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Dichiarazione alla stampa di Moreno Pasquinelli
by Campo Antimperialista Wednesday, Apr. 06, 2005 at 7:27 PM mail:

Un oscuro calunniatore, accompagnato da un illustre avvocato (Carlo Taormina),si è presentato alla Procura di Roma per lanciare accuse assurde quanto gravi nei confronti del Campo Antimperialista. A seguire la dichiarazione di Moreno Pasquinelli, i lanci dell'AGI e l'articolo pubblicato oggi da Repubblica.

Ancora una volta c’e’ lavoro per i nostri avvocati.
Entro un paio di giorni essi sporgeranno infatti querela per calunnia contro tal Gianluca Preite per le affermazione da egli rese ai Pm romani e pubblicate oggi da alcuni quotidiani.
Secondo questo stravagante personaggio il Campo Antimperialista, ed io in quanto dirigente, saremmo “dietro” al sequestro della giornalista e compagna Giuliana Sgrena (sic!). Come se non bastasse, a questa accusa farneticante, il Preite ne aggiunge un’altra, davvero esilarante, secondo cui noi avremmo ordinato, dall’Italia, “di sparare contro l'auto su cui viaggiavano la giornalista del Manifesto e il funzionario del Sismi Nicola Calipari” (doppio sic!!).
L’assurdita’ delle accuse non sminuisce la loro gravita’: si cerca con ostinazione di punire e criminalizzare il Campo Antimperialista per la nostra ferma difesa della Resistenza irachena che si va consolidando e da filo da torcere agli occupanti e la quale, come abbiamo puntualmente precisato, non ha nulla a che fare con sequestri e assassini di giornalisti amici e pacifisti. Per quanto riguarda il sequestro delle quattro guardie private italiane e’ infine universalmente noto il nostro impegno, assieme al leader della Resistenza (ora non a caso desaparecido dopo essere stato catturato dagli americani) Jabbar al-Kubaisi, affinche’ il gruppo guerrigliero li rilasciasse in segno di amicizia verso il popolo italiano che era contro l’aggressione angloamericana e non ha mai condiviso la decisione del governo Berlusconi di partecipare all’illegale e criminale occupazione dell’Iraq.

Moreno Pasquinelli
6 aprile 2005

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(AGI) - Roma, 5 apr. - Dietro al sequestro di Giuliana Sgrena ci sarebbero i gruppi antimperialisti. È quanto ha sostenuto Gianluca Preite, il tecnico sentito ieri dai pm della
procura di Roma e indagato per 'accesso abusivo ad un sistema informatico o telematicò per aver intercettato illegalmente, il 4 marzo scorso, una telefonata con voce italiana
che ordinava di sparare contro l'auto su cui viaggiavano la giornalista del Manifesto e il funzionario del Sismi Nicola Calipari. Ai magistrati Preite ha detto di aver estrapolato
dalla rete alcuni documenti che dimostrerebbero il fondamento di tale tesi. Documenti che, però, non sono stati ancora visionati dagli inquirenti che hanno avviato
immediatamente indagini per verificare quanto raccontato dal tecnico.
Gli antimperialisti cui ha fatto riferimento Preite sono quelli che ruotano intorno alla figura di Moreno Pasquinelli, originario di Foligno, arrestato lo scorso anno nell'ambito
dell'operazione di terrorismo internazionale 'Tracià assieme ad Alessia Monteverdi e Maria Grazia Ardizzone (ma poi scarcerati) e con i turchi Er Avni e Zeynep Kenic, presunti
appartenenti al gruppo DHKP-C (Fronte Rivoluzionario di Liberazione del Popolo).
All'indomani del rapimento della giornalista, Pasquinelli, mentre era in corso l'udienza preliminare sui due turchi, aveva dichiarato: «L'azione del sequestro di Giuliana Sgrena
non è addebitabile a formazioni genuine della resistenza irachena; è un'operazione molto sporca e per questo l'abbiamo condannata», aggiungendo che la morte di Calipari non
era dovuta a un errore.
Per quanto riguarda l'attendibilità della versione fornita da Preite, ci sarebbe un elemento - su cui sono in corso approfondimenti dei carabinieri del Ros - che smonterebbe la
sua ricostruzione: la telefonata ascoltata dall'esperto risalirebbe alle 16 circa del 4 marzo quando ancora il rilascio della Sgrena non era avvenuto. (AGI) Pot (Segue) 051654

APR 05 NNN (AGI) - Roma, 5 apr. - Anche i trascorsi di Preite sono al vaglio degli investigatori: ai primi di febbraio di quest'anno era stato denunciato per essersi spacciato per
un capitano della Finanza e per aver tentato di passare anche per agente del Sismi che si trovava a Chieti per espletare indagini riservate. Ma il conto non pagato in un albergo
aveva portato i militari del nucleo di polizia tributaria della Finanza a risalire alla vera identità del ventiseienne, di Casarano (Lecce), residente a Roma. Le accuse formulate
contro di lui erano quelle di contraffazione di pubblici sigilli, sostituzione di persona, false dichiarazioni ed usurpazione di titolo. Nella sua abitazione le Fiamme Gialle, su
decreto di perquisizione del pm di Chieti, Rosangela Di Stefano, avevano sequestrato una divisa della Finanza completa di placche, mostrine e gradi da capitano, altra
oggettistica militare tra cui portatessere con placche distintive del ministero della Difesa e dei carabinieri, oltre a materiale informatico. (AGI) Pot 051654 APR 05 NNN

AGI) - Roma, 5 apr. - Nella memoria depositata da Preite ai pm si afferma, inoltre, che alla base della partecipazione di antagonisti nostrani ci sarebbe stata una
preoccupazione legata al fatto che la Sgrena avrebbe ascoltato alcune conversazioni telefoniche in lingua italiana tenute dai suoi carcerieri con interlocutori da identificare. Una
circostanza, però, che non risulta alla procura e che la giornalista non avrebbe riferito ai magistrati. Ma a chi indaga non sfugge che le informazioni raccolte da Preite siano da
tempo di dominio pubblico. Fu lo stesso leader degli antimperialisti, Moreno Pasquinelli, a divulgare, per esempio, lo scorso anno, il contenuto di una telefonata con Jabbar al
Kubaisi, il quale avrebbe chiesto tre nominativi di pacifisti italiani ai quali consegnare i tre ostaggi, Maurizio Agliana, Umberto Cupertino e Salvatore Stefio, ancora nella mani
degli iracheni. Un'attività, quella di Pasquinelli, nient'affatto clandestina, dunque, e dedicata soltanto agli aderenti al movimento. (AGI) Pot 052028 APR 05 NNN
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MERCOLEDÌ, 06 APRILE 2005

la REPUBBLICA Pagina 31 - Esteri

Aveva raccontato ai giudici una versione dell´agguato

Caso Calipari, non credibile la versione del supertestimone


ROMA - A un mese dalla morte di Nicola Calipari, fa capolino una storia che ha l´odore della disinformazione e promette veleni. Un signore di nome Gianluca Preite, ventisei anni, ingegnere informatico di Casarano (Lecce), bussa alla porta della Procura di Roma accompagnato dal suo avvocato Carlo Taormina. L´uomo sostiene di essere minacciato di morte, di aver lavorato per il Sismi da cui è stato "scaricato", e ripropone il canovaccio di una vecchia storia, già affacciata e smentita dai fatti nei giorni del sequestro dei body guard Agliana, Stefio, Cupertino e Quattrocchi. Sostiene che la regia dei sequestri di italiani in Iraq andrebbe cercata nell´intreccio complice tra gli "antimperialisti" di Moreno Pasquinelli (arrestato a Foligno lo scorso anno perché accusato di legami opachi con sigle dell´eversione turca), gli uomini della resistenza irachena e uno dei suoi terminali, Jabbar Al Kubaissi. L´ingegnere fa qualcosa di più. Sostiene che Giuliana Sgrena doveva morire perché involontaria testimone della prova di questo intreccio. Avrebbe ascoltato - dice - una telefonata in lingua italiana tra i suoi carcerieri e ignoti interlocutori. A sostegno di quanto racconta, consegna quindi ai pubblici ministeri che lo ascoltano (Ionta, Saviotti, Amelio) un supporto informatico in cui sostiene di aver copiato la registrazione di una telefonata "catturata" sul web il 4 marzo scorso (il giorno della morte di Calipari), in cui si ascolterebbe un italiano dare al suo ignoto interlocutore l´ordine di far fuoco sulla Toyota di Sgrena e Calipari.
I pubblici ministeri accertano che Preite «ha avuto contatti o comunque ha tentato di accreditarsi con il Sismi», dispongono quindi un controllo sul supporto informatico che ha consegnato e verificano che il "file" della telefonata non è leggibile. Scoprono che l´ingegnere ha dei precedenti, perché agli inizi del febbraio scorso, la procura di Chieti lo ha messo sotto inchiesta. Accertano che, in quell´inchiesta, Preite è finito per non aver pagato un conto di albergo e che nella sua abitazione, è stata trovata, una uniforme della finanza e un badge contraffatto del Sismi. I pubblici ministeri di Roma si convincono che Preite sia il terminale di una operazione di disinformazione e lo iscrivono al registro degli indagati per «accesso abusivo al sistema informatico». Si chiedono e chiedono: «Chi manda Preite? Perché viene a raccontare questa storia?».
Sollecitato, l´avvocato Taormina appare sicuro del fatto del suo cliente. Lascia scivolare una circostanza e si fa minaccioso. «Chi è il mio assistito? Agiva per ordine delle istituzioni, era pagato ed era stato armato. Guardate le immagini tv del ritorno a Ciampino delle due Simone il giorno della liberazione. Era lì, sotto lo scaletta dell´aereo ad accoglierle, con lo staff militare. Chi vuole mestare, questa volta, stia attento».
(c.b.)

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