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http://italy.indymedia.org/news/2004/12/689239.php Invia anche i commenti.

25 NOVEMBRE Giornata internazionale contro la violenza sulle donne
by da Indymedia Euskal Herria Friday, Dec. 03, 2004 at 10:22 PM mail:

25 Novembre, GiornataInternazionale per il No alla Violenza Contro la Donna Indymedia Euskal Herria, 2004-11-24 20:49 Il 25 novembre de 1960 continua a vivere nel nostro ricordo. http://www.lasdignas.org.sv/25noviembre.htm Il 25 novembre del 2004 noi donne camminiamo con la testa alta e continuiamo a guardare avanti; affrontiamo il futuro con le palme delle mani tese.

25 NOVEMBRE Giornata...
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Il 25 novembre del 2004 noi donne camminiamo con la testa alta e continuiamo a guardare avanti; affrontiamo il futuro con le palme delle mani tese. In questo giorno rinnoviamo le nostre forze e con un gran no diamo testimonianza del nostro rifiuto:
al donnicidio,
alla violenza familiare,
agli stupri,
ai maltrattamenti,
ai sequestri,
agli abusi,
alla molestia sessuale,
al machismo,
al sessismo,
ed a tutte le altre aggressioni che violrano i diritti umani basilari, i diritti sessuali ed i diritti riproduttivi.
Perché continueremo a lottare fino a che riusciremo a vivere in tolleranza, in uguaglianza in realtà, in uguaglianza di diritto, in uguaglianza di opportunità ed in uguaglianza di genere.


Perché Il 25 Novembre È Il Giorno Contro La Violenza Verso La Donna?

La scelta del 25 di novembre come data internazionale della lotta contro la violenza sulla donna fu un accordo preso dalle partecipanti all'Incontro Femminista Latinoamericano e dei Caraibi che si realizzò a Bogotà nel 1981, accettando il sollecito della delegazione della Repubblica Dominicana che proponeva che in questo modo si rendesse omaggio alle sorelle Mirabal: Minerva, Patria e María Teresa. Esse sono un esempio vivo del tipo di donna impegnata nelle lotte del suo paese.
Le tre sorelle caddero per la violenza dal regime di Trujillo che mantenne il paese dominicano nell’arretratezza per 30 anni, nell'ignoranza e nel caos. Nel 1960, il paese dominicano scontento e stanco di una dittatura tanto lunga, tutti i giorni portava a termine lotte nelle strade contro le forze militari repressive che sostenevano il dittatore.
Le sorelle Mirabal nacquero nella sezione Ojo de Agua, provincia di Salcedo, Repubblica Dominicana. Le condizioni di vita che si davano nel paese e la zona dove vissero, conseguenza del dominio statunitense ed il ritardo delle relazioni di produzione, determinarono la loro sensibilità di fronte agli acuti problemi sociali. La partecipazione attiva delle sorelle Mirabal nella lotta contro Trujillo guadagnò loro la fama di rivoluzionarie, motivo più che sufficiente affinché in una certa occasione Trujillo manifestasse davanti ad un gruppo di persone che i suoi due unici problemi erano le sorelle Mirabal e la Chiesa.

Che cosa accadde il 25 novembre 1960?

Minerva e María Teresa andarono a visitare i loro mariti alla prigione, in compagnia della sorella Patria. Furono intercettate in un posto solitario della strada da agenti del Servizio Militare di Intelligenza. Condotte ad un canneto vicino, furono oggetto delle più crudeli torture, prima di essere vittime di quello che si è considerato il crimine più orripilante della storia dominicana. Coperte di sangue, massacrate a colpi, strangolate, furono messe nuovamente nel veicolo nel quale viaggiavano e gettate in un precipizio, con la finalità di simulare un incidente. L'assassinio delle sorelle Mirabal produsse un gran sentimento di dolore in tutto il paese, ma servì per fortificare lo spirito patriottico di un paese desideroso di stabilire un governo democratico che garantisse il rispetto alla dignità umana.
La memoria di queste coraggiose sorelle, martiri che rischiarono le loro vite e le diedero, effettivamente per la causa della donna ci riempie di speranza e ci dà forza per continuare a lottare per una società ugualitaria nella quale donne ed uomini possano vivere in fraternità umana.

Patrio Mirabal
La sorella maggiore fu testimone viva delle numerose ingiustizie che si commettevano nel suo paese. Si sposò molto giovane con Pedro Gonzáles Cruz con cui allevò tre figli. La sua casa servì da rifugio e punto di riferimento nel coordinamento ed organizzazione del movimento 14 giugno. Scoperto il movimento furono imprigionati i suoi dirigenti e la maggioranza dei suoi membri, tra essi suo marito e suo figlio di 12 anni. La sua casa fu spianata dalla furia trujillista ed i suoi beni espropriati. Ebbe una morte orrenda.

Minerva Mirabal
A 22 anni e per avere respinto le pretese amorose del dittatore, fu fermata ed imprigionata. Nella pienezza della sua maturità politica, Minerva fu anche una delle organizzatrici del movimento 14 giugno.
Nel 1955 si sposò con Manolo Tavarez Justo con cui ebbe due figli. Minerva, rappresentante delle idee politiche più avanzate della sua epoca, costituisce un riferimento storico per i paesi che costantemente lottano per la loro libertà. Anche ella soffrì una morte crudele.

María Teresa Mirabal
La più giovane delle tre sorelle. L'ambiente di attività rivoluzionarie ed antitrujillistas che la circondava e la sua profonda sensibilità sociale la portarono a collaborare attivamente col Movimento 14 giugno. Vittima della repressione fu imprigionata varie volte. María Teresa si caratterizzò per la sua fermezza e dignità negli interrogatori davanti agli uomini del" Servizio di Intelligenza Militare" (SIM). La sua morte commosse tutto il paese.


Genocidio contro le donne

Per il 25 di novembre, Giorno Internazionale per il No alla Violenza contro le Donne, i gruppi di donne e femministe si apprestano a realizzare azioni in tutta l'America Latina ed i Caraibi per esigere il termine della violenza contro il 52 percento della popolazione mondiale: le donne. Una delle forme più perverse di violenza è il femminicidio, quello che ha già al suo attivo più di 1.500 casi in America Latina.
(Mujereshoy) Le donne, soprattutto se sono giovani, operaie e povere, corrono il rischio di venir trovate sgozzate, mutilate ed oltraggiate sessualmente una mattina chiunque in piena strada di qualunque città latinoamericana, come certificano più di 1.500 casi nell'ultimo decennio e che continuano ancora a rimanere impuniti.
Sono crimini che pesano sulla coscienza degli Stati che, non intervenendo secondo gli obblighi stabiliti nel diritto internazionale, permettono l'impunità di questo fenomeno, conosciuto come femminicidio, sostennero partecipanti dell'incontro.
Gli assassini di donne registrati specialmente nella messicana Città Juárez, confinante degli Stati Uniti, nella capitale del Guatemala, in Alto Hospicio, Cile, oltre a Brasile ed El Salvador lasciano una scia di sangue che nessuno sa dove finisce, secondo attiviste femministe, organizzazioni di donne, accademici, parlamentari e funzionari riuniti in Santiago del Cile.
La" Giornata di Riflessione, Il femminicidio in America Latina", fu realizzato il 5 di questo mese in Santiago dall'organizzazione Amnesty International (AI), e dove fu invitata come pannellista Ana María Portugal, coordinatrice di Isis Internazionale.
Ana María Portugal si riferì al termine femminicidio per distinguerlo dal femicidio che si usa anche per designare gli assassini contro donne.
Portugal manifestò che la teorica, antropologa e deputata messicana Marcela Lagarde ha definito l'atto di assassinare una donna, solo per il fatto della sua appartenenza al sesso femminile, come femminicidio. Aggregò che Lagarde stabilisce che la categoria femminicidio è parte del bagaglio teorico femminista introdotto dalla statunitense Diana Russel e Hill Radford sotto la denominazione femicide che, tradotta alla nostra lingua è femicidio, termine omologo ad omicidio che significa solo assassinio di donne.
Tuttavia, per segnare una differenza con quel termine, Lagarde scelse la voce femminicidio, per parlare di genocidio contro le donne, cosa che gli dà un significato politico.
Il concetto di femminicidio non è stato raccolto da nessuna legislazione ancora, ma si impiega negli ambiti accademici e del movimento femminista, perché è" più politico, poiché non include solo l'aggressore individuale ma ricorre all'esistenza di una struttura statale e giudiziaria che avalla questi crimini", rincarò Isabel Spinosa, un'altra delle espositrici della Giornata.
D'altra parte, anche il femminicidio ha una connotazione sessuale intenzionale. Isabel Spinosa indicò che i corpi di molte donne assassinate in Città Juárez, per esempio, sono stati trovati " coi genitali mutilati e la maggioranza presenta segni di stupro", spiegò. I "loro corpi sono ubicati in tale maniera che i loro organi sessuali sono esposti e non è la stessa cosa se si ammazzò un uomo o una donna. Cioè, c'è una connotazione sessuale intenzionale", aggiunse l'esperta.


Ciudad Juárez

Uno degli esempi più emblematici del femminicidio sono le cosiddette morti di Juárez. Si tratta di più di 300 donne assassinate dal 1993 dopo essere state sequestrate, violentate e torturate.
La maggioranza delle donne assassinate erano giovani, di scarse risorse economiche, immigranti in direzione degli Stati Uniti, studenti o lavoratrici della cosiddetta" maquila", l'industria di assemblaggio in zone franche che attrae i maggiori investimenti esterni e non conta su nessuna regolamentazione data la liberalizzazione del commercio.
Le pressioni internazionali fecero che il governo del Messico iniziasse un'investigazione a partire dal 2001, ma secondo l'informazione raccolta dalla Spinosa, fino ad oggi all'impunità di quegli assassini, si uniscono tra 400 e 4.000 donne reportate come scomparsee e ancora fra i 30 ed i 70 cadaveri non identificati.
"È sospetta la poca chiarezza tra le cifre del governo e quelle di organizzazioni di donne", notò l'antropologa.

Alto Hospicio

Intanto, nell’impoverita località cilena di Alto Hospicio, 1.800 chilometri a nord di Santiago, 17 giovani, 11 di esse minori di 18 anni, furono sequestrate, violentate, colpite ed assassinate tra il 1998 ed il 2001.
Le autorità, dopo le denunce corrispondenti una volta che fossero sparite le giovani, incolparono le stesse vittime, attribuendo loro l’abbandono di casa e l’essere coinvolte in storie di maltrattamento familiare, prostituzione e tratta di bianche, in un atteggiamento qualificato dagli esperti di criminalizzazione della povertà.
"Le donne di Alto Hospicio non furono considerate cittadine di diritto durante la loro sparizione né dopo il verificarsi le ragioni della loro morte", affermò la sociologa Sonia Vargas nella sua esposizione nel forum di AI.
Nel caso cileno, lo Stato offrì riparazione economica ai parenti delle vittime di Alto Hospicio, ma essi trascinano ancora lo stigma di essere poveri, cosa che strappa il diritto alla giustizia, assicurarono.
Affinché la gente non si dimentichi dei casi di Alto Ospizio né di altri assassini di donne, assassinate dauomini con cui esse ebbero relazioni di intimità, coppie, ex-coppie, amanti; quelle che morirono per strada per l'intervento di violentatori; o quelle che si intromisero in difesa di un'altra donna, la Rete Cilena contro la Violenza Domestica e Sessuale realizzò il mese scorso un'azione di riparazione simbolica alle donne assassinate. L'azione consistette nella esposizione di un centinaio di paia di scarpe, rappresentanti le donne vittime di femminicidio in Cile.
Le attività della Rete Cilena, come di decine di gruppi di donne dell'America Latina e dei Caraibi, intorno al 25 di novembre, saranno rese dal nostro portale nei prossimi giorni.

Guatemala

Il Guatemala è un altro chiaro esempio che per Amnesty International urge rendere visibile. Dal 2001, più di un migliaio di corpi di donne sono apparsi strangolati, decapitati o mutilati in hotel o nella via pubblica. Molti portavano una scritta dove si leggeva" morte alle cagne", ricordando le forme di tortura utilizzate durante i 36 anni di guerra civile che flagellò il paese.
Le assassinate erano residenti di quartieri popolari ed aree marginali, impiegate in faccende domestiche o studentesse la cui età fluttuava tra i 13 ed i 36 anni.
L'anno scorso si registrarono 383 crimini violenti con caratteristiche di femminicidio, 306 dei quali ancora non sono chiariti, secondo l'unica investigazione realizzata dall'organizzazione Reti di Non Violenza.
In febbraio, l'Organizzazione delle Nazioni Unite, ONU, concluse che il femminicidio in Guatemala aveva oltrepassato ampiamente il caso di Juárez, a dispetto del quale era passato quasi inosservato.
"Quando esistono questi livelli di impunità, si suppone che c'è violenza commessa dalle autorità", dichiarò la relatrice speciale dell'ONU sulla violenza contro la donna, Yakin Ertük.
Per le organizzazioni di donne, questi assassini rispondono ad un sistema patriarcale nel quale sono immerse le società di tutta l'America Latina. Esiste un modello dell'esercizio del potere eminentemente maschile che colloca in una situazione di vulnerabilità donne che provocano rotture delle matrici culturali.
C'è qualcosa che sta premendo, perché sono bambine che rompono i ruoli di genere tradizionali. Sono giovani studentesse che andavano alle discoteche, non temevano di uscire di notte, cosa che appare come trasgressione", spiegò Spinosa.
In tutti i casi i rispettivi poliziotti operarono con indolenza davanti agli assassini," riflettendo stereotipi di società patriarcali che appoggiano la violenza, con una certa forma di dominazione e prevalenza di norme e valori che situano la donna in inferiorità rispetto all'uomo", sostenne Ingrid Wehr, scienziata politica dell'Università del Cile.
Il coordinatore del Centro di Diritti umani dell'Università del Cile, Claudio Nash, disse che la spensieratezza delle autorità" ubbidisce a fattori culturali ed istituzionali che permettono non solo la violenza in serie, come in questi casi, ma anche la violenza domestica, acquisendo una pratica sistematizzata di occultamento da parte dello Stato."
Lo Stato ha una responsabilità indiretta per le sue omissioni e mancanza della dovuta diligenza nelle investigazioni, sanzioni e riparazioni alle vittime ed i loro parenti, cosa cui sarebbe obbligato in accordo al diritto internazionale.
Per Nash, esiste anche un aspetto culturale e di genere che minimizza questi problemi. "Sembra che solo per il fatto di essere donne le vittime, la situazione di violenza o povertà sia meno grave, come se essere oggetto di queste aggressioni fosse qualcosa di intrinseco all'essere donna. Non sono viste come violazioni di diritti fondamentali."
La Convenzione Interamericana dell'Organizzazione degli Stati Americani (OEA) nel 1994, conosciuta come Belem do Pará (Brasile), definì e precisò la violenza contro le donne, specificò gli ambiti ed agenti che possono commetterla ed incorporò le responsabilità dello Stato nel tollerarla.
Anche lo Statuto di Roma, del 1998 e che regola la Corte Penale Internazionale (CPI), definisce la discriminazione per genere ed identifica i crimini di lesa umanità come quelli che sono commessi in forma generalizzata e rispondono ad un modello sistematizzato, coordinate entro cui si situa il femminicidio.

Fonti: IPS, Mujereshoy.


Violenza intrafamiliare, crimine organizzato ed impunità

La Relatrice Speciale della Donna della Commissione Interamericana di Diritti umani (CIDH, dell'OEA), Susana Villarán, affermò che negli assassini di donne in Guatemala si scopre un modello di violenza intrafamiliare e di morti causate dal crimine organizzato. Villarán deplorò l'impunità di questi crimini.
(Mujereshoy) Susana Villarán è stata invitata dalla Rete del No alla Violenza contro le Donne del Guatemala, con l'obiettivo di determinare le possibili cause del femminicidio in quel paese. La principale funzione di Villarán, in quanto Relatrice Speciale della Donna della CIDH, è proteggere e promuovere un maggiore rispetto dei diritti delle donne nell'emisfero.
Dopo essersi incontrata con autorità del governo del Guatemala, rappresentanti di organizzazioni non governative di donne e di diritti umani tra il 13 ed il 17 di settembre, per conoscere le differenti visioni sugli assassini di donne che si commettono nel paese centroamericano, Susana Villarán ha fatto conoscere le sue prime osservazioni in una conferenza stampa realizzata sabato scorso.
Ed è stata enfatica": Una manifestazione grave del ciclo della violenza contro la donna è l'impunità nella quale rimangono dette violazioni ai diritti fondamentali della donna."
Villarán ha addotto che le morti di donne in Guatemala rispondono ad un problema di discriminazione, da cui derivano fattori come la violenza intrafamiliare e l'assenza di politiche pubbliche che favoriscano lo sviluppo delle donne, la loro educazione e la loro salute, come piani effettivi per prevenire il delitto.
Sui responsabili dell’aumento di violenza ha detto che "non esiste consistenza nelle distinte istituzioni dello Stato nel darci un'idea chiara"", ma ha aggiunto che non condivide l'idea che i responsabili degli assassini siano in maggioranza membri delle maras, combriccole, tesi che ppropone il governo del Guatemala.
Per la Relatrice Speciale quello che sembra più probabile è che si tratti di un modello che ha a che vedere con violenza intrafamiliare e morti causate dal crimine organizzato.
Sugli assassini di donne, la Relatrice ha sottolineato che da gennaio del 2001 fino ad agosto del 2004, si sono verificate 1.088 morti violente di donne, cosa che evidenzia un problema di insicurezza cittadina.

Il messaggio dietro i crimini

Dopo aver ascoltato numerose attestazioni, Villarán ha riferito che i crimini sembravano avere un messaggio ed un modello speciale. "La situazione degli assassini ed omicidi riflette un aumento in termini numerici, ed un aggravamento nel grado di violenza ed accanimento esercitato contro i corpi delle vittime; vogliono inviare un messaggio di terrore ed intimidazione", ha detto.
Villarán ha espresso che in molti casi le aggressioni si accompagnano ad attacchi sessuali, ciò che riflette la discriminazione esistente contro le donne.
Aggiunse che la violenza si è incrementata a partire dal fatto che le donne latinoamericane incominciarono ad uscire delle loro case. Stanno dando un segnale per cui è meglio che ritornino alla loro casa, che stiano tranquille che non usi gonne corte e che non escano nelle ore notturne," disse la Relatrice.
L'anno scorso, l'attrice statunitense Jane Fonda paragonò gli assassini di donne in Guatemala con quelli di Città Juárez, città nell'antistante nord del Messico, dove più di 300 donne sono statie assassinate nell'ultimo decennio, senza che le autorità abbiano chiarito i casi.

Senza giustizia

La stessa cosa succede in Guatemala, dove quasi il 95 percento degli assassini di donne non è stato chiarito, in parte dovuto alla mancanza di risorse ed all'assenza di allenamento della polizia e delle autorità giudiziali.
La Relatrice Speciale della Donna segnalò che" rappresentanti dello Stato e della società civile, come pure vittime della violenza o i loro parenti confermarono che dei casi denunciati, pochi arrivano alla tappa di dibattimento. Come esempio, dei casi di assassini inoltrati dalla Procura della Donna solo uno è arrivato alla tappa di dibattimento."
Ha criticato la legislazione guatemalteca come obsoleta e tollerante di condotte" medievali come il diritto di gambata". nel quale i signori feudali del medioevo avevano il diritto di passare la prima notte con la moglie di un servo. e per assolvere da responsabilità i violentatori che si sposano con le loro vittime.




Le più vulnerabili

La funzionaria internazionale indicò che deve mettersi speciale attenzione nei casi di discriminazione ed esclusione delle donne indigene e delle bambine, poiché sono i segmenti più colpiti dalla povertà e, pertanto, i meno protetti dalla legge nazionale, come i più vulnerabile alle violazioni dei loro diritti.
Sulle debolezze nel sistema di giustizia, la funzionaria della CIDH ha rilevato che la donna indigena e povera è la più colpita, poiché nei posti lontani delle grandi città e nelle aree rurali non si conta su uffici che rispondano alle sue denunce, o deve camminare lunghi tragitti per riferire sulla violazione; queste dipendenze nemmeno le assistono nella loro lingua materna, cosa che rappresenta un chiaro caso di discriminazione da parte del governo.
La Relatrice disse che anche la violenza è un problema di mancanza di rispetto verso i diritti umani che colpisce la donna, i suoi figli, le famiglie e la società in generale; è un'espressione di discriminazione con radici nelle relazioni di disuguaglianza tra uomini e donne che hanno colpito la società guatemalteca per molti secoli.
Secondo l'esperta, le violazioni verso i diritti delle donne possono constatarsi in tutti gli ambiti del daffare quotidiano; la violenza in suo contro si evidenzia anche nella mancanza di politiche pubbliche di educazione, di salute, di abitazione, di impiego e di cultura.
I piani di sicurezza cittadina, eseguiti attualmente da autorità di governo, non rispondono ai lineamenti elementari come la prevenzione del delitto, la riduzione dei livelli di violenza ed il suo sradicamento; quella situazione si produce a causa del poco presupposto designato a quelle istituzioni e la loro mancanza di coordinamento per portare a termine i progetti, indicò Villarán.
La specialista chiese al governo la creazione di case di rifugio, con la finalità di offrire protezione alle guatemalteche che denunciano e per cause altrui devono ritornare a convivere col loro violentatore o coniuge; la costruzione di questi posti di accoglienza potrebbe evitare molti omicidi.
La relazione finale sulle sue investigazioni sarà consegnato in dicembre prossimo con un comma speciale di raccomandazioni e conclusioni affinché il governo adotti misure che determinino cambiamenti nei modelli sociali che colpiscono le donne.

Fonti: Cerigua, Guatemala, Agenzie, Terra Guatemala.

Donne africane denunciano stupri sistematici in Darfur

(Mujereshoy) Un'organizzazione non governativa (ONG) africana ha richiesto alla dittatura sudanese e la comunità internazionale che intervengano per fermare le violazioni massicce che subiscono le donne in Darfur. I denominati janjaweed. terroristi arabi appoggiati dal regime islamista di Kartum stanno perpetrando una vera pulizia etnica in detta regione, abitata maggioritariamente da neri animisti e cristiani.
In un comunicato inviato ad un'agenzia di stampa, l'Iniziativa Strategica per la Donna nel Corno d'Africa chiede" misure pratiche ed azioni immediate" per far finire le violazioni e migliorare le condizioni di vita delle darfurensi. Ci sentiamo molto preoccupate per la sofferenza della donna in Darfur", dice l'ONG, che recentemente inviò una delegazione nella zona.
Un anno e mezzo fa (febbraio 2003), le tribù subsahariane darfurensi si sollevarono in armi contro il regime di Kartum, in protesta per la situazione di abbandono e povertà in cui vivevano e vivono. La repressione che si è presa la vita di 50.000 persone e ha provocato lo spostamento di un milione e mezzo, corse principalmente per mano dei janjaweed.
La comunità internazionale denuncia che questi terroristi filo-governativi - la dittatura sudanese nega avere vincoli con essi- hanno intrapreso una pulizia etnica e perpetrato crimini contro l'umanità, raso al suolo villaggi, stupri di massa...)
"Le donne subiscono stupri, sono picchiate quando tentano di ritornare a casa loro o cercano di raccogliere acqua. Le donne e bambine di Darfur conoscono la paura e l'umiliazione. La loro vita è stata distrutta, perché non hanno accesso ai prodotti ed ai mercati", denuncia lo scritto menzionato.
L'Iniziativa Strategica per la Donna nel Corno dl'Africa afferma che gli abusi sessuali e la violenza contro le donne sono anche frequenti nel sud del Sudan, come in Somalia, Etiopia, Gibuti ed Eritrea.


Fonte: Libertà Digitale, la Verità.


Non più violenza contro le donne: una su tre subisce maltrattamenti

(Mujereshoy) Una ogni tre donne nel mondo subisce maltrattamenti nel suo ambiente familiare, situazione che colpisce, in maggiore o minore misura, tutti i paesi senza eccezione, secondo dati del Fondo delle Nazioni Unite per la Donna (UNIFEM).
'' Una ogni tre donne nel mondo sarà violentata, aggredita, forzata ad avere relazioni sessuali o sarà maltrattata altrimenti durante la sua vita '', disse questo lunedì 24 la direttrice esecutiva di UNIFEM, Noeleen Heyzer.
Le sue dichiarazioni sono avvenute durante il lancio della campagna Non un minuto più, basata sulla statistica che mostra che il 33 percento della popolazione femminile è maltrattato nella sua propria casa.
L'ONU ha invitato oggi , martedì, commemorazione del Giorno Internazionale per il No alla Violenza contro le Donne, ad informare il mondo di questo grave flagello di cui soffrono tutte le società.
'' La violenza distrugge non solo le vite delle donne, bensì il potenziale che si potrebbe avere in esse. Ciò provoca gravi perdite ed arretramento nelle loro stesse comunità '', disse la direttrice esecutiva di UNIFEM.
Secondo la sua opinione, '' il mondo attuale è sempre di più violento '', e per ciò, esiste la necessità di '' fortificare la capacità delle donne di avere influenza sulla direzione del mondo ''.
UNIFEM conta su un Fondo di Fedecommesso che tenta di proporzionare risorse di appoggio alle donne. L'anno scorso ha ricevuto richieste per 15 milioni di dollari, ed ha potuto rispondere solo con un milione.
Per ciò, questa organizzazione ha lanciato un appello agli ed alle donatrici affinché aumentino l'importo dei loro contributi, e così potere lottare per lo sradicamento di questo tipo di situazioni.
L'atto contò sulla partecipazione della commissaria dell'Ufficio contro la Violenza Domestica della città di New York, Yolanda Jiménez, che spiegò la sua esperienza nella lotta contro i maltrattamenti.
'' New York è un microcosmo del mondo. Vi stanno rappresentate praticamente tutte le lingue e culture '', disse la commissaria, che rilevò l'importanza di fomentare l'educazione per lottare contro la violenza di genere.
Jiménez che lavorò per 14 anni per la polizia di New York prima di occupare il suo incarico, spiegò che ogni giorno, i commissariati della città ricevono 600 chiamate relazionate con la violenza familiare, contro donne, bambini, bambine o anziani ed anziane.

Fonte: Agenzie.





La risposta sociale davanti agli assassini di donne a Ciudad Juárez

Marisela Ortiz[1]

A Ciudad Juárez essere donna, giovane e carente di potere economico rappresenta il maggiore rischio di essere sequestrata, violentata in maniera selvaggia, colpita brutalmente e sottoposta ad ogni tipo di torture per poi essere strangolata e lasciato il suo corpo sulla strada, in qualche terreno solitario o lo stesso deserto, per dopo essere trovati i suoi resti per caso, senza che autorità alcuna si occupi di investigare su chi commise le atrocità che portarono alla sua spaventosa morte, ma piuttosto di fare dichiarazioni per diffamare la morale delle vittime ed i loro parenti, al fine di giustificare i loro assassini affermando che sono da riferire con gente del mondo della droga e la prostituzione rimanendo per ciò il loro terribile crimine impunito, ed alla loro famiglia nella più profonda tristezza, indignazione, dolore ed impotenza, sottoposti alla persecuzione, intimidazione e minacce di morte da parte delle autorità se osano incominciare una lotta per conoscere la verità e fare compiere giustizia.
Questa storia si trasforma nel paradigma più terribile e straziante di violenza contro il sesso femminile, e concede al Messico l'esclusività come unico paese del mondo attuale in cui si assassinano giovani sistematicamente ed abitualmente a base di torture, compresa la violazione e mutilazioni, per il solo fatto di avere corpo di donna, caratteristiche di sterminio regolare per ragioni di sesso che trasformano questo crimine atroce in un femmicidio, delitto contro l'umanità.
Davanti a questi dolorosi vergognosi assassini, i differenti livelli di governo e le autorità incaricate di procurare ed amministrare la giustizia rispondono come con indifferenza, omissioni, inettitudine, passività e negligenza nelle investigazioni.
Invece di investigare, reagiscono con squalifiche denigratorie verso le vittime e le loro famiglie; intimidazioni e minacce a familiari e patrocinatrici di diritti umani; fabbricazione di prove e colpevoli; consegna di corpi alle famiglie senza evidenze sufficienti che dimostrino la loro identità e non esistono politiche di prevenzione che garantiscano la vita delle donne nella comunità dove appartenere al sesso femminile è un rischio permanente.
Oltre all'indifferenza, il governo dello Stato di Chihuahua, al quale appartiene Ciudad Juárez, frustra, minaccia e squalifica sistematicamente le organizzazioni della società civile e familiari di vittime, oltre a comprare i mezzi di comunicazione.
La repressione è generalizzata, a grado che esistono minacce di morte a madri di giovani desaparecide ed assassinate, percosse, fino all'omicidio dell'avvocato di uno dei capri espiatori che cercano di fare apparire come colpevoli, pur sapendo che sono obbligati a confessare sotto tortura, si screditano anche i giornalisti onesti e davanti a qualunque tipo di manifestazione contro le attuali politiche oppure dichiarazioni in cui si evidenzi la mancanza di volontà delle autorità o la loro incapacità per investigare esistono repressione e minacce.
Non c'è ancora una risposta incisiva dato che la disattenzione al problema ha prevalso, tuttavia, si sono generate infinità di ipotesi intorno alle cause di queste morti, senza che si sia potuta stabilire una linea di investigazione derivata da esse. Nonostante questo, si trova attualmente al tavolo di discussione una nuova e più credibile versione circa quello che succede in Ciudad Juárez e le possibili moventi di questi crimini": Crimini simili, considerati inspiegabili per i mezzi ed i praticanti," senza linee di investigazione" per i funzionari di governo e la polizia, e vincolati al traffico ed al potere economico per l'opinione pubblica, ubbidiscono, come credo, alla creazione e perpetuazione di fraternità mafiose. I membri di queste fraternità sigillano il loro patto di silenzio e lealtà macchiando, in comunione nefasta, le sue mani col sangue delle donne mediante la loro morte atroce, in veri rituali dove la vittima sacrificale è posta in quella posizione per nessuna altra ragione se non la natura della sua anatomia femminile - indice ultimo di subalternità nell'economia disuguale del genere., destinata al consumo cannibalistico nel processo di retroazione della fratellanza mafiosa. Lontano da essere la causa del crimine, l'impunità è la sua conseguenza, perché la confraternita mafiosa sigla il suo giuramento di lealtà e silenzio col sangue del corpo profanato in complicità. Il tributo, reso in un banchetto macabro, qui coincide con la stessa vita subalterna, ed il suo destino è accreditare i confratelli per l'entrata o la permanenza nell'ordine di pari. In questo senso, questa nuova modalità di femmicidio. il femmicidio mafioso o femmicidio di fratellanze. è l'allegoria perfetta, lo sposo estremo e la concrezione stessa del modello che qui presento." [2]
Fino ad ora la responsabilità l'hanno assunta solo le famiglie e le organizzazioni, ma l'obbligo è delle autorità ed il governo, per investigare e punire i colpevoli, ma lontano dal capirlo ingannano, alterano cifre, minimizzano i fatti ed occultano informazione e perfino i cadaveri.
Argomentano che" fanno quello che possono" e che" hanno la migliore intenzione di risolvere." Facciamo allora una richiesta sul perché possano riscuotere molto bene e fare molto poco. Ripetute volte li si è invitati da parte della società a lasciare i loro carichi e prenderne altri che invece possano intervenire, perché non è difficile fermare chi tortura ed assassina quando i nomi di chi può apportare dati che portino alla detenzione dei criminali circolano già in quotidiani messicani e stranieri. Nessuna soluzione apporta chi solo manifesta buone intenzioni; queste deve dimostrarle con fatti.
Davanti ad alcune autorità che pressate per risolvere torturano chi pretendono di presentare come colpevoli, familiari di donne assassinate e familiari di detenuti che sono torturati per confessare crimini che non commisero magari, si uniscono in una lotta per trovare la giustizia e la verità, ed esaurendo le possibilità di raggiungerla nel loro stesso paese, accorrono davanti alle istanze internazionali
Come risposta, governo ed autorità statali hanno tentato di ostacolare familiari e patrocinatrici di diritti umani nel continuare questa lotta tanto importante, e la forza del potere ha tutti i mezzi per farlo, come manipolare perfino un gruppo di madri di ragazzine scomparse che a partire dalle imprecisioni, mancanza di informazione, ed occultamento delle stesse, e soprattutto a partire dai risultati sul DNA praticati ai resti e le loro supposte famiglie, non è possibile determinare se tutti i corpi trovati in un campo di cotone nel novembre di 2001 siano quelli di queste giovani donne, figlie di chi sono stati e sono manipolati dal Governo, attraverso l'appena installato Istituto Chihuahuense della Donna (ICHiMu) la cui titolare, dimenticando il fine per il quale fu creato questo istituto, e benché fosse conosciuta per rivelare i crimini di donne in questa frontiera, ora, dalla sua posizione come parte del governo ha preso come principale obiettivo attaccare le organizzazioni ed affrontare gruppi col fine di deviare l'attenzione verso situazioni che sebbene sono importanti come lo è il denaro, non sono la cosa principale, visto che è per quello che lavoriamo: il chiarimento di questo femmicidio.
Pure, pretendendo di dare legittimità al “suo" Istituto, e soprattutto orientare il suo funzionamento basandosi sugli interessi del governo, la titolare dell'ICHiMu non nota il gioco perverso del governo per il quale ora lavora. Non si rende conto di come è utilizzata affinché, dalla sua posizione, disarticoli tutto il movimento che ha capeggiato la società civile, e così, attraverso l'Istituto Chihuahuense della Donna, si porti a termine qualunque gestione, col rischio di non contare sui contrappesi necessari che ogni sana democrazia esige. Si ama solo una voce: l'ufficiale.
E’ che le autorità vogliono rimediare i problemi pulendo la loro immagine invece di investigare. E vanno dove abbiamo continuato a condividere la nostra deplorevole esperienza in questa storia di dolore ed indignazione, smentendo la nostra voce come difensori dei diritti umani e negando le versioni delle famiglie colpite. Il governatore dello Stato di Chihuahua persino ha messo come in interdetto la capacità e l'etica di istanze internazionali patrocinatrici dei diritti umani la Commissione Interamericana di Diritti umani, Amnesty International e la stessa Commissione Nazionale di Diritti umani del Messico che riferisce più di quattromila denunce di sparizioni di donne nella sua recente relazione nell'ultima decade.
Le relazioni dei differenti relatori che sono accorsi a Ciudad Juárez attratti dall'insistenza delle organizzazioni e le loro denunce, coincidono nel dire che persiste un sistema di impunità per una possibile complicità delle autorità con gli assassini, dove la polizia collabora nei sequestri ed assassini.
Visto che questo fenomeno sociale di una decade di durata non è stato risolto dallo Stato, doveva operare una forza sociale organizzata cercando di fermare il problema ed applicare la giustizia. Questo movimento sociale è stato iniziato da un gruppo di madri di ragazzine assassinate e scomparse che hanno formato una rete a livello locale, statale, nazionale, ed ora internazionale con organizzazioni e gruppi della società civile per portare a conoscenza di tutti questa problematica. C'era senza dubbio necessità di una gran pressione internazionale. Ogni volta che la risposta locale e nazionale non arrivava nonostante le pressioni e l’intenso lavoro delle famiglie organizzate, uno degli obiettivi che si pose fu la diffusione a livello nazionale ed internazionale che incidesse sui differenti paesi affinché i loro rispettivi governi cominciassero ad esigere dal governo messicano una soluzione.
Allo stesso tempo, richiamano l'attenzione delle differenti istanze a livello internazionale che promuovono il rispetto dei diritti umani e la lotta contro la discriminazione, e che è risaputo che intervengono quando i meccanismi di giustizia del paese non hanno risolto già sia per incapacità od omissione.
Era dunque, necessario evidenziare gli eventi e la disattenzione delle autorità affinché la comunità internazionale realizzsse azioni e che in ogni relazione presentata intorno ai diritti umani, si incrociasse informazione che risaltasse il caso chiamato" Le morte di Juárez", cosa che ha generato un'enorme diffusione della costante violazione dei diritti umani delle donne in questa comunità confinante e la mancanza di risposta delle autorità per un freno ai massacri di donne e la conseguente impunità che li circonda.
Questa pressione nei due ultimi anni, di personalità ed organizzazioni nazionali ed internazionali per farla finita con gli assassini" normali" o" castighi". secondo funzionari della procura di giustizia alle denunce angosciate di madri e familiari delle vittime -" è riuscita ad ottenere che quella" normalità" misogina ed aberrante sia vista da tutto il mondo come lo scandalo intollerabile e l'abiezione umana che è." [3]
A partire da ciò si succedono in catena una serie di interventi governativi del nostro paese che nonostante con tutto l'apparato con cui sono annunciati e messi in moto, in nessun modo hanno significato una soluzione. Succede che le autorità sono arrivate tanto tardi che, a questo punto, gli assassini di donne costituiscono un crimine contro l'umanità, cioè, uno sterminio regolare e sistematico per la sola ragione di essere donne, di avere corpo di donna.
Tuttavia, c’è chi considera che l'intervento degli organismi internazionali in casi interni del Messico sia un'intromissione inaccettabile. Ma si deve ricordare che quelle leggi internazionali e l'azione delle sue agenzie sono parte della legislazione messicana. Sono impegni fatti propri". [4]
La funzione della notizia commissionata generò in principio una speranza in più tra le molte che sono sorte in questa ricerca della verità e della giustizia, le organizzazioni e famiglie pregano perchè non costituisca più un fallimento, e motivo di nuove disperazioni che accrescano la sfiducia a tutto quello che si intraprende da parte del governo. Tuttavia, non è la soluzione unica all'enorme insieme di problemi che sono diventati come un groviglio immenso difficile da disfare, date le facoltà tanto limitate che gli hanno concesso.
Un'altra delle stime che faremmo alla nomina, non alla persona, è che è le spetta l'uscita dal governo messicano davanti alle severe critiche internazionali.
D'altra parte, quando Guadalupe Morfín dichiara che i crimini si devono alla decomposizione del tessuto sociale, dubitiamo che possa imputarsi alla società un problema di questa natura quando si sta tanto vicino alla verità e si menzionano nomi di gente che può apportare dati importanti circa le ipotesi assassine, e si conoscono i possibili moventi degli assassini.
Per ciò, benché le autorità federali implementassero con molto rumore un piano integrale di sicurezza, sappiamo che in nessun modo garantirà la vita alle donne che vivono in Ciudad Juárez e che stanno nello stesso rischio di essere vittime di queste tragedie, perché questo è prodotto dell'impunità, e l'impunità non si risolve precisamente con azioni preventive o punitive: spetta all'apparato di procura ed amministrazione di giustizia attaccarla.
Di fronte alle forme errate del governo di concepire il femmicidio e le soluzioni a questa crescente problematica, sorgono le relazioni dalla Commissione Interamericana di Diritti umani, di Amnesty International, dell'Organizzazione di Stati Americani e della Commissione Nazionale di Diritti umani messicana, basate tutte su investigazioni attraverso le attestazioni delle famiglie e delle parti incluse in una possibile soluzione, ed al momento di fare conoscere dette relazioni il governo ha risposto con le più aberranti squalifiche, le stesse che perfino ha fatto pubblicare in certe occasioni pagando i mezzi d’informazione grandi somme di denaro per la pubblicazione.
Il governo dello Stato di Chihuahua, qualificò la relazione di Amnesty International come '' parziale, travisata, distorta e tendenziosa ''forse perché vi si denunciano errori e negligenze del sistema giudiziario messicano e si accusano i governanti ed autorità di tollerare questi crimini, ed alle autorità statali e municipali di frustrare le famiglie delle vittime e contemplare gli assassini con indifferenza. Anche detta squalifica verso la relazione di Amnesty International contiene una critica di questa natura perché" denigra legittimamente Chihuahua e le sue autorità costituite." Ed insiste il governo nel minimizzare o negare la problematica dicendo che la maggioranza dei crimini sono risolti o facendo classificazioni con la chiara intenzione di trivializzare e minimizzare il problema.
Di lì la sfiducia delle famiglie ed organizzazioni di vedere risolti i casi, per ciò hanno intrapreso una ricerca della giustizia attraverso le azioni nell'ambito internazionale, e hanno puntato sulla pressione della società ed i governi altrui per riuscire a muovere le strutture del loro proprio paese, al fine di recuperare con dignità i diritti di cui sono stati spogliati dallo stesso momento in cui furono sconvolte le vite delle loro giovani figlie, e sradicare le cause di tante morti assurde, facendo di Ciudad Juárez uno stato di diritto dove si transiti liberamente, dove questa accanita lotta in onore delle donne assassinate e scomparse nello stato di Chihuahua, in Messico, serva affinché questo dolore non l'arrivi a sentire nessuna altra madre, e porre fine a questi spaventosi crimini che oltre a causare un tremendo dolore alle loro famiglie e la comunità intera, le loro ripetizioni hanno trasformato la nostra società, limitando lo sviluppo delle donne, in una città dove la paura ha provocato che centinaia di esse rimangano nelle loro case senza lavoro e senza studio, davanti all'enorme rischio che rappresenta uscire per strada.

[1] cofondatrice di" le Nostre Figlie di Ritorno a Casa", associazione civile formata da familiari ed amici di donne assassinate e scomparse in Ciudad Juárez, fu maestra di Lilia Alejandra García Andrade, giovane di 17 anni di età assassinata nel febbraio di 2001.
[2] Segato, Rita, I Principi della Violenza, Segato, di origine argentina, oltre che accademica nell'Università di Brasilia, è Direttrice di Progetti dell'Organizzazione non governativa brasiliana AGENDE, Acções em Genere, Cittadinanza e Desenvolvimento, per le sue sigle in portoghese,
[3] Isabel Vericat, avvocato e consigliere della Nostra organizzazione Figlie di Ritorno a Casa, direttrice dell'ONG Epikeia, giustizia con equità, esperta in meccanismi internazionali di giustizia.
[4] Gilberto Angolo Gagliardo, giornale Riforma, 17 maggio di 2003.


Gioco pulito
Carmen de Paz *

Nell'industria di vestiti e calzature sportive, le donne lavorano fino a 16 ore per giorno.
Gioca pulito nelle Olimpiadi è una campagna di denuncia della situazione di sfruttamento e di schiavitú lavorativa che affligge migliaia di lavoratrici e lavoratori del Terzo Mondo che confezionano vestiti e materiale sportivo. La campagna durerà fino ad agosto del 2004, data in cui si realizzeranno i Giochi Olimpici ad Atene.
La campagna Gioca pulito nelle Olimpiadi, che si estenderà per più di 20 paesi, ha come oggetto informare e denunciare le brutte condizioni lavorative di milioni di lavoratori e lavoratrici in tutto il mondo, dall'Asia fino all'America Centrale passando per l'Europa Orientale ed Africa. I paesi più colpiti da questa situazione sono Bulgaria, Cambogia, Tailandia, Cina, Indonesia e Turchia.
Questa campagna è organizzata dalla Confederazione Internazionale di Organizzazioni Sindacali Libere (CIOSL), Campagna Vestiti Puliti ed Oxfam Internazionale, che hanno iniziato un piano di lavoro internazionale che durerà fino ad agosto prossimo, data di realizzazione dei Giochi Olimpici ad Atene.

Usi ed abusi

Il mercato mondiale di vestiti e calzature sportive ha prodotto durante il 2002 più di 58 mila milioni di dollari, benché la forte competenza tra le marche obblighi al taglio graduale dei prezzi di questi prodotti, organizzandosi un complicato sistema internazionale di fornitori e subappalti che hanno come fine la riduzione di costi ed il calo di prezzi.
Le persone contrattate per questo commercio sono, con troppa frequenza, vittime di abusi e sfruttamento. Devono realizzare prestazioni fino a 16 ore giornaliere per 6 giorni alla settimana e, dati i loro bassi salari legati al" cottimo", se non hanno finito la loro quota giornaliera di lavoro, sono obbligate a fare ore straordinari senza ricevere una rimunerazione per ciò.
I loro contratti, quando esistono, non rispettano le leggi lavorative e sono quasi sempre temporanei e di breve durata. Le punizioni corporali, abusi fisici e verbali sono all'ordine del giorno. Non hanno la protezione lavorativa basilare. Possono essere licenziate senza compenso alcuno e normalmente sono escluse dai sistemi di protezione sociale, tali come la pensione o il compenso economico in caso di incidente sul lavoro.

Sindacati proibiti

Non hanno nemmeno il diritto di affiliarsi o ad organizzarsi in sindacati, sotto minaccia di sanzioni o licenziamenti, per cui è impossibile la negoziazione collettiva con le imprese. Nemmeno è facile tentarla, poiché normalmente non esiste un impresario identificabile o legittimo col quale si possa negoziare. Ogni volta con maggiore frequenza, i vestiti e le calzature sportive si fabbricano in zone franche industriali, dove i sindacati sono semplicemente proibiti.
Il collettivo di lavoratrici si trasforma in uno dei più vulnerabili ed è esposto con maggiore intensità a situazioni di abusi d oppressione sessuale e morale. Oltre al doppio carico che suppone il lavoro nella casa e l'attenzione ai figli ed agli anziani, devono affrontare lavori ancora peggio rimunerati che quelli dei loro compagni maschi ed ai quali non possono rinunciare, poiché il salario che apportano al loro gruppo familiare è molte volte l'unica risorsa economica su cui contano.
"Lavoravamo dalle7 della mattina fino alle 4 della mattina seguente per risolvere una domanda. Allora ci lasciavano andare a casa ma dovevamo ritornare alle 11 e lavorare fino alle 10 della notte"," I capi molestano sempre le ragazze belle e le minacciano col licenziamento se non accettano di avere relazioni sessuali"," non ho nessun tipo di sicurezza lavorativa", queste e molte altre sono le testimonianze di alcune lavoratrici che si riconoscono nella relazione elaborata per la campagna Gioca pulito nelle Olimpiadi.
Alcuni imprese, come Adidas, Nike, Reebook e Puma, contano già su Codici di Condotta coi quali cercano di proteggere le persone che lavorano per esse. Ma questi sono ignorati dai fornitori, pressati per compiere le domande in minor tempo e con maggiore qualità al minore costo, cosa incompatibile coi Codici di Condotta e col diritto ad organizzarsi sindacalmente.
La campagna Gioca pulito nelle Olimpiadi vuole che il cittadino medio conosca la situazione di milioni di lavoratori, in maggioranza donne che lavorano fabbricando, impacchettando e distribuendo vestiti sportivi in condizioni di autentica schiavitú nel secolo XXI.
Pretende anche di sollecitare le compagnie chiave di questa industria (Fila, Puma, Asics, New Balance, Umbro, Adito, Nike e Reebook), a lavorare congiuntamente, a livello settoriale, nello sviluppo di un programma di miglioramento nelle condizioni lavorative, nell'ultimo anello della catena di produzione, se possibile prima delle Olimpiadi di Atene di agosto 2004, e che deve produrre risultati concreti prima di Beijing 2008.
D'altra parte, cerca che il Comitato Olimpico Internazionale, COI, si comprometta, pubblicamente, ad intraprendere azioni nella sua stessa catena di acquisti a fornitori in vista delle Olimpiadi di Bejing 2008, e che i governi discutano misure concrete ed effettive per proteggere e promuovere le condizioni lavorative in tutta la catena di produzione dell'industria sportiva.
Speriamo che nell’agosto del 2004, mentre godiamo dello spettacolo delle Olimpiadi dove si batteranno records sportivi, e porteranno atleti sul podio, si abbia tutti consapevolezza di questa situazione tanto disperata per milioni di lavoratori e lavoratrici in molti paesi e tra tutti e tutte si sia ottenuto, almeno, l’impegno da parte di impresari e governi della soluzione completa a Beijing 2008.

* Carmen de Paz fa parte della squadra della Segreteria Confederale della Donna di Commissioni Operaie, Spagna.
Fonte: Rivista”Trabajadoras" numero 11, aprile di 2004, Mujereshoy.


Donne irachene sotto l'occupazione

Vittime di atroci torture, le donne irachene imprigionate sono utilizzate come oggetti per rompere l'onore della società irachena attraverso innumerabili violazioni all'integrità fisica, psichica e morale. Questo è un breve riassunto dello studio realizzato da Eman, Jamas direttrice del" Centro dell'Osservatorio dell'Occupazione" che opera a Baghdad dopo l'invasione anglo - statunitense.
(Mujereshoy), Nella sua relazione Eman Jamas sottolinea la quantità di ostacoli psicologici, sociali e culturali affinché le donne irachene parlino apertamente di quello che è successo loro dentro le prigioni dell'occupazione.
Il valore dell'onore, dice Jamas, è il più sacro di tutti in Iraq, perfino più che la vita stessa ed in questo contesto culturale, risulta molto complesso che le donne vittime di violazioni e torture, descrivano e denuncino apertamente questi fatti.
Tutte rifiutano di fornire i loro dati personali, ancor più davanti a fotografi o registrazioni di qualunque tipo, benché siano di forma nascosta.
La paura di rappresaglie, al ritorno alla prigione, è un argomento che almeno circa 4 donne già liberate, confessarono ai professionisti del Centro dell'Osservatorio dell'Occupazione.
In realtà, l'organismo iracheno ha raccolto testimonianze di uomini scarcerati che hanno dovuto firmare insolite lettere di compromesso coi militari invasori, dove promettono una lunga lista di cose che limitano la loro libertà personale. Tra esse, non parlare.
Ma inoltre, menzionare la molestia sessuale o qualunque altra situazione che comprometta direttamente l'onore, è una mancanza troppo grave e come sottolinea la stessa Eman Jamas: “Qualunque donna o uomo preferirebbe morire prima di compromettere la reputazione della sua famiglia."
D'altra parte, tanto gli uomini come le donne vittime di violazioni ai diritti umani nelle prigioni irachene, hanno perso la fiducia nei mezzi di comunicazione, e la maggioranza è spaventata dai servizi di intelligenza statunitensi o rassegnata alla profonda umiliazione che significa, nel contesto arabo ed islamico, avere perso la dignità e l'onore.
Al rispetto, la relazione indica": Di tutte le storie narrate, e di molti altre, spicca ovviamente che le donne irachene stanno venendo usate come oggetti e strumenti di violazioni. Si usano contro gli uomini."
"Utilizzare il valore dell'onore nel suo contesto arabo ed islamico per romperlo significa che attraverso questi abusi si pretende di rompere la struttura psicologica e culturale della società irachena. Gli abusi si stanno usando per rompere l'immagine che le stesse irachene hanno di se stesse, l'immagine che hanno le donne nella società e quella che hanno di loro stesse."

Le detenzioni

Il Centro dell'Osservatorio dell'Occupazione di Baghdad aveva visitato già la prigione di Rusafa il 19 dicembre 2003. In quell'opportunità, c'erano 13 donne nella categoria di interni come le autorità dell'occupazione chiamano i carcerati politici fermati presumibilente vincolati in qualche forma alla resistenza.
La detenzione di donne come ostaggi o il meccanismo di pressare gli uomini mediante le loro donne, costituiscono un affronto singolare per la società irachena. Le donne si sono trasformate per le truppe occupanti e per i servizi di intelligenza, in un oggetto ed uno strumento di violazione, contrariamente a quello che il discorso di Bush propugna davanti alla comunità internazionale circa il fatto che gli USA ha occupato l'Iraq per liberare le donne irachene come parte della sua missione.
Nel suo programma elettorale Bush conferma questo atteggiamento di opporsi ad ogni discriminazione contro le donne, quando dice, per esempio, che picchiare una donna incinta costituisce una violazione dei diritti delle donne e dei bambini.
Secondo testimoni della prigione di Abu Ghraib, ci sono state donne che hanno dato alla luce i loro bebè dentro la prigione dell'occupazione. Furono fermate quando erano incinte. Una detenuta alla periferia di Kirkuk aveva dato alla luce un bebè 18 giorni prima e stava allattandolo. Un soldato statunitense prese il bebè, lo diede alla nonna e si portò via a strattoni la madre mentre il latte si spargeva per i suoi vestiti.
Gli Informatori maliziosi, sono stati una fonte attraverso la quale molti uomini e donne sono imprigionati. Per esempio, una donna fu fermata perché una sorella schizofrenica diede informazioni contro di lei, contro suo marito e contro il figlio di ambedue.

Le detenzioni continuano

Eman Jamas commenta, inoltre, che alcune prigioniere sono state scarcerate ma che le detenzioni di donne non sono cessate.
In realtà, afferma Jamas che si sono incrementate in posti come Abu Ghraib. La campagna di detenzioni incluse abitanti dell'area di Falluja. Si sono mantenut le perquisizioni nelle case e si sono trattenute donne di tutte le età.
Un carcerato intervistato dai/lle professionisti del Centro, informò che aveva visto una donna anziana molto vecchia, di più di 80 anni, camminando per la prigione di Abu Ghraib con un bastone.
Ma inoltre, il Centro dell'Osservatorio intervistò già e documentò il caso di una bambina di dodici anni che fu fermata con le sue due sorelle di 19 e 21 anni di età e con sua madre, di 50 anni, nel centro di detenzione dell'aeroporto [internazionale] di Baghdad il passato mese di dicembre.
Recentemente, il Centro ha sostenuto nuove interviste con donne imprigionate e con molti carcerati, dei quali la maggioranza si rifiutò di parlare apertamente. Alcuni lo fecero in condizione di anonimato. Chiesero che i dettagli di data e posto della detenzione o di ritorno in libertà non fossero menzionati per paura di essere riconosciuti dalle autorità di occupazione.

Fonte: CSCAweb.




I micromachismi
Susi Pola

Il micromachismo è un ampio ventaglio di manovre che gli uomini realizzano per cercare di mantenere il dominio sulla donna oggetto della sua manovra, o per riaffermare o recuperare detto dominio davanti ad una donna che si ribella" ad occupare" il suo posto." Susi Pola ci racconta quello che un esperto dice al riguardo.
Il medico spagnolo Luis Bonino Méndez, specialista in mascolinità, chiama micromachismo le pratiche di dominazione maschile quotidiane ed impercettibili che si danno nell'ordine del “micro." Include nel neologismo la parola" machismo", perché allude nel linguaggio popolare ad una connotazione negativa dei comportamenti di minusvalutazione verso la donna che è quello che egli tenta di rilevare col termine.
Il micromachismo è un ampio ventaglio di manovre interpersonali che realizzano gli uomini per cercare di mantenere il dominio sul donna oggetto della sua manovra; riaffermare o recuperare detto dominio davanti ad una donna che si ribella" ad occupare" il suo posto" nel vincolo intergenérico e resistere all'aumento di potere della donna con cui si vincola.
Sono microabusi e minicroviolenze che attentano all'autonomia personale della donna, attraverso i quali gli uomini impongono senza consenso il loro punto di vista o ragione, atteggiamento imparato a memoria nella loro socializzazione, in maniera effettiva perché hanno come alleati ed obliteratori l'ordine sociale e la cultura che concede il monopolio della ragione, del potere sociale e morale, sulla compagna.
Nel suo lavoro, Bonino dice che l'esecuzione di questi micromachismi offre" vantaggi", alcuni a breve, altri a lungo termine per gli uomini, ma esercitano effetti dannosi sulle donne, le relazioni familiari ed in loro stesse, mentre rimangono invischiati in modi di relazione che convertono la donna in avversario, ostacolano il vincolo con una compagna e non assicurano l'affetto, poiché il dominio ed il controllo di successo garantiscono solo obbedienza e generano risentimenti.
Per meglio evidenziare queste pratiche, lo specialista spagnolo li classifica in tre categorie: i micromachismi coercitivi, o diretti, quelli coperti, di controllo nascosto o indiretto, e quelli di crisi, che descrive nella seguente maniera:
Nei" coercitivi", l'uomo usa la forza morale, psichica, economica o della propria personalità, per cercare di piegare e/o annullare la donna, togliendole ogni ragione. Come esempio, l'intimidazione, presa repentina del comando, appello all'argomento" logico" del suo potere, oppressione della vittima, insistenza abusiva, controllo del denaro, uso espansivo dello spazio fisico, tra altri.
Nei micromachismi " coperti", l'uomo occulta il suo obiettivo di dominio ed a partire da manovre sottili che passano inosservate, ostacolano il pensiero e l'azione efficace della donna, portandola a fare quello che non vuole e conducendola nella direzione scelta dall'uomo; hanno tutte le caratteristiche di quello che la psicoanalisi chiama" meccanismi psicopatici." Come esempio, le ingiunzioni abusive subdole; manovre di sfruttamento emozionale; colpevolizzazione del piacere che la donna sente; l’imbronciarsi; accusa di colpe e manovre di esautorazione, tra altre.
I micromachismi di" crisi", normalmente si usano in momenti di squilibrio nello stabile sbilanciamento di potere nelle relazioni, come aumento del potere personale della donna per cambiamenti nella sua vita o perdita del potere dell'uomo per ragioni fisiche o lavorative. L'uomo, sentendosi danneggiato, può utilizzare queste manovre o utilizzare quelle precedentemente definite, aumentando la loro quantità o la loro intensità col fine di ristabilire lo status quo.
Finalmente, il dottoreBonino M. dice di essere convinto che l'affrontare la violenza maschile non può incentrarsi solo nelle sue forme estreme, ma deve includere i micromachismi, altrimenti, la mascolinità si manterrà pericolosamente violenta.
(Le informazioni sono state prese dalla prova del dottor Luis Bonino," Micromachismos. La violenza invisibile nel compagno", della pagina web" Uomini per l'Uguaglianza".)
(susipola@hotmail.com)



"Noi donne non abbiamo avuto la parola"

La filosofa argentina Diana Maffía riassume così la sua magistrale relazione nel seminario Genere e linguaggio sessista, realizzato nel municipio di Rosario, Argentina. L'esperta si è dilungata sul pericoloso sessismo semantico delle parole più che nella mera sintassi. A dimostrazione, un esempio: la connotazione maschile di" volpe" sta molto lontano dalla sua versione femminile. Vale la pena domandarsi perché.
(Mujereshoy) Il linguaggio crea realtà. Non c'è discussione e Diana Maffía lo sa molto bene. La filosofa argentina. che fu Difensore del Paese Adjunta di Buenos Aires. Ha messo in chiaro durante la sua relazione che oltre al luogo comune del" sessismo nel linguaggio", la discussione deve orientarsi verso le relazioni di potere che generano le parole ed il mondo del linguaggio.
Ed in quel senso, fu tagliente": la Reale Accademia Spagnola è una specie di tribunale dell'inquisizione della lingua", segnalò l'esperta nel Seminario" Genere e linguaggio sessista" che fa parte del Ciclo di Attività Culturali organizzate in relazione con il III Congresso della Lingua Spagnola.
Maffía disse che durante la storia, in ambiti costruzioni sociali come la chiesa, la scienza, la storia, la filosofia ed il diritto," gli uomini si enunciano ma noi donne siamo dette, non siamo soggetti di enunciazione." E per ritornare su questa realtà, "non basterebbe impadronirsi del linguaggio" o delle parole, per esempio forzando il vocabolo per" femminilizzarlo" come molte volte si è posto in discussione su ruoli di potere": Generale o Generalessa."
Per Maffía, il tema è molto più complesso perché rappresenta una costruzione sociale storica, in una certa forma, qualcosa come il riflesso linguistico delle società. Per quel motivo, la filosofa considerò che bisognerebbe andare" oltre la questione del sessismo, per stabilire alleanze con altri gruppi vulnerabili. Ci sono uomini che rimangono fuori di quell'uomo egemonico che è soggetto della lingua", affermò alludendo al concetto di androcentrismo.
Fece anche una genealogia dagli uomini che si appropriarono del discorso dall'origine della società occidentale. Non erano solo uomini, ma anche proprietari, bianchi e capaci. "Il linguaggio è un attrezzo sommamente mascolinizzato perché noi donne non abbiamo avuto la parola. E è pertinente considerare il linguaggio come un posto che esprime, costruisce e rinforza relazioni di potere", aggiunse.
Per ciò, non basta con solo cercare di impadronirsi della parola perché" si ottiene da istituzioni misogine", affermò, per analizzare il funzionamento di questa gerarchia in tre dimensioni, dove la semantica e la sintassi sono fondamentali.
A giudizio della filosofa argentina, la lingua spagnola ha un lato sessista particolarmente facile da scoprire, ma difficile da sradicare. Per ciò, disse, non basta neutralizzare la cosa maschile attraverso la sintassi che non è minore perché" una donna non sa mai se è compresa o no quando si parla al maschile. Da quel sistematico spostamento, gli uomini si vedono liberati."
Maffía è andata più in là indicando che anche il linguaggio, nella sua dimensione semantica, fa professione di fede maschile. "Questo aspetto è importante, perché lì si stabilisce in realtà la relazione che è basilare per analizzare il tema dell'autorità ed il potere."
In questa dimensione, percorse i sensi differenti che le stesse parole hanno al femminile e maschile. Uomo e donna pubblica, volpe e volpe (zorro y zorra nell’originale, NdT) furono alcuni dei termini enunciati, sempre in un contesto storico che permise a molte donne di centri comunitari ed organizzazioni sociali della città di concettualizzare una sensazione ben conosciuta: perché il ruolo del femminile è tanto imbastardito, non solo nel linguaggio.
"Il discorso non è innocente, occulta i vincoli di potere", affermò la filosofa, che analizzò così come la violenza domestica fu ridotta a terreno del privato, poiché le donne furono confinate per secoli in quello spazio, prenotandosi il pubblico per gli uomini.

Linguaggio pragmatico e potente.
Un altro degli aspetti più importanti che analizzò la dottoressa in filosofia, integrante dell'Istituto Interdisciplinare di Genere dell'Università di Buenos Aires (UBA), fu il funzionamento pragmatico del linguaggio.
E è giustamente per i sensi che costruisce il linguaggio che Maffía considera fondamentale spingere una politica del linguaggio per intervenire nella realtà che il discorso costruisce.
In quella linea rivendicò il concetto di genere, perché" permise di riunire sintomi dispersi per dar loro un significato. Quella categoria 30 anni fa non poteva essere usata perché "non esisteva." Ma appropriarsi della parola e del suo senso -politica conosciuta mangia naming- apre nuove possibilità come nel caso in questione.
E lì attaccò contro la Reale Accademia Spagnola, perché per molto tempo ha ignorato il termine genere e lo ha svalutato domandando se si trattava di tele. Ma la parola genere era appropriata ed oggi è piena di significati e contenuti.
Per la filosofa, parlare di genere e linguaggio sessista non è un tema banale, bensì tutto il contrario. "Credo che la dignità sia una necessità basilare che è insoddisfatta in molta gente. Nonostante si abbiano esperienze molto plurali, qualcosa che ha a che vedere col modo in cui non ci sentiamo comprese è persistente e ci genera un'inquietudine personale ma anche politica. È qualcosa che colpisce tutta la vita di tutte le donne. Il linguaggio è il mezzo in cui ci umanizziamo ed in cui ci includiamo in una cultura."

Fonte: Rosario 12, supplemento locale del periodico Pagina 12 / Rete Informativa di Donne Argentina. RIMA.


Una corte con giustizia di genere
Soledad Ortega N, Donne Oggi

Questo mese, tre ONG hanno iniziato in Cile ed Ecuador una campagna per il rinvigorimento della Corte Penale Internazionale (CPI), tribunale che giudi

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