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La guerra è così la Resistenza insegna
by Feltri Vittorino Tuesday, May. 11, 2004 at 2:28 PM mail:

Quattro invasati non fanno un esercito e i partigiani nel '45 agirono peggio...


Avanti con le torture, non si parla d'altro. A leggere i giornali sembra che la soldataglia angloamericana - 120mila uomini - non facesse che seviziare i poveri detenuti iracheni. E questo non è vero. Gli episodi di violenza provocano disgusto in coloro che hanno un minimo di sensibilità. Però, per favore, non generalizziamo. Non confondiamo l'eccezione con la regola. Chi ha commesso abusi sarà giudicato in base alla legge. Ma chi non ne ha commessi non venga inserito d'ufficio nel mazzo delle erbe cattive. Distinguiamo. Si dice che vi fosse un ordine scritto: fate vedere l'inferno ai prigionieri. Si dice che Rumsfeld non solo sapesse; che addirittura venisse da lui l'idea orrenda di accanirsi sui detenuti. È possibile. Vogliamo però attendere la fine dell'inchiesta per trarre conclusioni e condannare sommariamente? Credo sia opportuno. Altrimenti a cosa servono i processi, a cosa serve la giustizia, la Corte Marziale? La differenza fra le satrapie arabe e le democrazie occidentali in fondo sta qui: le dittature assolvono chi delinque in nome del dittatore; le democrazie colpiscono chiunque sgarri. Gli Usa scopriranno i colpevoli e li puniranno. Saddam invece ricorreva ai sicari per governare, e assicurava loro privilegi. I terroristi hanno ucciso migliaia di innocenti eppure trovano sempre qualcuno, specialmente in Italia, che li giustifica e li definisce eroi resistenti. Alcuni americani, una minoranza, si sono degradati a torturatori, ma l'intero esercito alleato viene accusato di barbar ie. È inaccettabile. Se uno, dieci, cento, mille marines hanno disonorato la loro uniforme non significa che 120mila marines debbano essere messi alla sbarra e trattati da criminali. Chiarito ciò affrontiamo un tema più delicato ancora. Rammento agli smemorati, ce ne sono tanti, che questa è una guerra e non un safari fotografico. Non c'è guerra che assomigli ad un'altra, ovvio: anche nell'arte di "suonarsele" influisce il progresso tecnologico. Dal corpo a corpo si è passati alla bomba atomica. Dalle trincee si è passati ai missili terra-aria e aria-terra. Ma la schifezza bellica era schifezza ieri e lo è oggi, e lo sarà domani. Certe abiezioni sono state e rimangono la caratteristica principale degli scontri fra popoli. I soldati si combattono sul campo e non sempre sono "sportivi"; alcuni per darsele hanno bisogno di trovare stimoli nell'odio reciproco, e quando cessa il rombo del cannone cominciano le vendette; il vincitore infierisce sul vinto. Tra due carnefici, quello che soccombe diventa vittima. La guerra non è una partita di scacchi; è una lotta fra disperati che temono di morire, e il più forte irride al più debole e lo umilia. Succede, per fortuna raramente, però succede. Davanti a un uomo seviziato si prova pietà, e davanti a un seviziatore cresce un sentimento di riprovazione e di rabbia. Ma stupirsi delle atrocità della guerra è da ingenui se non da sciocc hi. Noi italianucci abbiamo avuto le nostre esperienze in materia. Non recentissime eppure ancora vive nella memoria. Cito un fatto periferico, avvenuto nella mia piccola città e pressocc hé sco nosciu to. Nel 1945 i partigiani, con il supporto decisivo degli angloamericani, ebbero il sopravvento sui fascisti e sui nazisti dopo una serie di eccidi da entrambe le parti. A Liberazione avvenuta, i vincitori orobici allo scopo di celebrare adeguatamente il successo, si recarono in massa a casa di una camicia nera di qualche rilievo, tale Resini, noto catturatore di renitenti alla leva rintanati negli anfratti prealpini. Abbatterono con una spallata l'uscio e sorpresero Resini in cucina mentre consumava la sua modesta colazione, pane e latte. Era in pigiama. Lo sollevarono dalla sedia, lo trascinarono giù dalle scale in modo poco urbano, e a calci lo costrinsero a marciare spedito un paio di chilometri, il percorso dalla sua abitazione a viale Pirovano, il viale del camposanto, fra due filari di cipressi. Giunto a pochi metri dal cancello del cimitero, il vecchio cacciatore di partigiani, che vantava un carniere quasi vuoto data l'esiguità delle "prede", cadde e non riuscì più a sollevarsi. Sfinito. La bocca impastata di sangue scuro. (...) ( segue a pagina 3) (...) L'allegra brigata di liberatori seguitò a sferrargli pedate, a casaccio. Resini smise di rantolare. Uno dei due figli suoi, un giorno mi mostrò la foto, scattata non si sa da chi, della calcistica esecuzione. Nel pormela gli tremavano le mani e aveva gli occhi lucidi. Gli autori del linciaggio per anni e anni sono sfilati a Bergamo il 25 aprile, orgogliosi; il fazzoletto rosso annodato al collo. Torturatori, certo, ma eroi della Resistenza. Chi lo ha mai messo in dubbio, a parte gli orfani di Resini? Prima di sputare in faccia ai soldatacci americani (quattro invasati senza coscienza) pensiamoci, pensateci due, tre, quattro volte.

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