Predicazioni di odio
Imam in guerra. Modelli di predicazione in sei moschee d’Italia
Tranne una sono prediche che incitano all’odio. Una fine di Ramadan all’insegna della legittimazione del terrorismo islamista, in Iraq e in tutto il mondo di Sandro Magister • ENGLISH VERSION •"
ROMA – Magdi Allam, egiziano, da molti anni in Italia, specialista del mondo arabo e musulmano, ha pubblicato il 30 novembre un’importante inchiesta sul “Corriere della Sera”, il primo quotidiano italiano, di cui è vicedirettore.
In essa ha trascritto alcuni passaggi delle prediche pronunciate da sei imam di moschee italiane il 21 novembre, ultimo venerdì del mese di Ramadan, e il 25 novembre, festa di Id Al Fitr.
Le prediche che cadono in queste date sono quelle di massimo ascolto, in sale gremite. Eccone un’antologia città per città:
NAPOLI
Amar Sahounane, algerino, imam della moschea di piazza Larga al Mercato:
“Così come gli ebrei e i cristiani avevano l’autorizzazione divina quando in passato guerreggiavano, anche gli islamici oggi hanno l’approvazione divina per le azioni che ritengono opportune [come i massacri di Nassiriya, 12 novembre, e di Istanbul, 15 e 20 novembre].
“L’occidente sta provocando più vittime di quante ne abbiano fatte le due guerre mondiali messe assieme. Quindi la nazione musulmana deve reagire per difendersi.
“Se non ci sarà un cambiamento di rotta da parte dell’occidente, questo e i paesi musulmani che lo seguono saranno colpiti da gruppi di fratelli musulmani che ormai si sono riuniti sotto il vessillo di autorevoli personaggi [come Osama Bin Laden] ben noti al mondo intero e che tanto scuotono l’occidente”.
FERMO
Abdellah Labdidi, imam della moschea Er Rahma di Fermo, provincia di Ascoli Piceno:
“I recenti attentati di Riyad non sono riconducibili alla jihad, perché i mujaeddin di Al Qaeda non ammazzano donne e bambini. Ma sono opera della Cia [Central Intelligence Agency] per accrescere nell’opinione pubblica occidentale il rancore verso gli islamici. Gli infedeli distorcono forzatamente i riferimenti alla jihad, che sono insiti nel Corano e fanno parte della sua divulgazione, per incriminare gli imam e colpevolizzare le comunità islamiche.
“Invece gli attacchi contro gli invasori anglo-americani-italiani in Iraq e in Afghanistan sono da ricondurre alla jihad difensiva perché rispettano i dettami coranici”.
BOLOGNA
Said Mahdi Nasr, egiziano, imam della moschea El Nur del Centro culturale islamico di via Massarenti:
“Il martirio [di coloro che combatterono e morirono con Maometto durante il Ramadan] è stato ampiamente ricompensato dal Profeta perché sono morti per una giusta causa, in un periodo sacro per noi e in paradiso Dio li ha riempiti di gloria”.
PESARO
Ahmed Afilla, imam del Centro culturale islamico di Pesaro e Urbino:
“La jihad viene utilizzata dal mondo occidentale per attaccare la religione islamica. Noi condanniamo ogni forma di terrorismo, anche quello proveniente dai paesi occidentali”.
ANCONA
Nour Dachan, siriano, imam della moschea di Ancona e presidente dell’Ucoii, Unione delle comunità e delle organizzazioni islamiche in Italia:
“Condanniamo gli attentati terroristici perché parte di una strategia vergognosa. Ma chiediamo il ritiro immediato del contingente militare italiano e la fine dell’occupazione militare dell’Iraq, inquadrati in una logica imperialistica dell’America”.
MILANO
Mahmoud Asfa, imam della Casa della cultura islamica di via Padova:
“La religione musulmana è un anello di una catena che la unisce alle altre religioni. L’islam predica il rispetto delle altre civiltà e culture. L’islam vuole la pacifica convivenza con i cristiani e gli ebrei. L’islam è contro il terrorismo di Riyad, Nassiriya e Istanbul. I soldati italiani [in Iraq] sono messaggeri di pace. L’islam rispetta le chiese e le sinagoghe allo stesso modo con cui noi musulmani rispettiamo le moschee”.
[A questo punto circa trenta fedeli si sono alzati e hanno abbandonato la sala].
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A parte l’ultima che fa eccezione, le prediche sopra citate legittimano in vario modo il terrorismo islamista, esaltano la guerra santa e il “martirio”, attaccano l’occidente e Israele.
Lo scorso giugno analoghi accenti erano risuonati sotto le volte della Grande Moschea di Roma patrocinata dall’Arabia Saudita e da altri regimi arabi cosiddetti “moderati”, ad opera di un imam ivi insediato dall’università Al Azhar del Cairo, la più autorevole di tutto il mondo musulmano.
Anche allora fu Magdi Allam a registrare la predica e a riportarne i passaggi salienti su un altro grande quotidiano italiano, “la Repubblica”. Il presidente del pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, l’arcivescovo Michael Fitzgerald, interpellato, minimizzò il fatto: “In fondo sono cose dette in una sola moschea italiana. E a dare eccessivo peso a un fatto locale si corre il rischio di compromettere il dialogo”.
Si sbagliava. Quello non era un caso isolato. L’imam della Grande Moschea di Roma, Abdel-Samie Mahmoud Ibrahim Moussa, egiziano, fu in seguito rimosso per volere del governo italiano.
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