Gli eletti condannati, riciclati, candeggiati, arrestati.
Piccole e grandi storie ignobili da Repubblica delle banane.
Da non far sapere all’Economist...
Catalogo dei
parlamentari
Gli eletti condannati, riciclati, candeggiati, arrestati. Piccole e
grandi storie ignobili da Repubblica delle banane. Da non far sapere
all’Economist...
Il catalogo è in ordine alfabetico ed è aggiornato
periodicamente. Suggerisci il tuo candidato candeggiato
all'indirizzo sloweb@societacivile.it
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Personaggi che sono
stati coinvolti in vicende di corruzione |
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Personaggi i cui nomi
erano negli elenchi della loggia segreta P2 |
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Personaggi che sono
stati indagati e sono sotto processo |
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Personaggi che sono
stati coinvolti in vicende di mafia |
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Personaggi che hanno
già subito una condanna definitiva |
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Personaggi che sono
stati arrestati e sono stati in carcere |
Senatore a vita, nominato dal presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Politico democristiano, sette volte
presidente del Consiglio. Ventisette volte messo in stato d'accusa dal
Parlamento, sempre salvato (anche grazie al Partito comunista). Processato a
Palermo con l'accusa di essere stato il massimo referente politico
dell'organizzazione mafiosa siciliana Cosa nostra. In primo grado Ë stato
assolto con formula dubitativa (che corrisponde all'insufficienza di prove del
vecchio codice). La sentenza, pur assolvendolo, sottolinea che Andreotti ha più
volte mentito al Tribunale e aveva stretti rapporti politici con i referenti
siciliani di Cosa nostra, Salvo Lima e i cugini Salvo. La sentenza
d'appello riforma in parte quella di primo grado, sostenendo che sono
provati i suoi rapporti con gli uomini di Cosa nostra, almeno fino al 1980,
anche se per pochi mesi scatta la prescrizione del reato. Nel novembre 2002 è
condannato, in appello, a 24 anni di carcere come mandante dell'omicidio del
giornalista Mino Pecorelli, che era a conoscenza di
imbarazzanti segreti di Andreotti: i soldi ottenuti nella vicenda Italcasse, il
memoriale di Aldo Moro...
Deputato della Repubblica. Eletto nel collegio di Treviglio. è stato
assistente dell'allora ministro-asfaltatore Giovanni Prandini (Dc) per poi
assumere l'incarico di segretario di Forza Italia a Bergamo. Secondo le accuse
della procura di quella città, però, avrebbe falsificato le tessere del suo
partito per aumentarne il numero. Arnoldi, inoltre, è accusato di aver
falsificato alcune firme per la presentazione del Ps di Gianni De Michelis,
travasandole da quelle raccolte per Forza Italia. Ma i capi d'accusa più pesanti
nei suoi confronti arrivano dalla procura di Milano: falso in bilancio e
bancarotta, nell'ambito di un'inchiesta (tuttora in corso) sul crac Gipielle del
2000, che ha individuato una serie di società cessate, liquidate, svanite nel
nulla o trasferite alla titolarità di prestanome extracomunitari. Curiosità:
Arnoldi ha avuto guai con la giustizia anche in Ghana, dove durante un viaggio
d'affari è stato arrestato con l'accusa di spionaggio, risultata poi
infondata.
Senatore della Repubblica. Da avvocato ha difeso, tra gli altri, Leoluca
Bagarella, capo militare dei Corleonesi. In politica, è un esponente di An di
Temini Imerese (territorio di Caccamo, paese del “pentito” Nino Giuffrè).
Proprio Giuffrè lo cita tra i politici in contatto con Cosa nostra. «Giuffrè?
Aveva una tabaccheria di fronte al mio studio d’avvocato, a Termini», ha
risposto Battaglia. Dopo la lettera di avvertimento inviata nell’estate 2002 dai
boss agli avvocati-parlamentari “colpevoli” di non mantenere le promesse alla
mafia, e dopo una nota del Sisde sul tema, a Battaglia è stata assegnata dalla
polizia una tutela.
Deputato della Repubblica. Eletto a Milano. Fondatore di Forza Italia.
Presidente del Consiglio dei ministri nel 1994 e nel 2001. Il suo nome di
compare nelle liste della loggia massonica segreta P2: fascicolo 625, numero di
tessera 1816, data di iniziazione 26 gennaio 1978. In un'audizione alla
commissione parlamentare sulla P2, Berlusconi ammette di essersi iscritto alla
P2 all'inizio del 1978 su invito di Gelli. Conferma la sua iscrizione alla
loggia al processo P2, nel novembre 1993. • Nel
settembre 1988, invece, in un processo per diffamazione da lui intentato contro
alcuni giornalisti, Berlusconi dichiara al giudice:"Non ricordo la data esatta
della mia iscrizione alla P2, ricordo che è di poco anteriore allo scandalo".
Per questa dichiarazione Berlusconi viene denunciato per falsa testimonianza. Il
processo per falsa testimonianza si conclude nel 1990: Berlusconi viene
dichiarato colpevole, ma il reato è estinto per intervenuta amnistia. • Berlusconi fu
indagato già dal 1983, nell'ambito di un'inchiesta su droga e riciclaggio: la
Guardia di finanza aveva posto sotto controllo i suoi telefoni e scritto nel suo
rapporto: «è stato segnalato che il noto Silvio Berlusconi finanzierebbe un
intenso traffico di stupefacenti dalla Sicilia, sia in Francia che in altre
regioni italiane. Il predetto sarebbe al centro di grosse speculazioni edilizie
e opererebbe sulla Costa Smeralda avvalendosi di società di comodo...».
L'indagine non accertò nulla di penalmente rilevante e nel 1991 fu archiviata. • Berlusconi è
stato accusato di aver pagato tangenti a ufficiali della Guardia di finanza, per
ammorbidire i controlli fiscali su quattro delle sue società. In primo grado è
stato condannato a 2 anni e 9 mesi per tutte e quattro le tangenti contestate,
senza attenuanti generiche. In appello, la Corte concede le attenuanti
generiche: così scatta la prescrizione per tre tangenti. Per la quarta
(Telepiù), l'assoluzione è concessa con formula dubitativa, secondo il comma 2
art. 530 cpp. La Cassazione, nell'ottobre 2001, conferma le condanne per i
coimputati di Berlusconi Berruti, Sciascia, Nanocchio e Capone (dunque le
tangenti sono state pagate), ma assolve Berlusconi
per non aver commesso il fatto, seppur richiamando l'insufficienza di prove. • Per 21
miliardi di finanziamenti illeciti a Bettino Craxi, passati attraverso la
società estera All Iberian, in primo grado è condannato a 2 anni e 4 mesi. In
appello, a causa dei tempi lunghi del processo scatta la prescrizione del reato. La Cassazione conferma. • Berlusconi è rinviato a giudizio per aver falsificato i
bilanci Fininvest (processo All Iberian 2). Il dibattimento, dopo molte
lungaggini e schermaglie procedurali, è in corso presso il Tribunale di Milano.
Ma intanto Berlusconi ha cambiato la legge sul falso
in bilancio: il processo è sospeso in attesa che il tribunale di Milano decida
se inviare alla Corte costituzionale e all'Alta corte di giustizia europea
eccezioni d'incostituzionalitý e di incompatibilitý con le direttive europee. La
richiesta è della procura di Milano, che chiede di giudicare se le nuove norme
sui reali societari siano costituzionali e compatibili con le direttive
dell'Unione europea. Se le eccezioni saranno respinte, il reato sarý dichiarato
prescritto. •
Berlusconi è stato indagato (anche sulla base di una voluminosa
consulenza fornita dalla Kpmg) per la rete di 64 società e conti off shore del
gruppo Fininvest (Fininvest Group B) che, secondo l'accusa, ha finanziato
operazioni "riservate" (ha scalato societý quotate in Borsa, come Standa e
Rinascente, senza informare la Consob; ha aggirato le leggi antimonopolio tv in
Italia e in Spagna, acquisendo il controllo di Telepiù e Telecinco; ha pagato
tangenti a partiti politici, come la stecca record di 21 miliardi di lire data a
Craxi attraverso la societý All Iberian). La rete occulta della Finivest-ombra
ha spostato, tra il 1989 e il 1996, fondi neri per almeno 2 mila miliardi di
lire. Per questo Berlusconi è stato chiamato a rispondere di falso in bilancio.
Ma nel 2002 ha cambiato la legge sul falso in
bilancio, trasformando i suoi reati in semplici illeciti sanabili con una
contravvenzione e soprattutto riducendo i tempi di prescrizione del reato (erano 7 anni, aumentabili fino a
15; sono diventati 4). CosÏ il giudice per le indagini preliminari nel febbraio
2003 ha chiuso l'inchiesta: negando l'assoluzione, poichÈ Berlusconi e i suoi
coimputati (il fratello Paolo, il cugino Giancarlo Foscale, Adriano Galliani,
Fedele Confalonieri) non possono dirsi innocenti; ma
decidendo di prosciogliere tutti i 25 imputati,
poichÈ il tempo per il processo, secondo la nuova legge, è scaduto. La procura
ricorre in Cassazione, che all'inizio di luglio 2003 applica per la prima volta
il "lodo Maccanico", decidendo la sospensione del
processo per Berlusconi. • Berlusconi è stato
rinviato a giudizio per aver deciso il versamento in nero di una decina di
miliardi dalle casse del Milan a quelle del Torino calcio, per l’acquisto del
calciatore Gianfranco Lentini. Il dibattimento di primo grado si è concluso con
la dichiarazione che il reato è prescritto, grazie
alla nuova legge di Berlusconi sul falso in
bilancio. • Berlusconi è accusato di comportamenti
illeciti nelle operazioni d'acquisto della società Medusa cinematografica, per
non aver messo a bilancio 10 miliardi. In primo grado è stato condannato a 1
anno e 4 mesi per falso in bilancio. In appello, assoluzione con formula
dubitativa, confermata in Cassazione. •
Berlusconi è accusato di appropriazione indebita, frode fiscale e falso
in bilancio per l’acquisto dei terreni intorno alla sua villa di Macherio. In
primo grado è assolto dall'appropriazione indebita e
dalla frode fiscale. Per i due falsi in bilancio contestati scatta la prescrizione. In appello è confermata l'assoluzione per i
due primi reati; è assolto per uno dei due falsi in bilancio, per il secondo si
applica l'amnistia. • Berlusconi è accusato di
aver pagato i giudici di Roma per ottenere una decisione a suo favore nel Lodo
Mondadori, che doveva decidere la proprietà della casa editrice. Il giudice
dell'udienza preliminare Rosario Lupo ha deciso l'archiviazione del caso, con
formula dubitativa. La Procura ha fatto ricorso alla Corte d’appello, che nel
giugno 2001 ha deciso: per Berlusconi è ipotizzabile il reato di corruzione
semplice, e non quello di concorso in corruzione in atti giudiziari; concesse le
attenuanti generiche, il reato dunque è prescritto,
poiché risale al 1991 e la prescrizione, con le attenuanti genriche, scatta dopo
5 anni. Il giudice ha disposto che restino sotto processo i suoi coimputati
Cesare Previti, Giovanni Acampora, Attilio Pacifico e Vittorio Metta. • Berlusconi è accusato di aver corrotto i giudici durante
le operazioni per l'acquisto della Sme. Rinviato a giudizio insieme a Cesare
Previti, Renato Squillante e altri. Il processo di primo grado si Ë celebrato
presso il Tribunale di Milano, dopo che la Cassazione ha respinto la richiesta
di spostare il processo a Brescia o a Perugia, per legittimo
sospetto reintrodotto per legge nell'ottobre 2002. Un'altra legge, il
"lodo Maccanico", votata con urgenza nel giugno 2003, impone la sospensione di
tutti i processi a cinque alte cariche dello Stato, tra cui il presidente del
Consiglio. Ma il Tribunale ha accettato la richiesta di pubblico ministero e
parte civile di chiedere alla Corte costituzionale di pronunciarsi sulla
eventuale incostituzionalitý del "lodo". •
Berlusconi era accusato di aver indotto la Rai, da presidente del
Consiglio, a concordare con la Fininvest i tetti pubblicitari, per ammorbidire
la concorrenza. La Procura di Roma, non avendo raccolto prove a sufficienza per
il reato di concussione, ha chiesto l'archiviazione,
accolta dal Giudice dell'udienza preliminare. •
Berlusconi era accusato di aver pagato tangenti a dirigenti e funzionari
del ministero delle Finanze per ridurre l’Iva dal 19 al 4 per cento sulle pay tv
e per ottenere rimborsi di favore. La Procura di Roma ha chiesto l'archiviazione, accolta dal Giudice dell'udienza
preliminare. • Le procure di Caltanissetta e
Firenze indagano da molti anni sui «mandanti a volto coperto» delle stragi del
1992 (Falcone e Borsellino) e del 1993 (a Firenze, Roma e Milano). Le indagini
preliminari sull'eventuale ruolo che Berlusconi e Marcello Dell'Utri possono
avere avuto in quelle vicende sono state formalmente chiuse con archiviazioni nel 1998 (Firenze) e nel 2002
(Caltanissetta). Continuano però indagini per concorso in strage contro ignoti e
i decreti d'archiviazione hanno parole pesanti nei confronti degli ambienti
Fininvest. • La procura di Palermo ha indagato su
Berlusconi per mafia: concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio di
denaro sporco. Nel 1998 l'indagine è stata archiviata
per scadenza dei termini massimi concessi per indagare. Indizi sui rapporti di
Berlusconi e Dell'Utri con uomini di Cosa nostra continuano a essere segnalati
in molte sentenze. • Berlusconi, Dell’Utri e altri
manager Fininvest, responsabili in Spagna dell'emittente Telecinco, sono
accusati di frode fiscale per 100 miliardi e violazione della legge antitrust
spagnola. Sono ora in attesa di giudizio su richiesta del giudice istruttore
anticorruzione di Madrid, Baltasar Garzon Real. Il giudice Garzon ha chiesto di
processare Berlusconi in Italia o di poterlo processare in Spagna. Di fatto, il
processo è sospeso.
Deputato
della Repubblica. Eletto nel proporzionale, nelle liste di Forza Italia. Da
ufficiale della Guardia di finanza, nel 1979 ebbe la sorte di interrogare un
giovane imprenditore emergente di nome Silvio
Berlusconi, a proposito della confusa situazione proprietaria e
finanziaria della sua società Edilnord. Berlusconi rispose che della Edilnord
era soltanto un "semplice consulente". Berruti, nel suo rapporto conclusivo,
prese per buona la versione di Berlusconi, permettendo così l'archiviazione
dell'accertamento valutario che ipotizzava la dipendenza della Edilnord da
società estere. Poi si dimise dalla Guardia di finanza e andò a lavorare per
Berlusconi. Prima delle dimissioni, però, fece in tempo a essere arrestato con
l'accusa di corruzione nell'ambito dell'inchiesta per lo scandalo Icomec, una
storia di tangenti che scoppiò prima di Mani pulite (al processo fu assolto). Da
consulente Fininvest, invece, è stato di nuovo arrestato, nel 1994, per
favoreggiamento a Berlusconi nell'inchiesta sulle tangenti alla Guardia di
finanza. Condannato in primo grado (10 mesi) e in appello (8 mesi). Come
avvocato del gruppo Fininvest, ha trattato, fra l’altro, l’acquisto del
calciatore Gigi Lentini (poi oggetto di un processo
in cui Ë imputato). Nel gennaio 1994 Berlusconi gli ha affidato l’organizzazione
della campagna elettorale di Forza Italia a Sciacca e nella provincia
d’Agrigento. Con buoni risultati, tra i quali il coinvolgimento di Salvatore Bono (cognato del boss dell’Agrigentino Salvatore Di Gangi) e di Salvatore
Monteleone, arrestato nel 1993 per concorso in associazione a delinquere
di stampo mafioso e diventato, appena uscito dal carcere, referente di Forza
Italia a Montevago. Per i suoi servizi, Berruti e stato premiato con un posto in
Parlamento già dal 1996. Con il Berruti avvocato e poi politico, convive il
Berruti uomo d’affari: in Sicilia possedeva una societa, la Xacplast, che un
rapporto dei carabinieri indicava come partecipata da uomini d’onore delle
famiglie mafiose di Sciacca. Il collaboratore di giustizia Angelo Siino ha parlato anche di un incontro tra Berruti e
il boss Nino Gioè, proprio nel periodo di
progettazione delle stragi del 1992-93.
Biondi, Alfredo Deputato della Repubblica. Eletto in Lombardia,
per Forza Italia. Avvocato, ex deputato liberale, ex ministro della Giustizia
nel primo governo Berlusconi (quando tentò, invano, di far passare il famoso
"decreto salvaladri"). Nel 1998 ha patteggiato la pena di 2 mesi di arresto e 6
milioni di multa per frode fiscale: aveva evaso le tasse su parcelle
professionali per quasi 1 miliardo.
Deputato
della Lega nord, eletto a Milano. Ministro per le riforme. Ha precedenti penali
per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, ai quali somma il vilipendio
alla bandiera. Ha detto in pubblici comizi che lui con il tricolore «si pulisce
il c...». Dalla procura di Verona è stato indagato per attentato all'integritý
dello Stato, per presunte attivitý eversive delle ´camicie verdiª. Per uscire da
questa situazione, il ministro della Giustizia Castelli e altri esponenti della
maggioranza hanno presentato proposte di leggi su misura per depenalizzare i
reati commessi da Bossi e amici. Ma il leader indiscusso del Carroccio è stato
condannato, con sentenza definitiva confermata dalla Cassazione, anche per
tangenti: 8 mesi al processo per la maxitangente Enimont, per un contributo di
200 milioni regalati da Carlo Sama e incassati dal cassiere Patelli.
Deputato
della Repubblica. Eletto in Veneto. è stato il regista del nuovo accordo tra
Silvio Berlusconi e Umberto Bossi, che ha portato la Casa delle libertà alla
vittoria elettorale del 2001. Era prete paolino e manager pubblicitario di
Famiglia cristiana. Don Aldo, giovane e brillante, era il braccio destro del
mitico don Emilio Mammana, che aprì il primo ufficio
pubblicità di Famiglia cristiana a Milano, facendo uscire il settimanale
dall'ambiente provinciale di Alba e dalle sacrestie. Grazie a don Mammana,
Famiglia cristiana divenne uno dei settimanali italiani più venduti e più
ricchi di pubblicità. Accanto a don Mammana c'era sempre lui, don Aldo, pretino
giovane e spregiudicato, guardato con un po' d'apprensione dalle segretarie, per
via dei suoi modi, non proprio da prete fedele al voto di castità. I soldi che
faceva girare erano tanti e il ragazzo era svelto. Forse troppo. Tanto che don
Zega, allora direttore di Famiglia cristiana, arrivò ai ferri corti con
don Aldo. Sarà per questo, o per una donna che era entrata stabilmente nella sua
vita, ma comunque Brancher lasciò i paolini, cambiò vita, abbandonò il
sacerdozio. Ma non la pubblicità: divenne collaboratore di Fedele Confalonieri e
manager di Publitalia, la concessionaria di pubblicità della Fininvest. "Don
Aldo sta facendo carriera", dicevano di lui i suoi vecchi colleghi di
Famiglia cristiana. La carriera sembrò interrompersi nel 1993, quando fu
arrestato da Antonio Di Pietro per tangenti (300
milioni al ministro della Sanità Francesco De Lorenzo, per la pubblicità contro l'Aids assegnata dal
ministero alle reti Fininvest). è subito ribattezzato "il Greganti della
Fininvest" perché in cella non aprì bocca, non raccontò i segreti delle tangenti
Fininvest. Condannato (in appello) a 2 anni e 8 mesi per falso in bilancio e
violazione della legge sul finanaziamento ai partiti. Per la sua fedeltà
aziendale fu premiato: divenne responsabile di Forza Italia nel Nord e poi, nel
2001, candidato alla Camera in Veneto, eletto senza problemi e subito nominato
da Berlusconi sottosegretario alle Riforme e alla devoluzione. Lavora accanto al
neo-ministro Umberto Bossi, che ha convinto ad
abbandonare i toni anti-Berlusconi per allearsi nel 2001 con Forza Italia.
Deputato
della Repubblica. Eletto in Sicilia, nella quota proporzionale, sotto il simbolo
di An. è indagato per il business della formazione professionale: gli inquirenti
sospettano che durante il suo incarico di assessore regionale al Lavoro abbia
favorito enti di formazione della sua provincia.
Deputato della Repubblica. Esponente del Ccd, salernitano, eletto in
Campania. Fu arrestato nel 1993, quando era sindaco socialista di Vibonati
(Salerno), per irregolaritý nel finanziamento di progetti per l'occupazione.
Prosciolto per questa vicenda, viene rinviato a giudizio per abuso d'ufficio, a
scopo patrimoniale, nella gestione degli appalti per il prolungamento di una
tangenziale.
Calderoli, Roberto
Deputato della
Repubblica. Esponente della Lega nord, di cui è segretario. Come Bossi, è stato
condannato nel 1998, in primo grado, a 8 mesi per resistenza e oltraggio a
pubblico ufficiale, per aver partecipato ai disordini davanti alla sede della
Lega in via Bellerio; è indagato per scontri con la polizia a Brescia; e per
attentato all'integritý dello Stato nell'inchiesta di Verona sulle ´camicie
verdiª.
Senatore
della Repubblica. Eletto per la Casa delle libertà in Lombardia. Banchiere,
socialista, fu presidente della Bnl. è stato inquisito e arrestato per
corruzione, bancarotta fraudolenta e altri reati. Se l'è cavata con alcuni
patteggiamenti e un risarcimento di 800 milioni di lire.
Deputato
della Repubblica. Eletto nel proporzionale, nella lista della Margherita in
Campania. Dopo essere stato portavoce della Dc durante la segreteria di Arnaldo
Forlani, oggi è coordinatore della Margherita. Pregiudicato: condannato a 1 anno
e 4 mesi per falsa testimonianza: per coprire l'emersione della maxitangente
Enimont. Per quel reato fu arrestato durante Mani pulite e la sua fotografia in
manette divenne un'immagine-simbolo di Tangentopoli.
Deputato
della Repubblica. Eletto per Forza Italia nel collegio di Corsico (Milano). Il
suo nome compare nelle liste della loggia massonica P2: fascicolo 945, numero di
tessera 2232, data di iniziazione 12 dicembre 1980. All'epoca della scoperta
degli elenchi Cicchitto era deputato e membro della direzione del Psi. è uno dei
pochi ad aver ammesso di aver sottoscritto la domanda di adesione.
Deputato
della Repubblica. Eletto a Milano. è stato condannato a un anno di reclusione
per voto di scambio nel dicembre 1994. Poi è arrivata la condanna in appello, il
rinvio in Cassazione e l’assoluzione nel nuovo appello. Ora l’ex deputato
socialista Francesco Colucci, riconvertito a Forza Italia, è tornato in pista
con la Casa delle libertà, che lo ha fatto eleggere in un collegio sicuro:
quello milanese di Baggio, dove, ironia della sorte, si è scontrato con un
apripista di Mani pulite: Pierluigi Mantini, candidato dell’Ulivo, l’avvocato
che per primo denunciò un certo Mario Chiesa, non ancora mariuolo. Nel marzo
1992 a Colucci fu sequestrato un archivio informatico con migliaia di nomi
accanto ai quali erano segnati i favori concessi: dalle assunzioni nel settore
pubblico ai ricoveri in ospedale. Al processo, l’avvocato Domenico Contestabile
(oggi senatore di Forza Italia) lo difese affermando che la raccomandazione non
è reato. Alla fine Colucci fu assolto. Il giudice non ritenne sufficientemente
provato il collegamento tra i favori concessi e i voti ottenuti. Ora si
ricomincia.
Senatore
della Repubblica. Eletto nel collegio di Lodi per la Casa delle libertà.
Compagno di scuola e poi manager e prestanome di Berlusconi, era in contatto con
Gaspare Gambino, imprenditore siciliano vicino a Pippo Calò, il cosiddetto cassiere romano di Cosa nostra.
Attraverso Comincioli, la Fininvest realizzò affari con il faccendiere sardo
Flavio Carboni. Cambiali con girata di Comincioli
passarono a uomini della Banda della Magliana per poi finire nelle mani di Pippo
Calò. Per i suoi rapporti con Cosa nostra e banda della Magliana è stato
imputato a Roma (e poi assolto). Accusato per bancarotta fraudolenta, è stato
latitante per alcune settimane. Poi imputato nel processo per le false fatture
di Publitalia.
Craxi, Vittorio (detto Bobo) |
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Deputato della Repubblica. In preparazione.
Deputato
della Repubblica, Udeur. Fu arrestato nel 1999, quando era sottosegretario al
Tesoro (governo di centrosinistra). » sotto inchiesta per le tangenti
all'ospedale Garibaldi di Catania. Malgrado l'arresto e l'indagine in corso, Ë
stato ugualmente candidato dall'Udeur e poi eletto deputato. Ora Ë in attesa di
processo.
Deputato
della Repubblica. Ex presidente del Consiglio, ex segretario e oggi presidente
dei Ds. Fu indagato a Bari per un finanziamento
illecito ricevuto da Francesco Cavallari, il re delle cliniche pugliesi,
legato alla malavita barese, che gli versò almeno una ventina di milioni.
D'Alema si salvò grazie alla prescrizione.
Senatore
della Repubblica. Eletto a Trapani. Di Forza Italia. Sottosegretario all'Interno
nel secondo governo Berlusconi. Già vicepresidente della commissione Finanze,
per un breve periodo è stato il responsabile economico di Forza Italia. La
famiglia D’Alì Stati è una delle più potenti, facoltose e riverite del
Trapanese. Le immense tenute agricole, le saline tra Trapani e Marsala, le molte
proprietà e (fino al 1991) la quota di controllo della Banca Sicula costituivano
l’impero governato con autorità da Antonio D’Alì
senior, classe 1919, che fu direttamente amministratore delegato della
banca di famiglia fino al 1983, anno in cui fu coinvolto nello scandalo P2 (il
suo nome era nelle liste di Gelli) e preferì passare
la mano al nipote Antonio junior, che poi nel 1994 aderì a Forza Italia e fu
premiato con un bel seggio al Senato. La Banca Sicula era uno dei più importanti
istituti di credito siciliani per numero di sportelli e per mezzi amministrati.
All’inizio degli anni Novanta la banca trapanese, già corteggiata anche
dall’Ambroveneto di Giovanni Bazoli, fu acquistata e incorporata dalla Banca
Commerciale Italiana, alla ricerca di un partner per superare la sua storica
debolezza in Sicilia. In seguito all’operazione, Giacomo
D’Alì, professore associato di Fisica, figlio di Antonio senior e cugino
di Antonio junior il senatore, è entrato a far parte del consiglio
d’amministrazione della Banca Commerciale. La Banca Sicula, prima di rigenerarsi
dietro le rispettabilissime insegne della Commerciale, era stata oggetto di un
allarmato rapporto di un commissario di polizia, Calogero
Germanà, che poi, trasferito a Mazara, aveva subito un attentato da parte
di Leoluca Bagarella in persona e oggi è dirigente
della Dia (la superpolizia antimafia) a Roma. Il rapporto ipotizzava che
l’istituto di credito fosse uno strumento di riciclaggio di Cosa nostra. E
sottolineava il fatto che come presidente del collegio dei sindaci della banca
fosse stato chiamato Giuseppe Provenzano (il futuro
deputato di Forza Italia e presidente della Regione Sicilia), già commercialista
della famiglia Provenzano (l’altra, quella dell’attuale numero uno di Cosa
nostra). Il rapporto non ebbe però alcun seguito. Prima dell’incorporazione, la
Banca Sicula aveva realizzato un aumento di capitale di 30 miliardi. Niki Vendola, allora vicepresidente della Commissione
parlamentare antimafia, nel 1998, in un rapporto inviato alla Vigilanza della
Banca d'Italia, chiese: da dove erano arrivati quei soldi? Chi aveva finanziato
la ricapitalizzazione? La risposta della famiglia D'Alì: tutto regolare;
l’aumento di capitale della Banca Sicula è stato finanziato da Efibanca, “contro
pegno di un rilevante pacchetto azionarioè, senza ingresso di nuovi soci; il
finanziamento è stato poi “integralmente estinto con il ricavato della
successiva vendita delle azioni alla Comit, che provvide a versare direttamente
all’Efibanca le somme di competenzaè. La famiglia D’Alì ha avuto come
campieri alcuni membri delle famiglie mafiose dei Messina Denaro. Francesco Messina Denaro, il vecchio capomafia di Trapani,
fu per una vita fattore dei D’Alì, prima di passare la mano – come boss e come
“fattoreè – al figlio Matteo Messina Denaro, classe
1962, che dopo essere stato uno degli alleati più fedeli di Totò Riina ai tempi dell’attacco stragista allo Stato è
oggi considerato il boss emergente di Cosa nostra, forse il nuovo capo della
mafia siciliana, all’ombra del vecchio Bernardo
Provenzano. A riprova dei rapporti tra la famiglia D’Alì e il boss,
l'allora vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia Nichi Vendola
nel 1998 esibì i documenti che provano il pagamento a Matteo Messina Denaro,
ufficialmente agricoltore, di 4 milioni ricevuti nel 1991 dall’Inps come
indennità di disoccupazione. A pagargli i contributi era Pietro D’Alì,
fratello di Antonio il senatore e di un Giacomo D’Alì che, negli anni Settanta,
era stato attivista di un gruppo neofascista siciliano. Anche il fratello di
Matteo Messina Denaro, Salvatore, ha lavorato per i
D’Alì: è stato funzionario della Banca Sicula e poi, nel 1991, è passato alla
Commerciale. Peccato che nel 1998 sia stato arrestato per mafia. C’è
un’altra vicenda in cui le strade dei D’Alì si incrociano con quelle dei boss di
Cosa nostra. Francesco Geraci, notissimo gioielliere
di Castelvetrano, gran fornitore di preziosi alla famiglia di Totò Riina, dopo
essere stato arrestato con l’accusa di essere uno dei prestanome di Riina, ha
raccontato: “Nel 1992 Matteo Messina Denaro mi ha chiesto di acquistare dai
D’Alì un terreno per 300 milioni da regalare a Riinaè. Si tratta della tenuta di
Contrada Zangara, a Castelvetrano. I firmatari del contratto sono Francesco
Geraci il gioielliere e Antonio D’Alì il futuro senatore. “Io sono intervenuto
solo al momento della firmaè, racconta Geraci. “Dopo la stipula andai spesso
alla Banca Sicula e mi feci restituire i 300 milioniè. Quel terreno, poi, nel
1997 è stato confiscato in quanto considerato parte dei beni di Riina. I
D’Alì hanno sempre ribattuto su tutto. Francesco Messina Denaro, dicono, fu
assunto dal nonno di Antonio junior, l’ingegner Giacomo D’Alì, classe 1888,
quando “si era ben lontani dall’evidenziarsi di fenomeni che rivelassero la
instaurazione di un’economia criminaleè. Matteo Messina Denaro era “alle
dipendenze come salariato agricoloè, “fino a quando non si scoprì chi fosseè. Il
passaggio della tenuta di Zangara dai D’Alì a Riina è “una vicenda svoltasi
all’insaputa del venditoreè. Gli impegni di senatore a Roma non lo distolgono
dall’attività a Trapani: con Francesco Canino (Cdu) e
Massimo Grillo (Ccd) costituisce il triumvirato
informale che decide la politica della città. Anzi, ne è l’uomo emergente,
mentre gli altri due hanno dovuto negli ultimi anni accusare dei colpi. È questo
triumvirato che nel maggio 1998 raggiunge l’accordo per candidare a sindaco di
Trapani Nino Laudicina. Pochi giorni dopo l’elezione,
Canino (uno dei politici più bersagliati dalle critiche di
Mauro Rostagno) viene arrestato per concorso nell’associazione mafiosa
che avrebbe monopolizzato gli affari e spartito gli appalti del Comune di
Trapani. Poi, nell’ottobre 2000, tocca all’assessore Vito
Conticello, arrestato mentre intasca una tangente. Era entrato in giunta
solo otto mesi prima, spinto da D’Alì, che subito dopo l’arresto lo difende:
“Conosco la capacità lavorativa dell’assessore Conticello e la sua correttezza;
mi auguro, pertanto, che il risultato dell’azione investigativa al più presto
riveli una diversa valutazione dei fattiè. Salvatore
Cusenza, della segreteria regionale dei Democratici di sinistra, insieme
ai politici dell’opposizione denuncia il partito degli affari e chiede
chiarezza. D’Alì ribatte: “Colgono ogni occasione per criminalizzare gli
avversari, con tentativi di sciacallaggio politico di stampo bolscevicoè. Il 24
aprile di quest’anno è il turno del sindaco Laudicina, arrestato per corruzione
con altre sette persone. Perfino il vescovo di Trapani grida: “È arrivata l’ora
di reagire. No allo strapotere, è ora di svegliarci!è. D’Alì dichiara: “Nessuno
può arrogarsi il diritto di giudizi sommari, né di strumentalizzazioniè. Da
oggi comunque Antonio D'Alì, un tempo oggetto di indagini di polizia, alla
polizia darà ordini.
Senatore
della Repubblica, Casa delle libertà. È il patron di imprese come Baricentro e
Barialto, oltre che il capofila della società che gestisce l'interporto di Bari.
È stato condannato a 1 anno e 4 mesi per voto di scambio: secondo i giudici
avrebbe pagato per ottenere una contropartita di circa 2 mila voti di
preferenza. Il partner dello scambio, però, sarebbe stato il pericoloso clan
mafioso locale dei Capriati. Nel 2002, nuova indagine: il suo gruppo avrebbe
ottenuto illecitamente prestiti dalla Banca Meridiana, nonostante 115 miliardi
di esposizione debitoria.
Senatore
della Repubblica. Eletto nel 2001 nel collegio più chic di Milano. La
legislatura precedente era deputato. Tra i collaboratori pi˜ vicini a Berlusconi
fin dagli anni Settanta, Ë considerato l'´inventoreª, nel 1993, di Forza Italia.
Accusato di bancarotta fraudolenta per il crac
Bresciano (un'azienda del discusso finanziere siciliano Filippo Alberto
Rapisarda). Arrestato nel 1995 dai magistrati di Torino per le false fatture di Publitalia (la societý che raccoglie
pubblicitý per le tv di Berlusconi). Indagato per i fondi
neri di Publitalia anche a Milano (nel 1994 aveva evitato l'arresto solo
grazie alla soffiata del Tg5 di Enrico Mentana, che dando la notizia aveva fatto
cadere le esigenze di custodia cautelare). A Milano Ë imputato pure di estorsione aggravata (per aver mandato il boss di Cosa
nostra Vincenzo Virga a fare il "recupero crediti" nei confronti di Vincenzo
Garraffa, titolare di una squadra di pallacanestro sponsorizzata da Publitalia).
A Palermo Ë accusato di concorso esterno nell'associazione
mafiosa Cosa nostra e di calunnia aggravata
nei confronti di alcuni collaboratori di giustizia (Dell'Utri aveva assoldato
due falsi pentiti perchÈ raccontassero di essere stati convinti in carcere ad
accusare Dell'Utri di mafia). A Madrid, in Spagna, Ë accusato di gravi
irregolarità nella gestione di Telecinco.
Complessa la sua vicenda processuale, costellata di leggi su misura. A
Torino, nel 1998, Ë condannato in appello a 3 anni e 2 mesi per false fatture e
frode fiscale continuata della società Publitalia. Ma prima che la sentenza
diventasse definitiva, il Parlamento (a maggioranza Ulivo) approvÚ in tutta
fretta una legge che permetteva il patteggiamento anche in Cassazione: Dell'Utri
la usÚ, rimediando uno sconto che ridusse la pena a 2 anni e 6 mesi, sotto la
soglia dei 3 anni oltre i quali si deve entrare in carcere. Restava aperto il
problema delle pene accessorie: 5 anni d'interdizione dai pubblici uffici.
Perso, in forza di quella pena, il seggio in Parlamento, Dell'Utri sarebbe
finito in cella, perchÈ nel frattempo i giudici di Palermo avevano chiesto il
suo arresto per la vicenda dei falsi pentiti. Dell'Utri chiede allora che gli
sia applicato l'indulto del 1989 (anche se gran parte dei reati contestati sono
successivi). La Corte d'appello di Torino respinge la richiesta, ma poi la
Cassazione l'accoglie: cosÏ niente pene accessorie, niente arresto. La pena
definitiva scende ancora, in sede d'esecuzione, a 1 anno e 8 mesi (sotto la
soglia dei 2 anni, quindi senza neppure l'obbligo dell'affidamento ai servizi
sociali), perchÈ il governo Amato (centrosinistra) depenalizza alcuni reati
fiscali e finanziari. Da Milano, intanto, arrivano altre piccole pene per false
fatture e falso in bilancio, considerate ´in continuazioneª con la condanna di
Torino. La pena complessiva, dunque, risale oltre i 2 anni. Ci pensa la nuova
legge sul falso in bilancio (2001, governo Berlusconi), che risolve il problema.
A Palermo i due processi d'argomento mafioso (quello per concorso esterno
squaderna una imponente mole di prove della vicinanza tra Dell'Utri e Cosa
nostra) arrivano alle fase finali, quando una apposita legge (quella cosiddetta
´d'attuazioneª dell'articolo 68 della Costituzione, che con il contributo del
verde Marco Boato dilata a dismisura i privilegi e le immunitý dei parlamentari)
si rendono inutilizzabili, nei confronti di deputati e senatori, i tabulati
telefonici. Proprio i tabulati erano la prova dei contatti tra Dell'Utri e i
falsi pentiti assoldati per azzerare le accuse di mafia. L'accusa si oppone a
gettare alle ortiche quelle prove, perchÈ raccolte comunque prima del
provvidenziale arrivo della legge. Deciderý il tribunale. Tutto questo non
ha impedito a Silvio Berlusconi di candidarlo al Senato, nel collegio più
centrale di Milano. Marcello lo aveva confessato in tv: "Mi candido per
legittima difesa". Tra un processo e l'altro, teggia a uomo di cultura: il 20
giugno 2003, per esempio, ha inaugurato la Biblioteca del palazzo del Senato,
alla presenza del presidente del Senato Marcello Pera e del capo dello Stato
Carlo Azeglio Ciampi.
Senatore
della Repubblica. Eletto nel collegio di Milano-Niguarda-Sesto per la Casa delle
libertà. è tra i repubblicani che con Giorgio La Malfa sono passati con
Berlusconi. In passato è stato vicesegretario nazionale del Pri e più volte
parlamentare. Una testimone racconta che a fine anni Settanta Del Pennino era
tra i frequentatori delle bische clandestine gestite a Milano da Angelo
Epaminonda. Lì era chiamato "Del Pennazzo". Il 13 maggio 1992, agli albori di
Mani pulite, quando era deputato del Pri e capogruppo repubblicano alla Camera,
è stato raggiunto da un'informazione di garanzia. L' ipotesi di reato:
ricettazione, per aver ricevuto denaro provento di tangenti. Nel 1993 la Camera
ha respinto la richiesta di autorizzazione a procedere per violazione delle
norme sul finanziamento pubblico dei partiti: i magistrati di Milano l'avevano
richiesta per contributi in denaro che Del Pennino avrebbe ricevuto da fondi
neri costituiti presso l' Associazione industriale lombarda (Assolombarda). A
luglio 1994 Ha patteggiato una pena di 2 mesi e 20 giorni (convertita nella
sanzione di 4 milioni) nel processo per le tangenti Enimont. A ottobre 1994
altro patteggiamento: di una pena di 1 anno, 8 mesi e 20 giorni per tangenti
relative alla Metropolitana milanese. Il 25 gennaio 2000 la settima sezione
penale del tribunale di Milano lo ha prosciolto nel processo per le tangenti
Atm, per le forniture di autobus all azienda dei trasporti milanese (in
precedenza, lo stesso tribunale aveva respinto una sua richiesta di
patteggiamento, perché la pena concordata con il pubblico ministero non era
stata ritenuta congrua rispetto alla gravità dei fatti contestati). Alla fine
del 2000 Antonio Del Pennino è rientrato nel Pri, giusto in tempo per
partecipare al "ribaltino" che ha portato il glorioso partito ad allearsi con
Berlusconi.
Senatore
della Repubblica. Eletto in Abruzzo, con il recupero proporzionale, nella lista
del Girasole. Del Turco fa parte del partito socialista di
Enrico Boselli, alleato con il centrosinistra. è stato dirigente
sindacale, vicesegretario generale della Cgil. Poi, dopo il crollo di Bettino Craxi accusato di tangenti, nel 1993 è stato
eletto segretario del Psi. è stato ministro nel secondo governo Amato. Il
costruttore Vincenzo Lodigiani, arrestato per
tangenti nel 1993, ha dichiarato di aver dato soldi anche a Del Turco, quando
era dirigente sindacale.
Senatore
della Repubblica, Casa delle libertà. Importante imprenditore bellunese del
settore degli occhiali, è stato processato per avere nei primi anni Novanta
utilizzato in maniera illecita finanziamenti dell'Unione Europea. Se l'è cavata
con una condanna patteggiata.
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