Libertà negata a uno degli arrestati nel blitz al Livello 57: «E' antiproibizionista».
Non era mai accaduto prima in Italia. La storia giudiziaria del nostro paese è forse piena di processi viziati da pregiudizi politici, ma che le motivazioni di una sentenza attacchino deliberatamente - e «senza alcun motivo giuridico», assicurano esperti legali - l'antiproibizionismo, è un fatto totalmente nuovo. E, non a caso, è avvenuto ancora una volta nel «laboratorio Bologna». In sostanza, secondo i giudici del Tribunale della libertà bolognese - che hanno respinto la richiesta di scarcerazione a una persona condannata in primo grado nell'inchiesta sul centro sociale Livello 57 - chi ha convinzioni antiproibizioniste potrebbe essere più «resistente» agli effetti deterrenti della galera. La libertà viene negata anche perché la persona, di cui non scriveremo il nome per non compromettere il suo processo, ha agito «non già sotto la spinta di ragioni contingenti - recita l'ordinanza - ma per convinzioni ideologiche legate all'antiproibizionismo delle droghe leggere ed in un ambiente, il Livello 57, ove per l'appunto si davano convegno i vari associati per consumare droghe». Inoltre la persona, continua il documento, «aveva ben presenti le conseguenze a cui si esponeva frequentando detto centro». E non costituisce «ostacolo alla reiterazione di condotte analoghe» il fatto che il Livello sia stato posto sotto sequestro il 25 luglio scorso, visto che il centro «potrebbe avere già scelto nuovi punti di incontro e nuove aree in cui organizzare manifestazioni e feste sociali finalizzate allo spaccio e al consumo di droghe». Come a dire, chi agisce per soldi può essere più facilmente convinto a desistere di chi agisce per motivazioni ideologiche e, in più, se è legato a luoghi (pubblici e aperti, come sono i centri sociali) che della lotta al proibizionismo hanno fatto un proprio cavallo di battaglia. «Motivazioni totalmente inutili e fatte apposta per creare polemica - spiegano i legali del Livello 57 - anche perché bastavano le altre motivazioni che indicano la possibilità di compromettere le indagini ancora in corso». Un fatto senza precedenti. Persino nei confronti di Marco Pannella, uno dei padri dell'antiproibizionismo, che più volte è stato condannato per aver fatto uso o distribuito cannabis, nessun tribunale era mai arrivato a tanto. Anzi, in una delle sentenze era stato assolto perché «l'azione di disobbedienza civile» aveva «un alto valore sociale e morale in favore dei diritti dei cittadini». «Si esprime l'idea che una politica ragionevole e sostenibile, sociale e non penale, sul consumo di droghe - come fanno milioni di persone, scienziati, politici, sindaci, operatori e consumatori in tutto il mondo - può costare anche la libertà personale», dicono gli attivisti del Livello 57 che hanno organizzato per questa mattina una conferenza stampa a cui saranno presenti il Forum droghe, Mdma, esponenti del Prc e i deputati Daniele Farina e Francesco Caruso. Intanto ieri il tribunale del riesame ha rigettato le due richieste di dissequestro delle sedi del Livello, anche quella inoltrata dalle 25 persone che vi abitavano. «Tutta la vicenda è caratterizzata da un'ossessione - commenta Franco Corleone, segretario di Forum Droghe - Si è accettata una lettura dei fenomeni del consumo attraverso la legge Fini-Giovanardi, la più repressiva d'Europa, che è pura ideologia ed è legata, quella sì, all'ideologia proibizionista». «Faccio parte della commissione per le autorizzazioni a precedere della camera - dice Daniele Farina - e il nostro compito è la ricerca del fumus persecutionis dei magistrati nei confronti dei politici. Negli atti che ho letto è più che evidente il fumus persecutionis contro il Livello e gli antiproibizionisti. Con un'aggravante: i cittadini non sono tutelati come i parlamentari. Se diventa più grave non agire per fini di lucro e personali, siamo nella dimensione dell'arbitrio e delle affermazioni gratuite. Con un pregiudizio che vizia i magistrati che esprimono motivazioni politiche proibizioniste».
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