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http://italy.indymedia.org/news/2005/04/782470.php Invia anche i commenti.

Storie precarie
by dall'unità Friday, Apr. 29, 2005 at 5:52 PM mail:

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Da 7 anni ricercatore in «formazione»
Ylenia Zambito
Sono sette anni che lavoro nello stesso ente, faccio un lavoro molto specializzato, per cui è necessario acquisire una formazione lunga e difficile. Dopo sette anni che questo ente ha investito molto sulla mia formazione, e dopo aver dimostrato in vario modo la mia produttività, non ho prospettive a breve scadenza di assunzione.

Vi domanderete quale ente faccia una politica così scellerata, insensata e non produttiva? L'Università! Dopo aver conseguito il titolo di dottore di ricerca nel 2002, ho avuto un assegno di ricerca di due anni che mi è stato rinnovato all'inizio di quest'anno, alla fine del prossimo scadrà e l'unica speranza è che mi diano la possibilità di partecipare ad un concorso di ricercatore in formazione. Ma quanto caspita deve durare questa formazione? La cosa assurda è che chi conosce la mia storia mi dice che sono fortunata. La cosa ancora più assurda è che anche io mi ritengo fortunata. Dopo tutto dalla laurea non sono stata neanche un giorno senza stipendio. Peccato però che lo stipendio in questione confrontato con uno di pari livello è il più basso al mondo. Non credo che sia solo una questione di risorse, piuttosto mi sembra che sia una scelta culturale: i ricercatori in Italia non sono considerati una risorsa, ma uno spreco di risorse. Rimango in attesa che qualcuno faccia i conti con il lento declino del nostro Paese che questa scelta culturale ha generato.


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Medico veterinario a 1.100 euro al mese
Vincenzo La Manna
Chi l’avrebbe mai detto che un giorno mi sarei ritrovato precario in una società di precari? Sono cresciuto in una famiglia «a tempo indeterminato» nella sicurezza economica e sociale più assoluta con la convinzione che a coronamento di studi sarebbe stato così anche per me un giorno. Invece no, ero già precario e non lo sapevo. Sono uscito dall’Università a 27 anni con una laurea in Veterinaria poi mi son dovuto sorbettare 6 mesi di apprendistato assolutamente inutile (e non pagato) e altri due mesi di attesa per l'esame di Stato. Non posso aprire il tanto sospirato ambulatorio per cani e gatti perché non è più come 30 anni fa e ci vogliono fior di quattrini che nessuno è disposto ad anticipare. Che fare quindi? La ricerca scientifica non mi dispiace quindi gravito intorno al Dipartimento di scienze veterinarie e riesco a galleggiare per due anni grazie a contratti a termine, part time e co.co.co.

A questo punto ho 30 anni. Ovviamente non ho una casa, affitto una camera in un appartamento a Macerata, ho una macchina a metano di ormai 8 anni e un piccolo cane precario come me, non ho hobbies particolari, non potrei permettermeli. Insomma, pur non vivendo a Milano e contenendo le spese al massimo, arrivare a fine mese è una scommessa. Arriva l’opportunità di un dottorato all'estero e non ci penso due volte. La borsa è di 750 sterline al mese, non è un granchè ma almeno è sicura ed è per tre anni.

La mia è una storia a lieto fine perchè a febbraio, dopo altri 2 anni, ho finalmente firmato con una Università italiana un contratto da Ricercatore a tempo indeterminato; sara' forse uno degli ultimi, visto che la riforma Moratti li farà sparire. Ma sapete quanto è lo stipendio di un ricercatore non confermato? 1.140 euro. Circa.


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Maestra elementare a «chiamata»
Emilia F.
Scrivo da Bari, sono una precaria da molto tempo ormai. Dopo aver conseguito una laurea in Scienze Biologiche inizio la mia storia lavorativa precaria che a 38 anni non si è ancora conclusa. Mi dedico alla famosa Ricerca Scientifica Italiana per ben sette anni per scoprire che borse di studio e dottorato di ricerca non sono sufficenti a conquistare un posto di ricercatore, se non sei sostenuto da un professore universitario. Se sei un individuo libero nella mente puoi anche cambiare strada e così ho fatto, scegliendo di utilizzare il mio diploma magistrale. Ho superato l’ultimo concorso come insegnante di scuola elementare. Bene, sono sono passati cinque anni e vago da una classe all’altra. Qual è il senso? Ci si sveglia ogni giorno senza sapere dove andare a fare l’uovo e non si sa nemmeno se il prossimo mese si lavorerà. Questa è la nostra flessibilità? Sono disgustata e profondamente delusa.


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Per quattro anni impiegato usa e getta
Paolo
Quattro anni in un azienda con un contratto atipico. Dico: quattro anni! Sempre disponibile, mai rifiutato un impiego. Ma quando il programma che controlla il personale, per un malfunzionamento, ha segnalato che non rendevo abbastanza mi sono visto piano piano allontanare. Sembra roba dell’altro mondo eppure é andata cosi , mi sono sentito un usa e getta, nessuna dignità. Cosa fare, a chi rivolgermi? Sapevo che il lavoro atipico significava nessun diritto, ma non credevo che sarebbero stati senza cuore fino a questo punto. Ho anche una famiglia a carico e loro lo sapevano. Parlano tanto di flessibilità , diritti, ma non siamo altro che degli schiavi moderni. Almeno loro, gli schiavi, ne erano coscienti.


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Ma per l’Istat sono occupata tre volte
Simona Lombardi
Ho quasi trenta anni, meridionale e sono laureata in architettura. I titolari di studi professionali non vogilono saperne di assumere un laureato senza esperienza; di concorsi pubblici neanche se ne vede l’ombra. Ho fatto lavori come co.co.co. in vari enti con periodi variabili dai tre agli otto mesi. Ritengo che l’ Istat mi annoveri come occupata tre volte. Ecco come si è ridotta la disoccupazione in Italia.


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Sempre in bilico a Roma e a Londra
Stefi
Sono Stefi, italiana precaria a Londra, vittima di entrambi i paesi. In breve: poco prima di laurearmi a pieni voti in Scienze della comunicazione, con anni di giornalismo alle spalle, comincio in un’agenzia internazionale con sede a Roma, dove scrivo in inglese e guadagno per un anno 120 euro al mese (non scherzo), mentre i miei articoli sono venduti qua e là e molto bene. Non ho nemmeno il copyright su quello che scrivo, che viene pubblicato con il mio nome. Arranco con borse di studio (come hobby faccio ricerca sui media alternativi), accettando traduzioni e lavoretti vari, lavorando ore e ore in nero in una piscina e girando in bici perchè non mi posso nemmeno permettere gli autobus. Mi stufo di Roma.

La precarietà è una guerra tra poveri per risorse scarse: tristissimo. Mi trasferisco a Londra, dove lavoro precaria in una Ong con contrattini di due mesi in due mesi e un rimborso di 900 euro al mese che si chiama internship ed è una cosa maledetta (così non ti devono pagare il minimo sindacale, le malattie e tutti il resto, ma, ti dicono, tu non paghi le tasse.. sic!). Però mi pagano più che in Italia. Ci vivo male, non bastano, ma l’affitto lo pago e intanto collaboro con tanti siti e giornali, e l’agenzia di cui sopra, che ora mi dà 100 dollari ad articolo. L’ironia di tutta questa faccenda? Ho sempre lavorato e scritto per organizzazioni che si occupano di diritti umani e sviluppo, e si fregiano di tale titolo, ma che nella prassi sono uguali agli altri. Sono pure no-profit, ma lì dentro il no-profit sono io.


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Quanti contratti? Ho perso il conto
Alessandro Bellina
La mia storia è quella di tanti. Una storia cominciata con entusiasmo, un entusiasmo che lavoro dopo lavoro è scemato ed ormai è quasi assente. Ho cambiato talmente tanti contratti che ormai ne sto perdendo il conto. Il mio curriculum è più lungo di quello di mio padre che è in pensione, e dire che ho solo 29 anni... Ho iniziato con una «ritenuta d’acconto» alla Gabetti, 6 mesi a fare l’acquisitore esterno. Che vuol dire: trova poveri cristi che devono vendere casa e vendigli il fatto che la tua agenzia la venderà in cambio del 3-4% del valore cui verrà venduta. Sei mesi lì, qualche successo e poi capisci che non è il tuo lavoro e sono entrato a lavorare in libreria con un contratto di formazione e lavoro. Bello, ma come si fa a vivere con un milione e 400mila lire al mese con 750mila lire di affitto da pagare? Ho dovuto cambiare ed è iniziato il calvario. Ho iniziato alla Acro Servizi con un contratto interinale di 1 mese e mezzo rinnovato di un altro mese e mezzo, facendo il Call Center per Fineco Online, la banca su Internet. Stipendio migliore - un milione e 600mila lire, ma il lavoro non è durato.

3 mesi e poi via. Fastweb. Tre settimane di formazione full-time per un part-time in cui facevo lo straordinario perfino rispetto ad un full-time: sono arrivato a due milioni e 200mila lire. Non è servito a niente. Passati 3 mesi, «è stato un piacere, mi piacerebbe tenerti». Era giugno. Qualche lavorettino estivo, comprese le notti alla festa de l’Unità. Poi comincio a fare il giro di tutte le agenzie di lavoro interinale. L’Adecco di Cernusco sul Naviglio mi offre una possibilità: Hp. Una sostituzione di maternità: 6 mesi, prolungati di altri 3. Sembrava un miracolo. Ma anche lì finito il contratto, niente. Provo a fare l’assicuratore, ma non sono tagliato. Poi l’Adecco mi propone di lavorare all’Agilent, altro contratto interinale, altri 6 mesi. Finito il contratto, e dopo una parentesi presso una ditta di Concorezzo che ti trattava peggio dello sciacquone del bagno, corso all’Ibm per diventare «formatore sul pacchetto Office» (traduzione, insegnante ai corsi per Microsoft Office delle agenzie interinali). Finito il corso tutti danno per scontato che farò il formatore per l'Ibm. Mi mandano a tenere un corsodi dieci giorni, poi non mi chiamano più. Tutto slitta. E io come campo? Ho 28 anni ormai. Cerco un’altra società e inizio a fare corsi a Varese, con la "Studio e Formazione". Un po’ qua un po’ là. Poi mi capita un’opportunità: un contratto di formazione elavoro a Brugherio, 24 mesi, come helpdesk. Devo scegliere. Da un lato c’è la passione, dall’altro un pensiero: se 8 mesi all'Hp mi sembravano il futuro, 24 mi sembrano una vita. Oltretutto l’intenzione della ditta è quella di passarmi a tempo indeterminato. Adesso mancano meno di 6 mesi alla fine del contratto e la notte mi sveglio. Mi confermeranno? Non ho fatto neanche uno sciopero, non mi sono tesserato alla Cgil. Ma ho paura. Il mio mondo finisce il 6 di ottobre, se ci sarà il 7 allora sarà il paradiso.


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Fisico, 41 anni, con contratto in scadenza
Mariano Carpanese
Ho 40 anni, sono un fisico, e sto in Enea (Ente per le nuove tecnologie l’energia e l’ambiente), con un contratto a tempo determinato, che scade il 14 settembre 2005. Dal ’95 mi arrabatto con ospitalità gratuite, borse di studio, contratti di consulenza, cococo, contratti a tempo determinato: da dieci anni sto in Enea e ancora non sono stabile. Solo ad aprile 2000 sono stato assunto con un contratto tempo determinato di tre anni più due, rimasti poi tre grazie al parto del centro-sinistra: il decreto 368 del 2001 che fissa in un massimo di tre anni la durata di un contratto tempo determinato. Sono stato assunto come ricercatore, ma inquadrato come diplomato. Ho un figlio di sei anni, sono separato, e percepisco 1.370 euri mensili. Ad oggi, il 14 settembre resterò senza reddito, disoccupato, con prospettive nulle perchè un fisico di 41 anni in Italia può solo fare la fame. Sempre ad oggi ho superato, oltre all’esame di laurea, 2 concorsi per borse di studio, 1 concorso per cococo, 2 concorsi per assunzioni a tempo determinato. Certo non sono il solo. In Enea siamo quasi 530 precari con varie tipologie di rapporti di lavoro.


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Dopo 10 anni un part-time vero
Maria Pina Rossi
Dal 4 aprile ho un contratto a tempo indeterminato. Non c’ero più abituata. Fra questo lavoro, più sicuro degli altri, e gli anni di precarietà la strada è stata tanta e faticosa. Figlia di emigrati abruzzesi (padre minatore «a tempo indeterminato»), nata in Belgio, ho vissuto in diversi paesi europei e ho fatto l'Università a Bologna. Quando andai a vivere a Parigi, fresca di laurea in lingue non sapevo fare molto. Ma era facile trovare lavoro alla fine degli anni ’80. Bastava adattarsi. Il primo lavoro - a tempo determinato - che accettai per ottenere la carta di soggiorno, era pagato benissimo proprio perché precario (comunque, malattia compresa). Dopo poco ho trovato un lavoro «vero», quello per cui un’azienda ti fa un contratto. Nel 1994 sono tornata in Italia con mio marito (francese) e i miei due figli. Volevo far crescere i ragazzi qui. Non so se sia stata una buona idea. Da allora, infatti, è stato sia per me che per mio marito, tutto un susseguirsi di contratti precari. Certo il lavoro era spesso interessante e le persone con cui si era a contatto in gamba, ma le prospettive nulle. Sempre la sensazione che tutto dovesse finire da un momento all’altro.

L’ultimo mio co.co.co. durava dal 2001, rinnovato di tre mesi in tre mesi e stava per scadere il 31/12/2003 quando, nell’ottobre 2003 ho scoperto di essere malata. Il contratto in scadenza non mi è stato rinnovato. Non solo, non ho percepito nulla se non 3 giorni di rimborso spese per l’intervento chirurgico in ospedale, circa 100 euro. Non un giorno di malattia mentre per anni ho versato dei contributi. Mi hanno sostenuto la famiglia e gli amici. Ora sto bene e grazie alla legge sul collocamento degli invalidi civili ho trovato un part time fisso presso una grossa azienda. Ma nel frattempo mio marito, stanco dei suoi contratti patetici, ha trovato un lavoro a Parigi...


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