è l´Università di Mario Capanna, del ´68; e poi ancora quella del ´77. Perfino il custode, che però è troppo giovane e qui lavora solo da undici anni, dice che sembrano davvero personcine educate, che non fanno del male a nessuno e nemmeno alle cose. Gruppi di studenti escono dalle aule, dove hanno fatto regolare lezione, perché questa, in fondo, ci tiene davvero a essere una protesta rispettosa. Alessandro, che viene da Cremona ed è qui con il suo cane, fuma in aula, ma accanto alla finestra aperta. Le canne, quelle sì, si sprecano. Più che vedersi, si sentono: l´odore è forte, eppure ti guardi intorno e non pare di vedere niente acceso. Alla lavagna dell´aula 109 c´è scritto il programma della giornata. Come in caserma: cena dalle 19.30 alle 21.30; dalle 21.30 alle 23.30 assemblea; dalle 23.30 videoproiezioni, un cortometraggio sul G8. Doveva venire Bebo Storti, ma è malato. E oggi, annuncia una biondissima con mille treccine, «forse, Lella Costa e Paolo Rossi».
Nell´aula 104 il dibattito è acceso. Nel primo pomeriggio pareva che prevalesse la stanchezza e allora Davide, 26 anni, fuori corso a filosofia («Ma solo perché sono anche un lavoratore, sono stato un impiegato pubblico fino a pochi mesi fa»), un orsone con la coda di cavallo, prova a tirare su il morale: «Ragazzi - fiata nel microfono - rendiamoci conto che noi vivevamo in una università dove non c´era una minchia. Noi eravamo considerati meno di niente e adesso siamo un soggetto politico, nessuno può più dirci non sei un cazzo». Applausi, anche a quel modo che hanno inventato loro, con le mani che si agitano nell´aria senza far rumore. Aggiunge, e l´orgoglio diventa di tutti: «Non pensiamo al passato, pensiamo a oggi. Trent´anni fa questa era Statalin... erano violenti. Dal ´68 in poi, con le proteste, c´erano anche i morti. Potrei dire che noi siamo i migliori. Anzi, lo penso e lo dico, vaffanculo». Oggi infatti fila tutto in ordine: «Abbiamo fatto il gruppo pulizie, cucine, rapporti con la stampa. Ma io dico - si chiede Marco, una foto in bianco e nero di sessantottino - non abbiamo un gruppo che prepara e distribuisce volantini?».
La ragazza iscritta a filosofia, capelli corti, tipino alla Audrey Hepburn, tira fuori finalmente la politica: «Io non me ne vado di qua finché non ci danno un´aula per discutere, per ritrovarci. Per parlare non solo della riforma dell´università, perché la vita, poi, sarà lavoro precario». Tutti d´accordo, ne avevano parlato tanto in questi giorni e queste notti. E allora lei prosegue: «Io non esco di qua se mi toccano l´aborto!». Sembra un proclama di guerra dura, ma la buona educazione è un´abitudine radicata: «Io voglio - si corregge - scusate, io vorrei...». Paolo, 20 anni, secondo anno di filosofia, un cappelletto da Gavroche, che abita vicino e il pomeriggio fa un salto a casa a farsi la doccia, pensa che la strategia giusta sia quella di chiuderla qui: oggi riposo, pulizia, gruppi di lavoro; domani assemblea cittadina e lunedì tutti a lezione, con una consapevolezza nuova, però. Al microfono Laura, matricola, molto sorridente: «Ragazzi, guardiamoci in faccia: siamo pochissimi, stanchissimi. Dobbiamo mollare. Ma abbiamo fatto un miracolo: io venerdì scorso non volevo nemmeno andare in Bocconi perché avevo lezione di latino». Andrea, 25 anni, iscritto ad agraria: «In questi giorni noi studenti ci siamo conosciuti davvero, abbiamo fatto discussioni politiche vere, invece all´università, ormai, si vuole che gli studenti vadano a lezione e se ne tornino a casa zitti zitti». Un altro Paolo: «Siamo forti perché siamo liberi. Non siamo organizzati, siamo noi stessi, non ci manovra nessuno».
Il banchetto dei libri vende tutte le rivoluzioni: da quella araba a quella mancata. E questa, come sarà mai ricordata? Quando è già buio, in via Festa del perdono, l´idropulitore dell´Amsa lava la strada. Antonio, il ragazzo con la scopa di saggina che ha l´età di quelli che sono chiusi lì dentro, spazza con allegria: «No, non era un lavoro previsto. Ma va bene lo stesso, ci pagano lo straordinario».


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