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Hebron: cosa succede...
by morgana Saturday, Dec. 28, 2002 at 3:43 PM mail:

Hebron: cosa succede...

Il 12 dicembre un'altra operazione della resistenza palestinese ha interferito con i piani militari israeliani per la demolizione di alcune case della Città Vecchia di Hebron.
In giro per la Cis-Giordania si dice che questa operazione si e’ svolta nello stesso luogo dove, poco meno di un mese fa, tre combattenti avevano attaccato una jeep di soldati israeliani, nei pressi della colonia ebraica di Qiriat Arba.
Nonostante il luogo dell'operazione sia un altro, nell'immaginario della gente, la continuita' tra le due operazioni emerge dal rifiuto di subire la repressione, dall'approvazione pubblica per le azioni armate contro l'occupazione, nonostante ad esse spesso seguano gravi ripercussioni sulla popolazione civile palestinese.
In seguito all'operazione sono partiti gli ordini di demolizione per uno dei quartieri storici dell’agglomerato urbano sviluppatosi nei secoli intorno alla Tomba dei Patriarchi, chiamata dai musulmani Moschea di Abramo.
La giustificazione ufficiale per la demolizione è l’allargamento della strada attraverso la quale i coloni ebrei raggiungono il luogo dove sarebbe seppellita da millenni la famiglia di Abramo, che per i musulmani e’ il quarto luogo sacro dell’Islam, e sulla quale gli ebrei sionisti rivendicano un diritto esclusivo. Contemporaneamente, più di una dichiarazione pubblica da parte del governo Sharon, avanzava, sbandierando la questione della sicurezza per i coloni, la proposta di continuità territoriale tra tutte le colonie sparse dentro e intorno al centro storico di Hebron. Questa continuità territoriale implicherebbe l’esproprio di gran parte delle abitazioni dei palestinesi, ed è solo un altro modo per giustificare la demolizione della continuità storica della città, perseguita e pianificata nei decenni, da quando nel 1967 la regione e’ stata occupata dall’esercito israeliano.
Ora i lavori sono in pieno corso, a partire dal punto in cui fu attaccata la jeep, per allargare una strada che parte e porta al cancello nord dell’insediamento di Qiriat Arba, costeggiando abitazioni palestinesi. Quando questo tratto sarà finito, i bulldozzer si sposteranno nel quartiere storico, dove la sicurezza dei coloni sarà garantita con la demolizione del vicolo secolare che, dalla porta sud della città, porta alla Moschea di Abramo.
L’operazione del 15 novembre era stata presentata dai media come un attacco ad un gruppo di fedeli che tornavano dalla preghiera, in realtà nella serata di quel venerdì i combattenti hanno attaccato una jeep di militari, ne hanno preso il controllo, e, da dentro la jeep, hanno sparato sui soldati e sulle guardie del corpo armate che accorrevano al richiamo degli spari. Nessun civile di religione ebraica poteva essere spinto dalla fede a circolare in quella zona a quell’ora, poiché, essendo già iniziato lo shabat, la religione richiede di non svolgere assolutamente alcuna attività.
Il fatto che l’attacco ai militari israeliani sia stato immediatamente presentato come un attacco a dei fedeli, e la puntualità con cui questo fatto ha motivato il provvedimento militare di allargamento della strada, si spiega nel quadro di una strategia di lungo periodo sulla pianificazione urbana della città.
Lo stesso quartiere che ora rischia la demolizione era già stato oggetto di un progetto di restauro da parte dell’Hebron Rehabilitation Committee, un ente locale palestinese che si occupa del recupero urbano della Città Vecchia: negli anni 1999 e 2000 erano stati ottenuti i finanziamenti esteri necessari, ed il piano dei lavori era stato definito in accordo con i proprietari delle abitazioni, che sarebbero tornati a viverci dopo il restauro. Proprio a questo punto l’esercito israeliano bloccò per ragioni di sicurezza i lavori in quel quartiere, dichiarandolo zona militare, e diffidando gli abitanti dal rientrare nelle loro abitazioni.
Tale intervento si capisce meglio considerando la mappa della città in prospettiva storica, dove si può leggere come l’occupazione militare dal 1967 abbia permesso l’insediamento dei coloni in punti del centro storico isolati gli uni dagli altri, teste di ponte per una rete di percorsi che, connettendo gli insediamenti, stravolge il tessuto urbano perché chiude le vie e blocca il passaggio dei palestinesi, risultando in una appropriazione progressiva di tutto lo spazio urbano.
In questo senso, il concetto di continuità territoriale, che Sharon che impiegato per rendere pubblici i piani sionisti sulla città di Hebron, si accoppia ben bene con quello di “transfer”, che, per come viene utilizzato in alcuni documenti ministeriali, commentatori anche israeliani hanno preferito tradurre come “espulsione”.
Che di transfer, espulsione, o continuità territoriale si tratti, è un progetto perseguito con una pazienza decennale, concretizzato grazie alla complicità del silenzio, dell’irresponsabilità di tutta la comunità internazionale, che, di fronte ad abusi, violenze, violazioni, reclusioni giornaliere, evita di prendere posizione contro l’occupazione militare, autorizzandone la pretesa di legittimità.
Nell’ultimo mese le notizie di due azioni della resistenza palestinese hanno attirato l’attenzione dei media sulla città di Hebron, ma, invece che mettere in luce le sofferenze di un popolo che resiste ad un’occupazione militare lunga più di cinquanta anni, sono state stravolte e strumentalizzate per presentare come emergenziali provvedimenti che per i palestinesi sono quotidiana repressione.
La famiglia al-Jabari, ad esempio, che da il nome al quartiere storico dove sono partiti gli ordini di demolizione, coltiva da sempre la terra nel colle sovrastante la Moschea di Abramo, e si è vista, nei decenni, fiorire l’insediamento di Qiriat Arba di fronte alle proprie terre.
Ormai decenni or sono, una parte della loro terra fu espropriata per insediare una stazione dell`Haras al-Hudud, o polizia dei confini, intorno alla quale alcuni coloni piazzarono anche delle abitazioni, il blocco si chiamo' Qyriat Jo'bor. Due anni fa altra terra venne loro espropriata per tracciare una strada asfaltata tra l`insediamento e Qyriat Arba, e la stessa terra ai lati della strada fu presa dai coloni per le loro coltivazioni.
Questo novembre, nell`ambito della repressione seguita all`azione del giorno 15, un gruppo di soldati e di coloni armati hanno scortato un buldozzer a spianare, nel mezzo della terra rimasta ai Jabari, una nuova strada esattamente parallela a quella spianata due anni prima, solo che con questa "scusa" hanno distrutto anche il pozzo dal quale la famiglia attingeva l`acqua da generazioni.
Da questi fatti si capisce che la costruzione delle strade e` uno dei tanti modi con cui l`occupante si appropria della terra palestinese, come con le ben note by-pass roads che connettono le colonie ebraiche, sezionando la Cis-Giordania.
Il 13 dicembre altre case sono state demolite ad Hebron come ripercussione per l`ultima operazione della resistenza, nella quale due soldati israeliani sono stati uccisi: quattro case, di cui due abitate, nel quartiere dove e` avvenuto l`attacco, a sud ovest della Moschea di Abramo, e altre due case nella periferia della citta`. Le esplosioni hanno lasciato 17 persone senzatetto.
Cosi`, sbandierando l`emergenza, si giustifica una repressione pianificata, una punizione collettiva della popolazione palestinese per costringerla ad abbandonare la propria terra.

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