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«Alzavo le mani, hanno sparato»
by gesu' Saturday, Nov. 23, 2002 at 3:25 PM mail:

Parla la pacifista irlandese Caoimhe Butterly, ferita da un tank a Jenin

GERUSALEMME
«Hanno ferito Caoimhe». E' stato il messaggio che per tutto il pomeriggio ha girato nelle mailing list di chi segue ogni giorno le vicende palestinesi. Caoimhe Butterly, ovvero «Cuiva», perché così si pronuncia il nome della giovane pacifista irlandese colpita ieri a una gamba da un proiettile sparato da un carro armato israeliano entrato nel campo profughi di Jenin. Caiomhe, 25 anni, è nota alla popolazione di Jenin. Per la sua determinazione, per il suo coraggio nell'avanzare a passo lento e a mani alzate verso i carri armati israeliani nel tentativo di bloccare il loro ingresso nel campo profughi già distrutto per un 50% lo scorso aprile. E anche per i lettori de Il Manifesto Caoimhe non è nome nuovo: spesso la pacifista irlandese ha contribuito con le sue informazioni ad arricchire i nostri servizi dai Territori occupati. Siamo riusciti ad intervistarla poco dopo il suo ferimento.

Caoimhe come stai, come va la gamba ferita.

Diciamo che sono stata fortunata. Il proiettile e' entrato ed uscito dalla gamba senza provocare danni gravi. I medici mi hanno detto che nel giro di qualche giorno dovrebbe tornare tutto a posto.

In ogni caso è stata una esperienza terribile. Ci racconti come è andata.

Voglio parlare prima di tutto di Jenin. In questa città sotto occupazione la vita è a rischio ogni giorno e non solo per i palestinesi. Oggi (ieri) un bambino di 11 anni, è stato ucciso dai soldati israeliani solo perché aveva lanciato qualche sasso contro i carri armati. E poco dopo un funzionario Onu è stato ammazzato nel suo ufficio. Sono fatti quotidiani che tuttavia non scuotono l'opinione pubblica internazionale. Il mio ferimento è avvenuto verso le 13 (le 12 in Italia). Era stato ucciso da poco il bambino e la gente mi ha detto che un gruppo di ragazzi continuava a lanciare sassi contro i mezzi corazzati israeliani. Sono andata sul posto, all'ingresso del campo profughi. Il carro armato ha cominciato a sparare. A quel punto sono avanzata verso il centro della strada per tentare di indurre i soldati a far tacere le loro armi. Avevo le mani alzate. Non è servito, a un certo punto dal carro hanno fatto fuoco e ho sentito un dolore fortissimo a una gamba. Sono caduta, poi è arrivata una ambulanza che mi ha portato all'ospedale. Poco dopo ho saputo che era arrivato in ospedale anche il corpo privo di vita del funzionario dell'Unrwa.

Dopo la distruzione di una metà del campo profughi di Jenin, il mondo ha dimenticato la situazione di Jenin che Israele considera «una fabbrica di terroristi e di kamikaze». Tu invece hai scelto di trascorrere gli ultimi sei mesi proprio a Jenin.

E' vero, è calato il silenzio su questa città sfortunata. Alle affermazioni di Israele posso solo replicare che la stragrande maggioranza della popolazione di Jenin è povera gente che non chiede altro che di essere libera, di avere un lavoro e di vivere in dignità in uno Stato indipendente.


MI. GIO.

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