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La verità di Strada
by whynot Friday, Jun. 11, 2004 at 4:56 PM mail:

Non so chi ha tirato fuori i soldi. So i nomi dei mediatori

Gino Strada racconta la sua verità: la trattativa
di Emergency la soluzione vicina, il finale a sorpresa
"Comprati per 9 milioni di dollari poi il finto blitz per liberarli"
"Non so chi ha tirato fuori i soldi. So i nomi dei mediatori
che, mi viene detto, li hanno maneggiati"

http://www.repubblica.it/2004/f/sezioni/politica/ostliberi2/ginostra/ginostra.html

ROMA - Gino Strada, con la sua Emergency, è stato uno dei canali di trattativa "in chiaro" per la liberazione degli ostaggi. Nelle prime tre settimane di maggio, Strada, con sua figlia Cecilia e Tommaso Notarianni, ha negoziato a Bagdad con quattro fonti irachene. Ripartendone con una certezza. Che Agliana, Cupertino e Stefio sarebbero stati liberati "senza condizioni". Oggi dice: "Ci è stato detto che quando la vicenda era ormai risolta, qualcuno ha pagato 9 milioni di dollari... Che gli ostaggi sono stati di fatto consegnati agli americani".

Chi ha pagato?
"Non so chi ha tirato fuori i soldi. So i nomi dei mediatori che, mi viene detto, li hanno maneggiati. Non ho difficoltà a farli, perché Emergency non è un servizio segreto e quel che ha fatto lo ha fatto in modo trasparente. Abbiamo lavorato per la liberazione degli ostaggi con la stessa logica con cui lavoriamo nei nostri ospedali. Siamo stati testimoni diretti di una storia che ha incrociato il nostro cammino. E ora che gli ostaggi sono sani e salvi posso raccontarla".

Chi ha maneggiato i 9 milioni?
"Un uomo di nome Salih Mutlak. Personaggio noto a Bagdad per essersi arricchito con il contrabbando nei dieci anni di embargo. Un nome che ho sentito la prima volta ad Amman, in Giordania".

Cosa seppe ad Amman?
"Incontrai Jabbar Al Kubaissi, un ex esiliato con cui Emergency aveva avuto rapporti in passato. Gli spiegai che Emergency non era disposta a trattare il rilascio degli ostaggi, ma lo riteneva un atto dovuto come gesto di riconoscenza umanitario per aver curato 300 mila iracheni negli anni dell'embargo. Kubaissi convenne sulle mie richieste. Mi fece capire che la testa "politica" del gruppo dei sequestratori sarebbe stata disposta ad un rilascio senza condizioni nelle mani di pacifisti italiani. Ma aggiunse che c'era un problema. Qualcuno tra i carcerieri era sensibile alle sirene del denaro. E che questo canale di trattativa era nelle mani di tale Salih Mutlak. Sapemmo, una volta a Bagdad, che Mutlak aveva rapporti con Abdulsalam Kubaissi, religioso del Consiglio degli Ulema, e che con lui aveva lavorato alla liberazione degli ostaggi giapponesi".
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A Bagdad avete incontrato questo Mutlak?
"Ovviamente no. La nostra linea era opposta. Nessuna trattativa economica. Cercammo interlocutori in grado di parlare alla componente politica di chi gestiva il sequestro. Per tutte e tre le settimane della nostra permanenza a Bagdad, i nostri contatti furono un imam di Bagdad, l'imam di Falluja, il fratello di Jabbar Kubaissi, Ibraim, medico di Abu Ghraib, e un terzo uomo, di cui non faccio il nome perché oggi rischia la sua vita".

Erano in contatto diretto con i sequestratori?
"Questo è quello che capimmo. E ritengo di non essermi sbagliato".

Vi diedero delle prove dell'esistenza in vita degli ostaggi?
"No. All'inizio ci proposero di utilizzare dei video da mandare ad Al Jazeera come canale di comunicazione. Ma rifiutammo".

Dunque non è vostro il biglietto che Stefio mostrava nel video del 31 maggio e mai mandato in onda da Al Jazeera.
"Non mi risulta fosse nostro".

Torniamo alle vostre fonti a Bagdad.
"L'ultima settimana di maggio, dopo aver ricevuto assicurazioni che i sequestratori avevano deciso il rilascio degli ostaggi, con tempi e modi che non ci furono indicati, decisi di rientrare in Italia. Vivevo da tre settimane in un residence e l'aria si era fatta pesante. Per dodici giorni, fino a sabato scorso, 5 giugno, non seppi più nulla. Poi, quel sabato, ricevetti una telefonata dal nostro rappresentante a Bagdad".

Cosa le disse?
"L'imam di Falluja aveva comunicato che la questione era risolta. Di attendere una liberazione imminente".

Cosa che è avvenuta.
"Certo. Ma non nei tempi ipotizzati dall'Imam. Martedì 8, nelle stesse ore in cui il nostro rappresentante a Bagdad parlava con l'imam per aver qualche notizia sugli ostaggi, Agliana, Cupertino e Stefio venivano liberati. Cademmo dal pero. Chiedemmo spiegazioni. Cosa era successo?".

Già, cosa era successo?
"Ci è stato detto che i 9 milioni incassati da Mutlak avevano convinto una parte del gruppo a trasferire gli ostaggi dalla prigione di Ramadi ad Abu Ghraib e a consegnarli agli americani con un finto blitz inscenato in una casa di Zaitun street. La strada dove ha provato ad avvicinarsi ieri il vostro cronista prima che provassero a sequestrarlo. Un testimone che abbiamo raggiunto, tale Fahad, ci ha confermato di aver visto la presa in consegna di Agliana, Cupertino, Stefio e del polacco la mattina dell'8 giugno".

Il polacco sostiene di essere stato liberato a Ramadi. E gli ostaggi italiani di non essere stati trasferiti di prigione negli ultimi giorni precedenti il blitz. Sono circostanze che non tornano.
"Io ho appena raccontato quel che so...".
(c. b. - g. d'av.)

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