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BOLIVIA, SECONDA GUERRA DEL GAS: DALLA RIVOLTA DEI GUARANI' A QUELLA DEI MINATORI
by anubi Wednesday, May. 05, 2004 at 6:44 PM mail:

traduzione del report riassuntivo di bolivia.indymedia.org


IL POPOLO GUARANI' DIFENDE IL GAS
Indy La Paz (05/05/2004 10:51)

Il popolo guaraní della regione del Chaco boliviano sta realizzando un blocco di fatto delle gasoline che sono nelle mani delle imprese petrolifere transnazionali Maxus, Repsol, Petrobras (l'impresa brasiliana, ndt) e TGS.
La prima esigenza del popolo guaraní è l'abrogazione della Legge sugli Idrocarburi approvata dall'ex presidente Gonzalo Sánchez de Lozada nel 1996, il cui fine è stato di aprire le porte ai profitti delle imprese legando i pozzi petroliferi alla libera disponibilità di produzione e commercializzazione della risorsa naturale.
"Siamo stanchi di morire di fame", ha detto Nelly Romero vicepresidente dell'Assemblea del Popolo Guaraní, da Camiri - dove è iniziata la mobilitazione sociale il 30 aprile scorso - ed è stata perentoria nell'affermare che "un negoziato sarà possibile soltanto alla presenza del presidente Carlos Mesa".
In questi giorni in cui si sono realizzate occupazioni simboliche fino al blocco delle attività delle imprese petrolifere, la APG ha respinto totalmente qualsiasi approccio da autorità di rango inferiore, dato che una lunga serie e storia di accordi disattesi riempie gli archivi delle organizzazioni dei movimenti sociali.


I Guaraní minacciano
Gli indigeni prendono i campi petroliferi
La mezza luna di Repsol e Petrobras fatta a pezzi

Al momento, circa 500 indigeni guaraní si sono riversati dalle loro comunità sulle installazioni delle imprese petrolifere, ma l'Assemblea ha assicurato che cresceranno esponenzialmente con l'apprto di altri fratelli delle 500 "capitanías" (unità territoriali e d'autogoverno, ndt) del popolo guaraní disperse in 16 municipi di 5 province del Chaco boliviano.
"Tutto ciò che si muove via terra l'abbiamo già bloccato, ma non ancora quello che si muove via aria", ha raccontato Nelly Romero, riferendosi agli aeroplani che gli imprenditori hanno preso a far circolare per garantire il loro approvviggionamento finché le imprese rimarranno bloccate.
Affermando che le donne sono in prima linea nella mobilitazione "fino in fondo", la signora Nelly ha chiamato "gli altri popoli a difendere il gas perché il gas è di tutti i boliviani. Abbiamo già perso tutte le nostre ricchezze e continuiamo a fare la fame, per questo il popolo guaraní si è sollevato...", ha spiegato.


Risposta comunitaria

Nella stessa lotta sociale, ma su un altro piano ecologico, autorità aymaras della zona andina del paese hanno risposto che dopo il cabildo (assemblea aperta, ndt) indigeno del 3 maggio, che ha riunito le 20 province di La Paz, si è deciso di dare 4 giorni al governo boliviano perché inizi ad affrontare le loro richieste in quest'ordine: idrocarburi e carnet dei 72 punti della Confederazione Sindacale Unica dei Lavoratori Contadini della Bolivia (la CSUTCB, ndt).
Se non si otterrà una risposta positiva, il che è stato paventato da vari dirigenti, è già pronto il blocco della circolazione, per cui si va preparando la tecnologia aymara delle comunità ereditata dai nonni e dai bisnonni.
La principale posizione delle comunità si impernia sul "Mesa traditore", dato che il Presidene non ha mantenuto le promesse fatte il 20 ottobre 2003, quando prese possesso del seggio presidenziale.
"Da quella volta nessuno ha risposto alle cinque lettere che abbiamo inviato al Presidente", ha recriminato il segretario della CSUTCB, Felipe Quispe. "Nelle comuntà ci sono molti jilakatas, kuracas che non sanno scrivere, ma quando vogliono comunicare per lettera, chiamano qualche scrivano o maestro rurale che le scriva o gliele legga. Questo governo non fa nemmeno ciò, sembra davvero ignorante".
Dal canto suo Rufo Calle, segretario della Federazione di La Paz (della CSUTCB, ndt) "Tupaj Katari", ha aggiunto che “non può essere che il Presidente non vada scenda a sentire il popolo per sapere ciò che vuole, ciò di cui ha bisogno in tutto questo tempo di sofferenza”. “Forse che non vogliamo mangiare quello che produciamo? Forse che non vogliamo essere puliti, educati, avere luce, strade?”, ha domandato Quispe, come se lo stesse ascoltando una grande platea immaginaria.
Pur non avendo ricevuto alcuna risposta, i dirigenti hanno detto di rimanere disposti al dialogo. Quispe ha specificato: “Vogliamo un dialogo franco, sincero e approfondito, nel quale non si stanchino i ministri né il Presidente...”.


Altri segnali

In questa comune attesa tra guaraní e aymaras, altri settori sociali hanno preso voce nella richiesta di fonti di impiego. Iscritti alla Associazione dei Senza Lavoro si sono piazzati sulle porte della chiesa di San Agustín, accanto alla sede del municipio di La Paz, carichi di dinamite. Hanno minacciato di immolarsi insieme a donne e bambini, se il governo non ascolta le loro richieste di lavoro.
Nel centro minerario Caracoles, membri delle cooperative dei minatori hanno occupato le installazioni della impresa gestita dal Gruppo Minerario Bajadería, che opera sotto contratto di rischio con Comibol, esigendo che questa passi al loro controllo così che i lavoratori possano sfruttare la concentrazione di stagno, in questo momento in cui il prezzo dei minerali è cresciuto sui mercati internazionali.
Infine, la Centrale Operaia Boliviana (COB, sindacato unico dei lavoratori, ndt) spera che i diversi settori affiliati convergano in blocco nello sciopero generale a tempo indeterminato convocato da questo 3 maggio. Con molta lentezza, lo hanno iniziato alcuni settori dell'insegnamento e della salute, ed è stato annunciato che questa settimana scenderanno in mobilitazione i lavoratori degli altri settori.

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