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Milano - Troppe baraccopoli, la città non ce la fa più
by dal corriere Tuesday, Mar. 29, 2005 at 11:52 AM mail:

Troppe baraccopoli, la città non ce la fa più.

Sei favelas. Alcune di poche baracche. Altre già simili a piccoli paesi, costruiti con legno e lamiera. Ospitano 6-700 extracomunitari, per lo più rom. E rappresentano l’ultima emergenza per il Comune, che gestisce già con fatica le 6-8 mila persone che occupano le baraccopoli ai margini della città. Una situazione esplosiva, tanto che l’agenzia delle Nazioni Unite per il diritto alla casa ha inviato una lettera alle istituzioni locali. Le richieste: un rapporto sulle condizioni di vita dei nomadi e maggior «impegno nella costruzione di insediamenti abitativi più stabili». La storia delle 6 favelas ha origine da un investimento di Palazzo Marino. Nel 2002 il Comune delibera l’acquisizione di un vasto territorio a ridosso dei confini Sud-Est della città che apparteneva al «Consorzio Po navigabile Milano-Cremona» (ente creato durante il fascismo al fine di realizzare una via d’acqua di comunicazione tra il capoluogo lombardo e il fiume).
Tre milioni e mezzo di metri quadrati che ospitano cascine, campi coltivati, vecchi impianti. Su quel territorio il Comune ha in programma grossi interventi, tra cui la realizzazione del villaggio dello sport. È però solo dopo la definitiva acquisizione (fine 2004) che la polizia locale ha potuto ispezionare la zona, scoprendo le sei favelas che ora si trovano nei confini comunali.
«I problemi di gestione - avverte l’assessore alla Sicurezza, Guido Manca - saranno enormi. La città non ce la fa più a sostenere il peso di questi insediamenti. Le proteste sono continue, gli investimenti già sufficienti per sistemare le situazioni critiche. Ma Milano non può andare oltre, serve una politica di distribuzione sulla Provincia».
A testimonianza di queste difficoltà, c’è una lettera arrivata ai primi di marzo negli uffici di Regione, Provincia, Comune, questura e prefettura. Mittente: l’Advisory group on forced evictions, organismo dell’Onu per la vigilanza su situazioni abitative di crisi. Dopo aver esaminato le denunce raccolte da vari comitati (sullo sgombero del palazzo di via Adda e la situazione nei campi di via Barzaghi e Triboniano), l’agenzia ha chiesto a Palazzo Marino un rapporto dettagliato sulle baraccopoli di Milano. E offerto la disponibilità a compiere una «visita» in caso di invito (l’agenzia non ha facoltà di intervento senza accordo). «Non abbiamo nulla da temere - risponde Manca - con la ristrutturazione del campo di via Triboniano che partirà nelle prossime settimane abbiamo fatto già più del nostro dovere».
L’agenzia Onu chiede anche un maggior «impegno nella costruzione di insediamenti abitativi più stabili per i migranti rom» e che vengano attuate «tutte le misure necessarie al fine di promuovere la loro integrazione nelle comunità locali». Su questo tema il capogruppo della Margherita a Palazzo Marino, Andrea Fanzago, presenterà un’interrogazione in consiglio: «L’Onu chiede conto al Comune - spiega - di situazioni ormai insostenibili, sia per i cittadini, sia per gli abitanti. Purtroppo però in questi anni non si è fatto nulla».
Una spinta potrebbe arrivare dalla Provincia, che in questi mesi sta allacciando rapporti con i sindaci dell’hinterland per una distribuzione più razionale dei nomadi: «Il problema è ormai ingestibile per Milano - conclude l’assessore ai Diritti dei cittadini, Carla Corso - ma bisogna intervenire perché non degeneri verso il territorio circostante. La strada: piccoli insediamenti che offrano reali possibilità di inserimento».

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