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Gli attentati dell'11 settembre furono un colpo di Stato? | ||
by Algiz Tuesday, Jan. 06, 2004 at 12:34 PM | mail: | |
Ipotesi e confronti
Kenneth Bouldin
ore 08.45: il volo American Airlines 11, decollato da
Boston alle 07.59 destinazione Los Angeles, si schianta contro la torre nord
del World Trade Center.
Tuttavia vi fu chi, fin dal primo momento, dubitò della versione ufficiale
data dell'attentato; operazione troppo complessa per poter venir realizzata con
successo anche da una potente organizzazione terroristica fornita di ingenti
mezzi finanziari e di numerosi aderenti sparsi in tutto il mondo. Qualcosa non
quadrava nella spiegazione fornita dalle autorità americane, una spiegazione
troppo semplice che non riusciva a dare risposta a tutta una serie di
interrogativi. Una spiegazione inoltre troppo somigliante alla trama di un film
di James Bond, con un miliardario pazzo che dal suo rifugio segreto ed
inaccessibile situato in una grotta delle montagne dell'Afghanistan, sferra un
attacco senza precedenti alla superpotenza americana. Giulietto Chiesa in un
articolo pubblicato sulla rivista italiana di geopolitica Limes
afferma che «non è una rete quella che può realizzare ed eseguire un compito operativo
di questa entità, un'operazione terroristica di così vasta portata, e
implicazioni tecniche, politiche, economiche, da essere stata - giustamente -
paragonata ad un'azione di guerra». (1) La rete terroristica ha certamente
avuto la funzione di compiere materialmente l'attentato, ma «un livello
superiore dev'essere pensato per risalire ai veri organizzatori e strateghi».
(2) Anche Andreas Von Bülow, ex ministro della Ricerca e della tecnologia della
Repubblica Federale Tedesca, nutre seri dubbi sulla veridicità della versione
ufficiale. In una intervista del 13 gennaio 2002 rilasciata al giornale tedesco
Tagesspiegel, Von Bülow afferma: «Posso dire che la pianificazione
degli attacchi è stata magistrale dal punto di vista tecnico e organizzativo.
Dirottare quattro enormi aerei in pochi minuti e portarli con manovre aeree
complesse nell’arco di un’ora sugli obiettivi! È impensabile senza l’appoggio,
e per anni, degli apparati segreti dello Stato e dell’industria». (3) Gli
interrogativi ed i punti oscuri sono dunque molti, come documentato dal libro
di Nafeez M. Ahmed, Guerra alla libertà. (4)
Infatti:
Lyndon LaRouche, in una intervista del 12 settembre 2001 rilasciata alla radio WGIR-AM
del New Hampishire, e condotta dal giornalista Woody Woodland, per primo avanza
un'ipotesi diversa da quella ufficiale dell'attentato terroristico di matrice
islamica: «Voglio precisare che questa non è una operazione terroristica, ma si
tratta piuttosto di una speciale operazione strategica coperta che presenta
delle somiglianze con l'operazione della milizia contro il centro di Oklahoma
City alcuni anni fa». (8) Tesi che ribadì in una intervista concessa a Radio
Radicale il 20 settembre 2001. (9)
Che con gli attentati dell'11 settembre sia stato compiuto negli USA un colpo di Stato,
può sembrare, ad un primo esame, un'ipotesi alquanto bizzarra se non addirittura assurda.
Quando si pensa ad un colpo di Stato viene subito in mente il colpo di Stato militare;
ed il ricordo degli avvenimenti del Cile, dell'Argentina, della Grecia, della Turchia, con
l'esercito nelle strade, ondate di arresti tra gli oppositori, coprifuoco,
scioglimento del parlamento ecc. Questa rimane indubbiamente la tipologia che
potremo definire classica del golpe militare, ed è sicuramente quella
più diffusa nella seconda metà del XX secolo. È anche ovvio che in senso
stretto nulla del genere è accaduto negli Stati Uniti con l'11 settembre:
nessuna junta di tipo militare si è sostituita al presidente George W.
Bush ed allo staff della sua Amministrazione, né la Camera dei Rappresentanti
ed il Senato sono stati sciolti.
Si tratta dell'assassinio del presidente John F. Kennedy avvenuto a Dallas il 22 novembre 1963.
C'è chi ritiene che l'omicidio del presidente americano sia stato il momento
principale di un colpo di Stato. A sostenere questa tesi è Jim Garrison, il
procuratore distrettuale di New Orleans che indagò sulla vicenda, ed il cui
libro ispirò il film del regista americano Oliver Stone. Garrison è esplicito, e vale la
pena citare le sue conclusioni per intero: «Credo che quello che è successo
nella Dealey Plaza di Dallas il 22 novembre 1963 sia stato un colpo di stato.
Ritengo che sia stato proposto e programmato con notevole anticipo da fanatici
anticomunisti membri della intelligence degli Stati Uniti; che sia stato
realizzato, molto probabilmente senza un'approvazione ufficiale, da individui
della CIA appartenenti agli apparati delle operazioni segrete e da altri
collaboratori esterni, non appartenenti direttamente alle agenzie governative,
e mascherato da gente con le stesse opinioni politiche dell'FBI, del Secret
Service, del dipartimento di polizia di Dallas e degli ambienti militari; e
penso infine che il loro scopo sia stato quello di impedire a Kennedy di
portare a termine la sua politica di distensione con l'Unione Sovietica e con
Cuba, di mettere fine alla Guerra Fredda». (16) Poi Garrison passa ad alcune
considerazioni di carattere strategico: «Un colpo di stato per avere successo
richiede un certo numero di elementi: un'ampia programmazione e una
preparazione adeguata da parte dei sostenitori (coloro che sono responsabili
del colpo di stato); la collaborazione della guardia pretoriana (il cui compito
è quello di proteggere il governo, compreso il presidente); una seguente
operazione di diversione e di mascheramento; la ratifica dell'assassinio da
parte dei nuovi poteri governativi subentrati; la diffusione di elementi di
disinformazione attraverso i media. Se il concorso di tutti questi elementi ci
suona abbastanza familiare, è perché è esattamente quello che è successo quando
John Kennedy venne assassinato». (17)
A questo punto diventano evidenti le analogie che gli avvenimenti dell'11
settembre 2001 presentano con quelli del 1963. L'omicidio del presidente Kennedy fu il risultato
di un'operazione sofisticata, orchestrata con estrema precisione; tuttavia le dichiarazioni ufficiali indicarono immediatamente in Lee Harvey Oswald - che venne arrestato con sorprendente rapidità - l'unico colpevole. La solita storia del pazzo solitario. Ma Kennedy, come risultò in seguito, venne colpito da differenti direzioni. Quindi Oswald, posto che avesse veramente sparato, non poteva essere il solo ad averlo fatto, ma doveva far parte di una organizzazione;
o esserne utilizzato a sua insaputa o suo malgrado. Anche nel caso dell'attentato del 2001,
al-Qaeda ed Usama bin Laden furono indicati da subito come gli unici responsabili.
Ma se è plausibile che gli esecutori materiali delle azioni terroristiche possano essere identificati in
membri di tale rete terroristica, essi non possono aver agito, data la complessità dell'operazione, senza
l'appoggio continuativo ed intenzionale di settori, che potremmo definire deviati,
di qualche apparato di intelligence, statunitense e non solo. (18) Tutto questo non dovrebbe stupire; in Italia i concetti di «servizi segreti deviati» e di «strage di Stato» sono purtroppo familiari, e forse trovano un senso anche nella società americana.
Ripensando alle considerazioni di Lyndon LaRouche sopra riportate
risulta chiara la funzione degli attentati dell'11 settembre: creare una
situazione di enorme crisi per giustificare la proclamazione di uno stato di
emergenza di stampo golpista ed una svolta autoritaria; che è quanto puntualmente avvenuto con la
promulgazione dell'USA Patriot Act che ha dotato di nuovi e forti
poteri sia le forze di sicurezza che agiscono all'interno degli Stati Uniti -
aprendo la strada a limitazioni ed anche a violazioni delle libertà civili -
sia le agenzie di intelligence che operano al di fuori del paese. La presa del potere all'interno del paese
a sua volta rappresenta la condizione indispensabile per la realizzazione di
una nuova strategia internazionale altrimenti irrealizzabile.
L'idea di una grande crisi - Temuta? Auspicata? - era già nell'aria
molto prima dell'11 settembre 2001. Non sono gli eventi dell'11
settembre a far parlare per la prima volta di crisi globale. Prendiamo ad
esempio le parole pronunciate da David Rockefeller nel 1994: «We are on the
verge of global transformation. All we need is the right major crisis and the nations will accept the New World
Order». (20) Le parole di David Rockefeller vanno attentamente analizzate. Nel brano in questione
si comincia con la constatazione che ci troviamo sulla soglia di una trasformazione globale,
una trasformazione che quindi riguarda tutti, l'intera umanità. La seconda frase afferma che
«tutto ciò di cui abbiamo bisogno è di una grande crisi»; a chi si riferisce Rockefeller?
Chi è ad avere la necessità di una «grande crisi» e a quale scopo?
Evidentemente Rockefeller si riferisce a se stesso ed a tutto un
gruppo del quale fa parte. È questo gruppo che ha bisogno di una
crisi. Bisogno di una crisi in vista di che cosa? La risposta è: per far sì che
le nazioni accettino un nuovo ordine globale. Possiamo perciò arrivare alle
seguenti conclusioni: in primo luogo, questo gruppo è un gruppo ristretto, una élite
che si distingue dalle «nazioni», che non si caratterizza per l'appartenenza ad
una comunità nazionale, transnazionale quindi. In secondo luogo tale oligarchia
ha per obiettivo, per fine l'instaurazione di un nuovo ordine
internazionale consono alle sue idee ed ai suoi interessi; un ordine
internazionale che evidentemente gli Stati nazionali fanno fatica ad accettare,
se per far questo c'è bisogno dello strumento di una grande crisi. Per
quale motivo le «nazioni» accetteranno il «Nuovo Ordine Mondiale» solo grazie
ad una «grande crisi»? Perché la crisi assumerà l'aspetto di una minaccia
globale - alla sicurezza politica, sociale ed economica - che gli
Stati nazionali non saranno in grado singolarmente di affrontare, ma che solo
la comparsa e l'instaurazione di un nuovo potere globale potrà
scongiurare. Solo un potere globale potrà perciò risolvere una crisi globale.
Il nuovo potere globale è quello degli Stati Uniti (forse si potrebbe
affermare che il «Nuovo Ordine Mondiale» per imporsi si serve del potenziale
economico e militare degli USA). Infatti dopo il 1989, con il crollo del muro di
Berlino e la fine dell'URSS, gli Stati Uniti rimangono l'unica superpotenza
globale sulla scena mondiale, l'unico paese al mondo in grado di
proiettare il proprio potere su qualunque teatro strategico del pianeta. È
Zbigniew Brzezinski a delineare gli scenari geostrategici e geopolitici del
futuro, del XXI secolo. La sua analisi geopolitica, elaborata nel libro La
Grande Scacchiera (21), si snoda attraverso alcune linee fondamentali:
Il tema della supremazia mondiale statunitense nel XXI secolo è anche il
tema principale delle analisi dei cosiddetti neoconservatives
americani. (29) Secondo i neoconservatori gli Stati Uniti hanno il
diritto-dovere di portare a compimento una missione civilizzatrice nei
confronti del mondo, esportando ed espandendo, se necessario con l'uso della
forza militare, il dominio dei «valori americani», e al contempo cercando di
prevenire qualunque minaccia alla sicurezza americana da parte di quegli Stati,
i cosiddetti «rogue states», che fondandosi su regimi politici
oppressivi, non possono non sentirsi minacciati nella loro legittimità dai
princìpi e dai valori «americani» di libertà individuale e democrazia.
La mattina dell'11 settembre qualcuno, rimasto finora sconosciuto, ha fatto avverare
le singolari previsioni di Rockefeller, di Brzezinski e di Donnelly con il gruppo del PNAC.
Come abbiamo già affermato sono stati colpiti i simboli ed i centri del potere economico e
militare USA; non solo, ma gli attentati hanno anche colpito - con il loro colossale e voluto
effetto mediatico live reso possibile dalle moderne tecnologie di comunicazione -
l'immaginario collettivo degli americani e degli occidentali, i cui peggiori incubi, che per anni hanno trovato
espressione nella cinematografia (35), si sono improvvisamente materializzati
nel crollo delle Twin Towers. Evidentemente chi ha ideato gli attacchi
terroristici ha tenuto conto anche di questi fattori, essendo evidentemente un profondo
conoscitore della psicologia collettiva occidentale.
E così nel 2001 - nel primo anno del XXI secolo, il «nuovo secolo americano» -
la «grande crisi» che farà accettare alle «nazioni» il «Nuovo Ordine Mondiale»
a guida USA è puntualmente arrivata; la «minaccia esterna diretta ampiamente percepita
come tale» è stata attuata contro il World Trade Center ed il Pentagono;
la «nuova Pearl Harbor» quale «evento catastrofico e catalizzatore», ha reso
possibile il rapido inizio del processo di «rebuilding» delle forze armate USA,
ha spinto la «junta petroliera Cheney-Bush» alla guerra contro il
«terrorismo internazionale» in Afghanistan e Iraq, ed alla promulgazione dell'USA Patriot Act a
restrizione delle libertà e delle garanzie democratiche dei cittadini
americani. (36) Ecco che allora la tragedia dell'11 settembre assume l'aspetto
di un terrificante casus belli, finalizzato da un lato a favorire una
svolta autoritaria di stampo golpista all'interno degli Stati Uniti, e
dall'altro a promuovere in campo internazionale quella «mobilitazione imperiale» che nel XXI secolo assicurerà
l'egemonia globale a coloro che ormai si sono impadroniti degli USA.
(1) Giulietto Chiesa, Cerchiamo la Cupola non la rete islamica, in La guerra del terrore, I Quaderni speciali di Limes, supplemento al n° 4/2001, pag. 88.
(2) Ibidem, pag. 90.
(3) Tagesspiegel, 13 gennaio 2002 ( http://i-p-o.org/von_Buelow-tagesspiegel-online.htm
e http://www.pasti.org/vonbulow2.htm ). Nell'intervista si fa anche cenno alla possibilità che gli aerei dirottati fossero stati pilotati sugli obiettivi da «remoto», utilizzando la tecnologia
«global hawk». Per informazioni su tale tecnologia: http://www.af.mil/news/airman/1101/hawk.html e http://www.airforce-technology.com/projects/global.
(4) Nafeez M. Ahmed, Guerra alla libertà, Fazi, Roma, 2002.
(5) Il regolamento della Federal Aviation Administration (FAA) si trova all'indirizzo: http://www1.faa.gov/ATpubs.
(6) Secretary Rumsfeld Interview with Parade Magazine, Friday, Oct. 12, 2001, http://www.defenselink.mil/news/Nov2001/t11182001_t1012pm.html. Sull'attentato al Pentagono si veda: Thierry Meyssan, L'incredibile menzogna, Fandango, Roma, 2002
e Il Pentagate, Fandango, Roma, 2003.
(7) Sulle operazioni di insider trading si veda: Sbancor, American
Nightmare - Incubo americano, Nuovi Mondi Media, Bologna, 2003, pag.
52-58.
(8) http://www.movisol.org/usa4.htm e http://larouchein2004.net/pages/interviews/2001/lhl_covert_op_0912.htm
(9) http://www.movisol.org/larouche.mp3
(10) http://www.movisol.org/11sette.htm
(11) Ibidem.
(12) Edward Luttwak, Coup d'Ètat. A practical handbook, Harvard University Press, Cambridge, 1979.
(13) Ibidem pag. 26-27.
(14) Ibidem pag. 58.
(15) Ibidem pag. 168. Per un commento alle tesi di Luttwak si veda: Maurizio Blondet, Chi comanda in America Effedieffe, Milano, 2002, cap. 20, pag. 137.
(16) Jim Garrison, JFK. Sulle tracce degli assassini, Sperling & Kupfer, Milano, 2003, cap. 20, pag. 334.
(17) Ibidem pag. 334-335.
(18) Negli anni '80, per contrastare la presenza sovietica in Afghanistan, la CIA diede il proprio sostegno a gruppi combattenti di estremisti islamici. Oltre alla CIA, anche i servizi segreti di Gran Bretagna, Pakistan, Egitto, Arabia Saudita, Cina e perfino di Israele diedero il loro appoggio, nello stesso periodo, alla jihad afgana. Su questo argomento è fondamentale l'opera di John K. Cooley, Una guerra empia, Elèuthera, Milano, 2000.
(19) Sull'Operazione Northwoods si veda: Nafeez M. Ahmed, Guerra alla libertà, Appendice C e D, pag. 283-289; Maurizio Blondet, 11 settembre: colpo di Stato in USA, Effedieffe, Milano, 2003, cap. 19, pag. 114.
(20) Dichiarazione all'United Nations Business Council, 1994.
(21) Zbigniew Brzezinski, La Grande Scacchiera, Longanesi, Milano, 1998. Questo studio venne pubblicato per la prima volta nel 1997 dal Council on Foreign Relations ( http://www.cfr.org ) con il titolo The Grand Chessboard. Il CFR, fondato nel 1921, è un think tank, un'associazione privata che si occupa di geopolitica e di problemi di politica internazionale. William C. Skousen considerò il CFR come il «motore» effettivo e segreto della politica estera americana. Ricordiamo inoltre che nel 1973 Brzezinski fu il fondatore di un altro importante think tank, la Trilateral Commission ( http://www.trilateral.org ).
(22) Ibidem, pag. 7.
(23) Ibidem, pag. 9.
(24) Ibidem, cap. 5, pag. 167-202.
(25) Ibidem, pag. 52.
(26) Ibidem, pag. 51.
(27) Ibidem, pag. 37 (sull'attacco alla base americana di Pearl Harbor come «disastro da non evitare» si veda il libro di Robert B. Stinnett, Il giorno dell'inganno, il Saggiatore, Milano, 2001).
(28) Ibidem, pag. 279.
(29) Per una presentazione del pensiero ed una antologia degli scritti dei neoconservatori: I nuovi rivoluzionari. Il pensiero dei neoconservatori americani, a cura di Jim Lobe e Adele Oliveri, Feltrinelli, Milano, 2003; ed inoltre: Franco Cardini, Astrea e i Titani, Laterza, Bari, 2003.
(30) Nella lingua francese il termine «neocon» si presta ad un gioco di parole: «con» infatti significa fesso.
(31) Rebuilding America's Defenses: Strategy, Forces and Resources for a New Century. Il testo è disponibile in internet all'indirizzo: http://www.newamericancentury.org/RebuildingAmericasDefenses.pdf.
(32) Ibidem, V, pag. 51; ed anche: Thomas Donnelly, La riforma della
difesa nel mondo unipolare, in I nuovi rivoluzionari. Il pensiero dei
neoconservatori americani, pag. 75.
(33) Astrea e i Titani, nota 1, pag. 171.
(34) American Nightmare - Incubo americano, pag. 55.
(35) Va segnalato a questo proposito, per il suo contenuto
ideologico-propagandistico, un film di fantascienza del 1996, Independence day del regista Roland Emmerich. In una scena, un edificio molto alto somigliante all'Empire State Building viene colpito alla sommità e subisce un collasso strutturale simile a quello reale del WTC. Alla fine gli USA, alla guida di una sorta di coalizione internazionale e grazie alla intuizione di uno scienziato ebreo, sconfiggono la minaccia globale aliena salvando il mondo.
(36) In merito alle operazioni militari statunitensi in Afghanistan ed ai progetti di invasione dell'Iraq come conseguenza dell'11 settembre si veda: Gore Vidal, Le menzogne dell'Impero e altre tristi verità, Fazi, Roma, 2002.
- Ahmed Nafeez M., Guerra alla libertà, Fazi, Roma, 2002.
- Blondet Maurizio, 11 settembre: colpo di Stato in USA, Effedieffe, Milano, 2003.
- Blondet Maurizio, Chi comanda in America, Effedieffe, Milano, 2002.
- Brzezinski Zbigniew, La Grande Scacchiera, Longanesi, Milano, 1998.
- Cardini Franco, Astrea e i Titani, Laterza, Bari, 2003.
- Chiesa Giulietto, Cerchiamo la Cupola non la rete islamica, in La guerra del terrore, I Quaderni speciali di Limes, supplemento al n° 4/2001.
- Cooley John K., Una guerra empia, Elèuthera, Milano, 2000.
- Garrison Jim, JFK. Sulle
tracce degli assassini, Sperling & Kupfer, Milano, 2003.
- Lobe Jim e Oliveri Adele (a cura di), I nuovi rivoluzionari. Il pensiero dei neoconservatori americani, Feltrinelli, Milano, 2003.
- Luttwak Edward, Coup d'Ètat. A practical handbook, Harvard University Press, Cambridge, 1979 (trad. it., Strategia del colpo di Stato, Rizzoli, Milano, 1983).
- Meyssan Thierry, L'incredibile menzogna, Fandango, Roma, 2002.
- Meyssan Thierry, Il Pentagate, Fandango, Roma, 2003.
- Sbancor, American Nightmare - Incubo americano, Nuovi Mondi Media, Bologna, 2003.
- Stinnett Robert B., Il giorno dell'inganno, il Saggiatore, Milano, 2001.
- Vidal Gore, Le menzogne dell'Impero e altre tristi verità, Fazi,
Roma, 2002.
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