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El Trotador | ||
by IMC Italy Sunday, Sep. 01, 2002 at 1:09 PM | mail: | |
Da Pagina12 La storia segreta del poliziotto che ha ucciso tre giovani a Floresta. L'assassino era il famoso "trotador" Juan de dios Velatzqui, il sergente che due settimane fa uccise tre giovani in una stazione di servizio, è stato durante la dittatura protagonista sulle pagine dei giornali: arrestò 49 tifosi della Nueva Chicago perché cantavano un inno peronista e li face "trottare" come cavalli per diversi isolati. Lo soprannominarono "el trotador". Di Carlos Rodrìguez L'episodio, accaduto durante gli ultimi anni della dittatura militare, rimase impresso sui giornali come una prova effettiva dell'autoritarismo regnante, che quasi non tollerava neanche le espressioni più naturali del folclore politico. "49 arresti nello stadio per aver intonato un inno peronista", è stato il titolo dell'articolo pubblicato dal Clarín, il 25 ottobre del 1981. Con il suo stile particolare, Crònica trovò subito il soprannome adatto per il poliziotto protagonista dell'operazione: lo battezzò "el trotador", perché i fermati furono obbligarti a trottare, fino al commissariato più vicino, nonostante dovessero mantenere le mani sulla nuca, come in caserma. Oggi non ricorre nessun anniversario dell'accaduto. Il motivo che ci spinge a ricordare il fatto, ha a che fare con il protagonista del sopruso ai danni dei tifosi del club Nueva Chicago: el trotador non era altro che il sergente della Prima Cavalleria Juan de Dios Velazqui, lo stesso che due settimane fa ha assassinato tre ragazzi nel quartiere porteño di Floresta. L'atto contro la libertà di espressione avvenne il 24 ottobre 1981, sul campo del Nueva Chicago, nel quartiere di Mataderos, una notte in cui la squadra locale aveva battuto i Defensores de Belgrano. Le cronache dei giornali hanno parlato di "un episodio inconsueto" che si è verificato quando la squadra locale vinceva ormai agevolmente e la tifoseria era in festa, peraltro senza provocare incidenti. Il problema fu che tra i classici "dale campeòn" e "Chicago corazòn", parte del pubblico intonò la marcia peronista, qualcosa di imperdonabile in questi tempi di rigorosa censura politica. I cronisti sportivi, in tribuna stampa non hanno assistito ad alcun incidente, e quando cominciarono i fermi la parte del pubblico di casa in festa richiese il rilascio immediato dei loro amici. Alcuni furono rilasciati ore dopo, altri vennero mantenuti in stato d'arresto. Verso il marciapiede opposto allo stadio, dove furono riuniti i tifosi fermati, più volte Velaztiqui accorse a cavallo per intimare ai giovani di rimanere con le mani sulla nuca. Con lui altri quattro agenti di polizia, la cui identificazione però è risultata impossibile, portarono i ragazzi verso il "Comisaria 42", facendoli trottare come cavalli. Quaranta furono liberati la mattina dopo mentre nove rimasero in cella. Per loro la permanenza in prigione fu di 30 giorni, accusati di aver infranto l'editto della polizia che puniva i fomentatori di disordini durante le manifestazioni sportive. La polizia non ha mai riconosciuto che furono arrestati per aver cantato l'inno peronista, e dichiarò che "avevano dato vita ad incidenti". Dal commissariato tutti allora assicurarono che i fermati erano stati trattati con il massimo rispetto, ma diverse testimonianze hanno parlato di colpi, calci, urti violenti con i cavalli e gli ordini del capo (Velaztiqui) affinchè mantenessero il ritmo di marcia del trotto lungo i sei isolati da percorrere. Intanto a cavallo, i poliziotti intimorivano i passanti che richiedevano il rilascio dei tifosi fermati e "trottanti". Come dato inquietante la polizia aveva asserito che i tifosi possedessero addirittura delle grancasse. Dieci avvocati che lessero la notizia sui giornali promossero una azione legale contro Velaztiqui, in qualità di capo operativo dell'operazione, appellandosi all'articolo 144 del codice penale, accusandolo di "vessazioni", per il cui reato la legge prevedeva l'arresto, la reclusione per un anno e l'impedimento di occupare cariche pubbliche per un breve periodo. Il giudice, al termine del processo, nel 1985 lo assolse. Nella sua sentenza il giudice sostenne che si era trattato di "un procedimento, o dispositivo di sicurezza, criticabile da un'ottica tecnico-amministrativa che non contemplava la sfera penale". Altra giustificazione risultò "il particolare clima di euforia, tipico delle tifoseria in festa, che si traduce solitamente, nella maggior parte dei casi in disordini e aggressioni". Le percosse e il trotto imposto non erano dati sufficienti per configurare la "condotta dolosa propria della vessazione". Oggi, a venti anni dall'accaduto, il sergente Juan de Dios Velaztiqui affronta un'accusa di triplice omicidio da cui difficilmente potrà uscire assolto. |
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