L´ECONOMISTA "Più brave ma escluse dal potere L´Italia è ultima in Europa".
«Se si guarda chi ha il potere in Italia, 10 sono donne e 90 sono uomini, lo dicono fior di studi. Più indietro di tutti in Europa, così siamo». Lo spiega bene Cristina Bombelli, docente della sda Bocconi. «L´esclusione delle donne dai centri di potere, che in Italia è scandalosa, avviene perché prevalgono meccanismi di furbizia, di cooptazione, invece che di meritocrazia. Se guardassimo al merito... Le ragazze a scuola sono bravissime, escono con le votazioni più alte. Come mai poi, nel giro di pochi anni, improvvisamente i maschi diventano più bravi e le donne no? Come mai più si va avanti nella carriera e più le donne scompaiono?». Forse, si obietta, sarà che con l´età c´è voglia di famiglia e maternità. «Non mi si venga a parlare di maternità, l´Italia è il paese più denatale del mondo, 1,2 figli per coppia. Non può essere quello il motivo. Io ho 54 anni, in gioventù ero sicura che le donne avrebbero occupato più posti di potere di quanto effettivamente non sia poi accaduto. Nei consigli di amministrazione delle nostre aziende le donne sono il 3 per cento, il dato più basso d´Europa».
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LA MAMMA "Mogli, manager, amanti perfette Ci sarò perché ci chiedono troppo".
Una vita sempre in prima linea: tanti anni di lavoro di pubbliche relazioni, nel campo della tv e del cinema, conferenze stampa da organizzare, personaggi in vista da tenere a bada, poi un marito famoso «con tutto l´indotto», come dice lei, due bambini e la casa. Per Sandra Bonzi, moglie dell´attore Claudio Bisio, «conciliare tutto diventava impossibile, rischiavo di non essere mai nel posto giusto al momento giusto, avevo sempre la testa altrove. Così mi sono presa un paio d´anni di pausa, per riflettere. E per concludere la laurea in scienze politiche». Adesso riprenderà il lavoro, «con ritmi più umani». Al tempo delle battaglie per la 194, ricorda, era una ragazzina: «Mi hanno aiutata a crescere». Adora i suoi figli, ma gestirli è stato duro: «Vorrei scrivere, un giorno, un libro sulle baby sitter», dice. E per la figlia, che adesso ha 10 anni, scenderà in piazza: «Io dovevo confrontarmi con mia madre, brava mamma e moglie. Ma alle donne di domani si chiederà di essere mogli, mamme, manager, organizzatrici e anche amanti strafighe, sempre dall´estetista. Mi pare che si stia tornando indietro».
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LA STRANIERA "Io, cinese, dico a mia figlia di continuare a credere nei diritti".
«Forse adesso sono più straniera nel mio Paese che qui». Elena Liao, ristoratrice cinese, è arrivata in Italia nei primi anni Settanta, quando era poco più di una bambina. Per lei, che ha lasciato una Cina notevolmente arretrata rispetto a quella di oggi che è proiettata verso il futuro, venire a Milano è stato un vero choc culturale: «Prima non capivo la lingua, ma pian piano, imparando a parlare, mi sono accorta che soprattutto non capivo la mentalità». E con le altre donne non andava meglio: «Parlavo con le clienti del ristorante e mi sentivo lontana da loro. Mi sembravano così superficiali». Ancora adesso, dice, i suoi rapporti sociali sono limitati: «Io mi sento estranea, gli altri mi fanno sentire molto la mia diversità». In famiglia, dice, si ripete il modello cinese: è il marito che prende le decisioni importanti. Però la figlia maggiore, che ha vent´anni, «è tutta un´altra cosa: lei decide con la sua testa, segue il suo istinto, non le importa delle tradizioni. E andrà alla manifestazione perché crede nei diritti delle donne. Forse è meglio così, forse ha ragione lei».
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L´ATTRICE Pensavamo di aver ottenuto molto invece si rischia di tornare daccapo.
Ottavia Piccolo, attrice. Vietato pensare che sia più facile: «Essere attrice non è molto diverso da essere qualcos´altro. Si è considerate soprattutto per il fisico, se hai anche il cervello è una cosa fastidiosa. Mi sento come le altre donne che hanno i problemi di tutti i giorni. Certo, sono una privilegiata, ho un lavoro che mi piace e mi gratifica. Ma ultimamente a Milano ho visto una certa opacità da parte delle donne. Forse perché sono stanche, perché quelle della mia generazione credevano di avere raggiunto certi livelli, acquisito certi diritti, e ora li vedono rimessi in discussione». Si può immaginare che per quelle più giovani le cose non vadano meglio. «Molte decidono di non fare figli perché non sanno dove metterli, è una cosa che viene chiesta in modo esplicito e brutale a chi vuole un lavoro». Ma per la signora Piccolo, da vent´anni a Milano, l´importante è mantenere viva la "rete": «Noi donne non abbiamo mai smesso di tenerci in contatto, ma si sentiva proprio il bisogno di una "chiamata alle armi": le armi pacifiche delle donne, il dialogo, il confronto, e la ferma protesta».
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LA SINDACALISTA "I miei ventisei anni tra i lavoratori lottando con un mondo maschilista".
Essere segretaria generale della Fiom Brianza non è un ruolo tanto scontato per una donna. Infatti Elena Lattuada, da 26 anni sindacalista a tempo pieno, ne riconosce tutte le difficoltà. «La parola e la libertà femminile, ancora oggi, sono difficili da vivere. Il potere è ancora un vocabolario maschile». Certo, di strada se ne è fatta. Ricorda così il suo esordio: «Nelle prime assemblee nelle fabbriche operaie a ciclo continuo: io, sindacalista donna di 23 anni, parlavo in assemblee di uomini che avevano anche 50 anni e che mi riconoscevano a fatica una competenza e un ruolo». Comunque, commenta Elena, anche se «impari le arti del mestiere e te la cavi», resta sempre «la sensazione che una parola di donna non abbia lo stesso significato che una parola di uomo. Non è migliore o peggiore, però è diversa». Con le donne lavoratrici, invece, «ci sono canali diversi di comunicazione. Ci sono metri di valutazione che non passano più dalla presenza, dal ruolo, ma dalla competenza, da quel che sai fare e dal tuo metterti in gioco».
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