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http://italy.indymedia.org/news/2003/10/400492.php Invia anche i commenti.

[Bolivia]
by imc italia Monday, Oct. 13, 2003 at 11:30 AM mail:

Aggiornamenti

---- Traduzione da Imc Bolivia
Domingo 12 de octubre: 26 muertes y 100 heridos

A partire dall’alba, ci sono stati scontri tra i militari che portano e utilizzano armi da guerra e la popolazione che ha con sé bastoni e pietre. Nella mattina, dirigenti come Evo Morales (MAS), Jaime Solares (COB) e Felipe Quispe (CSUTCB) hanno ribadito un solo discorso: per negoziare, il governo deve firmare un documento nel quale si impegna a non permettere l’uscita del gas boliviano attraverso porti cileni o altro, e a lavorare in patria l’idrocarburo.
E così cominciano una serie di massacri in varie zone a partire dall’alba. A metà mattina si verificano violenti scontri a Ballivian, con otto feriti. A Senkata altri episodi di repressione con quasi dieci feriti.
All’una del pomeriggio la strada è lo scenario di spari e gas lacrimogeni e armi da guerra. Questi scontri arrivano a La Portada e Alto Pura Pura, a La Paz.
L’obiettivo militar-governamentale: : portare 12 camion cisterna da Senkata a La Paz. Il trasporto è interrotto in diverse occasioni e al suo passaggio produce sempre più morti e feriti. Tra Senkata (El Alto) e La Portada (La Paz) i morti macchiano almeno venti chilometri del macabro percorso di petrolio distillato che è amministrato dalle stesse imprese transnazionali che ora vogliono esportare il gas boliviano come un “traffico di negri per il paese”
Per tutto il giorno, gli abitanti di El Alto raccontano alle radio (Integración, Pachamama, Red Erbol e Waynatambo, oltre a Cruz del Sur e altre), l’impossibilità di raccogliere cadaveri, il vegliarli nella strada pubblica, il non poter soccorrere i feriti, e poi gli spari delle armi da guerra e dei gas lacrimogeni dagli elicotteri e da un aeroplano. Le televisioni, eccetto la Cadena A e RTP, non mostrano nulla del massacro e continuano con la loro programmazione, anche se esistono le condizioni tecniche per la programmazione in diretta come si fa in Parlamento o durante i concerti.


Nel pomeriggio il conflitto si sposta a Río Seco Villa Ingenio e Villa Lunari, dove gli effettivi militari sparano a qualsiasi civile gli si pari innanzi, provocando altri morti e feriti.
I 26 morti di domenica 12, secondo quanto ha riportato la Red Erbol, sono : Miguel Pérez Cortez, Efraín Mamani, Carmelo Mamani, Vidal Pinto, Efraín Mita,
Marcelino Caravajal, Constantino Quispe, Marcelo Machicado, Johnny Mamani, NN varón, Máximo Vallejos, Marcelo Mamani, Vicente Efraín Pinto, Augusto Hilari Pari, NN varón raccolto in avenida Bolivia, Damián Luna Palacios, Adolfo Huanca, Richard Charca, Félix Calle, NN varón, NN varón, NN varón (questi tre nella sede sociale di Villa Ingenio); Soldato Segnar García del Reggimento de Infantería de Charagua (Chaco cruceño).
Esiste una altra lista di 92 feriti.


La benzina arriva alle stazioni di servizio con un annuncio del Ministro Carlos Sánchez Berzaín (detto ormai l’assassino) davanti alla televisione governativa. Lunghe code di veicoli provano ad avere un po’ di benzina


Gli ospedali di El Alto e La paz vedono arrivare una dopo l’altra ambulanze e macchine private che trasportano feriti, moribondi, o semplicemente morti. Le dodici cisterne sono costate 26 morti. Macabro, ma reale


http://bolivia.indymedia.org/es/2003/10/3143.shtml

---- Dalle agenzie di stampa italiane
ANSA- BOLIVIA: ASSEMBLEA DIRITTI UMANI, 18 I MORTI IERI

Nei disordini avvenuti ieri nella localita' boliviana di El Alto sarebbero morte 18 persone e 57 sarebbero rimaste ferite. Lo ha affermato in nottata il presidente dell'Assemblea permanente dei diritti umani, Waldo Albarracin. Le proteste erano parte della cosiddetta 'guerra del gas'' cominciata il 15 settembre scorso attraverso cui i sindacati, i contadini e diversi settori sociali si oppongono alla vendita del gas boliviano a Stati Uniti e Messico. Poco prima del dato fornito da Albarracin, il portavoce presidenziale Mauricio Antezana aveva offerto un bilancio ''preliminare'' di vittime di cinque morti e 34 feriti. Invece il leader oppositore Evo Morales e l'emittente Radio Fides a fine giornata hanno fornito un bilancio di nove morti. Parlando alla stampa, Albarracin ha spiegato che alla cifra ''confermata'' di 18 vittime fatali si e' arrivati attraverso dati forniti dagli ospedali e dai militanti dell'Assemblea. Quello che e' certo e' che El Alto e' stato al centro per tutta la giornata di ieri di una vera e propria battaglia campale fra la popolazione scesa in massa nelle strade per aderire allo sciopero a tempo indeterminato e reparti speciali dell'esercito e della polizia. Secondo testimonianze concordanti i militari e gli agenti, oltre ad usare sfollagenti e gas lacrimogeni, hanno apertamente utilizzato le armi di ordinanza. Con grandi sforzi, le forze dell'ordine sono riuscite a scortare fino a La Paz una quindicina di autocisterne per rifornire le stazioni di servizio rimaste a secco. Per l'impossibilita' di assicurare i rifornimenti di carburante, fra l'altro, le compagnie aeree nazionali e internazionali hanno sospeso le operazioni nell'aeroporto internazionale della capitale boliviana. Questa drammatica situazione ha azzerato le possibilita' di dialogo, perche' il governo accusa i promotori della protesta di pensare ad un colpo di stato, mentre questi ultimi pongono come condizione a una trattativa la smilitarizzazione del paese, l'abbandono del progetto di esportare il gas all'estero e l'abrogazione della legge sugli idrocarburi che regola la presenza in Bolivia delle compagnie energetiche straniere.

AGI/AFP - La Paz, 13 ott. - Bagno di sangue a El Alto, fulcro della protesta contro la costruzione di un gasdotto dalla Bolivia verso gli Stati Uniti. Secondo fonti cattoliche, nelle cinque settimane di rivolta 26 contadini sono stati uccisi e altri 90 sono stati feriti. L'agenzia 'Fides' e gruppi pacifisti hanno accusato l'esercito di aver utilizzato armi pesanti contro la popolazione dell'abitato e a riprova della tensione nell'area, la compagnia di bandiera boliviana ha deciso di sospendere i voli in partenza e in arrivo all'aeroporto internazionale di La Paz, che si trova a metà strada tra la capitale ed El Alto.
I manifestanti vogliono costringere alle dimissioni il presidente Gonzalo Sanchez de Lozada. Una delle cause scatenanti della protesta è il progetto da 5 miliardi di dollari per la costruzione di un gasdotto che dovrà trasportare la materia prima boliviana fino alla costa del Pacifico passando per il Cile, Paese guardato con sospetto da molti boliviani. I sindacati ritengono inoltre insufficiente il 18 per cento degli introiti che lo Stato boliviano si è riservato nell'affare.

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