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Le ragazzine guidano l’assalto, poi gli scontri
by dal corriere Sunday, Oct. 05, 2003 at 7:07 PM mail:

Due arrestati, 48 fermati, una trentina di feriti. Pisanu: «Manifestanti pacifici e agenti hanno ridotto al minimo ogni violenza»


ROMA - Tutti sapevano che qualcosa di brutto sarebbe accaduto. Tutti, davvero. Ora si contano i feriti: 28, tra cui un agente, centrato da un petardo farcito di chiodi. Quanto ai fermati, sono 48. Due gli arrestati: uno di Reggio Emilia e uno di Arezzo. L’accusa: lesioni gravissime nei confronti di alcuni poliziotti del Reparto mobile di Roma. Però è chiaro che poteva andare peggio. Lo dice il ministro dell’Interno Pisanu: «Come previsto, 400 facinorosi si sono prodigati per far degenerare il corteo. E solo l’intervento di manifestanti pacifici e delle forze dell’ordine ha ridotto al minimo ogni violenza». Pessimo pomeriggio, comunque, per no global e poliziotti. Puntuali ad una sorta di appuntamento.
La sensazione è precisa, alle 17.30, nel gran piazzale dedicato a Guglielmo Marconi, centro esatto del quartiere Eur, giusto all’angolo con viale Civiltà del Lavoro, in fondo a cui comincia la candida scalinata marmorea del Palazzo dei Congressi, sede della Conferenza intergovernativa.
Il corteo antagonista, con bandiere dei Cobas e di Rifondazione, con molti giovani e nonostante questo piuttosto cupo, quasi senza musica e in qualche modo perciò presago, ha appena concluso il suo tragitto: breve, dalla stazione metropolitana Laurentina e fino a qui, in questa piazza. Attraversando strade chiuse da plotoni di agenti in tenuta antisommossa. Migliaia di agenti. Rinforzati da altri schieramenti di carabinieri e di finanzieri. Era impossibile calcolare il numero dei mezzi blindati. Impossibile, anche, descrivere le facce di molti manifestanti che, in prossimità dell’appuntamento, nel calarsi i passamontagna sul volto, s’interrogavano: «Ma quanti sono?».
Chi conosce i tratti urbanistici del quartiere Eur può intuire quanto facile sia stato per gli esperti del Viminale chiudere il corteo in un budello: tutte le strade, infatti, formano angoli retti. Sul percorso, due benzinai danneggiati. Ma qui non c’erano macchine parcheggiate, né cassonetti. Solo alberi e poliziotti. Fino, appunto, a piazzale Marconi.
Disobbedienti in testa. Anzi, avanti a tutti le loro donne: ragazze e ragazzine, allegre e determinate nell’infilarsi i caschi da motocicletta, pronte a emulare le loro compagne di Cancun. «Cerchiamo di sfondare noi, per prime». Dodici file da dodici. Dietro, gli adulti. Luca Casarini e Nunzio Derme. Francesco Caruso, grande capo napoletano, un poco più dietro.
La strada che conduce al Palazzo dei Congressi è chiusa da non meno di trecento agenti. I Disobbedienti hanno chiesto e ottenuto di essere i primi a entrare in azione: ed è per questo che vanno a bloccare una pattuglia di incappucciati che ha appena sferrato un saccheggio allo sportello bancomat della Bnl. Volano bottiglie vuote. Una lambisce la testa di Giuliano Giuliani, padre di Carlo, il giovane ucciso a Genova durante gli scontri per il G8 di due anni fa.
Passano un po’ di minuti, poi succede quello che tutti sapevano. I Disobbedienti - non più soli, a questo punto, ma rafforzati anche da altri antagonisti - cercano di forzare il blocco. Hanno scudi e bastoni. Gli agenti manganellano. Poi scoppiano i primi lacrimogeni. C’è una carica. E un’altra. Sono cariche abbastanza violente. Un manifestante scivola e viene preso a calci. Gli altri, correndo, si accorgono di correre verso altri plotoni di carabinieri. «Siamo topi in trappola!».
Hanno capito bene. Infatti un’altra mezz’ora trascorre così, correndo da una parte all’altra. Finché i capi antagonisti chiedono la resa. «Ok, basta». Vanno via a capo chino. Stanchi. Giornata faticosa, sulle spalle: cominciata fermando un bus in via del Corso, buttando carta igienica davanti a Palazzo Chigi e incendiando il negozio di un’agenzia interinale, l’Adecco.
Qualcuno canta, certi bevono birra. Molti si accendono una sigaretta all’hashish.

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