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La Francia e gli immigrati «L’integrazione è fallita»
by marcos Friday, Dec. 03, 2004 at 9:48 PM mail:

dal Corriere della Sera. Dopo Theo Van Gogh un altro capitolo del multiculturalismo fallito.

PARIGI - Un giovane immigrato su tre è disoccupato. La disoccupazione tra i giovani diplomati riguarda per il 5% i francesi, per il 7% gli europei, per l’11 i francesi acquisiti e per il 18 gli extracomunitari. Un rapporto del ministero dell'Interno ha censito trecento quartieri a rischio, quasi due milioni di cittadini confinati in una società a parte, al di fuori delle leggi della République. Per la Francia, l'integrazione di milioni di immigrati, la più parte africani e di religione musulmana, in maggioranza cittadini francesi di seconda generazione, è da sempre un percorso sociale inquadrato in un modello di valori scritti nella Costituzione: pari diritti, laicità, uguaglianza. Ma trent'anni di leggi, investimenti colossali e battaglie culturali hanno dimostrato i limiti di un modello che si pretende diverso, alternativo a quello anglosassone.
Per la Francia - lo si è visto nel dibattito sulla legge contro il velo islamico a scuola - la diversità etnica e culturale non è la somma di tante identità ma un progetto di cittadinanza, con uguali diritti e doveri. I dati però dimostrano due categorie di cittadini: i francesi e gli altri. E un recente rapporto della Corte dei Conti denuncia il fallimento e la confusione un po' ipocrita di leggi e interventi che hanno prodotto risultati opposti: sul lavoro, nelle scuole, nella società civile. «SOS racisme» ha raccolto centinaia di casi di discriminazione nell'assegnazione degli alloggi popolari e nei criteri di assunzione.

Sui giornali, diventa una notizia la nomina di un dirigente d'impresa o di un alto funzionario che non sia francese e bianco. Così come è stato un caso nazionale la nomina del primo prefetto musulmano.
La crisi di un Paese si vede quando s'incrinano i valori di riferimento. La sua grandezza quando si ha il coraggio di cambiarli, anche se scritti nella propria storia. Il governo ha proposto un’ authority contro le discriminazioni a carattere etnico e religioso, allargando il concetto alle discriminazioni sessuali, ivi compresa l'omofobia. Decine di grandi imprese hanno adottato il principio anglosassone della «discriminazione positiva», criteri di assunzione che favoriscano giovani immigrati o provenienti da quartieri difficili. L'Oreal ha ottenuto un riconoscimento per le cento nazionalità rappresentate dai suoi 50.000 dipendenti. Claude Bebear, ex presidente del colosso assicurativo Axa, ha sostenuto la «discriminazione positiva» nella sua società e ha contribuito a un progetto di legge per introdurre il curriculum vitae anonimo, dattiloscritto e senza foto, per le imprese con più di 250 dipendenti.

Ma bastano ancora una volta leggi e correttivi o è il caso di cambiare strada? Nicolas Sarkozy, l'astro nascente della politica francese è deciso a sfidare Chirac anche sul terreno di una certa idea della Francia molto cara al presidente e all'establishment. Per Sarkozy, anche la religione è un capitolo fondamentale dell'integrazione ed è quindi necessario rivedere i sacri principi della laicità. Sarkozy era contro la legge sul velo islamico («mi preoccupa l'espulsione di giovani studentesse dalle scuole pubbliche»), vorrebbe riformare quella del 1905 sulla separazione fra Chiesa e Stato, propone forme di finanziamento per la costruzione di moschee e la formazione dei rappresentanti del culto.
L'integrazione, secondo Sarkozy, fallisce proprio perché intere comunità rafforzano la loro identità religiosa ed etnica e si separano dai valori repubblicani. «Occorre far emergere un Islam francese prima che un Islam in Francia», è un suo slogan ricorrente, che bene esprime il timore di influenze esterne, anche le più oscure. Recentemente sono stati scoperti luoghi di culto e scuole islamiche clandestine.

Le tesi di Sarkozy, nel clima di aspra rivalità con Chirac, si prestano anche a una lettura politica. Una certa idea della Francia, per l'ex pupillo con origini ungheresi, significa «non considerare normale che le nostre elites si assomiglino e che, a parte Zidane e i campioni sportivi, i giovani immigrati non possano identificarsi in magistrati, giornalisti, dirigenti d'impresa, alti funzionari». Una certa idea della Francia, come ha scritto in un libro che ha fatto scalpore, è anche comprendere che l'ideale repubblicano «non risponde alle questioni spirituali».
Chirac, non perde occasione di difendere a spada tratta il modello scritto nel marmo e il dibattito su questioni cruciali s'infiamma. Anche perché, secondo alcuni osservatori, la vena multiculturale e spirituale di Sarkozy comincia ad assomigliare a una certa idea di America. «Fra Kerry e Bush, preferisco Clinton» ha replicato a chi gli affibbia l'immagine di «Sarko, l'américain».

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