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Lettera aperta su di un tentato suicidio
by dentro e fuori le mura Monday, Jul. 11, 2005 at 7:06 PM mail: dentroefuorilemura@inventati.org

La storia di Assan

La storia di Assan, tunisino di 41 anni che da tre anni abitava con moglie
e due figli in un miniappartamento del Comune al Conservatorio del
Fuligno, ci invita a riflettere. Arrestato con l’imputazione di tentato
omicidio, danneggiamento e lesioni, per aver tentato di gettarsi dalla
finestra con la figlia di 3 anni in braccio, nel momento in cui veniva
allontanato dall’alloggio, Assan è stato ora scarcerato su disposizione
del GIP.
Gli articoli dei quotidiani di venerdì 1 luglio, cronaca fiorentina, hanno
descritto un ‘cattivo’.
L’uomo avrebbe ricevuto proposte di lavoro e di diverso alloggio nei
comuni di Empoli e Pistoia, e le avrebbe rifiutate, cedendo ad un gesto
estremo di protesta, o di ricerca di attenzione. Dopo il fatto il povero
cristo, arrestato dai solerti vigili urbani, ha trovato prontamente
alloggio nel carcere di Sollicciano.
Comunque vogliamo giudicare la vicenda, c’è da chiedersi se sia normale
che una famiglia, seguita per tre anni dai servizi sociali del Comune,
abbia come naturale sbocco dei propri problemi la reclusione di un suo
componente. Possiamo porci legittimamente qualche domanda sull’efficacia
dei ‘percorsi di accoglienza e di recupero’ proposti (La Repubblica, 1
luglio 2005, p. VI). Se la collettività, attraverso il Comune, investe
risorse pubbliche per assicurare ad alcuni speranze o possibilità di
sopravvivenza, ci si aspetterebbe che gli sforzi compiuti non vengano
vanificati dall’applicazione burocratica di regolamenti, che durante il
‘percorso di recupero’ (ma da che cosa? dalla povertà?) si presti anche un
po’ di attenzione alle persone. A persone che hanno un nome e un cognome,
una storia, che avranno delle ragioni se hanno con disperazione ceduto a
gesti di estrema protesta. L’attenzione per le persone avrebbe fatto sì
che i regolamenti potessero essere interpretati, applicati con minore
rigidità, insomma in modo tale da non vanificare gli sforzi (e anche gli
investimenti) di tre anni.
Sembra infatti il peggiore dei mali che una famiglia possa passare
dall’accudimento dei servizi sociali a quello delle patrie galere. Questo
risultato dovrebbe essere vissuto come un fallimento dagli operatori
sociali e soprattutto dall’Assessore competente, Lucia De Siervo, che
invece si è affrettata a fornire giustificazioni su quanto avvenuto.
In che modo la detenzione di Assan, avrebbe potuto servire a qualcosa, nel
percorso di ‘accoglienza e recupero’ proposto a questa famiglia, se non a
rafforzarne l’emarginazione e ad indebolire le sue eventuali richieste?
Il gruppo di lavoro ‘Dentro e fuori le mura’, che cerca di documentare da
anni come l’esperienza del carcere possa essere devastante, rileva come la
storia di Assan dimostri ancora una volta che il carcere è la naturale
risposta di una società iniqua ad ogni forma di emarginazione
(tossicodipendenza, disagio psichico, immigrazione, impoverimento
materiale e culturale).

Dentro e Fuori le Mura

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