dal quotidiano TRENTINO del GIOVEDÌ, 11 NOVEMBRE 2004
L’accusa chiedeva che i sei giovani tornassero in carcere: «Possono ancora delinquere» La Cassazione: illegittimo l’arresto degli anarchici Rissa a Sanseverino, respinto il ricorso della procura che temeva nuovi disordini La Suprema Corte dà ragione al Tribunale che aveva disposto la scarcerazione
TRENTO. L’arresto degli anarchici trentini fu illegittimo. Così ha deciso ieri la Corte di Cassazione respingendo il ricorso della procura che aveva impugnato il provvedimento con cui i sei giovani accusati di lesioni gravi erano stati liberati. Una decisione che per gli anarchici e i loro avvocati ha il sapore della rivincita, dopo le polemiche su un arresto che agli occhi di molti (anche di alcuni esponenti politici) era sembrato una misura sproporzionata e tardiva rispetto ai fatti contestati. Gli anarchici, dunque, restano liberi, ma l’inchiesta contro di loro non è ancora chiusa. La Suprema Corte ha affrontato il caso venerdì scorso, depositando però solo ieri la decisione che gli avvocati degli indagati hanno appreso da Roma. Nessuno poteva fare previsioni sull’esito del ricorso. Del resto già due diversi giudici si erano pronunciati sulla legittimità dell’arresto, concludendo con due opposti provvedimenti. Il primo era stato il giudice delle indagini preliminari Marco La Ganga, che nel luglio di quest’anno aveva accolto la richiesta del pm Paolo Storari. Quei sei ragazzi andavano arrestati per i fatti accaduti due anni prima nel parcheggio del piazzale Sanseverino, quando un gruppo di anarchici aggredì alcuni giovani della destra estrema. Ne nascque una maxi rissa che per poco non si concluse in tragedia. Uno dei naziskin, infatti, venne investito da un’auto che secondo l’accusa era condotta da alcuni anarchici. Risultato: fratture gravissime, che tutt’ora lo costringono a lunghe sedute di riabilitazione. Secondo il gip gli elementi prodotti dall’accusa erano sufficienti per giustificare l’arresto, soprattutto temendo una reiterazione del reato. Non fu dello stesso avviso il tribunale del Riesame, al quale si rivolsero subito gli avvocati degli indagati, Giampiero Mattei e Alessandro Zanfei. «Gli indizi contro di loro ci sono - sostennero i giudici - ma non ci sono esigenze cautelari». Insomma, i giudici Collino, Giuliani e Fermanelli valutarono debole dal punto di vista delle motivazioni il provvedimento di arresto. Dal canto loro i pm Paolo Storari e Stefano Dragone avevano elencato ai giudici il materiale sequestrato contestualmente agli arresti degli anarchici: decine di mazze da baseball, catene con impugnature di legno (non certo quelle usate per chiudere le biciclette), sfollagente in acciaio, maschere e parrucche per travisare il volto, moschettoni che possono essere utilizzati come tirapugni, manuali che spiegano come realizzare bombe con la sciolina, fionde e centinaia di biglie di vetro e acciaio da utilizzare come proiettili. La pubblica accusa con questo elenco voleva dimostrare la pericolosità degli anarchici arrestati, ma il tribunale fu di diversa opinione: «Non c’è la prova che questo materiale fosse nella disponibilità esclusiva degli arrestati». Una severa bocciatura arrivò anche sul fronte del pericolo di reiterazione del reato, il punto più importante per la procura. I giudici tennero conto del fatto che tra i fatti oggetto dell’indagine e l’arresto erano trascorsi quasi due anni: «Gli indagati pur continuando a far parte del medesimo gruppo con assidue frequentazioni e comune attività politica, non hanno commesso a quanto risulta reati della stessa specie di quello a cui si riferisce l’arresto». Il pm aveva citato il pugno di Passamani al roveretano di An Enrico Pappolla, ma questo evidentemente non convinse il tribunale. Benchè i sei anarchici fossero di nuovo liberi e l’opinione pubblica si interrogasse sull’opportunità di quell’arresto (ci fu una dura presa di posizione dei consiglieri provinciali Catalano, Barbacovi e Bressanini), la procura decise di mantenere la linea dura. I magistrati presentarono un lungo ricorso contro la decisione di scarcerare i sei anarchici, producendo una mole importante di documenti che, a loro avviso, dimostravano la pericolosità di quel gruppo. La Cassazione è stata di diverso avviso, ma per conoscere le motivazioni bisognerà attendere. Quali effetti avrà il provvedimento sull’indagine? Di sicuro l’impianto dell’accusa non ne esce rafforzato, ma l’inchiesta potrebbe riservare altre sorprese.
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