da reporterassociati
Asia: In 5 milioni senza acqua né cibo di redazione 02 Jan 2005 Un uomo con il suo bambino tra le macerie di Hambantota nello Sri Lanka. Non hanno più nulla, se non pochi stracci ancora addosso. Si aggirano disperati negli scheletri deserti delle loro città, ombre sventrate dal demone del mare. L'esercito dei dannati, risparmiati dall'onda assassina, ha bisogno di tutto. Di acqua, di cibo, di medicine, di coperte e vestiti, del minimo indispensabile per poter sopravvivere. L'Onu ha stimato in queste ore oltre 5 milioni di persone questa immensa e sterminata folla di disperati che non hanno più nulla. E in agguato, il rischio di contrarre le malattie trasmesse dall’acqua stessa, come la febbre tifoide, il colera, la leptospirosi e l'epatite A, o quelle veicolate da insetti, come la malaria, la dengue, febbri emorragiche, febbre gialla e febbre del Nilo. (Foto AP)
L'acqua può contribuire ad aumentare il rischio delle infezioni, soprattutto quando ci siano spostamenti di masse o vengano contaminate le sorgenti dell'acqua potabile. In queste occasioni c'è infatti un incremento delle malattie provocate dal contatto diretto con l'acqua inquinata, come le ferite da infezione, dermatiti, congiuntiviti e infezioni a naso, orecchie e gola, mentre l'unica epidemia che può essere provocata dal contatto diretto con l'acqua è la leptospirosi.
Si tratta di una malattia veicolata dalle urine dei topi e che si contrae quando pelle e mucose vengono a contatto con acqua, piante e melma contaminate dalle urine dei roditori. L'acqua può aumentare indirettamente anche il rischio di malattie veicolate da insetti. L'acqua stagnante può agire infatti da bacino di riproduzione delle zanzare portatrici di malaria, dengue, e febbre del Nilo. Normalmente prima che scoppi l'epidemia trascorre un intervallo di 6-8 settimane.
Contrariamente a quel che si pensa, non ci sono prove dal legame tra epidemie nelle catastrofi naturali e cadaveri. Molti degli agenti patogeni non sopravvivono a lungo nel corpo umano dopo la morte, tranne che nel caso del virus dell'Aids che può sopravvivere fino a sei giorni. I cadaveri possono essere una fonte di rischio solo in alcuni casi specifici, come quelli di persone morte per colera o febbre emorragica.
A quattro giorni dal terremoto e dalla catena di maremoti che hanno sconvolto il sud-est asiatico, il bilancio si fa sempre più apocalittico e rischia anzi di aggravarsi: siamo ormai a più di 125 mila morti ma il loro numero potrebbe salire a 400 mila per la sola Indonesia.
Dalla Thailandia ieri è arrivata una notizia pesante: gli stranieri rimasti uccisi nei suoi paradisi di vacanze sarebbero 2230. E il pessimismo è confermato da Stoccolma, dove il governo ha ammesso che i 1.000 svedesi dati per dispersi sono probabilmente tutti morti. In tutto il mondo continua la gara di solidarietà ma gli aiuti, che cominciano a giungere a destinazione, sono distribuiti con difficoltà.
L'Indonesia è paese più colpito dalla catastrofe ed epicentro del sisma, il numero dei morti è praticamente raddoppiato nelle ultime 24 ore: da 45 mila si è passati a 80 mila. L'ambasciatore di Giakarta in Malesia, H. Rusdihardjo, ha addirittura detto di temere che si arrivi a 400 mila per la sola Indonesia. Per la sua prossimità all'epicentro, la zona più devastata è la provincia di Aceh, sull'isola di Sumatra.
Nella sola città di Meulaboh, a 150 chilometri dall'epicentro, si teme che 40 mila dei 120 mila abitanti siano morti.
(Toronto, grazie alla redazione de "Il Corriere Canadese") redazione@reporterassociati.org
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