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La strada per Jenin (9/8/02)
by Manuel Molotov Sunday, Aug. 11, 2002 at 1:05 AM mail:

Come siamo arrivatoi a Jenin dopo 8 ore di un viaggio surreale

E` il nove agosto 2002. Dopo una lunga giornata di viaggio tra Gerusalemme Est, Qalquilia, Nablus e una miriade di piccoli villaggi sparsi tra queste grandi citta` dei Territori occupati, ci troviamo a Jenin. Il viaggio, che in condizioini normali durerebbe 2 ore, ci ha tenuti occupati dalle 10 di mattina alle 6 di sera. I problemi sono iniziati alla partenza, con la difficolta` di trovare a Gerusalemme, uno sharuth o un taxi disposto a portarci a Jenin, a meno di spendere l`assurda e proibitiva cifra di 50 $ a testa. Riusciamo finalmente a trovare un passaggio sino al primo posto di blocco, appena fuori Gerusalemme. In dieci minuti dobbiamo cambiare taxi, per poterci recare al check point di Qualquilia, alle porte di Ramallah, dove svoltiamo in direzione Nablus, senza attraversarlo. Scendiamo e cerchiamo un altra macchina, ma dobbiamo aspettare piu` di mezz`ora perche` si riempia e il tassista si decida ad ingranare. A diversi chilometri da Nablus il nostro autista esce improvvisamente di strada e inizia un percorso sterrato micidiale, per i passeggeri e per l`autovettura. La strada asfaltata di li in poi e` riservata a soldati e coloni. Il paesaggio deserto e pietroso si colora di qualche sparuto verde olivo.Aaumentano piu` ci si avvicina alla citta`. Arriviamo a Nablus a piedi dopo una mezz`ora di cammino, perche` al check pointi i soldati, gentilissimi ma un po` sprezzanti, non fanno passare il taxi e i passeggeri palestinesi. I soldati sono nascosti tra le sterpaglie ai lati della strada, e sbucano fuori quando, dopo aver chiamato inutilmente pensiamo che il posto di blocco sia vuoto e ci accingiamo a scavalcare il filo spinato. Breve consultazione via telefono con i superiori. Intanto i nostri compagni di viaggio tentano di fraternizzare col nemico, tramite lo scambio di accendini e sigarette. Il ghiaccio si rompe (poco), qualche battuta ma nulla piu`, sanno tutti che sono e resteranno nemici, che gli uni continuarenno a dettare legge e i secondi a subire. Infatti, in meno di 3 minuti arriva la sentenza del superiore e i palestinesi devono risalire in macchina e affrontare nuovamente la strada sterrata. S. ed io passiamo e ci incamminiamo nella direzione indicataci dai soldati. E` venerdi` e ovviamente non c`e` anima viva in giro. La strada e` lunghissima e piena di polvere bianca, tratto caratteristico e imprescindibile danno di questo paese semidesertico. Incontriamo la prima casa del paese, dove una gentilissima famiglia ci offre una bottiglia di acqua ghiacciata, uno dei numerosi gesti di solidarieta` e scquisita ospitalita` che ci accompagneranno lungo il corso della giornata. L`acqua finisce e presto ci troviamo spaesati a camminare sull`asfalto rovente. Proviamo una diversione e tagliamo per un campo ma un bambinmo ci urla di fermarci e tornare in dietro: ci sono appostati i soldati e sparano su chi passa. Di li a poco troviamo un passaggio su una microscopica macchina stracarica di gente, che ci scarica nelle vicinanze del cimitero dove e` in corso il funerale di due ragazzi (Raed Acmed 22 e Nauman Zalum 28) rimasti vittime dell`ultima incursione alcuni giorni fa. Molta gente e poche bandiere. Scambiamo alcune parole con degli attivisti dell`ISM presenti sul posto. Dopo una rapida occhiata al cimitero, cercando di non disturbare i parenti con alcun tipo di invadenza, ripartiamo alla ricerca di un taxi per Jenin. Ancora mezz`ora persa a girare inutilmente e a chidere a tassisti sorpresi e sconcertati: "Jenin?" Un medico ci spiega che possiamo andare poco fuori dalla citta` al check point in taxi e poi camminare per 5 (piu` o meno) chilometri a piedi. Percorriamo le strade della citta`, ma non riusciamo ad uscire a causa dei profondissimi scassi nel manto stradale, di 2 o piu` metri di larghezza per uno di profondita`. Alcuni sono l`effetto di cariche esplosive piazzate dai soldati. A furia di girare imbrocchiamo la strada e arriviamo al check point dove sostano sotto il sole cocente in attesa di poter passare, i componenti di una numerosissima famiglia palestinese. Quando attraversiamo i check point, la nostra strategia e` che io No Spik Inglisc e parla solo S. cosi` abbiamo meno cose da dire. S. e` sbalorditiva, chiede al soldato perche` lascia passare noi e non la famiglia con numerosi bambini piccoli e visibilmente provati. Interloquisce con lui in maniera tale che quando ce ne andiamo, senza aver ottenuto che i palestinesi possano seguirci, e` rosso di vergogna e non sa che dire.
Parte la marcia sotto il sole delle 3 di pomeriggio, e camminiamo su una strada interrotta ogni trenta metri. Ci siamo solo noi, che arranchiamo versandoci sulla testa acqua, calda perche` la bottiglia ricevuta in dono e` ormai un ricordo. Il centro abitato successivo e` sulle rive di un ruscello, che tra le secche rocce fa fiorire un vero giardino. Ancora soldati al posto di blocco: siamo turisti e andiamo a Jenin. Non sembrano sgamare la storia (o se ne fregano), appaiono sorpresi e ci danno dei matti...ma passiamo. Cento metri avanti la gente esce al nostro passaggio per salutarci: indubbiamente siamo un attrazione. In primis perche` gli stranieri son rari (soldati a parte), ma anche le nostre condizioni sfatte sono discretamente ridicole. Un uomo ci avvicina e senza parlare una parola di inglese ci trascina in casa sua, presentandoci alla famiglia riunita sui materassi in un unica stanza spoglia di tutto. Ci offrono una bevanda fresca e aromatica, poi veniamo trascinati a tavola e mentre la famiglia ci osserva compiaciuta mangiamo quello che probabilmente, vista la miseria della dispensa doveva essere il loro pranzo. Proviamo a rifiutare ma si offendono e allora magiamo sentendoci degli ladri infami, grati della squisita e disinteressata (ma quanto costosa per loro) ospitalita`. L`ultima tappa del viaggio la percorriamo scroccando un infelice passaggio sul didietro scoperto di un camion che trasporta (lo scoprimo una volta saliti) bombole di gas, piene. Lasciamo la strada asfaltata (per soli coloni)e prendiamo una ripidissima mulattiera. I salti del camion minacciano di sbalzarci fuori e ci catapultano addosso le pesanti bombole, ad una delle quali salta la valvola inondandomi di gas e costringendomi ad alzarmi e appoggiarmi al parapetto per respirare perche` mi sento svenire. Un ulteriore buca mi sbalza di due metri fuori dal camion su una roccia dove sbatto rovinosamente una spalla e mi scortico qua e la. Il conducente ci fa salire davanti dove la portiera non si chiude ed io sto male. Ci mettiamo parecchio prima di arrivare alla strada asfaltata, dove fermiamo un taxi e arriviamo a Jenin. Non riusciamo a coordinarci con i compagni che devono venirci a prendere, e li raggiungiamo solo grazie all`aiuto di una rete di tassisti, fruttivendoli e passanti che si arrabattano per capire dove dobbiamo andare e portarci la. Ora siamo in casa di compagni, e` notte e i carri armati sono passati piu` volte sotto le nostre finestre, mentre lontano (neanche tanto) echeggiano raffiche di mitra.
Questo il resoconto di oggi, le riflessioni le lascio a poi, ora non mi sento di rimuginare.

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