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A 30 anni dal disastro di Seveso è ancora emergenza sanitaria
by medarockers Monday, Jul. 10, 2006 at 11:10 PM mail:

materiali su Seveso..

video: AVI at 2.1 mebibytes

A cura de Il Pensiero Scientifico Editore
07/07/2006 11.59.00
Sono passati esattamente trent’anni da uno dei più gravi incidenti ambientali della storia italiana: era il 10 luglio del 1976 quando una nube di diossina si è sprigionata dalla fabbrica di cosmetici dell’Icmesa a Seveso, in Brianza.
La fabbrica produceva triclorofenolo, che sopra i 156 gradi si trasforma in 2,3,7,8-tetracloro-dibenzodiossina (Tcdd), una varietà di diossina particolarmente tossica.
E quel giorno, per un incidente in un reattore, la temperatura era salita fino a 500 gradi.

Così l’area circostante è stata contaminata dal Tcdd, che può causare tumori e danni gravi al sistema nervoso, a quello cardiocircolatorio, al fegato e ai reni.
Inoltre riduce la fertilità e, nelle donne incinte, può provocare malformazioni al feto e aborti spontanei.
Che la diossina sia una sostanza cancerogena è stato affermato anche dall’International Agency for Research on Cancer.
Il Tcdd in particolare è pericoloso anche in piccole dosi, e la quantità totale fuoriuscita dalla fabbrica di Seveso, che secondo le prime informazioni era di soli 300 grammi, oggi è stimata intorno ai 15 o anche 18 chili.

Gli effetti immediati sulla popolazione sono stati evidenti soprattutto da un punto di vista dermatologico: già dopo due giorni sono comparsi i primi casi di cloracne, una malattia di cui è documentata la correlazione con la diossina.
Oggi in totale il numero di casi di cloracne è salito a 193, ma gli effetti più gravi sono difficili da quantificare: nessun tumore si può attribuire direttamente con certezza al Tcdd.

Per valutare la mortalità legata alla diossina sono stati realizzati vari studi. Il primo copre gli anni fino al 1986, il secondo fino al 1991 e il terzo, che al momento è il più aggiornato, arriva fino al 1996 (Bertazzi et al., Am J Epidemiol 2001): copre quindi un periodo di vent’anni, ed è stato condotto sulla popolazione esposta alla diossina (divisa a seconda del grado di contaminazione della zona di abitazione) e su una popolazione di riferimento non esposta.

Il programma di monitoraggio ha coinvolto circa 280.000 persone nell’area brianzola, di cui quasi 6.000 residenti nelle aree più colpite.
La ricerca ha preso in esame il 99 per cento di tutti i soggetti coinvolti, e il risultato statisticamente più significativo riguarda l’incremento nelle zone più inquinate di neoplasie del tessuto linfatico ed emopoietico: il rischio relativo negli uomini era 1,7 e nelle donne 1,8.
Per quanto riguarda i linfomi di Hodgkin il rischio relativo era di 2,6 negli uomini e 3,7 nelle donne, e per quelli non-Hodgkin rispettivamente 1,2 e 1,8.
Alcune forme tumorali hanno colpito maggiormente uno dei due sessi: fra gli uomini, il rischio relativo era di 2,4 per tumori del retto, 2,1 per le leucemie e 1,3 per i tumori polmonari.
Quest’ultimo dato è particolarmente preoccupante a causa della latenza particolarmente lunga, confermata da un incremento dopo quindici anni.
Fra le donne il rischio relativo per il mieloma multiplo era 3,2, per i tumori epatici 1,3.

Gli effetti dell’incidente di Seveso però non si limitano ai tumori: nelle donne è stato riscontrato un rischio relativo di diabete di 1,7, con un incremento dopo dieci anni di latenza, ed è stato registrato un aumento delle malattie croniche cardiocircolatorie e respiratorie, che si può correlare sia con l’esposizione agli agenti chimici nocivi, sia con le condizioni di stress successive all’incidente.
Sono 730, infatti, le persone evacuate dalla zona più colpita, e tutte quelle residenti nelle altre aree inquinate vivono comunque nell’ansia e nell’incertezza sui possibili effetti in futuro.
Il prossimo aggiornamento riguarderà il periodo fino al 2001: secondo gli autori i risultati, di prossima pubblicazione, confermeranno sostanzialmente i dati degli studi precedenti.

Fonte: Ufficio stampa ISS - Epicentro 2006.

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