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Il problema delle camere a gas
by RICHIESTA AIUTO Monday, Nov. 28, 2005 at 4:34 PM mail:

aldilà del tifo da stadio per caio o per sempronio qualuno può darmi delle dritte su questo articolo, trattasi di delirio.......o......

Il problema delle camere a gas



di Robert Faurisson




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Quella che qui segue è un'esposizione sintetica per la quale Faurisson cercò a lungo ospitalità presso varie testate. Gliela pubblicava, infine, Maurice Bardèche, noto intellettuale fascista, nella propria rivista, "Défense de l'Occident", giugno 1978. Dall'avvertenza che chiude il presente scritto si vedrà come Faurisson non mancasse di prendere le distanze dalla linea propria al periodico sul quale aveva dovuto ripiegare.

Nessuno, neppure i nostalgici del III Reich, si sogna di negare l'esistenza dei campi di concentramento hitleriani. Tutti poi riconoscono che alcuni di questi campi erano dotati di forni crematori. 1 cadaveri, invece di essere sepolti, venivano bruciati. La frequenza stessa delle epidemie imponeva la cremazione, ad esempio, dei corpi dei morti di tifo.

Numerosi autori francesi, inglesi, americani e tedeschi contestano, invece, l'esistenza, nella Germania hitleriana, di "campi di sterminio". Questa espressione designa, presso gli storici della deportazione, campi di concentramento che sarebbero stati dotati di "camere a gas". Tali "camere a gas", a differenza di quelle americane, sarebbero state concepite per compiere uccisioni in massa. Le vittime sarebbero state uomini, donne e bambini di cui Hitler avrebbe deciso lo sterminio a causa della loro appartenenza razziale o religiosa. Si tratta di quello che viene indicato come il "genocidio". L'arma per eccellenza del "genocídio" sarebbero stati questi mattatoi umani chìamati "camere a gas" e il gas utilizzato sarebbe stato principalmente lo Zyklon B (insetticida a base di acido prussico o cianidrico).

Gli autori che contestano la realtà del "genocidio" e delle "camere a gas" sono definiti "revisionisti". La loro argomentazione si puo riassumere come segue:


"Basta applicare a questi due problemi i metodi usuali della critica storica per rendersi conte che ci si trova di fronte a due miti i quali, d'altronde, rappresentano un insieme indissolubile. Non si è mai potuto dimostrare l'interizione criminale attribuita ad Hitler. Quanto all'arma del crimine, nessuno, in verità, l'ha mai vista. Ci si trova così dinanzi ad un successo unico della propaganda di guerra e di odio. La storia è piena di imposture siffatte, a cominciare dalle invenzioni religiose sulla stregoneria. Ciò che, in materia, distingue la nostra epoca da quelle che l'hanno preceduta, è che la formidabile potenza dei media ha orchestrato in moda assordante e fino alla nausea "l'impostura del secolo". Guai, da trent'anni, a colui che osa denunciarla! Conoscerà a seconda dei casi galera, multe, percosse, insulti. La sua carriera potrà essere spezzata o compromessa. Sarà denunciato come nazista. Oppure non si darà voce alle sue tesi o si deformerà il suo pensiero. Non ci sarà un paese più spietato verso di lui della Germania".

Oggi, attorno ai contestate:ri che hanno osato prendersi la responsabilità di scrivere che le "camere a gas" hitleriane, comprese quelle di Auschwitz e di Majdanek, non sono che una menzogna storica, il muro del silenzio sta crollando. E già un progresso. Ma quanti insulti e deformazioni, quando uno storico come Georges Wellers si è deciso finalmente, dieci anni dopo la morte di Paul Rassinier, ad "esporre" una minima parte degli argomenti di questo ex deportato che ha avuto il coraggio di denunciare nei suoi scritti la menzogna delle "camere a gas"! L'intero mondo della stampa, l'intera letteratura, nella quale fa bella mostra un nazismo da sexshop, s'ingegna a diffondere la notizia che i neonazisti oserebbero negare l'esistenza dei forni crematori. Addirittura, che questi neonazisti pretenderebbero che nessun ebreo sia stato gassato. Quest'ultima formulaziene è abile. Dà infatti ad intendeie che i neonazisti, senza contestare l'esistenza delle "camere a gas", portino il loro cinismo fino a pretendere che solo gli ebrei avrebbero beneficiato del privilegio di non passare per le "camere a gas"!

Da parte mia, mi permetterè di formulare qui alcune osservazioni dedicate agli storici animati da vero spirito di ricerca.

Innanzitutto farò rilevare un paradosso. Mentre le "camere a gas" costituiscono, per la storiografia ufficiale, la pietra angolare del "sistema concentrazionario nazista" (e allora, per dimostrare il carattere intrinsecamente perverso e diabolico dei campi tedeschi in rapporto a tutti i campi di concentramento, passati e presenti, occorrerebbe ricostruire con estrema precisione il processo che ha portato i nazisti ad inventare, fabbricare e utilizzare questi tremendi mattatoi umani), si osserva, non senza stupore, che nell'impressionante bibliografia su questi campi non esiste un libro, un opuscolo, un articolo sulle "camere a gas" stesse! Attenzione a non farsi ingannare da certi titoli promettenti! Si esamini il contenuto stesso degli scritti. Chiamo "storiografia ufficiale" la storia scritta sull'argomento dei campi da istituzioni o da fondazioni che utilizzano parzialmente o interamente fondi pubblici.

Bisogna aspettare la pagina 541 della tesi di Olga Wormser-Migot sul Système concentrationnaire nazi, 1933 1945, per veder comparire una trattazione sulle "camere a gas". Ma il lettore si trova di fronte tre sorprese:

-- La trattazione in questione occupa solo tre pagine.

-- E' intitolata "Il problema delle camere a gas".

-- Questo "problema" non è altro che quello di sapere se le "camere a gas" di Ravensbrück (in Germania) e di Mauthausen (in Austria) siano realmente esistite; l'autrice conclude formalmente che non sono esistite e non esamina il problema delle "camere a gas" di Auschwitz o di altri campi, probabilmente perché in questi casi non esiste "problema" a suo giudizio. Ora, al lettore piacerebbe pur sapere perché un'analisi che permette di concludere alla nonesistenza di "camere a gas" in alcuni campi non sia più impiegata allorché si parla, ad esempio, di Auschwitz. Perché lo spirito critico si risveglia, qui, e perché, improvvisamente, cade, là, nel più profondo letargo? Dopo tutto, noi disponiamo, per la "camera a gas" di Ravensbrúck, di mille "prove", "certezze" e "testimonianze irrefutabili", ad L'niziare da quelle insistenti e circostanziate di una Marie-Claude Vaillant-Couturier o di una Germaine Tillion. C'è di più. Parecchi anni dopo la guerra e dinanzi ai tribunali inglese e francese, i responsabili di Ravensbrück (Suhren, Schwarzhuber, il dottor Treite) hanno continuato a confessare l'esistenza di una "camera a gas" nel loro campo! Sono giunti fino a descriverne vagamente il funzionamento! Alla fine, sono stati giustiziati proprio a causa di quella camera a gas fittizia, oppure si sono suicidati. Stesse confessioni, prima di morire o di essere giustiziati, di Ziereis per Mauthausen o di Kremer per Struthof. Oggi, si può visitare la pretesa "camera a gas" di Struthof e leggere in loco l'incredibile confessione di Kremer. Questa "camera a gas", proclamata "monumento storico", non è che una frode. Basta un minimo di spirito critico per rendersi conto che un'operazione di gassazione in quel piccolo locale sprovvisto di qualsiasi Ienuta ermetica si sarebbe tradotta in una catastrofe per i gassatori e la gente intorno. Per far credere all'autenticitàdi questa "camera a gas", garantita "in condizione originale", si è giunti a dare un grossolano colpo di scalpello in un sottile tramezzo spezzandone quattro piastrelle di ceramica. Si è così allargato il "foro" attraverso il quale Kremer avrebbe versato i cristalli di un gas a proposito del quale non ha potuto dire nulla, se non che, con l'aggiunta di un po'd'acqua, uccideva in un minuto! Come faceva Kremer ad impedire che il gas rifluisse attraverso il "foro"? Come poteva vedere le sue vittime attraverso uno spioncino che lasciava intravedere solo metà del locale? Come faceva a ventilare il locale prima di aprime la grossa porta rustica di legno grezzo? Forse bisognerebbe chiederlo all'impresa di lavori pubblici che, dopo la guerra, ha riportato il luogo alla supposta "condizione originale".

Parecchio tempo ancora dopo la guerra, prelati, docenti universitari e anche semplici individui rendevano testimonianze di una verità schiacciante sulle "camere a gas" di Buchenwald e Ji Dachau. Per Buchenwald, la "camera a gas" doveva scomparire in qualche modo da sola nelle profondità dello spirito di quanti l'avevano vista. Per Dachau, si è proceduto in altro modo. Dopo aver sostenuto, sull'esempio di monsignor Piguet, vescovo di Clermont, che la "camera a gas" era servita in particolare a gassare dei preti polacchi, la verità ufficiale è diventata a poco a poco la seguente: "Questa "camera a gas", iniziata nel 1943, era incompiuta nel 1945, alla liberazione del campo. Non ha potuto esservi gassato nessuno". Il piccolo locale presentato ai visitatori come "camera a gas" è, in realtà, perfettamente inoffensivo e, mentre si possiedono tutti i documenti edilizi immaginabili sulle costruzioni della Baracke X (crematorio e dintorni), non si capisce su quale documento, né d'altronde su quale inchiesta tecnica, ci si sia basati per parlare in questo caso di "camera a gas incompiuta" (?).

Nessun istituto storico ufficiale ha operato, per accreditare il mito delle "camere a gas", meglio dell'Istituto di storia contemporanea di Monaco. Lo dirige, dal 1972, Martin Broszat. Collaboratore di questo Istituto fin dal 1955, Broszat è diventato famoso nel 1958 per la pubblicazione (incompletal) delle sedicenti memorie di Rudolf Höss. Orbene, il 19 agosto 1960, questo storico ha annunciato ai suoi compatrioti sbalorditi che di "camere a gas" non ve ne sono mai state in tutto l'ex Reich, ma soltanto in alcuni "punti scelti", prima di tutto (?) in alcune località della Polonia, tra le quali AuschwitzBirkenau. Questa notizia sorprendente è stata da lui comunicata attraverso una semplice lettera al settimanale "Die Zeit" (p. 16). Il titolo dato alla lettera è stato singolarmente restrittivo: Keine Vergasung in Dachau (Nessuna gassazione a Dachau). Broszat non ha fornito, in appoggio alle sue affermazioni, la minima prova. Oggi, quasi diciotto anni dopo la lettera, né lui, né i suoi collaborwori hanno ancora dato la minima spiegazione di questo mistero. Ma sarebbe del massimo interesse sapere:

-- come Broszat dimostra che le "camere a gas" dell'ex Reich sono delle imposture;

-- come egli dimostra che le "camere a gas" sono state una realtà in Polonia;

-- perché le "prove", le "certezze", le "testimonianze" raccolte sui campi che geograficamente ci sono vicini, all'improvviso non hanno più valore, mentre rimangono vere le "prove", le "certezze", le "testimonianze" raccolte sui campi polacchi.

Per una specie di tacito accordo, neppure uno tra gli storici ufficiali ha pubblicamente affrontalo questi aspetti. Quante volte nella "storia della storia" ci si è affidati alla pura e semplice affermazione di un solo storico?

Ma veniamo alle "camere a gas" polacche.

Per affermare che sono esistile delle "camere a gas" a Belzec o a Treblinka, ci si basa essenzialmente sul Rapporto Gerstein. Questo documento di una SS, che è stata "suicidata" nel 1945 nella prigione di Cherche Midi, brulica di tali assurdità che da tempo è screditato agli occhi degli storici. Questo Rapporto non è d'altronde mai stato pubblicato, neppure tra i documenti del Tribunale militare di Norimberga, se non in forma inaccettabile (con cesuTe, falsificazioni, riscritture ... ). Non è mai stato reso pubblico con i suoi aberranti annessi (la "minuta" o, in tedesco, le "Ergänzungen").

Per quel che riguarda Majdanek, è d'obbligo una visita diretta. Essa è, se possibile, ancor più risolutiva di quella di Struthof. Flubblicherò uno studio al riguardo.

Per Auschwitz e Birkenau, si dispone fondamentalmente delle memorie di R. Höss, redatte sotto la sorveglianza dei suoi carcerieri polLechi. In loco si trovano un locale "rekonstruiert", e delle macerie.

Un'esecuzione col gas non ha niente a che vedere con una asfissia suicida o accidentale. Nel caso di un'esecuzione, il gassatore e i suoi aiutanti non devono correre il minimo rischio. Così, per le loro esecuzioni, gli americani utilizzano un gas sofisticato, e ciò in uno spazio ridottissimo ed ermeticamente chiuso. Dopo l'uso, il gas viene aspirato e neutralizzato. I guardiani devono attendere più di un'ora per entrare nel piccolo locale.

Ci si chiede come ad Auschwitz-Birkenau, ad esempio, si potevano tenere 2.000 uomini in un locale di 210 metri quadrati (!), quindi gettare (?) su di loro dei granuli del fortissimo insetticida Zyklon B; infine, immediatamente dopo la morte delle vittime, mandare, senza maschere antigas, in quel locale saturo di acido cianidrico, un gruppo di persone per estrarne i cadaveri impregnati di veleno. Due documenti degli archivi industriali tedeschi repertoriati dagli americani a Norimberga ci dicono d'altra parte che lo Zyklon B aderiva alle superfici, non poteva essere sottoposto a ventilazione forzata ed esigeva un'areazione di circa 24 ore, ecc. Altri documenti che si trovano in loco, negli archivi del rauseo di Stato di 0swiecim, e che non sono mai stati descritti da nessuna parte, mostrano d'altronde che quel locale di 210 metri quadrati, oggi in macerie, non era che un rudimentale obitorio ("Leichenkeller"), interrato (per proteggerlo dal caldo) e provvisto di un'unica e modesta porta d'entrata e d'uscita.

Sul crematorio di Auschwitz (come in generale su tutto il campo), c'è una mole enorme di documenti, comprese le fatture precise al pfennig o quasi. Invece, sulle "camere a gas" non si ha nulla: né un ordine di costruzione, né un progetto, né un'ordinazione, né una pianta, né una fattura, né una fotografia. In centinaia di processi, non si è riusciti a produrre niente di questo genere.

"Ero ad Auschwitz e posso assicurarvi che non c'era alcuna "camera a gas". Si è prestato appena ascolto ai testimoni a discarico che hanno avuto il coraggio di pronunciare questa frase. Sono stati processati. Ancora oggi, chiunque, in Germania, testimoni a favore di Thies Christophersen, che ha scritto La menzogna di Auschwitz, rischia una condanna per "oltraggio alla memoria dei morti".

All'indomani della guerra, i tedeschi, la Croce rossa internazionale, il Vaticano (pur così bene informato sulla Polonia), tutti hanno dichiarato pietosamente, con molti altri: "Le <camere a gas>? Non ne sappiamo niente".

Ma, mi chiedo oggi, come si possono sapere le cose quando non si sono verificate?

Non è esistita una sola "camera a gas" in un solo campo di concentramento tedesco: ecco la verità.

L'inesistenza delle "camere a gas" è una buona notizia che sarebbe sbagliato tenere ancora nascosta. Come denunciare "Fatima" in quanto impostura non significa attaccare una religione, così denunciare le "camere a gas" come una menzogna storica, non vuol dire prendersela con i deportati. Significa rispondere al dovere di dire la verità.

 


Avvertenza

Leggendo queste pagine, qualcuno potrebbe interpretare le mie idee come un tentativo di apologia del nazional-socialismo.

In realtà -- per ragioni che non starò ad esporre la persona, le idee o la politica di Hitler mi affascinano tanto poco quanto quelle di un Napoleone Bonaparte. Semplicemente, rifiuto di credere alla propaganda dei vincitori, per i quali Napoleone sarebbe stato "l'orco", mentre HitIer sarebbe stato "Satana".

Dev'esser chiaro per tutti che l'unica preoccupazione che anima le mie ricerche è quella della verità; chiamo "verità" il contrario dell'errore e della menzogna.

Riterrò diffamatoria ogni accusa o insinuazione di nazismo.

Di conseguenza, invito tutti, persone fisiche e persone morali, di diritto pubblico o di diritta privato, a riflettere prima di costringermi, con affermazioni, discorsi, scritti o azioni, a fare ricorso alla legge.

Copia di questo testo sarà inviata a istanze giudiziarie ed amministrative, come pure a giornali, raggruppamenti ed associazioni.


16 giugno 1978

 

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Prima pubblicazzione: Défense de l'Occident, giugno 1978, pp. 32-40.

Ripodutto in Serge Thion, Vérité historique ou vérité politique? Le dossier de l'affaire Faurisson. La question des chambres à gaz, Paris, La Vieille Taupe, 1979, pp. 83 ss, 90.

Riprodutto in Robert Faurisson, Ecrits révisionnistes, 1974-1998, 1999, vol. I, p. 55 ss.

Prima traduzione italiana: Il Caso Faurisson, a cura di Andrea Chersi, [1981], p. 13-20. Le note sono assente.

Nova traduzione in Il Caso Faurisson e il revisionismo olocaustico, Graphos, 1997, pp.69-76. Anche la, le note sono assente.




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SI DELIRIO NEGAZIONISTA
by (A) Monday, Nov. 28, 2005 at 4:58 PM mail:

Che vuoi sapere ...Faurisson al pari di Irving è solo un negazionista... un altro pseudointellettuale al soldo dei
neonazisti... ti basta????

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basta
by hidda il nazi Monday, Nov. 28, 2005 at 5:00 PM mail:

fouri i fasci da indy

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no
by no Monday, Nov. 28, 2005 at 5:02 PM mail:

no, non mi basta la tua parola, senza offesa, potresti indicarmi articoli che lo contestano con argomenti?

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si
by hidda il fascio Monday, Nov. 28, 2005 at 5:05 PM mail:

vai a cagare merda infiltrata, la tua merda postala in un forum di fasci e non sul nw di indymedia

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idraulico?
by dal portone con le chiavi in mano Monday, Nov. 28, 2005 at 5:07 PM mail:

Io sostengo che sei figlio dell'idraulico!

Allora te mi dici che non è vero perche ci sono dei testimo diretti (tua madre, nel caso)!

A quel punto io ti chiedo: "potresti indicarmi articoli che lo contestano con argomenti?"

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buona lettura
by buona lettura Monday, Nov. 28, 2005 at 5:11 PM mail:


Noam Chomsky, sull' autore Faurrisson

The Faurisson Affair
Noam Chomsky writes to Lawrence K. Kolodney
Circa 1989-1991


Kolodney's query:

Recently, I have come across allegations concerning actions you took with respect to the Faurisson affair. Although I thought the issue was essentially settled, a new pamphlet, entitled "The Hidden Alliances of Noam Chomsky" by one Werner Cohn has been making its way around. It claims to rebut your most recent public statement in "The Nation" on the subject, and contains some disturbing allegations.

1. Is it true that you stated that you saw "no anti-semitic implications in denial of the existence of gas chambers, or even denial of the holocaust"? Did you mean this in a purely formal sense? In any other way, it seems strange to me that you wouldn't at least suspect the motives of someone who does seriously attempt to deny that event.

2. Is it true that you published the French version of "The Political Economy of Human Rights" with Faurisson's publisher? Doesn't this go beyond the scope of merely defending free speech to subsidizing anti-semitic speech?

3. What's the story behind La Vielle Taupe [the publisher of Faurisson]? The pamphlet I mentioned paints it as a kind of Larouchite organization, with roots in the stalinist [sic] left but now with an idiosyncratic right wing ideology.

 

Chomsky's reply:

Dear Mr. Kolodney,

The issue of the Faurisson affair is very far from settled, in two respects. First, the actual issue has not yet even been addressed. Recall the facts. A professor of French literature was suspended from teaching on grounds that he could not be protected from violence, after privately printing pamphlets questioning the existence of gas chambers. He was then brought to trial for "falsification of History," and later condemned for this crime, the first time that a modern Western state openly affirmed the Stalinist-Nazi doctrine that the state will determine historical truth and punish deviation from it. Later he was beaten practically to death by Jewish terrorists. As of now, the European and other intellectuals have not expressed any opposition to these scandals; rather, they have sought to disguise their profound commitment to Stalinist-Nazi doctrine by following the same models, trying to divert attention with a flood of outrageous lies. So, the issue has not been settled, or even addressed.

Second, as to the minor matter of my role, that has also not been addressed, though it has been the subject of a flood of lies and deceit on the part of those who want to disguise their own commitments, and on the part of groups like Americans for Safe Israel (ASI), which have their own agendas, namely, to defame and discredit anyone who does not meet their standards of support for Israeli militancy. ASI, which published the ludicrous pamphlet to which you refer, has a long record of attacking Americans and Israelis who depart from their right-wing extremism, with scandalous lies and fabrications, a record that is well-known. ASI was also the sponsor of Rabbi Kahane, the advocate of the Nuremberg laws who was denounced as an outright Nazi by Israeli supreme court justices and Israeli scholars, and barred from the Israeli political system as an outspoken Nazi, which indeed he was. People who choose to pay attention to pamphlets published by pro-Nazi organizations of course have a right to do so. I believe in freedom of speech. But it is hard to take them seriously.

The pamphlet in question is beneath discussion. In fact, I have discussed it once, in the Canadian Jewish journal Outlook, where Cohn presented what he took to be his strongest arguments -- including one that you cite. Each argument was based on total fabrication and absurdity, as easily demonstrated. He never dared to respond. Those, recall, were his own choice of his strongest arguments.

Turning to your questions, I'll begin with the third. For details about Vieille Taupe, I suggest that you contact them. The publisher still exists, to my knowledge. I don't know much about them, but enough to know that what you quote from Cohn is idiotic. The roots of the organization are not "stalinist left" but libertarian left. It was associated with the French (more or less anarchosyndicalist) group of Alfred Rosmer (Griot) and others, whose journal was Revolution proletarienne. This was one of the very few groups in France that was not only anti-Stalinist, but anti-Leninist, and anti-Marxist by conventional standards (little being known among intellectuals beyond the Leninist variant). As to their recent history, I know less, but I have never seen the slightest indication that they are Larouchite. Again, for information, I suggest that you contact them. Surely no one can take Cohn and ASI seriously, given their record of abusive defamation of mild liberals, lies, jingoist extremism, and advocacy of Nazi doctrine.

Your second question is a factual one: did I, as Cohn asserts, choose to publish the French edition of PEHR with VT, as a gesture of solidarity? Note that even if that were true, he could not possibly know it, which is sufficient to prove to any rational person that he is a liar. Out of curiosity, I contacted the publisher -- who, of course, arranges all translations; I can't even keep track of the myriad translations of books of mine, let alone arrange or plan them. I discovered that they indeed had a contract, with Albin Michel, a mainstream French publisher. But they had no record of whether the book had ever appeared; nor do I, or Herman. They had had no communications with Vielle Taupe.

Now your first question. The "statement" to which you refer is a distortion of something that I wrote in a personal letter 11 years ago, when I was asked whether the fact that a person denies the existence of gas chambers does not prove that he is an anti-Semite. I wrote back what every sane person knows: no, of course it does not. A person might believe that Hitler exterminated 6 million Jews in some other way without being an anti-Semite. Since the point is trivial and disputed by no one, I do not know why we are discussing it.

In that context, I made a further point: even denial of the Holocaust would not prove that a person is an anti-Semite. I presume that that point too is not subject to contention. Thus if a person ignorant of modern history were told of the Holocaust and refused to believe that humans are capable of such monstrous acts, we would not conclude that he is an anti-Semite. That suffices to establish the point at issue.

The point is considerably more general. Denial of monstrous atrocities, whatever their scale, does not in itself suffice to prove that those who deny them are racists vis-a-vis the victims. I am sure you agree with this point, which everyone constantly accepts. Thus, in the journal of the American Jewish Congress, a representative of ASI writes that stories about Hitler's anti-gypsy genocide are an "exploded fiction." In fact, as one can learn from the scholarly literature (also Wiesenthal, Vidal-Naquet, etc.), Hitler's treatment of the gypsies was on a par with his slaughter of Jews. But we do not conclude from these facts alone that the AJC and ASI are anti-gypsy racists. Similarly, numerous scholars deny that the Armenian genocide took place, and some people, like Elie Wiesel, make extraordinary efforts to prevent any commemoration or even discussion of it. Until the last few years, despite overwhelming evidence before their eyes, scholars denied the slaughter of some 10 million native Americans in North America and perhaps 100 million on the [South American] continent. Recent studies of US opinion show that the median estimate of Vietnamese casualties [resulting from the Vietnam War] is 100,000, about 1/20 of the official figure and probably 130 or 140 of the actual figure. The reason is that that is the fare they have been fed by the propaganda apparatus (media, journals of opinion, intellectuals, etc., "scholarship," etc.) for 20 years. We (at least I) do not conclude from that fact alone that virtually the whole country consists of anti-Vietnamese racists. I leave it to you to draw the obvious analogies.

In these and numerous other cases, one needs more evidence before concluding that the individuals are racists. Thus in the case of Wiesel, it is quite likely that he is merely following the instructions of the Israeli government, which doesn't want Turkey embarrassed. In short, denial of even the most horrendous slaughter does not in itself establish the charge of racism, as everyone agrees. Since that is obvious and undeniable, one naturally questions the motives of those who deny the truism selectively, and produce charges such as those you relay.

You ask whether one wouldn't at least suspect the motives of someone who denies genocide (the Holocaust, in particular). Of course. Thus, I do suspect the motives of Wiesel, Bernard Lewis, the anthropological profession, the American Jewish Congress and ASI, Faurisson, Western intellectuals who systematically and almost universally downplay the atrocities of their own states, and people who deny genocide and atrocities generally. But I do not automatically conclude that they are racists; nor do you. Rather, we ask what leads them to these horrendous conclusions. There are many different answers, as we all agree. Since the points are again obvious, a rational person will proceed also to question the motives of those who pretend to deny them, when it suits their particular political purposes. In this respect too the Faurisson affair is far from "settled," as you put it; in fact, the issues have yet to be addressed. In fact, they will never be addressed, because they reveal too much about Western intellectual culture.

Let me repeat. You open by saying that you thought the Faurisson issue is settled. You are incorrect. It has yet even to be addressed, either the major issue that Western intellectuals are desperate to suppress for the obvious reason that it sheds too much light on their actual commitments; or the marginal issue of my own defense of traditional libertarian values that are utterly scorned in Europe, if they are even understood, which I doubt.

Sincerely yours,

Noam Chomsky

http://www.chomsky.info/letters/1989----.htm

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te pareva
by interessante Monday, Nov. 28, 2005 at 5:13 PM mail:

siamo alle solite ,quando uno posta un articolo e fà delle legittime domende ,scoppia il finimondo .
così non si và da nessuna parte.
argomenti non le solite infatili censure.

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en adesso
by spazzate sto nazi di merda Monday, Nov. 28, 2005 at 5:13 PM mail:

provocatori del cazzo....

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sta minchia..
by cancellare! "post razzista e negazionist Monday, Nov. 28, 2005 at 5:17 PM mail:

avete rotto il kazzo!

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leggere chomsky poi parlare
by leggere chomsky poi parlare Monday, Nov. 28, 2005 at 5:22 PM mail:

leggere chomsky poi parlare

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NO COGLIONE LEGGILO TU
by (A) Monday, Nov. 28, 2005 at 5:35 PM mail:

questo intervento di Chomsky non è in appoggio alle idee
di Faurisson ma contro la censura.
Se credi che dopo 60 anni ancora qualcuno possa dubitare dei metodi di sterminio nazisti NOI non siamo fra questi.
Il punto di vista di un negazionista non CI interessa
siete voi fasci-nazi provocatori che avete bisogno di pulirvi la coscenza dalla merda che avete dentro.
Sei convinto che i campi di sterminio non siano mai esistiti??? Che gli ebrei venivano resi liberi attraverso il lavoro???
Scommetto che sei un altro di quegli idioti che applaudono i propri giocatori neri e fanno UH UH UH a quelli delle altre squadre....
Ma davvero pensi che ancora qualcuno possa credere al razzismo??? VAI ALLO STADIO DAI TUOI SIMILI E NON CI FARE PERDERE TEMPO!!!!

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appunto
by app Monday, Nov. 28, 2005 at 10:48 PM mail:

parla di censura quella reclamata da voi tutti e attuata dagli admn

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SEI UN BUFFONE 2 VOLTE
by (A) Tuesday, Nov. 29, 2005 at 11:54 AM mail:

No cicci i tuoi deliri negazionisti puoi postarli
sui tanti siti nazi-fascisti disposti a ospitarli.
Qui sono solo provocazioni in quanto la policy è chiara ed uguale per tutti: I POST FASCISTI E PROVOCATORI come i tuoi sono solo offensivi e vi servono solo per spostare spazio e attenzione su temi che interessano solo un manipolo di razzisti e nostalgici fuori dalla storia.
NON ESISTE DIO STATO E RAZZA.

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