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Riforma delle pensioni in Francia, riflessioni di donne
by da Le Monde Tuesday, Jun. 10, 2003 at 10:04 PM mail:

Le donne continuano a pagare il prezzo più alto !


Il governo attuale presenta il suo progetto di riforma sulle pensioni in nome di una « equità tra il pubblico e il privato ».
Innanzitutto, si guarda bene dal dire che queste sono le misure prese dal governo Balladur nel 1993, che , diminuendo le pensioni nel settore privato, ha rotto questa equità che esisteva tra settore pubblico e privato. Poi, non si spende neanche una parola sulla legittima equità tra uomini e donne. Le differenze tra le pensioni medie di uomini e donne sono invece ben reali, e anche superiori a quelle tra pubblico e privato.
Nel 2001, le donne pensionate hanno avuto in media una pensione di 848 euro al mese, e gli uomini di 1461 euro. Le donne hanno avuto quindi il 42% in meno degli uomini. Per quello che riguarda le pensioni di “diritto diretto” e cioè escludendo gli assegni familiari e le pensioni di reversibilità, le donne hanno avuto 650 euro (uomini: 1383 euro).
Su dieci persone in pensionamento, 3 percepiscono una pensione inferiore al minimo vitale: tra questi pensionati poveri, l’83% sono donne. Quando si considererà l’ineguaglianza di questa situazione?
Le differenze di pensionamento tra uomini e donne sono il riflesso delle ineguaglianze nella vita professionale e sociale. I salari delle donne sono in media inferiori a quelli degli uomini; per un gran numero, il tempo parziale è un’imposizione, e devono assicurare sempre il grosso delle responsabilità in materia di educazione dei bambini, di lavoro domestico, di cura dei familiari. A loro l’onere di interrompere le loro carriere o lavorare a metà tempo per allevare i figli. Risultato: salari più bassi e carriere più brevi producono pensioni più deboli.
Questo scarto tra i sessi preoccupa decisamente poco il governo, poichè ciò che propone porterà invece ad aumentarlo notevolmente, come già è successo con la riforma Balladur nel 1993.
In effetti, l’allungamento dell’età lavorativa a 40, poi 41 e 42 annualità, penalizza fortemente le donne, che già adesso non arrivano ad ottenere le 37,5 annualità necessarie: tra le pensionate, soltanto il 39% delle donne ha potuto far valere una carriera completa (la durata necessaria per ottenere il tasso massimo di pensione), contro una maggioranza tra gli uomini (85%). Attualmente, le donne prendono in media la loro pensione due anni più tardi degli uomini, per cercare di aumentare il loro numero di annualità lavorative e limitare così la perdita di potere di acquisto della loro pensione.

Nel settore pubblico come nel privato, la differenza tra la durata delle carriere di uomini e donne è molto forte : nella funzione pubblica territoriale e negli ospedali, solo il 22% delle donne ha effettuato una carriera completa, contro il 59% delle donne. Tra i funzionari civili, le cifre sono del 51% soltanto per le donne, e del 72% per gli uomini.
Tenuto conto dell’elevato tasso di disoccupazione dopo i 50 anni, e anche della loro situazioni di “fuori mercato del lavoro”, allungare la durata delle annualità lavorative non significa che le persone lavoreranno per più tempo, ma semplicemente che fin dall’inizio donne e uomini -ma soprattutto donne- partiranno senza beneficiare di una pensione piena.
E’ una misura ipocrita e ingiusta. Ipocrita: l’obiettivo reale è di abbassare le pensioni in maniera di incitare coloro che lo potranno ad un finanziamento complementare per raggiungere il massimo di pensione. Ingiusta: ancora una volta, saranno i lavoratori e le lavoratrici salariate a dover provvedere al pensione complementare, mentre gli impiegati ne saranno esonerati.

Il colmo dell’ingiustizia lo si raggiunge nel sistema delle riduzioni. Si tratta attualmente, nel settore privato, di un abbattimento sulla pensione del 10% per anno mancante. Nel progetto Fillon, si prevede di instaurare per il settore pubblico una riduzione che si metterebbe in azione gradualmente, fino a d arrivare al 5% , livello al quale il bonus del privato sarebbe raggiunto.
Questa riduzione, nel suo stesso principio, penalizza in maniera spropositata le annualità mancanti, e tocca soprattutto le donne. La durata media delle annualità raggiunte dalle donne è oggi di 30,5 anni. La carriera delle donne ha la tendenza ad allungarsi nel corso del tempo, ma le misure di aiuto familiare che riguardavano prima i genitori con tre bambini, poi con due ( e oggi, nel progetto Fillon, anche solo uno) hanno come effetto di incitare le donne a ritirarsi dal mercato del lavoro.

Queste avranno poi delle grandi difficoltà per ritornarvi dopo il oro congedo.La loro carriera resta dunque più breve. Il lavoro a tempo parziale, spesso imposto, non è sufficiente a rendente valido ai fini della pensione il trimestre in cui non si sia lavorato almeno 200 ore, come spesso accade.
Gli ostacoli ad una carriera completa per le donne si accumulano: da 37,5 annualità, già obiettivo difficile, poi a 40 annualità, ancora più; a 42 annualità, sarà drammatico per un alto numero di donne, soprattutto le più svantaggiate.
Tenuto conto dell’impatto eccessivamente penalizzante di questo sistema sulle carriere brevi e sulle carriere a tempo parziale, il Consiglio di orientamento delle pensioni si è preso al pena di preconizzare degli studi dettagliati per “evitare le conseguenze non desiderabili soprattutto per le donne”.
Quali sono i risultati di questi studi? Quali sono gli impegni presi per annullare realmente le “conseguenze non desiderabili per le donne”? Il governo rifiuta una misura che sarebbe invece essenziale, specialmente per le donne: portare le pensioni minime al livello di Smic. Sarebbe inoltre indispensabile di sopprimere ogni riduzione nel settore privato, e di non introdurla in quello pubblico.

Sotto il pretesto di equità tra pubblico e privato, il progetto mira a far pagare al 90% la riforma ai salariati, e in particolare alle donne. Contrariamente alle affermazioni del governo, i benefici familiari sono lontani dall’essere mantenuti: per esempio, le condizioni di accesso alle maggiorazioni e ai bonifici per i bambini saranno modificati e inaspriti nel settore pubblico per i bambini nati a partire dal 2004. Nel settore privato, il fatto di calcolare su 160 trimestri in luogo degli attuali 150 aggiunge ingiustizia riducendo le pensioni: le donne sono le più interessate.
E’ indispensabile innanzitutto ritornare sull’insieme delle misure adottate da Balladur nel 1993, che hanno rotto l’equilibrio tra i due settori. Per quello che riguarda i problemi di finanziamento, esistono altre soluzioni. La parte di massa salariale nella ricchezza prodotta si è abbassata di dieci punti a partire dagli anni ottanta. È possibile ritornare su questo abbassamento e modificare la ripartizione del reddito nazionale. Come ha mostrato il consiglio di orientamento sulle pensioni, è sufficiente un aumento minimo dei contributi padronali (o,37 % annuo in media) che potrà essere prelevato sulla rendita azionaria senza compromettere le risorse delle imprese.

E’ possibile anche agire a lungo termine sull’obiettivo del pieno impiego, per le donne come per gli uomini, che consoliderebbe la pensione per ripartizione e garantirebbe un livello corretto di pensione per tutte e tutti.

Una politica ambiziosa, dotata di reali mezzi, che tenga conto delle disuguaglianze salariali tra donne ed uomini nel corso della vita professionale andrebbe nello stresso senso.
Ma , beninteso, questa soluzione non è nella linea politica del governo. Tocca adesso ai movimenti sociali e sindacali far sentire la loro voce per rifiutare la degradazione sistematica delle acquisizioni sociali, per le donne come per gli uomini.
Le donne hanno il loro posto da prendere in questa lotta!

Annick Coupé portavoce de l'unione sindacale-G10 Solidaires. Christine Dupuis segretaria nazionale del'UNSA. Maïté Lasalle segretaria confederale della CGT. Michele Loup segretaria nazionale della FGTE - CFDT. Michele Monrique segretaria confederale di F.O. Sophie Zafari membro della commissione nazionale Droits des femmes de la FSU.


articolo originale: http://www.lemonde.fr/article/0,5987,3232--323340-,00.html

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