Il gip Airna Ivaldi ha accolto le richieste della Procura: nessun reato commesso dagli occupanti.
Parola fine sul caso: un castello di false accuse costruito contro i manifestanti.
Interrogatorio di Sabella: un giallo.
Due ore sotto torchio il responsabile della caserma di Bolzaneto, pronti altri documenti.
LA PAROLA«fine» all'ultima delle fantomatiche accuse nei confronti dei 93 no-global della Diaz l'ha scritta in questi giorni il gip Anna Ivaldi, accogliendo in toto la richiesta di archiviazione presentata il mese scorso dai pm Anna Canepa e Andrea Canciani in merito all'ipotesi di associazione a delinquere. Il castello di denunce architettato contro i manifestanti, massacrati di botte ed arrestati nel corso del famigerato blitz del G8, crolla in maniera definitiva e rovinosa addosso agli stessi poliziotti che nel luglio 2001 picchiarono, imprigionarono e sottoscrissero verbali. Innocenti, e dunque vittime al di là di ogni ragionevole dubbio. Del resto, in un precedente provvedimento la Ivaldi aveva già sottolineato come allora la «brutale e gratuita violenza della polizia» fu del tutto immotivata. I giudici avevano già stabilito che non c'era.stata resistenza da parte dei 93, che nessuno di loro aveva ferito neppure l'ombra di un poliziotto, che le molotov ce le avevano messe gli uomini del Reparto Mobile, che quella elaborata nei verbali era una montagna di bugie per «giustificare» il massacro. Era rimasta in piedi una sola imputazione: secondo la Procura, nella scuola di via Battisti avevano trovato rifùgio esponenti del Blocco Nero, i cosiddetti Black Bloc avevano devastato la città muovendosi come un'organizzazione, composta da gruppi più o meno numerosi; ergo, quelli trovati all'intemo della Diaz erano - tutti, o parte di loro - delle Tute Nere. Negli ultimi due anni, Canepa e Canciani hanno esaminato migliala di fotografie e chilometri di pellicole relative agli incidenti del vertice: materiale che è servito loro per chiedere ed ottenere il rinvio a giudizio, con le accuse di devastazione e saccheggio, di 25 italiani. Ma nessuna immagine ha dimostrato la presenza fra le Tute Nere di uno solo dei ragazzi della Diaz. E questo significa due cose: che l'impianto accusatorio tirato su la notte del 21 luglio era chiaramente illegale, una menzogna vergognosa almeno quanto la violenza della polizia nei confronti di persone inermi ed innocenti; che l'operazione organizzata all'ultimo piano dai super-poliziotti del Ministero dell'Interno, e realizzata mezz'ora più tardi, fu uno degli errori più gravi della storia italiana degli ultimi anni. E si tinge di «giallo», sempre sul tormentato fronte delle indagini relative al vertice del 2001, l'interrogatorio del pm Alfonso Sabella, indagato dai colleglli della Procura genovese per abuso d'ufficio ed abuso di autorità su detenuti. Sabella, che durante il G8 era responsabile dell'ufficio ispettivo del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) e in pratica il numero uno nel «centro di temporanea detenzione» allestito a Bolzaneto, lunedì è stato interrogato per circa due ore nella caserma dei carabinieri di Forte San Giuliano. Ai pm Patrizia Petruzziello e Vittorio Panieri Miniati avrebbe risposto brevemente, confermando di aver fatto tappa saltuariamente nella struttura della Polizia di Stato. Avrebbe notato molti fermati abraccia alzate, ma noni mmaginava che i no-global sarebbero stati costretti a rimanere in quella posizione per ore. Pare abbia ribadito di non aver mai visto o saputo di violenze commesse all'interno del centro . In Procura si attengono ai fatti, ed in particolare alle quasi trecento denunce presentate da altrettanti manifestanti: il resto, compresa la presunta polemica che ha in qualche modo coinvolto Sabella ed Enzo Fragalà (deputato di An e legale di un paio di agenti di polizia penitenziaria), non interessa. Secondo indiscrezioni, l'indagato attraverso il suo avvocato potrebbe essere disponibile a fornire documenti -comprese un paio di videocassette - circa la mancata attuazione del progetto che prevedeva il fermo e l'accoglienza di centinaia di fermati, ed altri inciampi sull'organizzazione dell'ordine pubblico. Sempre che tutto questo abbia a che fare con l'indagine su Bolzaneto.
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