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la Politica con la P maiuscola non ci annoia, ci opprime
by Lo zuccone Sunday, May. 02, 2004 at 4:23 PM mail:

la Politica con la P maiuscola non ci annoia, ci opprime!

“Quando ero ragazzo, mi avevano insegnato che non votare era una condotta da qualunquista. Ma ora che sono cresciuto e ragiono, riconosco che è invece il voto una forma di qualunquismo, poiché ci impone di scegliere un qualunque candidato che farà sempre gli interessi del più forte. Abituandoci ad affidare ad altri la conquista e la difesa della nostra libertà, la democrazia rappresentativa si è rivelata il modo più efficace per governare una società ingiusta, non certo per liberarla dall’ingiustizia. Noi non spezzeremo le nostre catene senza prima vincere i nostri pregiudizi”.

Martin Luther King

Sabato siamo andati a Milano per l’Euromayday, c’era veramente molta gente. Al termine ci siamo stesi sul prato del castello, ho acceso un sigaro e ci siamo messi a brindare e a leggerci i vari volantini. Uno in particolare, un lenzuolo patinato dal titolo IL FASCINO INDISCRETO DEL PRECARIATO, mi ha assorbito in un notevole sforzo mentale (anzi “cognitario”, benché la mia comprensione sia rimasta piuttosto “precaria”) per il modo peregrino e snob con cui era scritto. Alla fine, dietro il ritmo fumoso delle frasi, le conclusioni (dal titolo “Come farsi un movimento costituente”) mi sono parse singolarmente contraddittorie e illogiche.

Cito:
“Nella ricchezza della cooperazione, della rete, della mobilità… è proprio lì che viviamo, è lì che decidiamo. “Opinione” e “politica” il capitale le mette a valore tutti i giorni dalle nostre parti, sarà per quello che la Politica, quella con la P maiuscola, ci annoia e che non abbiamo intenzione di delegare nulla. Perché diciamo che la Politica deve smetterla di dare la linea. Noi siamo una traccia post-moderna forte. Ai partiti diciamo che se vogliono essere utili hanno una chance: trasformarsi in strutture di servizio. Al servizio dei movimenti, altrimenti si tratta di ferri vecchi!”.
Qui la contraddizione risiede nel fatto che da una parte si riconosce il nesso “sfruttamento-politica” e la necessità di “non delegare nulla”, dall’altra si teorizza invece una variante radicale dei girotondi e della “società civile” che deve-dare-la-linea (ossia deve delegare alla politica come strumento, anzi come “strutture di servizio”). Non è paradossale?

Cito ancora la conclusione finale:
“Siamo 7 milioni di precari in Italya, 30 milioni di part-time in Europa, ma ancora non ci volete ascoltare. Il primo maggio ci faremo sentire noi. E sarà un assordante grido di libertà”.
Poveri orfanelli (potrebbe dire qualcuno) che il papà non li vuole ascoltare! loro che sarebbero disposti a dare-la-linea, anzi la traccia-postmoderna-forte, la rete, la cooperazione… Quello che invece penso è che questo è un discorso contraddittorio, bifronte, sfuggente: da una parte “siamo semplicemente inamministrabili”, dall’altra i partiti devono diventare “strutture di servizio” dei movimenti. Boh!?

Intanto che qualcuno (se ne ha voglia) me lo spiega, faccio un’ultima postilla. Addirittura i più amorevoli, bonari maestri del radicalismo anni Sessanta appaiono oggi ben più radicali di tutti i “cattivi maestri” degli ultimi tot anni.
Mi torna in mente Agnoletto che girava soddisfatto per la manifestazione in atto benedicente. Non parliamo poi di Bologna affollata di consunti politicanti e di rianimatori sociali in cerca di un posto al sole. La Politica con la P maiuscola non ci annoia, ci opprime!

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